Anyway, I'm Falling in Love with You.
Non dev’essere stato affatto semplice vivere gli anni più belli dell’adolescenza durante il periodo della pandemia da Covid-19. In un’epoca in cui ogni forma di socialità era scoraggiata, gli assembramenti vietati e persino il semplice divertirsi con gli amici diventava complicato. Eppure, nonostante tutti questi impedimenti, è probabile che in molti siano comunque riusciti a costruire ricordi preziosi, perché quell’età scorre come un fiume in piena, senza ostacoli a trattenere il suo corso. Fa un certo effetto vedere già oggi delle opere che affrontano il tema del Covid, considerando che sono passati solo pochi anni e che in molti abbiamo vissuto in prima persona. Ancora più sorprendente è trovarsi di fronte a un anime che lo fa, considerando i tempi di produzione generalmente più lunghi rispetto ad altri media, soprattutto se l’opera è tratta da un manga.
Fin dai primi istanti comprendiamo che Anyway, I’m Falling in Love with You ci porterà a rivivere i ricordi di Mizuho, una giovane editor e aspirante mangaka di 27 anni. Un giorno mentre cammina per strada, nota una ragazza circondata da quattro ragazzi. Quella visione la colpisce profondamente, all’istante viene trafitta dalla nostalgia, facendole riaffiorare alla mente una parte importante del suo passato. Anche lei, a 17 anni, aveva un gruppo di quattro amici molto stretti. Da qui inizia un viaggio tra passato e presente, dove si alternano i pensieri della Mizuho adulta con le esperienze della Mizuho adolescente. Nell’estate 2020 Mizuho compie diciassette anni e il giorno del suo compleanno non inizia nel migliore dei modi. I genitori se ne dimenticano, alcune attività scolastiche vengono annullate a causa del Covid e, come se non bastasse, il senpai a cui confessa i suoi sentimenti la respinge. Ma la vera svolta arriva a fine giornata, quando Kizuki, uno dei suoi quattro amici, le fa una dichiarazione del tutto inaspettata, lasciandola in preda alla confusione.
Da questo momento si sviluppano i suoi ricordi adolescenziali, che l’adulta Mizuho inizia a guardare con occhi nuovi. Solo ora comprende quanto quei momenti fossero importanti e quanto all’epoca li avesse sottovalutati. Con il senno di poi si rende conto che anche gli altri tre amici nutrivano sentimenti per lei, ciascuno a modo proprio, ma lei, ingenuamente, non se ne era mai davvero accorta.
All’inizio di ogni episodio assistiamo a brevi frammenti del presente di Mizuho, impegnata ad assistere una giovane mangaka in difficoltà con la sceneggiatura della sua nuova opera. Per aiutarla, Mizuho la incoraggia a cercare ispirazione nei ricordi della propria adolescenza, ed è proprio così che noi ripercorriamo le tappe più significative della giovinezza di Mizuho stessa. Un espediente narrativo efficace che riflette il suo stato d’animo attuale, intriso di nostalgia e rimpianto, sentimenti familiari a chiunque si ritrovi a ripensare ai momenti più spensierati della propria vita.
La caratterizzazione dei personaggi risulta piuttosto variegata, ma ognuno presenta delle debolezze evidenti. Mizuho, nella sua versione adolescente, è una ragazza vivace e dolce, ma al tempo stesso estremamente timida e insicura, soprattutto nei momenti più carichi di tensione emotiva. Non coglie mai appieno i segnali quando la situazione prende una piega romantica e, quando se ne accorge, si lascia trascinare dagli eventi senza alcuna reazione concreta. Questo suo atteggiamento passivo, quasi da spettatrice della propria vita, finisce per sminuire il suo spessore narrativo. Tra i ragazzi, spicca Kizuki, il più giovane del gruppo e membro del club di nuoto. Alterna atteggiamenti premurosi a momenti eccessivamente invadenti, risultando quasi bipolare nel modo in cui interagisce con Mizuho e gli amici. Poi c’è Shin, il presidente del consiglio studentesco, serio, determinato e molto sicuro di sé, che rappresenta la figura più posata del gruppo. Più defilato, ma particolarmente empatico, troviamo Shogu, forse l’unico che riesce davvero a comprendere i pensieri e i sentimenti di Mizuho. Infine c’è Aurui, il più estroverso e spensierato, ex teppista con l’attitudine da influencer. Dal punto di vista del character design, solo Mizuho appare davvero credibile e coerente con la sua personalità. I quattro ragazzi, invece, sembrano usciti da un gruppo K-pop. Tutti bellissimi, impeccabili, senza nemmeno un difetto fisico. Questo eccesso di perfezione, che traspare anche negli altri personaggi maschili della serie, rivela chiaramente l’impronta shojo del manga da cui è tratta l’opera, ma finisce col rendere il contesto meno realistico e più patinato.
Anche dal punto di vista tecnico, la serie lascia parecchio a desiderare. Le animazioni sono pressoché inesistenti, i personaggi si limitano a movimenti minimi, e nella maggior parte delle scene si nota soltanto il movimento delle labbra durante i dialoghi. Anche i personaggi di contorno appaiono trascurati, spesso abbozzati con pochi tratti e riempiti a pois, comprensibile non voler dare loro troppo risalto, ma una minima caratterizzazione sarebbe stata quantomeno auspicabile. La regia punta molto su una messa in scena che risalti l’atmosfera moderata, grazie a inquadrature suggestive e a una buona gestione degli spazi visivi. Particolarmente riuscita è l’idea di chiudere ogni episodio con una scena più intima accompagnata dalle prime note dell’ending, un espediente che contribuisce a dare maggiore enfasi emotiva al momento. Tuttavia, proprio le scene intime finiscono talvolta per essere eccessivamente sdolcinate, perdendo così parte dell’intensità emotiva che dovrebbero trasmettere. Questo è in parte dovuto a una sceneggiatura discontinua, che alterna alti e bassi. Va detto, però, che quando i dialoghi riescono a essere brevi ma incisivi, colpiscono nel segno con sorprendente efficacia.
Nel complesso, il risultato finale non è soddisfacente. Non si può dire che la visione sia stata noiosa, ma guardare la serie animata o un semplice power point non fa differenza. Le scene romantiche risultano spesso rovinate, o a causa dell’immobilismo e della mancanza di espressività della protagonista, oppure per l’insistenza e la prepotenza eccessiva dei personaggi maschili. Peccato, perché l’opera presenta alcune idee interessanti, come il racconto ambientato durante la pandemia di Covid, che sottolinea l’importanza delle relazioni sociali in età adolescenziale, e la nostalgia con cui uno dei protagonisti adulto rievoca i ricordi e i rimpianti di quegli anni, realizzando solo a posteriori il valore di quelle esperienze. Rimango fiducioso in un rilancio nella seconda stagione, auspicando un netto miglioramento sia sul piano tecnico che narrativo, con una sceneggiatura più matura e meno stucchevole.
Fin dai primi istanti comprendiamo che Anyway, I’m Falling in Love with You ci porterà a rivivere i ricordi di Mizuho, una giovane editor e aspirante mangaka di 27 anni. Un giorno mentre cammina per strada, nota una ragazza circondata da quattro ragazzi. Quella visione la colpisce profondamente, all’istante viene trafitta dalla nostalgia, facendole riaffiorare alla mente una parte importante del suo passato. Anche lei, a 17 anni, aveva un gruppo di quattro amici molto stretti. Da qui inizia un viaggio tra passato e presente, dove si alternano i pensieri della Mizuho adulta con le esperienze della Mizuho adolescente. Nell’estate 2020 Mizuho compie diciassette anni e il giorno del suo compleanno non inizia nel migliore dei modi. I genitori se ne dimenticano, alcune attività scolastiche vengono annullate a causa del Covid e, come se non bastasse, il senpai a cui confessa i suoi sentimenti la respinge. Ma la vera svolta arriva a fine giornata, quando Kizuki, uno dei suoi quattro amici, le fa una dichiarazione del tutto inaspettata, lasciandola in preda alla confusione.
Da questo momento si sviluppano i suoi ricordi adolescenziali, che l’adulta Mizuho inizia a guardare con occhi nuovi. Solo ora comprende quanto quei momenti fossero importanti e quanto all’epoca li avesse sottovalutati. Con il senno di poi si rende conto che anche gli altri tre amici nutrivano sentimenti per lei, ciascuno a modo proprio, ma lei, ingenuamente, non se ne era mai davvero accorta.
All’inizio di ogni episodio assistiamo a brevi frammenti del presente di Mizuho, impegnata ad assistere una giovane mangaka in difficoltà con la sceneggiatura della sua nuova opera. Per aiutarla, Mizuho la incoraggia a cercare ispirazione nei ricordi della propria adolescenza, ed è proprio così che noi ripercorriamo le tappe più significative della giovinezza di Mizuho stessa. Un espediente narrativo efficace che riflette il suo stato d’animo attuale, intriso di nostalgia e rimpianto, sentimenti familiari a chiunque si ritrovi a ripensare ai momenti più spensierati della propria vita.
La caratterizzazione dei personaggi risulta piuttosto variegata, ma ognuno presenta delle debolezze evidenti. Mizuho, nella sua versione adolescente, è una ragazza vivace e dolce, ma al tempo stesso estremamente timida e insicura, soprattutto nei momenti più carichi di tensione emotiva. Non coglie mai appieno i segnali quando la situazione prende una piega romantica e, quando se ne accorge, si lascia trascinare dagli eventi senza alcuna reazione concreta. Questo suo atteggiamento passivo, quasi da spettatrice della propria vita, finisce per sminuire il suo spessore narrativo. Tra i ragazzi, spicca Kizuki, il più giovane del gruppo e membro del club di nuoto. Alterna atteggiamenti premurosi a momenti eccessivamente invadenti, risultando quasi bipolare nel modo in cui interagisce con Mizuho e gli amici. Poi c’è Shin, il presidente del consiglio studentesco, serio, determinato e molto sicuro di sé, che rappresenta la figura più posata del gruppo. Più defilato, ma particolarmente empatico, troviamo Shogu, forse l’unico che riesce davvero a comprendere i pensieri e i sentimenti di Mizuho. Infine c’è Aurui, il più estroverso e spensierato, ex teppista con l’attitudine da influencer. Dal punto di vista del character design, solo Mizuho appare davvero credibile e coerente con la sua personalità. I quattro ragazzi, invece, sembrano usciti da un gruppo K-pop. Tutti bellissimi, impeccabili, senza nemmeno un difetto fisico. Questo eccesso di perfezione, che traspare anche negli altri personaggi maschili della serie, rivela chiaramente l’impronta shojo del manga da cui è tratta l’opera, ma finisce col rendere il contesto meno realistico e più patinato.
Anche dal punto di vista tecnico, la serie lascia parecchio a desiderare. Le animazioni sono pressoché inesistenti, i personaggi si limitano a movimenti minimi, e nella maggior parte delle scene si nota soltanto il movimento delle labbra durante i dialoghi. Anche i personaggi di contorno appaiono trascurati, spesso abbozzati con pochi tratti e riempiti a pois, comprensibile non voler dare loro troppo risalto, ma una minima caratterizzazione sarebbe stata quantomeno auspicabile. La regia punta molto su una messa in scena che risalti l’atmosfera moderata, grazie a inquadrature suggestive e a una buona gestione degli spazi visivi. Particolarmente riuscita è l’idea di chiudere ogni episodio con una scena più intima accompagnata dalle prime note dell’ending, un espediente che contribuisce a dare maggiore enfasi emotiva al momento. Tuttavia, proprio le scene intime finiscono talvolta per essere eccessivamente sdolcinate, perdendo così parte dell’intensità emotiva che dovrebbero trasmettere. Questo è in parte dovuto a una sceneggiatura discontinua, che alterna alti e bassi. Va detto, però, che quando i dialoghi riescono a essere brevi ma incisivi, colpiscono nel segno con sorprendente efficacia.
Nel complesso, il risultato finale non è soddisfacente. Non si può dire che la visione sia stata noiosa, ma guardare la serie animata o un semplice power point non fa differenza. Le scene romantiche risultano spesso rovinate, o a causa dell’immobilismo e della mancanza di espressività della protagonista, oppure per l’insistenza e la prepotenza eccessiva dei personaggi maschili. Peccato, perché l’opera presenta alcune idee interessanti, come il racconto ambientato durante la pandemia di Covid, che sottolinea l’importanza delle relazioni sociali in età adolescenziale, e la nostalgia con cui uno dei protagonisti adulto rievoca i ricordi e i rimpianti di quegli anni, realizzando solo a posteriori il valore di quelle esperienze. Rimango fiducioso in un rilancio nella seconda stagione, auspicando un netto miglioramento sia sul piano tecnico che narrativo, con una sceneggiatura più matura e meno stucchevole.