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DarkSoulRead

Volumi letti: 37/37 --- Voto 7
L’adattamento animato di “Capitan Tsubasa” è famoso in Europa come una delle trasposizioni meno fedeli all’originale in termini di nomi riportati. Infatti non sempre il richiamo al titolo “Capitan Tsubasa” è immediato, ma se siete cresciuti in Italia negli anni ‘90 avrete sicuramente sentito nominare almeno una volta il celeberrimo “Holly & Benji”, che nel bel paese, vista l’indomita nostrana passione per il calcio, ebbe un successo spropositato.
Nel cartone animato Tsubasa Ozora diventava Holliver Hutton, Genzo Wakabayashi Benji Price, Kojiro Hyuga Mark Lenders, Jun Misugi Julian Rose, e così via, con il pessimo risultato di americanizzare la nazionale giapponese per “venderla” meglio, snaturandone le radici nipponiche e mascherandola da statunitense. Taro Misaki? No è Tom Becker!
Nonostante tutto il preambolo sono indissolubilmente legato alla serie animata, perché “Holly & Benji” sa di merenda della nonna in quei pomeriggi magici e interminabili passati davanti a Italia 1, di ginocchia sbucciate dopo intere giornate a inseguire un pallone, di ricordi preziosi che rievocano quell’attitudine da spensierato sognatore che si finisce un po’ col perdere con l’età adulta.
Era da diverso tempo che desideravo rituffarmi nei prati verdi della nostalgia e quale migliore occasione del mondiale in Qatar per immergersi nuovamente nelle pagine di Yōichi Takahashi?

Tsubasa Ozora è un vivace bambino innamorato del pallone.
Quando un giorno finisce sotto un camion è proprio la sua amata palla da calcio a salvarlo, attutendo il colpo facendogli da cuscino.
Da quel momento il predestinato Tsubasa capisce che il calcio è la sua ragione di vita, e parte la sua scalata verso la carriera professionistica dalla scuola elementare Nankatsu, dove conosce il suo primo vero antagonista: l’insuperabile portiere Genzo Wakabayashi, superstar assoluta di una scuola rivale e ben presto avversario sul campo. A completare la rosa della Nankatsu arriva il talentuoso Taro Misaki, la cui intesa con Tsubasa dà origine alla “coppia d’oro” della Nankatsu prima, e del Giappone poi. Sotto i preziosi insegnamenti del fuoriclasse brasiliano Roberto Hongo, Tsubasa cresce con un sogno raggiante nel cuore: portare il Giappone a vincere la prestigiosa coppa del mondo.

L’incipit è quanto di più semplice possibile, e non è certo il plot narrativo ad aver consegnato l’opera agli annali.
Ciò che ha trasformato “Captain Tsubasa” in leggenda è stata la sua inimitabile iconografia: il calcio acrobatico dei fratelli Tachibana (i gemelli Derrick) e la loro iconica catapulta infernale, l’indimenticabile tiro della tigre di Kojiro Hyuga che buca la rete, le assurde parate da karateka di Wakashimazu (Ed Warner) che si dà slancio con i piedi su un palo per andare a intervenire sul palo opposto, e tutta una serie di incredibili esagerazioni e assurdità che aprivano nuove possibilità agli spokon.

Prima di “Capitan Tsubasa” (1981) un manga incentrato sul calcio lo avevamo visto solo grazie al leggendario Ikki Kajiwara con “Arrivano i Superboys” (1968).
Kajiwara è a detta di molti il motivo per cui Tezuka non si è mai cimentato in un manga sportivo, in ambito spokon il confronto con Kajiwara sarebbe stato impietoso per chiunque, anche per il “Dio dei manga”.
La semantica di Takahashi differisce in toto da quella di Kajiwara, e salta immediatamente all’occhio dalla caratterizzazione di Tsubasa.
Ozora è un ragazzo di buona famiglia, puro e genuino, che incarna una serie di valori positivi come l’amicizia e la lealtà lontanissimi dagli stereotipi del papà di “Rocky Joe”, che inseriva i suoi personaggi all’interno di contesti drammatici e di estrema povertà rendendo i suoi protagonisti veri e propri vessilli di ribellione e rivalsa sociale.
Takahashi invertì le tendenze, in “Capitan Tsubasa” l’emarginato in cerca di riscatto non è il protagonista ma Kojiro Hyuga, da noi l’arcinoto Mark Lenders, inizialmente “villain” e nemesi del nostro Tsubasa, orfano e “costretto” a giocare a calcio per mantenere la famiglia con quella fame che diventa indomabile ferocia agonistica ereditiera del Joe Yabuki kajiwariano, anche se poi i due si troveranno a collaborare formando un inarrestabile tandem offensivo nella nazionale giapponese.
Questo approccio rivoluzionario agli antipodi rese “Capitan Tsubasa” non una semplice e valida alternativa agli spokon di Kajiwara, ma un vero e proprio nuovo punto di partenza, che avrebbe fatto da testa d’ariete ad opere come “Eyeshield 21” e “Blue Lock”.

All’epoca il calcio nel Sol Levante era uno sport praticato pochissimo, non vi era una lega nazionale né squadre professionistiche, e al tempo della prima pubblicazione del manga il Giappone non era mai riuscito a qualificarsi ai mondiali di calcio.
Non è un caso che, 17 anni dopo, grazie ad una generazione cresciuta a pane e “Captain Tsubasa”, tra le cui file spiccava il talentuoso Hidetoshi Nakata, “I Samurai” riuscirono a strappare il loro primo ticket mondiale per Francia 1998.
Yōichi Takahashi diede un contributo fondamentale alla crescita del movimento calcistico giapponese regalando un sogno a milioni di ragazzi, probabilmente senza il suo manga il Giappone non avrebbe oggi lo status di maggiore rappresentante calcistica asiatica, e questo la dice lunga sull’impatto sociale e la rilevanza storica dell’opera.

Se l’anime spesso si perde in lungaggini, con i campi da calcio chilometrici che sembrano infiniti e le partite allungate e “appesantite” dalle stesse animazioni ripetute a oltranza, il manga presenta un ritmo molto più incalzante e veloce, facendo della vivacità dei match uno dei suoi punti di forza.
Il tratto morbido di Takahashi dona alle tavole il dinamismo giusto, e pur mostrandosi inizialmente un po’ acerbo migliora sensibilmente in corso d’opera, fino a stabilizzarsi su ottimi standard, mostrando anche una grande predisposizione per la colorazione ad acquerello.
Buona la gestione dei personaggi principali, che pur non sfoggiando certo tridimensionalità caratteriali urasawiane godono di discreto approfondimento, sopratutto considerato il vasto roster.

Pur sorvolando sulle enfatizzazioni (per usare un eufemismo) come il tifo sugli spalti per tornei interscolastici che neanche al Santiago Bernabeu, l’opera presenta dei problemi piuttosto evidenti, e non sono tanto le incredibili tecniche di tiro a rompere la sospensione dell’incredulità (quello è un compromesso accettabile dato che un manga simulativo su uno sport snobbato come il calcio in Giappone non lo avrebbe letto nessuno) quanto invece alcune evitabili leggerezze e/o incongruenze narrative.
Ad esempio l’arbitro costringe Tsubasa a uscire dal campo per una lussazione alla spalla mentre invece Misugi, notoriamente cardiopatico, viene lasciato stramazzare a terra in preda ad un attacco di cuore senza che il direttore di gara intervenga. A proposito di arbitraggio la gestione di Takahashi non è stata proprio ottimale.
I direttori di gara risultano fin troppo permissivi, concedendo ai giocatori interventi che neanche in un ring di MMA, senza quasi mai fischiare né tantomeno tirare fuori un cartellino. Evidentemente qualcuno ha fatto notare il fatto a Takahashi che ha impropriamente deciso di recuperare tutto il non fischiato in una singola partita: la semifinale del campionato mondiale juniores tra Giappone e Francia, dove tra espulsioni e goal annullati succede davvero di tutto, roba che al confronto Italia - Corea del sud dei mondiali 2002 arbitrata da Moreno è una barzelletta.
Il vero tallone d’Achille dell’opera però è senza dubbio la parte extra calcistica.
Il fumetto di Takahashi è letteralmente monopolizzato dal calcio, le sottotrame slice of life si limitano a mostrarci le varie manager innamorate dei rispettivi top player di turno intente a conquistarli senza quasi mai venire ricambiate, tramite siparietti che non restano certo impressi per originalità o lirismo. È scontato quindi che se siete immuni all’effetto nostalgia e indifferenti al calcio non troverete in “Capitan Tsubasa” la vostra tazza di tè.

Attenzione: questa parte contiene spoiler!

Le partite coinvolgono e risultano avvincenti tuttavia il lettore non si troverà mai sorpreso dall’esito di un match: la squadra di Tsubasa non perde mai una singola partita e questo permea l’opera di una certa prevedibilità. La squadra di Holly sta perdendo 4-0 ed Holly accorcia le distanze siglando il 4-1? Sicuro come la morte che la rimonta andrà a buon fine.
In “Capitan Tusbasa” manca totalmente un punto cardine degli spokon fino a quel momento: il miglioramento e la maturazione attraverso la sconfitta.
Considerato anche che le finali delle varie competizioni sono scontate, e praticamente “annunciate” già dalla cerimonia d’apertura, nella parte centrale subentra un po’ di stanca.
Fortunatamente l’opera si conclude con il botto, grazie all’introduzione delle nazionali e lo spettacolare mondiale juniores in Francia, dove assistiamo all’apoteosi del calcio takashiano.

Fine parte contenente spoiler

Un ventunenne Yōichi Takahashi, folgorato dal mondiale ‘78 in Argentina e dalle gesta di Kempes (è proprio sulle caratteristiche tecniche di Mario Kempes che infatti l’autore costruirà il personaggio di Tsubasa), realizza un one-shot sul calcio con la passione di un ragazzino che fantastica su un futuro sportivamente diverso per il suo paese… il resto è storia.
Seppure influenzato dai grandi calciatori nell’ideare i suoi giocatori, tra cui risalta l’ispirazione a Diego Armando Maradona per il personaggio di Juan Diaz e quella a Karl-Heinz Rummenigge per Karl-Heinz Schneider, Takahashi concepisce un’opera immaginifica eternamente sospesa nella fantasia fanciullesca, che tra tiri infuocati e sforbiciate incrociate a poco da spartire con il football giocato.
“Holly & Benji” è il calcio come lo si sogna da bambini, e certi sogni, si sa, non invecchiano mai…


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Slanzard

Volumi letti: 37/37 --- Voto 7
Anni '80. Il Giappone si è ormai lasciato alle spalle gli anni bui del dopoguerra: il benessere economico si è diffuso a macchia d'olio, i figli dei baby boomer sono lontani dai "figli della sconfitta", e il peso della disfatta mondiale è diventato ormai estremamente labile. Il sentimento d'impotenza e inferiorità rispetto agli occidentali s'è acquietato, il desiderio di rivalsa internazionale ha trovato appagamento nell'esplosione economica che ha portato il Giappone ai vertici finanziari del mondo intero; anche l'insoddisfazione sociale e il desiderio di cambiare il mondo dei baby-boomer si sono spenti nel fallimento delle rivolte universitarie del '68.
Anche il manga, da sempre specchio ideale dell'evoluzione sociale e culturale della nazione, si è adattato, e così il genere spokon, il manga sportivo (per adolescenti).
Non c'è più spazio per gli emuli di Masae Kasai, che rinunciava all'amore e alla famiglia per inseguire il sogno di gloria del suo allenatore Daimatsu e del Giappone tutto; non è più il tempo delle lacrime di Hiromi Oka, del sacrificio dell'amore per il compagno di club Todo, dell'annientamento individuale in cerca della gloria internazionale, degli interrogativi su come sarebbe una vita normale, come quella di tutte le sue coetanee. Le cose sono più semplici, ora: Mila può amare il suo Shiro mentre percorre la sua strada sportiva, ad Hikari è persino concesso uccidere il sogno olimpico in nome di amicizia e amore, mentre i triangoli, i quadrati, gli esagoni, i tetraedri sentimentali hanno la stessa dignità dell'agonismo sportivo. È l'epoca di Yawara, quindicenne abilissima nel judo a cui tuttavia lo sport e la gloria olimpica non interessano minimamente e che vuole uscire con le amiche, sognare l'idol del momento, divertirsi, e non passare ore e ore in una palestra puzzolente di sudore insieme a omaccioni brutti e violenti.
Per i ragazzi vale lo stesso. Si dica addio al Joe Yabuki che bruciava come una fiamma fino a lasciar solo cenere bianchissima, ai wrestler mascherati che mettevano in gioco la vita sul ring, agli orfani novelli pugili in cerca di riscatto per la morte del padre; questo è il decennio delle commedie sentimentali, di Mitsuru Adachi e del suo Touch (mostro da 100 milioni di copie vendute - il manga - e 30% di share - la serie televisiva), in cui il sogno dell'amata è più importante della vittoria di uno "stupido" torneo sportivo.
In uno stato intermedio tra questi due poli, non più dramma del dopoguerra ma non ancora commedia moderna, si posiziona uno dei titoli più famosi del genere, Captain Tsubasa.

Uno dei motivi principali del suo successo planetario, ma che al contempo è probabilmente il suo più grande limite, è il suo concentrarsi solo ed esclusivamente sullo sport. Molto radi, nonchè totalmente insignificanti nell'economia complessiva della storia, sono le parentesi slice of life, sentimentali e scolastiche; decisione più che legittima da parte di Takahashi, ma esistendo più di un'opera in grado di affiancare a sfide appassionanti personaggi psicologicamente approfonditi ed anche una storia più articolata, è cosa buona e giusta premiare maggiormente quest'ultime più che Tsubasa. Su questo versante, a subirne maggiormente le spese è il protagonista Tsubasa, personaggio caratterizzato con rara superficialità e dotato dello spessore psicologico di un foglio di carta, in linea coi dettami dello shounen più mainstream che punta molto del suo fascino nell'immedesimazione dei (giovani) lettori; con un protagonista del genere, forse era davvero impossibile puntare su altro che non fossero le mere partite di calcio. Molto più interessante è ciò che Tsubasa rappresenta: figlio di una famiglia abbastanza benestante (non viene specificato nel dettaglio, ma è palese che non abbia problemi economici di alcuna natura), cresciuto con affetto da madre, padre e amici, è quanto di più lontano si possa pensare dai vecchi protagonisti dello spokon. Eppure il suo comportamento è il medesimo, ancora legato a storie vecchio stile con cui lui, a ben vedere, nulla avrebbe in comune. Il vero erede di Joe Yabuki e compagni è Kojiro Hiyuga, il rivale, il nemico da sconfiggere: orfano di padre, povero e con madre e diversi fratelli minori da mantenere, carico di rabbia e di rivalsa sociale, sfoga sul campo da gioco tutta la sua frustazione, la sua ira repressa, in cerca di un futuro migliore per la sua famiglia. Al confronto, le motivazioni di Tsubasa appaiono risibili, inconsistenti rispetto all'impegno e al sacrificio che riversa nel gioco, incapaci di giustificare la dedizione folle che lo spinge a rischiare danni irreversibili al proprio fisico per la più insignificante delle partite. I ruoli, insomma, si sono ribaltati: il ragazzo di buona famiglia, felice e soddisfatto è diventato il protagonista sempre vincitore, il povero ribelle e violento il rivale destinato alla sconfitta...
Peccato che tale tematica, tale scontro ideologico, si esaurisca alla fine del primo campionato, appiattendo ulteriormente la seconda parte, che corre ai ripari con un'ulteriore spettacolarizzazione delle sfide e delle mosse speciali dei vari giocatori.

Ciò che eleva Captain Tsubasa al di là della propria intrinseca qualità è il suo notevole impatto sociale sui giovani giapponesi dell'epoca, essendo accreditato da giornalisti, giocatori e persino dalla stessa JFA (Japanese Football Association, che inserisce la data di inizio della pubblicazione del manga nella sua cronologia della storia del calcio nipponico) come una delle cause principali dell'esplosione di popolarità del calcio - prima sport semisconosciuto - che avrebbe portato tempo dopo alla creazione della J-League, la lega professionistica di calcio giapponese, ed alla prima qualificazione della sua storia alla fase finale della Coppa del Mondo. Per non dimenticare il suo imprescindibile apporto all'esplosione della narrativa yaoi, con i vari KenKoji e Tsubasa-Misaki che arrivarono ad occupare ben il 10% di tutte le doujinshi yaoi del Comiket del 1986.


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Hiruma23

Volumi letti: 37/37 --- Voto 7
Captain Tsubasa è un manga di Yoichi Takahashi. Il manga racconta di Tsubasa Ozora (per i profani Oliver Hutton), il cui sogno è vincere il campionato di calcio. Nessun problema se non fosse che Tsubasa è nato e cresciuto in Giappone, paese non propriamente famoso per la storia calcistica.
Le vicende di Tsubasa partono dalle scuole elementari, dove si sconterà con Genzo Wakabayashi, o alla grande amicizia con Misaki Taro (Tom Becker). Ci sarò l'incontro con Roberto Hongo che diventerà il mentore del protagonista, fino a passare per le medie dove ci saranno le memorabili lotte con Kojiro Hyuga (Mark Lenders), e la conclusione con il mondiale giovanile under 15 che si terrà a Parigi.

E' un manga sportivo che ha fatto la storia nel suo genere. Ti coinvolge molto, per le partite o per le vicende dei protagonisti. I personaggi sono tutti ben caratterizzati ed è molto bello vedere il loro percorso di crescita negli anni. Disegni molto belli.

Che dire consiglio a tutti le opere di Takashi, tutte sul calcio.
Captain Tsubasa offre quello che tanti spokon non hanno, la longevità. Ok che è un opera che conta sei spin-off della serie principale, però il percorso di crescita mostrato dei protagonisti, difficilmente potrete trovarlo in altri manga dello stesso genere.
Unica pecca magari potrebbe il poco realismo che c'è, però in fin dei conti stiamo parlando di un fumetto.

Gald

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Gald

Volumi letti: 11/37 --- Voto 7
Ho iniziato a leggere questo fumetto circa tre anni fa anche se seguivo gli anime già da quando ero piccolo.
La trama è molto bella con varie diramazioni senza confusioni per il lettore, io pur avendo letto solo undici volumi sto cercando di recuperare gli altri proprio perché secondo me è un manga molto piacevole.
Anche se mettiamo in ballo queste considerazioni positive il manga ha comunque diversi errori molto grossolani che hanno fatto diventare Capitan Tsubasa una barzelletta per diverse persone.
Tra i tanti quelli più grossolani sono le dimensioni del campo da gioco, gli spalti pieni per una partita per ragazzi, la partita dei ragazzi trasmessa sulle reti nazionali, l' enorme numero di tifosi, il tempo, gli effetti che prende il pallone e se ne possono scrivere molti altri. Anche se il disegno non è quello che è e ci sono tanti errori secondo me questo manga non merita un' insufficienza e neanche un 6 dato che ha fatto sognare molti bambini e ci ha fatto divertire.
Grazie maestro Yoichi Takahashi!


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GIGIO

Volumi letti: 37/37 --- Voto 9
Capitan Tsubasa forse non tutti lo hanno sentito nominare. Se chiedete invece a qualsiasi persona cos'è Holly e Benji ti risponderà "un cartone animato". Capitan Tsubasa deve dunque il suo successo al fortunatissimo, perlomeno in Italia, anime passato in tutte le salse in tutti gli orari sul palinsesto da generazioni. D'altronde qual è lo sport nazionale italiano? il calcio. Capitan Tsubasa è un manga incentrato sul calcio.

Tsubasa Ozora (Holly nell'anime) e un ragazzino che con il pallone in campo e fuori ci sa fare. Trasferitosi da poco in una nuova città entra a far parte di una scuola la cui squadra di calcio è piuttosto scarsa, la Nankatsu, o perlomeno è nettamente inferiore della squadra cittadina rivale, la Shutetsu. Un giorno Tsubasa sfida Genzo Wakabayashi (Benji), che è il portiere della Shutetsu, riconosciuto da tutta la città come praticamente imbattile. Tsubasa riuscirà a segnargli. Da questa sfida e con l'aiuto di Roberto (ex giocatore brasiliano famosissimo che lo allenerà) cominceranno le vicende (o partite) di Capitan Tsubasa.

La storia del manga è piuttosto gradevole, semplice ma nonostante l'età dei protagonisti e il target a cui è rivolto non infantile. Il tema principale su cui ruota la storia, oltre ovviamente al calcio o lo sport, è l'amicizia. Tsubasa incontra lungo la strada diversi "rivali", tutti sicuri di sé, come d'altronde lo è lui stesso, però alla fine vince l'amicizia. Anche gli antagonisti più acerrimi alla fine si redimono e stringono la mano al buon capitano avversario.
Capitain Tsubasa è sicuramente vittima dell'irrealismo: se nelle prime battute il manga può anche sembrare il contrario in realtà non tarderanno molto a presentarsi situazioni da videogioco come salti dribbling smisurati lunghi tutto il campo, tiri da 200km/h da 50m che bucano la rete, capriole in aria da circo, stadi stracolmi di gente come se fosse la finale della coppa del mondo quando in realtà è quasi una lotta di quartiere, telecronaca ecc. Questo irrealismo però lo ha reso famoso ha creato simpatia al pubblico e lo ha aiutato ad essere ricordato nel tempo.

I personaggi sono ottimi, ben caratterizzati. Oltre a Tsubasa e Genzo, i protagonisti, ve ne sono almeno 3/4 che non verranno di certo dimenticati, come Kojiro Hiyuga (Mark Lenders), Taro Misaki (Tom Becker) o Jun Misugi (Julian Ross).

I disegni sono inizialmente solo sufficienti ma il manga è lungo e man mano miglioreranno arrivando a buono sul finale. Le scene sportive, sul campo, tuttavia sono sempre comprensibili, ma i personaggi e i loro volti diciamo ne escono piuttosto stilizzati.
L'edizione Star Comics è l'ideale, essendo un manga molto lungo (37 volumi + il seguito) lo propone a prezzo popolare di 3.90 euro con edizione standard, senza sovracoperte e con un design semplice che io trovo azzeccato e che si trova bene in libreria.
Voto 9, forse esagerato ma voglio premiarlo perché tutti almeno una volta nella vita in giardino hanno provato "il tiro della tigre".


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dade88

Volumi letti: 37/37 --- Voto 9
Un fumetto, per quanto mi riguarda, fantastico. Un cult vero e proprio degli anni '80, ci sono cresciuto, e ci navigo ancora adesso volentieri in questa fantastica storia. Ma devo stare ben attento a non confondere l'anime con il manga, quest'ultimo ancor più bello della mitica serie animata. Infatti spesso si fa riferimento alle solite cose: i campi da calcio infiniti, i voli di 20 metri, le sospensioni in aria, tutte cose imputabili al cartone, che però in fondo l'hanno reso più stuzzicante.
Il manga in questo è più bello, più intenso e molto forte dal punto di vista del tema centrale, mai abbandonato, e dal quale non ci si discosta nemmeno un attimo: il calcio. Quindi non aspettatevi storie d'amore, di amicizie tradite, di suspance emotive... No, niente di tutto questo, il 95% del fumetto è puro calcio spettacolo!

Da questa introduzione sembra quasi che io sia un amante questo sport, niente di più lontano dalla realtà (l'ho sempre odiato), ma questo manga è veramente diverso da quello che è il solito calcio, è entusiasmante indipendentemente dallo sport praticato; per me è stato bravissimo l'autore indipendentemente dallo sport preso come soggetto, se avesse ne avesse preso un altro sarebbe stato fantastico in egual modo. Poi ovvio che, mediaticamente e popolarmente, con il calcio ha avuto più effetto.

La storia chi non la conosce? Tsubasa Ozora è un campione, e lo si capisce fin dai primi anni della sua carriera calcistica (addirittura il pallone gli salva la vita da piccolo). Vede il pallone da calcio come il suo migliore amico e non se ne separa proprio mai. La famiglia di Tsubasa, notando questa sua predisposizione decise di trasferirsi in una città dove il calcio, fin dalle elementari, fosse curato in maniera particolare. Qui conoscere il mitico Genzo Wakabayashi, imbattibile portiere di una scuola elementare che diverrà presto un suo acerrimo rivale. Tsubasa infatti si iscriverà a una scuola diversa a quella di Genzo, e ci sarà uno scontro all'ultimo secondo nella finale del campionato tra le scuole, dove farà anche la sua prima apparizione Taro Misaki, che diventerà un grande amico anche per il futuro, di Tsubasa. Ma questo è solo l'inizio!La squadra di Genzo e quella di Tsubasa si uniranno e parteciperanno a un torneo nazionale di scuole elementari, e qui incontreranno tanti fantastici personaggi che daranno grande patos ad ogni partita.
Questi primi 37 volumi vedranno poi un campionato regionale delle scuole medie, uno nazionale, e un torneo in Francia dove ci sarà la nazionale Giapponese contro squadre come l'Italia, l'Argentina o la Francia (per vedere il Brasile, e quindi i mondiali, bisogna leggere la serie successiva, cosa che ovviamente consiglio).

Il disegno è semplice, ma la storia sopperisce pesantemente a una mancanza di raffinatezza del disegno (e poi non ce lo vedrei questo fumetto disegnato alla perfezione). A me ogni partita ha emozionato tantissimo, e quando l'ho letto la prima volta non l'ho trovato per nulla scontato. È una parte della "storia del fumetto" e lo consiglio veramente a tutti, amanti del pallone e non.


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Facchy1977

Volumi letti: 12/37 --- Voto 9
Cosa dire di Capitan Tsubasa? Il cartone animato era una mia grandissima passione da bambina, al punto che da grande ho voluto rituffarmi in quelle partite infinite, in quei contropiedi che non finivano mai, in quelle acrobazie calcistiche mai viste nella realtà.
La storia è bella, educativa. I bambini si affacciano nel mondo degli adulti con un unico grande desiderio: diventare calciatori professionisti, e lo fanno con amicizia, passione, divertimento, agonismo, tenacia.
I disegni sono abbastanza curati. Nei dialoghi a volte si esagera con certe espressioni che esasperano il modo di concepire una partita di calcio da parte di bambini delle elementari, ma i manga sono fantasia e va bene così.


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Surymae

Volumi letti: 37/37 --- Voto 8
A me il calcio non piace, sapete. Ho sempre trovato questo sport noiosissimo: cosa c'è di così avvincente nel guardare un gruppo di persone che prende a calci un pallone? La penso ancora in questo modo; adesso, però, ho trovato qualcosa riguardante il calcio che ha catturato la mia attenzione. Si tratta di questo manga, e i motivi non mi sono ancora del tutto chiari. La storia, ad esempio, è così semplice che si può riassumere in due righe. Ecco come riempire trentasette volumi, fare un sacco di soldi e scatenare un fenomeno di costume! Eppure questa storia così banale, che non incontra i miei gusti usuali, mi è piaciuta molto. Forse proprio perché così semplice, addirittura. Non si può sempre leggere crossover complicatissimi, combattimenti infiniti e quaderni che uccidono, no? Qualche volta ci vuole qualcosa di semplice, di rilassante. Capitan Tsubasa lo è, e mai una volta mi ha dato l'impressione di averci perso tempo sopra. Mica male, per una storia riassumibile in due righe!
Pollice su anche per i personaggi. Sia per il loro odio verso le leggi della fisica, la loro innocenza, la loro intelligenza (chi ce l'ha! XD), o per altri motivi, tutti quanti si fanno ricordare. Inoltre, per essere un'opera prima di un autore così giovane (aveva solo ventun anni quando fu pubblicato il primo capitolo della serie), l'introspezione psicologica è davvero ottima. Non tutti i personaggi hanno lo stesso spessore, ma ci sono alcuni approfonditi molto bene. I primi nomi che mi vengono in mente sono quelli di Kojiro Hyuga e Wakabayashi Genzo, ma potrei citarne altri. Si riescono a capire le ragioni che li muovono, il background, il percorso psicologico che compiono all'avanzare della serie. Non ci si domanda perché fanno questo o quello: Yoichi Takahashi riesce sempre a spiegarlo. Peccato che, invece, altri personaggi non cambino mai, mantenendo per tutta la durata della serie le stesse due caratteristiche in croce. Tra questi ultimi devo purtroppo collocare Oozora Tsubasa, il protagonista: l'ho trovato così male approfondito che, per me, è stato sorpassato in carisma da altri comprimari. E sì che dovrebbe essere il personaggio principale! Ma, considerando l'inesperienza dell'autore, penso che l'introspezione psicologica sia, tutto sommato, un fattore positivo e non negativo.
Altro fattore positivo, l'unico positivo per me al 100%, sono i disegni. Anche questi sono piuttosto semplici, ma ho apprezzato molto il tratto dell'autore, che si adatta perfettamente alla storia (d'accordo, a parte gli arcinoti errori di fisica). Non si sarà in grado di vedere ogni pelo della barba di Roberto Hongo, vero, ma credo che questo stile di disegno si adatti perfettamente alla storia narrata e ai suoi personaggi.
Nessun pollice, invece, per la sceneggiatura e i dialoghi. I dialoghi non brillano affatto per profondità e per lirismo: anzi, sono piuttosto stupidi. Talmente stupidi che sono divertenti. Talmente divertenti che non riesco a considerarli un difetto serio: ci sono infatti alcune scene da far spanciare dalle risate. Roba da chiedersi se in realtà Takahashi Yoichi non sia un genio che ha scritto apposta dialoghi così stupidi. Purtroppo, ciò non è vero. È soltanto un mangaka molto giovane che non ha una gran conoscenza delle menti dei bambini (a volte gli infila in bocca concetti ben più grandi di loro).
Tuttavia, nonostante i difetti sopraccitati, Capitan Tsubada è un'opera che mi è piaciuta molto, che mi sento di consigliare. Sopratutto grazie a queste pecche: hanno reso molto più speciale un manga dalla storia piuttosto piattina. Altrimenti, sarebbe stato soltanto un ragazzino che vuole diventare calciatore professionista, e la cronaca precisa e asettica dei suoi incontri. E allora sì che sarebbe stato noioso, soprattutto per me a cui il calcio non piace! Non sempre i difetti sono negativi, sapete? Complimenti a chi li sa tramutare in punti di forza, come Takahashi Yoichi.


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Swordman

Volumi letti: 37/37 --- Voto 8
Per chi è cresciuto negli anni '90 a pane e animazione giapponese ritrovare in versione cartacea uno dei titoli più amati al tempo non può che essere un piacere. In questo caso parliamo di Capitan Tsubasa ovvero Holly & Benji la serie calcistica per eccellenza.

La storia è di base molto semplice. Seguiremo infatti l'epopea di Tsubasa Oozora, da noi meglio noto come Oliver “Holly” Atton, fin dai primi calci nel campetto del quartiere, attraverso tornei interscolastici fino alla convocazione nella nazionale giovanile per un torneo internazionale in Europa. Ma la forza di Capitan Tsubasa non è ovviamente questa.
Ciò che più conta sono ovviamente le partite. Vere e proprie battaglie combattute con tiri spettacolari, acrobazie impossibili, rovesciamenti di fronte e colpi di scena che tengono sempre lo spettatore... ops, il lettore con gli occhi sulla tavola fino al cartaceo fischio finale. E alla fine le partite risultano anche decisamente più fluide e forse anche più realistiche rispetto alla versione animata ma questa è un altra storia...
Ovviamente però una partita non può essere giocata senza i giocatori e Capitan Tsubasa ce ne presenta davvero tantissimi. Quasi si farebbe un torto a non menzionarne qualcuno ma comunque non ci possiamo esimere dal ricordare:
Tsubasa appunto il ragazzo talentuoso e sempre sorridente che si impegna a fondo per realizzare i suoi sogni; Kojiro Hiyuga alias Mark Lenders il ragazzo un po' burbero che vuole riscattare la sua condizione di povertà attraverso il calcio; Ryo Hishizaki ovvero Bruce Harper gran colpitore di faccia che parte riserva ma che poi finisce titolare della nazionale; Jun Misugi cioè Julian Ross che pur affetto da una seria malattia cardiaca vuole comunque giocare per il suo amore verso lo sport.
Questi sono solo alcuni dei molti esempi positivi portati dai personaggi di Capitan Tsubasa che permetteranno a chiunque di trovare il proprio beniamino con cui identificarsi.

Questa serie è sicuramente la migliore e la più completa delle molte che hanno come protagonista il buon Tsubasa e quasi si potrebbe dire che non c'era necessità di proseguire ma il successo è stato grande e l'autore Yoichi Takahashi di certo non poteva esimersi. Il disegno inizialmente è semplice e un po' grezzo ma poi col passare dei numeri diventa decisamente più pulito e accurato.
L'edizione italiana è assolutamente nella media delle testate economiche dell'editore.
In ogni caso è un titolo assolutamente consigliato e non per qualche effetto di nostalgia “girellara”, anche perché tutti i nomi originali di squadre e personaggi sono stati di fatto ripristinati creando di fatto una nuova prima edizione dell'opera in Italia, ma semplicemente perché è un manga avvincente che si fa leggere con molto piacere.


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Kotaro

Volumi letti: 37/37 --- Voto 9
Un ridente campetto, un pallone bianco a chiazze nere, un gruppo di ragazzini che lo rincorrono. E, tra questi, lui, Tsubasa Oozora, coi suoi capelli che sfidano le leggi della gravità e il suo grande sorriso un po’ idiota perennemente stampato sul volto, che a giocare con quel pallone si impegna e diverte più di tutti quanti, perché quel pallone è il suo migliore amico.

E’ così che inizia Captain Tsubasa, masterpiece di Yoichi Takahashi e pietra miliare dei manga/anime sportivi (e ovviamente di quelli calcistici), nonché dello shonen degli anni ’80.
E’ la storia di Tsubasa Oozora, un ragazzino con una grandissima passione per il calcio, sport in cui dimostra peraltro un’abilità fuori dal comune.
Il manga seguirà la crescita anagrafica e sportiva del ragazzo, dalle partitelle con gli altri bambini in un campetto qualsiasi sino alla nazionale giapponese, e di tutta una serie di altri personaggi che saranno poi destinati a scontrarsi con lui come avversari o a giocare con lui come compagni di squadra.
Captain Tsubasa è semplice, eppure appassiona, al punto che è riuscito, al tempo della sua pubblicazione, a spingere i giapponesi, così chiusi nel loro baseball, verso il calcio, sport che oggi è molto più popolare di un tempo, nel Sol Levante, anche e soprattutto grazie al successo di questa storia.
Sta qua il gran pregio di Captain Tsubasa, il riuscire ad appassionare chiunque, sia i fanatici del calcio (come i tanti che ne hanno apprezzato la versione animata nel nostro paese quando io ero piccolo), sia chi invece a questo sport non è per niente avvezzo (come i giapponesi stessi o il sottoscritto, che preferisce interessarsi agli sport individuali e col calcio si è sempre annoiato).
Qual è il suo segreto? Come riesce a far questo?
Semplice, Captain Tsubasa parla di calcio, è vero, ma anche di calciatori, e pone una grandissima attenzione non solo al pallone, alla partita, ma anche alle persone che quel pallone lo calciano e che quella partita la giocano, le quali vengono approfondite in ogni loro aspetto, sportivo, quotidiano, sentimentale o interiore che sia, riuscendo a differenziarsi gli uni dagli altri per carattere, trascorsi, tecniche e strategie di gioco e a farsi amare e ricordare da chi legge. Con garbo e semplicità, certo (del resto, son giovani calciatori, mica luminari della filosofia), ma in maniera efficace.
E’ di calcio che si parla, è indubbio, ma è un calcio da shonen manga, pieno di acrobazie spettacolari, azioni al limite dell’incredibile, super-tiri mirabolanti e di straordinaria potenza e personaggi che tutto sono meno che realistici. Non solo, è un calcio da shonen manga degli anni ’80, e quindi si porta dietro tutta una serie di simbologie, trascorsi e valori da trasmettere tanto cari alle produzioni giapponesi del periodo (e precedenti), come lo spirito di sacrificio, la lealtà, l’abnegazione, la tenacia, l’amicizia, la correttezza, il gioco di squadra, la fratellanza. Sentimenti e valori molto importanti che si calano perfettamente nel contesto dei campi di calcio così come facevano, nello stesso periodo, nelle terre afflitte dal male o dalla criminalità presentate in molti altri manga.
In Captain Tsubasa non ci sono buoni o cattivi, si tratta semplicemente di esseri umani, di sportivi, e durante o dopo la partita si può poi ritrovarsi come amici anche fra rivali, ma quei match così sofferti, così pieni di passione, di lirismo, di azioni rocambolesche e appassionanti colpi di scena riescono davvero a entrarci nel cuore anche così, e a farci palpitare per ogni gol, azione, colpo di testa, rovesciata, fallo, pareggio, vittoria e sconfitta, anche se l’andamento delle partite è in realtà piuttosto scontato e di facile comprensione per il lettore, seppur costruito con gran maestria.
Lo stile di disegno utilizzato è, al pari della storia, di una semplicità quasi disarmante: disegni chiarissimi, volti realizzati con quattro linee…
Eppure, nel corso dei volumi, assieme allo scorrere del tempo e alla maturazione fisica dei suoi atleti, anche la mano di Yoichi Takahashi migliora, si fa più netta, definita, personale e piacevole, sia pure nella sua semplicità, e risulta difficile se non impossibile immaginare Captain Tsubasa disegnato in altro modo che non sia questo.

In conclusione, Captain Tsubasa è un pezzo di storia, un manga pregevolissimo che si fa leggere tutto d’un fiato e riesce a farsi amare da molti (e a ragione, peraltro!).
Una lettura è fortemente consigliata, non si sa mai che riesca a stupire anche voialtri…


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Kouga

Volumi letti: 37/37 --- Voto 8
Una pietra miliare fra gli Shonen sportivi. Il calcio su carta, orchestrato ad arte dal Mister (mai epiteto fu più esatto), Yoichi Takahashi. Traspare dalla matita tutto l'amore che il maestro nutre per il calcio in questa leggendaria serie calcistica e per i manga, attacchi combinati, portieri volanti, palle ovali che distruggono la rete, ecc ecc. Il tratto è molto bello, e se di primo acchito pare incerto e in fase di lavorazione nel corso dei primi volumi, raggiunge dei buoni risultati molto più tardi, e la storia è quella che conoscete tutti: quella della prima leggendaria serie che va dall'arrivo di Tsubasa alla Nankatsu sino alla partita contro la Germania ai mondiali giovanili (gli OAV di Shin Captain Tsubasa). L'unica differenza (che già di per sé rende il manga un acquisto obbligato) è la presenza di un sacco di scene e momenti al di fuori del campo da gioco che racchiude quotidianità, situazioni scolastiche, momenti casalinghi, uscite fra amici e risvolti sentimentali. Credetemi: amerete i vostri personaggi ancora di più!