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bob71

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Nel 1982, prima di iniziare a lavorare a The Girl Who Leapt Through Time, Obayashi aveva aderito al progetto di una casa di produzione indipendente, la leggendaria Art Theater Guild (ATG), nata dalle ceneri del vecchio Shinjuku Art Theater nel quale erano stati proiettati i suoi primi corti in 8mm. Unendosi ad altri registi anticonformisti per dare libero sfogo alle loro visioni artistiche senza interferenze commerciali, la ATG produsse alcuni tra i classici più famosi degli anni ‘80. Ideologicamente rappresentava l’esatto opposto della Kadokawa, ma non deve sorprendere che un artista poliedrico e anticonvenzionale come Obayashi lavorasse per entrambe le società contemporaneamente.

La prima pellicola di Obayashi per la ATG fu Exchange Students (Tenkosei, 1982) che completa la cosiddetta “trilogia di Onomichi”. Sempre ambientato in un liceo, è la storia di uno scambio di corpi che non si sottrae a un certo tipo di curiosità sessuale che gli adolescenti proverebbero se si trovassero improvvisamente nei panni di un rappresentante del sesso opposto. Kazuo (Omi Toshinori) e Kazumi (Kobayashi Satomi) cadendo insieme da una scalinata si ritrovano l’uno nel corpo dell’altro. Kazuo è affascinato dal seno mentre Kazumi non riesce a capacitarsi di avere qualcosa in più nelle mutande. I due decidono di fare del loro meglio per gestire la complicata situazione e ne nasce una tenera e innocente relazione.

Da questa premessa, che attinge a piene mani da Quel pazzo venerdì (1976), si sviluppa una gender comedy di vedute molto larghe che è anche un inno alla giovinezza e si inserisce a pieno titolo nel fortunato filone dei film su studenti con poteri sovrannaturali, con Kazuo che si vede costretto a tirare fuori il suo lato femminile e Kazumi (nella convincente interpretazione di Kobayashi Satomi) che svolge come può il suo ruolo da maschiaccio. Il rapporto tra i due protagonisti è a dir poco unico nel suo genere. Kazuo e Kazumi hanno un'amicizia un po’ frustrante, ma più ognuno dei due abita il corpo dell'altro e più entrambi imparano ad amare l'altra persona, rivelando l'intero nocciolo della sotto trama romantica.

Utilizzando affettuosamente gli scorci, le scalinate e templi di Onomichi come sfondo per le sue scene, Obayashi apre il film con alcuni spezzoni girati in gioventù col Super 8, prima che il fotogramma si espanda per rivelare Kazuo mentre proietta il film in una stanza, ritratto come un aspirante regista. Una curiosità: durante le disavventure che ne conseguono, il “vero” Kazuo viene “segnalato” dal personaggio (ragazzo o ragazza) che indossa un berretto da baseball Twentieth Century-Fox. Quando Kazuo stesso è costretto a trasferirsi, alla fine del film (abbandonando lo status soprannaturale ed entrando metaforicamente nella maturità), tira fuori la sua macchina da presa per filmare la ragazza e la città si sta lasciando alle spalle. E’ particolarmente evidente in questa sequenza come Obayashi ritragga se stesso nei panni di Kazuo, descrivendo Onomichi come un posto magico legato alla sua stessa giovinezza, qualcosa che ha dovuto sacrificare con l'inizio dell'età adulta, ai tempi della sua partenza per Tokyo inseguendo i suoi sogni di carriera.

La colonna sonora sottolinea ulteriormente i temi portanti del film: la giovinezza, l'amore, il sesso e il desiderio di un passato che non esiste più. Obayashi utilizza anche il compositore francese Jacques Offenbach, con un estratto (la famosissima musica del can-can) dalla sua operetta ”Orfeo all'inferno" per la sua energia e vivacità, ma un ulteriore livello di lettura si rivela quando si pensa alle possibili connessioni tra il mito di Orfeo (forse la prima tragica storia d'amore mai scritta) e il can-can, un ballo scandaloso che cancellato le nozioni di mascolinità e femminilità.

Exchange Students sembra segnare una svolta verso un atteggiamento più meditato e meno sperimentale nella filmografia di Obayashi, che qui ricorre sempre meno agli strabilianti effetti speciali in favore di una visione più strutturata e tranquilla. E’ considerato uno dei migliori film del regista e la sua fama è ampiamente meritata: è divertente, nostalgico, onesto, tagliente e adatto a tutti i tipi di pubblico. Vista l’intramontabile popolarità del film, Obayashi ne fece un remake, Switching – Goodbye Me (Tenkosei – Sayonara Anata) nel 2007.