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Vale.

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Quello di Yasujiro Ozu è un nome che, se hai avuto in qualche modo a che fare con il cinema giapponese, prima o poi salta fuori. Un po' come fosse un personaggio di culto, un Haruki Murakami della cinepresa - o almeno cosi me lo immagino. Uno che ha un suo modo di fare le cose, di descriverle e di raccontartele.
Succede quindi che questo nome mi gira attorno da un bel po' di tempo, e qualche giorno fa, spinto da una recondita curiosità (e grazie agli amici di Raiplay, che salutiamo) mi sono avvicinato a questo film. Buon Giorno. Che mi sembra anche un modo carino ed educato per iniziare a vedere qualcuno dei suoi film; si insomma tutto questo preambolo per dire che è il primo film di Ozu che guardo e quindi non ti aspettare una ricca retrospettiva (come se le mie recensioni lo siano sempre state tra l'altro XD).

E' un film che fa ridere. Riesce ad essere tanto profondo quanto stupido. Impasta delle semplici gag, che funzionano a meraviglia nel microuniverso residenziale in cui vivono i protagonisti.
Come al solito c'è una trama, che a mio parere però è un banale pretesto per raccontare una Tokyo in espansione, o meglio in ammodernamento; non solo economico ma anche negli usi e nei modi di relazionarsi.
Lo stesso titolo del film, un convenevole modo di salutarsi, viene visto in modo opposto dai bambini e dai genitori, i primi come un inutile maschera per una gentilezza non sentita e distaccata, i secondi come un intercalare quasi necessario ai fini di relazioni personali e non, un modo di comunicare per non comunicare (lo so questa è un po' complessa).

Una delle attenzioni principali del film è quella di mettere a fuoco proprio quella distanza difficile da spiegare. In modo imperativo i bambini ad esempio scelgono - come forma di protesta per il fatto di non avere una TV - di non comunicare, di evidenziare quel distacco non solo generazionale, ma anche emotivo, che li separa dai genitori. Questa stoicità li porterà poi a creare situazioni particolarmente imbarazzanti per tutto il circondario.
Da contraltare al mutismo dei due giovani protagonisti sono il chiacchiericcio ed il vociare tra vicini, c'è una scena in particolare che riguarda il pagamento di una retta che mette a nudo in modo quasi infantile un paradosso sociale banale quanto quotidiano.
Lo spettegolare infatti è (se si escludono un paio di personaggi) quasi l'unica forma di dialogo del film, Ozu calca su questo, e come scritto poco fa lo mette a confronto all'atteggiamento dei bambini.

Altro particolare degno di nota, è la TV, che è la 'causa' del film, ma anche la sua risoluzione. La TV diventa simbolo di occidentalizzazione, di materialismo. I bambini ad inizio film guardano la TV dai vicini, contro il volere della madre, che finisce per vietare loro questo 'lusso'. I bambini - per protesta - fanno voto di silenzio, finché il padre non decide di comprare per loro una televisione, momento che mette fine a tutte le tensioni che si creano nella durata del film. *

Ultimo maniacale dettaglio che Ozu mette nel film sono le gag in cui i bambini fanno a gara, in uno stupido quanto impegnativo gioco, a chi scorreggia di più. Dettaglio irrilevante a una prima occhiata, ma che, oltre ad alleggerire la commedia, mette in ulteriore prospettiva la differenza di comportamento tra le generazioni, la serietà impostata e impenetrabile degli adulti con l'ingenuità sfacciata e spontanea dei piccoli.

Un film che nel 2025 (data odierna) va visto con moderata pazienza siccome i ritmi sono quelli di un film di oltre 70 anni fa, ma che non si fatica a contestualizzare anche nel presente cambiando gli oggetti ed i soggetti.
Oppure io non ho capito nulla ed il film va letto tutto in altro modo, togliendo il senso a tutto quello che ho scritto sopra. Ovvero come una gigantesca e brillante pubblicità per la televisione.

In ogni caso, la mia abitudine è ormai consolidata. In qualsiasi situazione, quando qualcuno mi dice Buongiorno, io rispondo sempre allo stesso modo.
Speriamo.

*Di solito non mi piace inserire la trama nelle recensioni, tanto che all'inizio avevo scritto come fosse quasi irrilevante, però ho finito per scriverla comunque.