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Shura94

Episodi visti: 13/13 --- Voto 6
È una serie spin-off incentrata su "I Cavalieri dello Zodiaco" ("Saint Seiya" in originale) trasmessa su Crunchyroll nel 2015.
Per quanto riguarda la trama, l'idea non è neanche malvagia, ma la serie presenta diversi problemi. Il problema principale, da cui poi derivano tutti gli altri problemi, è la brevità della serie. Infatti, in tredici episodi si devono presentare dodici nuove armature d'oro (il tutto per fini commerciali) e altri sette nuovi cavalieri di Asgard. Il minutaggio non è, dunque, sufficiente per realizzare degli ottimi scontri e delle ottime caratterizzazioni dei personaggi, elementi questi che contraddistinguono la serie classica.
Dunque, sebbene gli intenti erano dei migliori, l'esecuzione lascia a desiderare. Si salva il comparto sonoro.
Consiglio la serie esclusivamente ai fan della serie classica.

Oasis

Episodi visti: 13/13 --- Voto 8
Per me, cresciuto a pane e Cavalieri dello Zodiaco, con l’inizio della “Galaxian War” a fare da portale d’ingresso al mondo degli anime giapponesi, il brand “Saint Seiya” è una cosa seria. Nella mia visione del mondo i Gold Saint hanno su scritto la parola ‘fragile’ e sono da trattare con estrema cura. Reduce da due diverse esperienze spin-off dal sapore opposto - l’ottimo, sottovalutato, “Lost Canvas”, e il pessimo, sopravvalutato, Saint “PJ” Seiya “Mask” Omega - timori e speranze si affastellavano alla vigilia della visione di “Soul of Gold”. Avere solo tredici puntate ONA per esplorare il cosmo e i nuovi Cloth dei Cavalieri d’Oro ad Asgard non deponeva a favore delle più rosee aspettative, spingendo l’impressione preliminare verso il “commercialata/nuovi modellini da vendere”. Premesse non ottimali che, fortunatamente, sono state contraddette dalla visione del prodotto.

Sgombro immediatamente il campo da almeno due equivoci.
La qualità tecnica dell’opera non è granché (ho comunque notato dei netti miglioramenti dalla versione originale a quella Blu-ray). Si salvano le armature, il character design dei personaggi e qualche sfondo e animazione nelle puntate finali, nonché la buona colonna sonora.
In generale è ormai un dato di fatto che la nuova frontiera di buona parte dell’animazione di massa giapponese è in piena continuità con il profilo low cost. Si tratta di un elemento da tenere in considerazione, purtroppo, ma penso debba diventare secondario nell’approccio a opere di questo tipo, facendoci propendere per altre variabili - soggetti/trama, caratterizzazione, qualità e evoluzione dei personaggi ecc. - in sede di giudizio.
Inutile poi fossilizzarsi sulla profondità complessiva del prodotto. Caratterizzare al meglio i dodici protagonisti, i rispettivi antagonisti e lo scenario/contesto della nuova vicenda in tredici puntate sarebbe stato utopico; da qui i combattimenti stentati e qualche manchevolezza logica a livello di trama.

Vorrei quindi concentrarmi sugli aspetti positivi e in particolare sulla ventata di freschezza che attraversa i contenuti dell’opera. Dovendo acconciare le classiche ‘nozze coi fichi secchi’, gli autori hanno pescato bene, restituendoci una visione complessiva dei Cavalieri d’Oro più umana e evoluta. Riproporre la marzialità e il valore cavalleresco dei soliti ‘Saga’, ‘Shura’, ‘Camus’, ecc., la misticità di Shaka, l’irruenza di Milo e Aioria, ecc. sarebbe stato più facile, ma avremmo mangiato la solita zuppa d’oro dai condimenti triti e ritriti.
Si è cercato invece di dare una luce diversa che avrà scontentato qualche purista, ma ha permesso di esplorare aspetti differenti e umani di personaggi dal carisma strabordante. Mai avrei pensato ai Gold Saint che nelle lande di Asgard comprano fiori, s’innamorano, bevono, giocano a carte e brindano al bancone di un bar come ragazzi normali. Col senno di poi, un salto nel buio che avrebbe potuto condurre l’intera opera verso il baratro e che invece, a mio parere, l’ha salvata.

L’emblema di questo nuovo paradigma si è evinto in particolar modo negli episodi dedicati ai quattro Gold Saint più bistrattati nella serie classica: Aldebaran, Deathmask, Aphrodite e, in misura minore, Dokho, nella sua veste di cavaliere “young” della Bilancia.
Aldebaran mostra finalmente i tratti completi della sua personalità e quella risolutezza spesso annacquata dalle diverse sconfitte patite nella serie classica (lo schiaffone alla Bud Spencer è un’opera d’arte).
Deathmask mantiene i vecchi difetti, ma completa quel passaggio al lato luminoso della forza dopo che per anni lo si è dipinto come un meschino sbruffone privo di valori (un adorabile perdente per alcuni). Scopre l’amore e per questo torna a combattere. A ben vedere è ancora una scelta egoistica in linea con il personaggio, ma si tratta di egoismo ‘buono’, tanto da meritare nuovamente la fiducia dell’armatura del Cancro e arrivare finanche a inventare un nuovo colpo. Alla fine cade da eroe, e dalle mie parti questa si chiama evoluzione del personaggio.
Aphrodite, il Gold Saint meno approfondito della serie classica, dove è liquidato superficialmente come un mero narcisista un po’ infido, si scopre qui un fine stratega dotato di intelligenza e ottime capacità di previsione. Potrebbe essere il capo dei servizi segreti del Santuario, che punta sull’acutezza della mente oltre alla semplice forza del cosmo, rappresentando così un elemento mancante nel puzzle di personalità e caratterizzazioni dei Gold Saint. È proprio Aphrodite il saint che esce meglio da questa avventura, ricevendo un vero e proprio upgrade.
Infine Dokho, seppur esplorato di meno, mostra una personalità antitetica a quella del vecchio e saggio maestro. Giocoso e spiritoso, avrà fatto storcere il naso e scontentato non poco i puristi, ma a me è piaciuto.
Gli altri Gold Saint infine non sfigurano, seppur abbastanza in linea con le precedenti caratterizzazioni, con Aioria protagonista non invadente (come invece lo sono i cavalieri di Pegasus nelle altre serie), degno epitome dell’eroe.

Mi ha sorpreso questa ventata di aria fresca nel cosmo variegato de “I Cavalieri dello Zodiaco”. Potrebbe essere stato un colpo di fortuna non voluto, ma il risultato, date le premesse, è stato a mio parere ottimo. La testimonianza che, pur senza introdurre nuovi personaggi, protagonisti o temi particolari, il brand “Saint Seiya” può ancora riservare sorprese, e chissà se un domani, alla luce di questo esperimento, non si possa dedicare uno spin-off ad altri protagonisti offuscati delle note vicende cosmiche: Bronze Saints di serie B (Unicorno e company), sto pensando proprio a voi.


 5
Oktavia

Episodi visti: 13/13 --- Voto 5
Attenzione: la recensione contiene spoiler

"Saint Seiya: Soul of Gold", ovvero la serie che tanti fan aspettavano con particolare trepidazione, ma che alla fine è stata una grandissima delusione. E mi spiace veramente dirlo.
Se la serie di "Saint Seiya" e tutti gli spin-off da essa derivati hanno sempre avuto un certo successo, è soprattutto grazie ai mitici Gold Saints, personaggi che attirano fin da subito lo spettatore per il loro grande fascino (salvo alcune eccezioni) e l'alone di misticismo e potenza che li circonda. Insomma, credo che dopo quell'obbrobrio di "Episode G" (che è disegnato peggio del manga classico e valorizza solo Aiolia, praticamente) tutti i fan della storia desiderassero uno spin-off che rendesse finalmente giustizia a tutti i cavalieri d'oro; peccato solo che pure "Soul of Gold" si sia rivelato tutto fumo e niente arrosto, un gigantesco spot pubblicitario con lo scopo di vendere nuovi Myth Cloth (a prezzi esorbitanti, aggiungerei).

Si inizia molto, ma molto male già dalla prima puntata.
A 'sto giro chi è il protagonista? Aiolia del Leone. Di nuovo. E basta!
Ora, è vero che è un personaggio molto amato, ma questo renderlo continuamente protagonista di ogni dannatissimo spin-off dedicato ai Gold sta diventando davvero seccante. Capisco che sia il più adatto a tale ruolo, visto che è quello che si avvicina maggiormente al protagonista degli shonen classici, ma credo che osare e rendere protagonista qualche suo collega non sarebbe male, almeno ci si distaccherebbe un po' da quella monotonia e si eviterebbe di trasformare il povero Aiolia in un Seiya 2.0.
Secondo, che diavolo ci fanno i cavalieri d'oro ad Asgard? Comprendo il voler rievocare l'atmosfera di una saga che i fan hanno apprezzato (seppur filler), ma... sul serio, che c'entrano i dodici Gold con Asgard? Ok, verso il finale il motivo viene spiegato, ma io continuo a non trovarci alcun senso. Aiolia & Co. non sono fedeli a Odino, non hanno nulla a che vedere con lui, non hanno mai avuto alcun interesse nei suoi confronti, perché lottano per un'altra divinità. E poi Odino non ha già i suoi di cavalieri? Che accidenti se ne fa di quelli di Atena, peraltro impedendo loro di sfruttare la propria resurrezione per aiutare la loro dea nella guerra contro Ade? Boh.
Ma facciamo un po' di ordine, che è meglio.

La serie si apre con il solito Aiolia che, dopo essersi sacrificato con i suoi compagni per aiutare i Bronze a varcare il Muro del Pianto, viene resuscitato da un'entità misteriosa e si ritrova improvvisamente fra i ghiacci di Asgard. Tempo due minuti e viene immediatamente sbattuto in gattabuia da dei soldati perché scambiato per un poveraccio che deve aver perso per strada la riunione degli Alcolisti Anonimi. Qui incontra Lithia, una ragazza imprigionata con l'accusa di sovversione, e viene a sapere da lei che Hilda di Polaris, la celebrante di Odino, è stata detronizzata in seguito a una malattia (che non si capisce cosa sia) da un tale di nome Andreas Riise, il quale ha voluto far ricrescere l'albero sacro Yggdrasil promettendo pace e prosperità. Lithia, però, sospetta che Andreas stia tramando qualcosa; per questo, una volta scoperta la vera identità di Aiolia, gli chiede aiuto.
Inizialmente, il cavaliere del Leone non sembra minimamente interessato (e vorrei ben dire, dato che lui con Asgard non c'entra un tubo e sa che Atena, la dea a cui è fedele, sta affrontando il dio Ade), ma quando - una volta fuggita dalla sua prigione - Lithia viene attaccata da un God Warrior di nome Frodi, cambia idea e decide di aiutarla e sostenere la sua causa, alla quale si uniranno poi anche gli altri undici suoi colleghi.
Ora, non mi sembra il caso di fare l'analisi di ogni singola puntata, mi limiterò a commentare giusto le parti clou e le caratteristiche più salienti della serie.
I protagonisti, ovvero i tanto amati Gold Saints... beh, sono un flop gigantesco, a parte qualcuno. Sono contenta che alcune relazioni fra loro siano state un pochino approfondite, che siano state messe un po' in evidenza diverse fra le questioni in sospeso (come quella fra Aiolia e Shura e quella fra Saga e Aiolos) e che si sia cercato di dare un po' di lustro a quelli che nella serie classica hanno ricevuto un pessimo trattamento, ovvero Aldebaran del Toro, Death Mask del Cancro e Aphrodite dei Pesci. Tuttavia, se per Taurus e Pisces il riscatto c'è stato (epici lo schiaffone in stile Bud Spencer che Aldebaran molla ad Heracles e lo stratagemma di Aphrodite per salvare i compagni dall'Yggdrasil), non si può dire lo stesso di Cancer. Dal punto di vista del combattimento fa un'ottima figura, questo va detto, ma non si può dire lo stesso del suo carattere. Cioè, è passato da assassino spietato che uccide le persone per puro e sadico divertimento a buon samaritano che dà di nascosto i soldi che vince al poker a una ragazza malata (della quale si innamora, per giunta) e si fa amici dei bambini. Certo, come no, molto credibile da parte di uno che si appendeva sulle pareti di casa le teste delle sue vittime, compresi gli infanti... Come conversione, secondo me, non regge molto, uno che per tutta la vita non ha fatto altro che sterminare gente a caso non può trasformarsi nel giro di due minuti in un benefattore che piange e mi spara sermoni sull'amore e sulla giustizia (perché nell'ultima puntata lo fa!).
Quelli che ne escono peggio, tuttavia, sono Dohko della Bilancia, Milo dello Scorpione e Camus dell'Aquario.
Dohko si è completamente rimbambito, pare che con l'età gli siano regrediti pure i neuroni, dato che non fa che prendere in giro Aldebaran per la figuraccia contro i gemelli Syd e Bud e sostenere di aver sprecato i suoi ultimi due secoli di vita solo perché ha finalmente l'occasione di bersi un bicchiere al bar... cioè, sono senza parole.
Milo... beh, mi passa da cavaliere razionale e che ragiona sempre a mente fredda a ragazzotto impulsivo che agisce senza pensare, e per questo ci schiatta pure miseramente. Un trattamento davvero inglorioso per uno come lui, che peraltro è anche il cavaliere del mio segno zodiacale, perciò lo sdegno in questo è stato ancor più incontenibile.
Quello che ne esce peggio di tutti, però, è Camus, che qui - a causa di una promessa fattagli diversi anni prima - si trasforma nel cagnolino di Surt, uno dei cavalieri antagonisti, facendosi ricattare, tradendo i suoi colleghi e la sua dea e non mostrando alcuna pietà o alcun rispetto verso Milo, che teoricamente dovrebbe essere il suo migliore amico. Insomma, quando Milo viene assorbito dall'Yggdrasil, Camus non ha la minima reazione, è completamente indifferente. Davvero, io non riesco a descrivere a parole il disgusto che ho provato, e non per questioni di yaoi, bensì perché... diamine, nelle schede introduttive dei personaggi della serie la Toei non ha fa altro che ripetere che Camus e Milo sono amici intimi e poi che combina? Rende Camus completamente indifferente nei confronti di Milo. Coerenza portami via, eh.
Sugli altri Gold non penso ci sia molto da dire, sono tutti piuttosto anonimi qui, trasformati in macchiette che lasciano poco o niente allo spettatore, il che è davvero triste se si pensa che - chi più chi meno - nella serie classica erano tutti dei personaggi abbastanza apprezzabili. Menzione anche per il povero Kanon, che pur essendo stato anche lui cavaliere d'oro dei Gemelli a tutti gli effetti non ha avuto diritto a una resurrezione, anche se almeno hanno avuto la decenza di ricordarlo attraverso i pensieri e le parole del fratello Saga.
E che dire poi delle Gold Cloth divine? Santo cielo, l'orrore! Speravamo tutti di vedere finalmente le armature d'oro in forma divina come è accaduto con le Bronze Cloth di Seiya & Co., ma qui si è veramente superato il limite! Sono tutte orrende, piene zeppe di dettagli inutili che non fanno che appesantirle e renderle pacchiane e sgradevoli fino all'estremo; davvero, ci si chiede come alcuni Gold facciano anche solo a camminare con quelle robe addosso! E pensare che le originali sono una più bella dell'altra, perché deturparle così?

I nuovi God Warriors non sono nulla di che, anzi, servono solo a far compiangere allo spettatore i loro indimenticabili predecessori, che al confronto sono davvero dei personaggi di tutto rispetto. Diciamo che più che degli avversari veri e propri fanno un po' la parte della carne da macello, giusto per far sfoderare al Gold di turno la sua nuovissima e scintillante armatura divina. Gli unici vagamente interessanti sono Sigmund di Gram (fratello di Siegfried della serie classica) e Baldr di Hraesvelg, avversari rispettivamente di Saga dei Gemelli e Shaka della Vergine (Sigmund in particolare, del quale almeno conosciamo le motivazioni e anche la ragione per cui non era presente nel corso delle battaglie dell'anime classico, anche se si è dimostrato davvero troppo debole, venendo sconfitto da Saga con una facilità a dir poco disarmante. Baldr ne è uscito decisamente meglio come opponente, almeno lui è riuscito a impensierire Shaka per qualche istante).
Gli altri God... beh, uno peggio dell'altro.
Frodi di Gullinbursti è messo lì giusto per fare da avversario ad Aiolia, per il resto - nonostante la grande forza di cui si vanta - non servirà a un'emerita 'cippa', se non a beccarsi una 'friendzone' grande come una casa da Lithia e a sostenere un brevissimo combattimento con il collega Utgard. Fafnir di Nidhogg è senza dubbio il più odioso, il classico scienziato pazzo che fa esperimenti su persone innocenti perché sì, e poi si rivela essere un grandissimo vigliacco, anche se almeno ha fatto la fine che si meritava. Utgard di Garm è l'inutilità fatta personaggio, non si capisce nemmeno chi diavolo sia e a cosa serva, a parte nascondere l'armatura di Odino nel proprio stomaco (scena a dir poco disgustosa e raccapricciante, devo dire). Heracles di Tanngrisnir è un tamarro che si atteggia da gran 'figo', ma poi si rivela essere un povero idiota che, giustamente, viene massacrato da Aldebaran senza se e senza ma. Mi fa quasi pena. Surt di Eikthrynir... beh, penso sia il peggiore insieme a Fafnir; un Sasuke Uchiha dei poveri, un personaggio talmente odioso che più guardavo quel suo insopportabile sorrisino strafottente e più speravo di vederlo crepare fra atroci sofferenze. Tra l'altro, è anche lui un codardo, visto che non esita a colpire uno Shura privo di sensi. In più, è un po' come quelle Mary Sue che si vedono in alcune fanfiction, il classico personaggio messo lì solo per rovinare un legame fra personaggi canonici (in questo caso Milo e Camus). Insomma, simpatico quanto un opossum idrofobo.
Nemmeno le armature riescono a salvare questi sette poveracci, sono davvero brutte e disegnate male, roba che quelle dell' "Omega" al confronto sono delle opere d'arte. Il premio di armatura più brutta di tutte va senza dubbio a quella di Heracles, che nel suo essere così terribilmente esagerata risulta a dir poco ridicola, un pugno in un occhio per quanto fa schifo! Insomma, nulla a che vedere con le armature tutto sommato apprezzabili dei loro predecessori, dei quali si è sentita tantissimo la mancanza.

Andreas come antagonista è abbastanza penoso. È vero, in diverse occasioni si dimostra astuto e intelligente, ma già il fatto che in realtà sia il dio Loki gli toglie un sacco di punti (e io mi aspettavo la comparsa di Hiddleston da un momento all'altro); è stata una scelta così scontata da risultare addirittura fastidiosa. La sua forma divina poi, con quegli occhi 'sparaflashosi' e quei capelli viola elettrico (?) fa ridere i polli, fa la concorrenza a Mars di "Omega" per quanto è ridicolo, gli manca solo la teiera in testa. E la sua Cloth è a dir poco oscena. Belli i colori, ma pessimo il design. In più, non si spiega nemmeno nel suo caso a cosa diamine gli servano i cavalieri di un'altra divinità.

E poi c'è Lithia, un altro personaggio che ho sperato di veder schiattare fin dal primissimo episodio, una fastidiosa Mary Sue che, non si sa per quale motivo, dato che non viene spiegato nulla, sostituisce la povera Hilda e diventa improvvisamente super pompata. Tra l'altro non si capisce nemmeno come diavolo torni in vita, dato che viene uccisa da Utgard nel nono episodio. Boh. L'unico pregio è che almeno si rivela essere decisamente più utile di Saori, anche se non ci vuole poi così tanto.

Ciononostante, penso che il peggio del peggio della serie venga raggiunto nelle puntate finali, dove Aiolia viene scelto dal dio Odino per indossare le sue vestigia, raggiungendo così la vetta della raccomandazione e insidiando il primo posto di Seiya. Dunque, se nella saga dell'anime classico aveva senso che Seiya indossasse la Cloth di Odino, dato che la situazione era disperata e i God erano tutti morti, qui direi proprio di no. Sia Frodi che Sigmund erano disponibili, perché non scegliere loro? Oppure Hilda, che già da sola ha un cosmo gigantesco? Perfino Lithia sarebbe stata ben più adatta! Certo, così sarebbe diventata ancor più Mary Sue, ma almeno la cosa avrebbe avuto un senso. Aiolia si può sapere che diavolo c'entra? In base a cosa è stato scelto? Non è asgardiano bensì greco, non ha mai combattuto per Odino, è stato sempre fedele solo e unicamente ad Atena... perché diamine dovrebbe essere lui il prescelto dalle sacre vestigia di Odino (che sempre più si rivela essere un dio alquanto scorretto con quelli che dovrebbero essere i suoi guerrieri)?! Per non parlare poi della Odin Cloth dorata su calzamaglia blu, che penso sia l'accostamento di colori peggiore del secolo. Ho ancora i brividi se ci penso. Menzione d'onore anche per la spada di Odino usata come surf, una 'tamarrata' degna di un film dell'Asylum.

Bene, dopo questo lungo sproloquio che dire ancora di "Soul of Gold"?
È una serie davvero mediocre, fatta abbastanza male e che soffre fin troppo della fretta. Avrebbero potuto allungarla di qualche episodio, giusto per approfondire un po' alcune questioni, invece no, si è preferito fare le cose a casaccio e storpiare malamente alcuni personaggi (ho già citato Camus, vero?). Dal punto di vista tecnico poi è veramente un disastro, salvo alcune scene è davvero un pessimo lavoro: i personaggi appaiono spesso deformi, sproporzionati e smagriti, e alcuni primi piani sono a dir poco spaventosi, ma del resto dai produttori di quella boiata cosmica di "Sailor Moon Crystal" non ci si poteva aspettare poi così tanto.
La versione Blu-ray un po' migliora questi difetti, ma neanche tanto, e in entrambi i casi non si può fare altro che rimpiangere lo stile arakiano che tanto mi ha fatto amare la serie classica. So bene che Shingo Araki è passato a miglior vita, purtroppo, ma non penso ci voglia tanto a trovare uno staff più talentuoso dei cani che hanno disegnato questa poco fortunata serie, una serie che alla fine è stata fatta solo ed esclusivamente per vendere nuovi Myth Cloth, seguendo tale ragionamento: "Possiamo fare quello che ci pare e piace, storpiare i personaggi e piazzarci disegni orridi, tanto i Myth la gente li compra lo stesso!". E mi sa che ci hanno preso di brutto, dato che ci sono persone che per uno di quei Myth sarebbero disposte a vendersi pure gli organi interni.

In conclusione, penso che "Soul of Gold" sia un'occasione sprecata, una serie che avrebbe potuto finalmente farci sapere qualcosa in più sui tanto amati Gold Saints (di cui si sa ancora poco, purtroppo), ma che invece si è rivelata pari a una fanfiction di basso livello, sfruttando espedienti ben poco plausibili e non rispettando affatto la caratterizzazione di alcuni personaggi. Se le do cinque è perché in alcuni punti almeno ci hanno provato a far qualcosa, in più le musiche (sia l'opening sia l'ending) sono abbastanza orecchiabili, quindi non me la sento di bocciarla al 100%.
E qui termino questa lunghissima recensione.


 2
alex di gemini

Episodi visti: 13/13 --- Voto 10
La lunga attesa è terminata, finalmente: tanti anni dopo la dolorosa separazione al muro del lamento i cavalieri d'oro tornano in scena, in tutti i sensi. Dal regno di Ade si ritrovano catapultati ad Asgard, di nuovo vivi, di nuovo con le loro armature e, soprattutto, in un mare di misteri. Perché sono ancora in vita? Perché ad Asgard? Perché possiedono lo strano di potere di evocare un livello superiore delle loro armature d'oro quando espandono il cosmo al massimo? Perché Asgard è ricca e fiorente, in un clima non certo rigido? Queste sono solo alcune delle domande che i nostri non potranno non porgersi. Vedremo anche, come non mai, il loro lato umano, il desiderio di godersi la vita, ora che si sentono liberi dagli obblighi verso Atena. Per non parlare di Ioria, che fa amicizia con una bella ragazza, dama di corte che gli reca un inquietante messaggio: Hilda è malata e il medico di corte ha preso il comando. Ma presto il vento della guerra ricomincerà a soffiare e i nostri dovranno vedersela con una nuova schiera di cavalieri di Asgard e con il misterioso albero della vita, dai poteri potenzialmente devastanti. E scoprire che sono pedine in un gioco più grande di loro. Certo, la voglia di spoilerare è forte, ma è meglio fermarsi qui.

"Saint Seiya: Soul of Gold" è indubbiamente una serie ricchissima. In primo luogo perché, dopo tanti anni, rivedere i gold saints è stato davvero bellissimo. Si potrebbe obiettare che ci sia stato "Episode G", ma esso era solo un prequel, mentre ora abbiamo invece i veri cavalieri, successivi alla serie classica, che ci offrono così la possibilità di sapere ciò che è successo dopo, nonché di capire almeno qualcuno dei misteri irrisolti. Anche il ritorno ad Asgard sarà molto piacevole, e la scoperta di una casta inferiore di cavalieri si rivelerà una sorpresa piacevole. Gestire i gold saints permettendo di mostrare la loro personalità e i lati nuovi della stessa non sarà facile, ma l'obiettivo viene raggiunto bene. In particolare per Cancer, di cui assistiamo alla redenzione completa, e di Fish, che avrei voluto caratterizzato meglio, ma, una volta tanto, avrà il ruolo di salvatore della patria. Vedere poi Ioria vivere una storia d'amore sarà davvero impagabile, per non parlare dell'entrata in scena di Micene, finalmente. Ma la cosa più bella di "Saint Seiya: Soul of Gold" è data indubbiamente dal vedere i gold saints tutti insieme combattere come un sol uomo.
Anche i personaggi ostili sono ben caratterizzati, la grafica e le musiche spettacolari. L'opening, con una nuova versione di immagini accompagnate dalla mitica "Soldier Dream", è un vero capolavoro.

Qualche nota negativa c'è. Non tanto perché Flare, personaggio molto amato, fa solo presenza nel vero senso della parola, ma per il modo in cui sono disegnati i personaggi. Si è infatti deciso, specialmente per i gold saints, di renderli più alti e magri. Ciò può piacere o non piacere, ma personalmente avrei preferito lasciare la corporatura della serie classica, e non vedere un Cancer dalle spalle strette e magro come un lupo. Altro problema è il fatto che, con tredici episodi, l'inizio e la fine sono stati realizzati molto bene, ma la parte centrale, con la lotta contro i nuovi cavalieri, è stata realizzata non dico frettolosamente, ma rapidamente, quando negli anni '80 si sarebbe impiegato il triplo degli episodi.
Ma in ogni caso è un peccato veniale, perché il risultato è buono, lungi dall'effetto di accelerazione dei film. Già, i film. Come avevo notato recensendo il primo e il terzo, essi sono stati un laboratorio, un modo per raccogliere idee e poi sfruttarle nella serie animata, anche a costo di rischiare di perdere in originalità. E "Saint Seiya: Soul of Gold" pesca a piene mani nel secondo episodio, "L'ardente scontro degli dei", rivitalizzando un'opera che sembrava destinata a mero antipasto per la serie di Asgard.

In conclusione, trovo che "Saint Seiya: Soul of Gold" sia un prodotto di ottimo livello, una degna conclusione delle vicende dei nostri eroi, non certo una 'commercialata' per vendere le nuove armature; un'opera che avrebbe meritato, probabilmente, ventiquattro episodi, così da realizzare al meglio la caratterizzazione, i combattimenti e gli interrogativi thriller, ma anche così merita sicuramente un dieci.

Voto: 10


 5
Kotaro

Episodi visti: 13/13 --- Voto 6
Di "Saint Seiya", probabilmente, non ci libereremo mai. Del resto, è già da più di una decina d'anni che l'opera di Masami Kurumada sta vivendo una nuova giovinezza tramite infiniti spin off in forma cartacea e animata. Ogni volta, puntualmente, ci casco, ricercando le emozioni che questi guerrieri mitologici mi avevano dato durante l'adolescenza, e ogni volta, puntualmente, rimango deluso, trovando serie che di "Saint Seiya" hanno solo l'apparenza, ma a cui manca il fascino dell'ormai mitica (è proprio il caso di dirlo) serie anni '80.
Questa volta tocca a "Soul of Gold", una miniserie animata i cui protagonisti sono (ancora) i dodici Gold Saint. Protagonista ufficiale è Aiolia del Leone, ma i suoi capelli sono ancora castani e il disegno generale è simile a quello della serie classica, privo di personaggi effeminati e di confusione stilistica, quindi da ciò si evince che "Soul of Gold", pur avendo gli stessi protagonisti, non è la versione animata del manga "Episode G".

Le premesse da cui parte "Soul of Gold" appaiono ridicole e insensate, e tali rimangono per tutta la serie, tutto sommato: mentre Seiya e compagni sono nell'aldilà, impegnati a combattere contro Ade, i dodici Gold Saint vengono resuscitati in circostanze misteriose, dopo aver perso la vita sacrificandosi al Muro del Pianto, e si ritrovano fra le nevi di Asgard, impegnati in un'enigmatica missione che li porterà a scontrarsi contro un misterioso officiante, un dio malvagio e l' (ormai inflazionatissimo) albero Yggdrasil. Una storia talmente assurda che, paradossalmente, spinge lo spettatore a interessarsi alla serie per vedere come verrà giustificata, anche se poi, quando arriveranno le risposte, saranno confuse e poco soddisfacenti.
Di base, non v'è nulla di particolarmente diverso dalla saga di Asgard vista nella serie anni '80: l'ambientazione è la stessa, i personaggi sono più o meno gli stessi (compaiono Hilda, Freya, Siegried e persino gli altri God Warrior noti ai fan storici, anche se solo in brevissimi flashback), la struttura è la stessa ed è la stessa persino la sigla, visto che la opening della serie è un rifacimento della storica "Soldier Dream".

I nuovi avversari dei Gold Saint non si distinguono né per il design (non particolarmente ispirato salvo rarissime eccezioni) né per il carattere o il background, sebbene, come nella saga di Asgard classica, anche a loro siano concessi qua e là dei flashback che ne spiegano le motivazioni. Ci si prova, a caratterizzarli, ma risultano personaggi che scompaiono nell'anonimato, al punto che viene più facile preferir loro persino i generali marini della classica saga di Poseidone, che almeno avevano dalla loro poteri particolari legati alla mitologia o al loro luogo d'origine, che davano una piacevole nota di colore agli scontri che li vedevano protagonisti. Questi nuovi guerrieri di Asgard non hanno le storie struggenti dei loro predecessori, non hanno armature particolarmente belle, non hanno colpi particolarmente speciali, quindi difficilmente vien da fare il tifo per loro.

Non va granché meglio al lato "buono" della barricata, per colpa del problema che i Gold Saint si portano dietro da sempre, ma che in Giappone, galvanizzati dalle vendite dei loro modellini, non si riesce proprio a capire. C'è un motivo se nell'opera originale i protagonisti erano i Saint di bronzo, giovani e inesperti, e non quelli d'oro, adulti, fighi e implacabili, e questo risiede nel grandissimo margine di crescita che avevano Seiya e compagni, che all'inizio della serie sono ragazzotti egoisti e terminano la storia arrivando a maturare un eroismo che li porta a un passo dalla divinità.
I Gold Saint non possono avere questo percorso, essendo personaggi già adulti e "formati". Arroccati sul loro piedistallo dorato, forti del loro rango superiore, i Gold Saint sono impenetrabili e maestosi, ma è stato bellissimo, nella serie originale, vedere le loro dorate convinzioni crollare a causa degli inesperti colpi di giovani e passionali guerrieri di bronzo a cui poi si ritrovano legati in maniera indissolubile, diventando per loro saggi maestri, esempi, straordinari fratelli maggiori che condividevano con Seiya e compagni la loro saggezza solo in alcuni casi estremi.
Rendendoli protagonisti, tutto ciò si perde e, comprensibilmente, ciò che si ottiene è una serie di scontri in cui i Gold Saint 'sfigheggiano' e fanno la paternale ai loro avversari, rendendo le battaglie ripetitive e poco interessanti.
Fortunatamente, si è colta la propizia occasione di approfondire i rapporti interpersonali fra di loro, di risolvere alcune questioni che inevitabilmente l'averli tutti e dodici vivi dalla stessa parte dopo i fatti della serie storica si portava dietro, di ricondurre sulla retta via quei guerrieri che nella serie vi si erano allontanati. Sono questi piccoli momenti in cui a parlare sono gli uomini e non i guerrieri la cosa più interessante di "Soul of Gold", che finisce per farsi apprezzare maggiormente per scene inaspettatamente toccanti o comiche sparse qua e là piuttosto che per i suoi noiosi scontri o per la sua storia confusa.

A "Soul of Gold" non mancano le forzature, le assurdità e le contraddizioni con la serie originale, ma è una serie dall'intento dichiaratamente commerciale, creata esclusivamente per vendere nuovi modellini - che dare l'armatura divina solo ai Bronze Saint era uno spreco, quando c'erano dodici nuovi modellini serviti su un piatto d'argento. Le armature divine d'oro non sono male, ma risultano abbastanza campate in aria, lontane dal legame sacrale e toccante che aveva portato alla creazione delle God Cloth originali nella serie storica.

A differenza di molti altri spin off cartacei e animati, che per questo sono stati criticati, qui il disegno e lo stile cercano di allinearsi quanto più possibile a quello della serie animata storica: niente tutine attillate, gemme che si trasformano in armature, capelli tinti di rosso, artifizi vari da shoujo manga. Non è una serie particolarmente dinamica, così come il manga che l'ha ispirata, ma ogni tanto ha i suoi momenti anche durante gli scontri, grazie anche a una buona colonna sonora dai ritmi epici quando servono. In sala di doppiaggio sono stati richiamati i doppiatori storici, ma l'età avanza e si sente, e l'effetto non sempre è bellissimo, specialmente quando i personaggi sono ancora giovani, bellocci e prestanti, ma la voce è anzianotta.
Buona la nuova versione di "Soldier Dream", sigla molto bella di cui si era sentita la mancanza nel "Saint Seiya Omega" di un paio di anni fa (che furbi, avevano già questo in mente, ecco perché lì non fu usata), mentre la sigla di chiusura è carina ma dimenticabile.

"Soul of Gold" è una serie abbastanza dimenticabile, che vive di luce (dorata) riflessa ma non propone granché di interessante, salvo un lungo spot per dei nuovi modellini. Ha avuto, ogni tanto, i suoi momenti e le va dato merito di aver usato personaggi storici senza snaturarli troppo, ma anzi riuscendo a interessare i fan con buoni spunti per la loro caratterizzazione, purtroppo intervallati da scontri abbastanza noiosi. Un "Saint Seiya" (in teoria, Seiya non c'è) classico in molti aspetti, ma tutto sommato superfluo.


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rum42coach

Episodi visti: 13/13 --- Voto 6
"Saint Seiya: Soul of Gold", tengo a chiarirlo immediatamente, è un anime a scopo puramente commerciale, senza alcun fronzolo o reticenza. Infatti l'anime è incentrato esclusivamente sulle armature divine dei cavalieri d'oro, vera novità introdotta in questa serie, elemento che servirà a vendere action figure a prezzi esorbitanti ai consumatori-acquirenti che faranno a gara per acquistarle, malgrado il loro costo proibitivo. Magari ci potrebbe essere qualcos'altro dietro alla realizzazione della serie, cioè il rispolverare i leggendari dodici cavalieri d'oro, amati da grandi e piccini a causa della saga delle dodici case, una delle più belle ed emozionanti di sempre. Certo, adesso i tempi sono cambiati e non poco, tuttavia alla Toei hanno pensato bene di fare un tentativo, non finendo mai di sfruttare questa gallina dalle uova d'oro ("Saint Seiya"), consapevoli del successo riscosso tra i fan sparsi in tutto il mondo.

E' forse questo il motivo per cui hanno lanciato le tredici puntate della serie non nella classica piattaforma televisiva, optando per la produzione web, scelta opinabile che però conferma la volontà di risparmiare quanto più possibile, ricavando il più possibile dalla serie e dai prodotti suoi derivati. Lo fanno tutti gli anime (quasi) questo, ovvio, soltanto che qui si nota una certa ostentazione nel mostrarlo a tutti i costi, non rendendo giustizia alla storia di questa marchio leggendario della storia d'animazione giapponese.

La trama è ambientata ad Asgard, fredda terra del Nord in cui, nella prima serie, i bronze saint erano stati protagonisti di una famosa (e criticata) saga filler. Perciò i fedeli sceneggiatori della Toei avranno pensato che l'usato sicuro sarebbe stata la scelta più sicura e apprezzata dal pubblico. Qui i dodici cavalieri d'oro sono resuscitati da un'entità misteriosa e si trovano, nuovamente, a dover combattere il male, in particolare i nuovi cavalieri di Asgard e il loro progetto di dominio sul mondo intero (che novità!), capitanati da un tale Andreas che sfrutta a sua favore l'albero Yggradsil. Quindi si attinge a piene mani alla mitologia nordica, accentuata dalla presenza del Dio nordico Loki. Da "Saint Seiya" non mi aspetto una trama contorta e piena di innovazioni, fatto sta che qui si rasenta, in certe puntate, il ridicolo per come sono gestiti gli scontri dei vari cavalieri. Semplicemente, durante la scalata, che vorrebbe essere una specie di tributo a quella delle dodici case, i combattimenti sono noiosi, troppo brevi e privi di qualsiasi enfasi, inferiori anche alle precedenti serie marchiate "Saint Seiya". Probabilmente solo la saga di "Hades", per motivi diversi, riesce a fare di peggio, e questo non è certo un complimento. Lo stesso nemico principale è stereotipato, avendo poco o nulla di diverso rispetto al solito Dio spocchioso che siamo abituati a vedere in "Saint Seiya". A suo confronto, gente come Hades e Poseidon sono migliori sotto ogni aspetto.

Il collegamento di questa storia, ambientata contestualmente alla saga di "Hades" (parte "Elisio"), c'è (nel finale di serie) e prova a donare un minimo senso a quest'opera. Forse non è un collegamento perfetto, ciononostante non è neanche mal pensato, quindi lo approvo.

Lo spazio destinato ai dodici cavalieri d'oro è una nota piacevole, cosa che mi ha sorpreso positivamente e piacevolmente, perché uno dei difetti delle precedenti serie era proprio quello di riservare maggior spazio a determinati cavalieri, quasi dimenticando l'esistenza di altri valorosi guerrieri. Invece qui abbiamo Death Mask, Aphrodite e Aldebaran in grande spolvero, sfruttati dalla trama nella miglior maniera possibile, e dunque ricevono lo stesso spazio, se non qualcosa in più, dei più celebri cavalieri d'oro (Shaka, Saga, Aiolia). Il loro carisma è elevatissimo, intatto nonostante gli anni che passano, non invecchiano mai al pari di un vino pregiato, ottenendo applausi scroscianti dal sottoscritto per tutta la durata dei momenti che vede questi splendidi personaggi come protagonisti. Scritto ciò, il vero protagonista della serie, tra i dodici cavalieri, è Aiolia, cavaliere d'oro del Leone, molto amato sin dalla sua prima apparizione nella prima serie di tanti anni fa. E' il protagonista più simile a Seiya e credo che sia proprio questo ad aver convinto gli autori dell'anime a puntare sul leoncino come suo erede. Le qualità, positive e negative, si conciliano perfettamente al ruolo interpretato, aiutato dal fido fratello che finalmente ha un ruolo chiave, non scomparendo velocemente e infaustamente come accadeva nelle precedenti serie dedicate ai cavalieri dello zodiaco.

Oltre ai cavalieri d'oro e all'antagonista compaiono i cavalieri di Asgard, nella veste di rivali, più anonimi che mai, privi di spessore psicologico e dal design ridotto ai minimi termini. Non che mi aspettassi bellezze di primo livello, però è triste la contrapposizione netta tra i due schieramenti, già osservandoli a primo acchito. Anche la loro forza non è chissà cosa, venendo eliminati e sconfitti in maniera troppo frettolosa dai cavalieri d'oro. Poche puntate? Può darsi, ma quantomeno si poteva evitare di introdurre tanti personaggi, se l'obbiettivo era utilizzarli in questo modo penoso e irrispettoso. Personaggio più interessante, tra gli Asgardiani di nuova introduzione, è Lithia, giovane ragazza e damigella di corte, misteriosa quanto basta e vero centro della narrazione dall'inizio alla fine. Il suo rapporto con Aiolia è soltanto abbozzato, potendo nondimeno scovare un profondo legame che si viene a creare tra i due giovani, sebbene non ci si possa aspettare scene d'amore che non fanno, e mai credo faranno, parte integrante di "Saint Seiya". Il massimo possibile sono scene simboliche e affettuose che a volte trasmettono più di un banale bacio.

I combattimenti, da sempre caposaldo del brand "Saint Seiya" e delle serie ad esso dedicato, qui sono semplici e poco efficaci, forse perché scontati. A parte i combattimenti contro gli Asgardiani, che ho descritto qui sopra, anche il combattimento finale, pur riservando delle scelte interessanti e non totalmente banali, alla lunga stanca, e si spera che termini il più presto possibile. Fortunatamente i cavalieri d'oro ci mettono una pezza a compensare questi difetti, e perciò risultano meno evidenti del previsto.

Il lato tecnico è deludente sotto il profilo dei disegni e delle animazioni. Qui la responsabilità esclusiva è da attribuire alla Toei Animation, la quale sforna negli ultimi tempi prodotti animati male e disegnati ancora peggio (vedi "One Piece" e "Sailor Moon"), riservando un trattamento tanto triste ai suoi anime di punta. I volti dei personaggi spesso sono brutti e i corpi sproporzionati, per non parlare poi dei combattimenti dei primi episodi, animati a livelli elementari e lontani da ciò che ci si potrebbe aspettare da un anime del 2015. Soltanto negli ultimi episodi si nota un lieve miglioramento, ma non basta. Ed è qui che mi domando se questa serie sia stata prodotta e realizzata a basso budget oppure no; spero vivamente nella prima ipotesi, altrimenti il fatto sarebbe, se possibile, più grave.

Nel comparto audio segnalo un'ottima opening, reinterpretazione della celebre "Soldier Dream", e un ending, invece, dimenticabile al più presto, eccetto per le immagini affascinanti che vedono i cavalieri d'oro protagonisti. Le musiche che accompagnano le varie puntate sono carine e ascoltabili, non raggiungendo peraltro minimamente i fasti delle serie passate.

Questa serie è sufficiente, una sufficienza risicata e ottenuta puramente a causa dei cavalieri d'oro, amati dal sottoscritto sin dalla loro prima comparsa, in questo anime finalmente protagonisti e sfruttati adeguatamente. Peccato che siano protagonisti in una storia banale e tra le più scialbe, se non la più scialba, di quelle prodotte e ispirate a "Saint Seiya". Sicuramente l'intento di vendere le armature divine dei cavalieri d'oro riuscirà, perché esteticamente sono belle da vedere e piene di dettagli che faranno la gioia degli appassionati. D'altronde la trasformazione è un mero pretesto, con una giustificazione poco credibile, per vendere ed eccitare i fan. A presto, cavalieri d'oro!


 6
GianniGreed

Episodi visti: 13/13 --- Voto 5
Dopo la non proprio riuscita serie "Saint Seiya Omega", il mito dei guerrieri in armatura protetti dalle stelle continua in questo "Saint Seiya - Soul of Gold", serie anime realizzata per il web di tredici episodi, trasmessi nel corso dell'estate del 2015.

Come si può intuire dal sottotitolo dell'anime, protagonisti di questa serie sono i redivivi Gold Saint della serie originale, i veri "cavalieri dello zodiaco": Mu dell'Ariete, Aldebaran del Toro, Saga dei Gemelli, Deathmask del Cancro, Aiolia del Leone, Shaka della Vergine, Dohko della Bilancia, Milo dello Scorpione, Aiolos del Sagittario, Shura del Capricorno, Camus dell'Acquario, Aphrodite dei Pesci.

Nell'ultima saga della serie originale i guerrieri avevano sacrificato le proprie vite per permettere a Seiya e compagni di raggiungere il dio degli Inferi Hades, ma, per qualche motivo, adesso si ritrovano di nuovo vivi e vegeti, ma nel paese dei ghiacci Asgard.
Mentre Aiolia e compagni cercano di scoprire perché sono stati riportati in vita, una nuova minaccia arriva a lambire le fredde terre del Nord. Nuovi God Warrior fanno la loro comparsa e i guerrieri dorati devono tornare a combattere.

"Soul of Gold" è la prima serie anime di "Saint Seiya" che mette al centro delle vicende i dodici Gold Saint, rendendoli protagonisti e non più solo avversari da sconfiggere (era già successo in "Episode G", ma quello è un manga). Questo di sicuro rende contenta una certa fascia di pubblico e di fan dei personaggi, che godono di più popolarità persino dei veri protagonisti della serie quali Seiya e i suoi quattro compagni con le armature di bronzo. Allo stesso tempo però, questo è anche il difetto maggiore di "Soul of Gold": Aiolia e compagni non funzionano affatto come protagonisti.
I Gold Saint erano affascinanti nelle loro armature dorate, ma solo finché stavano nei loro templi, messi lì come muri da scavalcare, avversari da battere, facendo maturare i protagonisti della storia originale. Presi da soli, invece, sono personaggi dalla scarsa caratterizzazione psicologica, che hanno poche ma granitiche convinzioni, e che non parlano molto. Non hanno nemmeno un passato o chissà che altro, non conosciamo nulla di loro, nemmeno come ad esempio sono diventati i potenti guerrieri che sono. Rendere protagonisti dei personaggi così è impossibile, e infatti la serie ne risente.
Tolto Aiolia, che è sempre risaltato rispetto agli altri anche nella serie originale in quanto fratello del presunto traditore che ha dato il via a tutto, gli altri stanno lì a fare da carta da parati, spararsi le pose dicendo qualche frase 'figa' e lanciando il loro unico colpo segreto. Quando compaiono poi i nemici, la serie si trasforma presto in una copia delle serie precedenti, con i Gold Saint che devono fare la solita scalata verso il boss finale battendo ognuno un guerriero avversario in battaglie brevi e poco avvincenti, che si decidono tutte con il già citato colpo segreto caratteristico del personaggio coinvolto.

I tredici episodi di cui l'anime è composto si lasciano guardare, ad essere onesti, ma la storia non entra mai nel vivo, e i pochi misteri presenti sono facilmente intuibili, su tutti la vera identità del nemico finale.
La colpa però non è tutta dei Gold Saint, ma anche degli avversari. I nuovi God Warrior sono parecchio anonimi, sia nel design che nelle storie personali, messe a caso giusto per riempire una decina di minuti ad episodio, e non hanno un decimo del carisma che avevano quelli della saga di Asgard nella serie originale (e pure loro erano stati realizzati per gli episodi filler).

Anche la qualità tecnica della serie lascia molto a desiderare. Esattamente come era già successo per "Sailor Moon Crystal", realizzato e trasmesso con le stesse modalità di questo "Soul of Gold", l'anime presenta gli stessi difetti. Vale a dire: una scarsa cura dei disegni, nei volti, nei primi piani e nelle proporzioni sui campi lunghi, e animazioni molto statiche e legnose. Nel corso degli episodi i problemi vanno attenuandosi, ma i primi episodi sono terribili da questo punto di vista.

Nulla da dire invece per il lato audio. Le sigle di apertura e chiusura sono belle e orecchiabili, la opening poi è una rivisitazione di "Soldier Dream", seconda storica canzone usata come sigla della serie originale, proprio dalla saga di "Asgard" e poi "Poseidon". Il resto dei brani durante l'anime fornisce il giusto sottofondo, sottolineando bene e con la giusta vena epica i momenti importanti e i vari scontri.
Per quel che riguarda le voci, il giudizio è di nuovo positivo. Credo che per questa serie il doppiaggio dei personaggi sia stato affidato agli stessi doppiatori che li hanno interpretati nelle ultime serie OAV relative alla saga di "Hades", ma non posso metterci la mano sul fuoco.
Sono stati bravi e sentire il nome dei colpi pronunciati come fanno loro è stato abbastanza gasante, di questo gli va dato atto, perché come detto gli episodi non erano molto avvincenti.

Una cosa che ancora non ho scritto, ma che è probabilmente la più importante di tutte, è che in questo anime Aiolia e gli altri undici Saint indossano delle nuove versioni delle loro armature, che qui vengono potenziate.
Questo probabilmente è l'unico vero motivo che sta dietro alla realizzazione della serie: con nuovi cloth si possono realizzare nuovi myth cloth, ovvero le action figure snodabili e posabili che raffigurano i personaggi di "Saint Seiya". Si tratta del prodotto a marchio "Saint Seiya" che tira di più in Giappone e nel resto del mondo, con fan disposti a spendere dei bei soldi pur di completare i vari set.

Non gliene faccio una colpa ai produttori o a chiunque altro abbia pensato e approvato questa serie. Solo, però, un minimo di impegno in più per la trama potevano pure mettercelo. I Gold Saint sono sicuramente dei personaggi affascinanti e carismatici, ma questa serie non è affatto memorabile. Con un po' di cura in più, specialmente dal lato della scrittura, poteva venire fuori un bell'anime, invece è solo una serie molto trascurabile che fa il paio con "Saint Seiya Omega" di due anni fa.
Solo per i fan dalle basse aspettative.