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kirk

Volumi letti: 2/2 --- Voto 7
Dopo tanto tempo mi sono ricordato di questo autore (Mohiro Kito) di cui avevo molto apprezzato la serie "Narutaru" su Kappa Magazine. Ammetto di non aver letto la fine di quella serie perché non finita su rivista, ma raccolta in monografico.

Ho pensato: questa è dello stesso autore ed è composta da solo due volumi…
Cosa mi piaceva di "Narutaru"? Non di certo la consideravo una serie filosofica, e mi piacevano il sesso e la violenza, perpetrati da ragazzini poco più giovani di me. Anche ne “Le ali di Vendemiaire” troviamo un abbozzo di sesso e violenza, espliciti o impliciti, ma il tutto rovinato dal tentativo (che brutta cosa!) di far pensare.

Ciò mi è sembrato una riproposizione di alcuni dei temi di "Tetsuwan Atom" (Astroboy) di Tezuka; può essere una macchina “umana”? Può provare sentimenti? Se l’uomo si sostituisce a Dio nella creazione, può imporre di tutto alla sua creatura?
In solo otto episodi noi vedremo all’opera più di una Vendemiaire: in alcuni secondo me è la stessa, ma mi dicono che non ho capito bene.
Le Vendemiaire in questione sono sempre diverse, sempre in cerca di libertà, di provare emozioni. Le vedremo affrontare amore e morte, essere distrutte ed autodistruggersi, lottare per la libertà e la vita.
A volte saranno eroi positivi che danno la propria vita in cambio di quella di un altro, in altri priveranno qualcuno del diritto ad esistere. Portate verso la luce e il bene, se sollecitate, impareranno a fare anche del male.

Sin dal primo episodio siamo consapevoli che essi sono angeli senza ali e donne senza utero, da cui però molti uomini e ragazzi si sentiranno attratti… compreso il direttore del circo che è forse il loro creatore ed è un creatore possessivo, come un Dio crudele, che distrugge la propria opera quando si ribella anelando ad una vita diversa e migliore… Da cosa sono invece attratti i ragazzi/uomini che ronzano attorno a queste Vendemiaire?
Esse sono belle ragazze con le ali, una promessa di libertà? Un richiamo al paradiso? Un minimo di umanità (temine che ritorna) che li fa solidali con una creatura che è infelice, sa di essere infelice, ma tenta di dire che non ha sentimenti per non soffrire?
Lascio ad ognuno dei lettori la risposta.
Io mi limito a dare il mio voto che si basa sul piacere della lettura (come faccio di solito) e nonostante a bravura dell’autore a toccare temi alti, non posso che limitarmi a dare un sette.


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Ataru Moroboshii

Volumi letti: 2/2 --- Voto 8,5
"Le Ali di Vendemiaire" è il primo successo editoriale di Mohiro Kitoh, se al giorno d'oggi dovreste approcciarvi a questo manga, significa molto probabilmente che avete visto/letto le altre due opere più famose dell'autore: NaruTaru e BokuRano, per il resto della recensione pur evitando inutili spoiler, assumerò quindi che il lettore conosca queste due opere.

"Le Ali di Vendemiaire" non è un'unica storia, bensì otto storie diverse con diverse protagoniste. Tutte queste protagoniste hanno però una genesi comune, sono pupazzi senzienti con ali di angelo costruite da un misterioso e sadico individuo che appare come il padrone di un Circo. È un mangaka ancora acerbo quello che scrive queste storie brevi ma proprio perché privo della sovrastruttura di una trama, è probabilmente il Mohiro Kitoh più genuino e artistico. Tutte le tematiche sviscerate in NaruTaru e BokuRano sono qui presenti nella loro forma più pura e immediata: la fragilità e la vulnerabilità umana, il sacrificio come compimento esistenziale, la naturalezza della ferocia, e la costrizione fisica e psichica come causa di dolore estremo.

In quasi ogni manga in cui appaiono delle bambole viventi, queste sono meccaniche, fatte di duro metallo e forti al contempo le bambole sono spesso ovattate nei sentimenti.
Qui accade proprio il contrario: questi angeli femminei sono esili, fanciulleschi, fatti per lo più di legno e come ricorderà il padrone del circo, molto fragili, fragilità che non è solo fisica ma anche psichica. Queste ragazze alate hanno delle ali ma queste sono inadatte al volo, in opposizione portano un anello di metallo alla caviglia che rimanda alla loro prigionia: esse sono schiave con il corpo e con la mente del loro sadico padrone.
Mohiro Kioth è poi molto bravo nel coniugare un character design da bambola di porcellana con una espressività molto spiccata, i sentimenti, il dolore e la malinconia delle Vendemiaire per la loro condizione appaiono lampanti e realistici, ciononostante esse sono percepite dalla massa dei personaggi come pupazzi senza dignità e sentimenti umani nonostante sia palese il contrario.

Le Vendemiaire non sono in grado da sole di cambiare il proprio status, e in ogni racconto vi sarà un personaggio esterno che farà da catalizzatore per il cambiamento, o per lo meno per il tentativo di cambiamento. Qualcuno che sopperirà alla loro fragilità fisica, o che le incoraggerà nella loro fragilità psichica.
Ogni storia prenderà in esame una delle tematiche care a Kitoh e le svilupperà in modo crudo ed immediato ma nonostante ciò carico di simbolismi e simmetrie evocative, creando cosi numerosi livelli di lettura che rendono questo manga adatto ad essere sfogliato ben più di una volta.

Alcune di queste storie fanno quasi da prototipo a quello che saranno NaruTaru con la sua tematica principale sulla ferocia intrinseca del mondo, e BokuRano con la sua tematica della realizzazione di se tramite il sacrificio e l'annullamento di sé. Non vi sono però solo tematiche nere in questo manga, vi è narrata effettivamente anche una via aperta alla vita per emanciparsi dal possesso del proprio padrone e dai limiti autoimposti della propria psiche.
È chiaro a questo punto che quello della bambola alata non è altro che l'ennesimo simbolismo, una metafora della condizione umana tout court, e quando Kitoh parla di bambole parla in realtà di persone.

La considerazione finale è che se anche otto racconti diversi risultano dispersivi per il lettore e per la sua memoria, la potenza narrativa di Kitoh non ne risente minimamente, per di più queste storie sono prive della caoticità che caratterizza ad esempio NaruTaru, la prima storia lunga dell'autore. Il lettore tuttavia rimane ancora affamato dopo questi assaggini che stuzzicano ma non saziano, quindi se anche "Le Ali di Vendemiaire" si può considerare un ottimo inizio, bene ha fatto Kitoh a spostarsi in seguito a storie più lunghe e dal maggiore effetto catartico.


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Irene Tempesta

Volumi letti: 2/2 --- Voto 8,5
Dopo aver letto "Narutaru", decisi che avrei letto ogni opera di questo splendido autore.
Dopo aver letto "Le ali di Vendemiaire" la mia prima espressione è stata "c'è riuscito ancora!" nel senso che ancora una volta le sue opere mi coinvolgono e mi emozionano tantissimo.
Mohiro Kitoh è senza dubbio un autore particolare, con un tratto tutto suo, riconoscibilissimo, sia grafico che narrativo.
Le sue storie trattano spesso dell'animo umano nel profondo, sono molto intense dal punto di vista emotivo, spesso brutali, violente, drammatiche, ma sempre interessanti e riflessive.
In questi due volumi vengono narrate 8 storie brevi, ma tutte legate tra loro dai personaggi, tutti ben caratterizzati e affascinanti, ti attirano subito e ti immergono nel loro mondo.
Il filo conduttore di tutto sono le bambole create dal padrone di un circo, che le battezza tutte con lo stesso nome, Vendemiaire appunto. Ognuna di loro è dotata di ali, grandi o piccole che siano. Può essere vista come una metafora della vita: esse infatti, spesso sono schiave del loro padre/padrone che le tiene morbosamente legate a lui e impedisce loro di essere davvero libere, di amare chi desiderano. Sono dotate di ali, ma non possono volare.
L'autore trasmette spesso il messaggio di slegarci dai vincoli che attanagliano la nostra anima e ci rendono infelici, per avere il coraggio di cambiare, seguire il nostro desiderio, spiccare il volo,liberarci dalle catene (ogni bambola ha una catena al piede come ad indicare la schiavitù, l'appartenenza al padrone).
Altri temi trattati sono l'importanza dell'amicizia, l'importanza di slegarci (anche fuggendo) da una situazione che ci opprime, l'importanza dell'amore e la sua intensità, il valore profondo della vita anche per le creature nate sotto una cattiva stella; a temi più brutali, come l'abbandono, il rapporto morboso tra padre e figlia, tra padrone e schiava, le violenze fisiche, le mutilazioni.
Insomma, lo stile di Mohiro Kitoh! A volte brutale, ma anche dolce, immersivo, intenso.
Alcune storie non hanno un lieto fine, ma ce ne sono altre che hanno un happy end o che comunque emozionano molto. Va precisato che tutte hanno un messaggio profondo da trasmettere e, in poche pagine, ti fa affezionare alle bambole Vendemiaire e ai coprotagonisti.
Gli sfondi sono incantevoli, spesso ambientati in campagna, nelle case rurali.
Il tratto di Kitoh è pulito e preciso.
Il mio voto non poteva essere basso, ed è valido sia per i disegni, ma soprattutto per i temi trattati, per la bravura nel narrare e nel creare i personaggi, davvero ipnotici.
La Star Comics ha fatto un'ottima edizione con buona qualità della stampa e della carta.
Anche se non parliamo di una lettura rilassante, la consiglio vivamente a tutti.


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AkiraSakura

Volumi letti: 2/2 --- Voto 10
"Le ali di Vendemaire" è una serie di struggenti racconti brevi scritta da Mohiro Kitoh e raccolta in due volumi targati Star Comics. E' l'opera che precede "Narutaru" e "Bokurano", in quanto risale al 1997.
E' noto che Kitoh è un mangaka molto originale, dall'elegante stile grafico e maestro nel dare espressività ai volti dei suoi personaggi, che sembrano "vivi". Nonostante lo stile di disegno etereo e ricercato, in un certo senso simile a quello di Yoshitoshi ABe, questo autore è molto nichilista e cinico, e spesso nelle sue opere la violenza, sia materiale che psicologica, fa da contrappunto con lo stile grafico.
Tuttavia "Le ali di Vendemaire" è un lavoro simbolista, filosofico, poetico e dai molteplici livelli di lettura. Le storie ruotano intorno a Vendemaire, una bambola di legno dotata di vita, che possiede delle splendide ali che tuttavia non le permettono di volare. Ella è stata creata dal padrone del circo, un misterioso essere che esercita su di lei un potere assoluto.
Si osserva quindi che Vendemaire non è libera, ma deve sottostare a delle leggi imposte dal suo creatore. La sua condizione è quindi simile a quella dell'uomo, che deve sottostare alle leggi meccanicistiche imposte dalla natura-dio, ed è impossibilitato a liberarsi dal dolore derivante da questa schiavitù se non attraverso la rinuncia. La rinuncia di Vendemaire, che permette agli altri personaggi del racconto di essere liberi, come quella dell'uomo, è ontologica.
Questo discorso sembra simile alla filosofia di Schopenauer, in cui l'unico modo per fuggire alla volontà di vivere (assimilibile al desiderio che genera sofferenza secondo i buddhisti) è l'ascesi. Tuttavia Kitoh fa un discorso ancora più profondo e denso di misticismo. Nell'ultimo racconto "La planata di Vendemaire",il padrone del circo muore. Questa è la cosiddetta "morte di Dio", che ricorda il pensiero di Nietzsche, e che dall'autore viene interpretata come rinascita: infatti è proprio il risveglio, la autocoscienza di Vendemaire che uccide il suo signore. Tuttavia in seguito la protagonista, al cospetto del cadavere del suo padrone, si unisce sessualmente a lui, nonostante sia priva di organi sessuali e lui sia morto. Questo simbolismo indica che in realtà la bambola e il padrone del circo sono connessi e formano un tutto senziente. Questa è quindi la presa di coscienza della meccanicità, ovvero la nascita della volontà consapevole. Infatti dopo l'unione, Vandemaire è definitivamente libera, e la vedremo scorazzare per le strade con la sua moto. Un passante, vedendola, la scambierà per il padrone del circo ringiovanito.
Il risveglio di Vandemaire è quindi il punto cruciale della vicenda. Ella infatti era stata venduta ad un negozio di giocattoli, e durante la sua permanenza in quel posto, i suoi occhi erano chiusi e le sue labbra serrate. Tuttavia un cliente cercava di riscattarla, e nonostante l'opposizione del proprietario del negozio, egli disse a Vendemaire: "svegliati!" ,"è il momento di ascoltare le parole che ti vengono da dentro" ,"è il momento di affermare la propria autocoscienza".
Nel momento in cui la protagonista apriva gli occhi, il cliente affermava: "è morto il tuo padrone". La liberazione quindi, come insegnava Socrate, è interiore, e avviene attraverso l'imperativo "conosci te stesso". Un concetto simile è stato espresso anche da Platone: "se un uomo ha la volontà, è libero anche se è chiuso in prigione".
Il risveglio di Vendemaire tuttavia arriva solo alla fine, e nelle storie precedenti ella dovrà affrontare innumerevoli sofferenze, e in un certo senso, morti e rinascite. Questa è la sua prigionia, come quella dell'uomo, che non è ancora capace di ascoltare la propria voce interiore e di far sua la volontà, che determinerà la liberazione da un mondo di illusioni.
Come in "Narutaru", è necessaria quindi l'unione degli opposti, ovvero "la creazione della coscienza dal caos", l'armonia tra Yin e Yang, come fondamento della rinascita e quindi della libertà.
Vorrei anche aggiungere che questa opera, secondo me, ha influenzato "Haibane Renmei", in quanto nell'anime di Yoshitoshi ABe troveremo tematiche simili a quelle affrontate da Kitoh (e uno stile simile anche a livello grafico).
Siccome con poche storie l'autore (sarebbe meglio dire artista!) è riuscito ad affrontare temi filosofici di grande rilevanza e a influenzare le generazioni successive, ritengo "Le ali di Vendemaire" un raro capolavoro dai molteplici significati filosofici e mistici. Poche pagine di Kitoh sono quindi come centanaia di pagine di un autore qualsiasi dei giorni nostri.

onizuka90

Volumi letti: 2/2 --- Voto 9
Iniziai a leggere "Le ali di Vendemiaire" sospinto dal fascino e dall'interesse che in me avevano destato le altre due opere, ben più note, di Mohiro Kitoh (Narutaru e Bokurano) autore dall'inconfondibile stile grafico piuttosto asettico e algido, volto in funzione di una sceneggiatura affilata e crudele, che lascia la riflessione ad appannaggio del lettore, senza svolgerla a suo beneficio, aprendo così la possibilità ad una rielaborazione del tutto personale dei contenuti, i quali si connotano spesso per un cinismo e nichilismo decisamente marcati.

Questi racconti brevi superano ogni mia previsione ed aspettativa, sprofondando in una spirale di dolce esistenzialismo e malinconia, rivelandosi una sublime metafora che sfiora e lambisce con effimera eleganza molteplici aspetti e dubbi ontologici propri dell'uomo e della sua condizione nel mondo, il rapporto tra genitore e figlio, la necessità di indipendenza, il rapporto con i suoi limiti; ma col cercare di farne un elenco mi sembra quasi di fare uno sgarbo a quello che quest'opera ha significato per me, nella presunzione di poter costringere in forma e parola tale intimo flusso di sensazioni e riflessioni. Nonostante ciò cercherò di esprimere le mie considerazioni nel modo più chiaro possibile. Esordiamo dunque con una citazione che penso esplichi in modo efficace un buon punto di partenza per tentare di comprendere "Vendemiaire":

"Le ali esistono in nome della rivolta e della libertà, sono una sfida a Dio una sorta di liberazione dall'incanto che lega alla terra"

È appunto l'ambizione al volo, uno dei temi di fondo che accomuna questi brevi racconti. Essa viene intesa come tensione verso la libertà, verso qualcosa di elevato, di effimero, nata dal desiderio di svincolarsi dalle catene che ci imprigionano e limitano in una spietata contingenza. Questo topos si scorge anche nelle altre riflessioni e ne da una importante chiave interpretativa.
Molteplici sono i limiti che imprigionano l'uomo, il quale è portato naturalmente a crescere e a tentare, spesso invano, di spezzarli, di affermare la propria individualità in cerca di una raison d'etre per giustificare la propria esistenza. Le ali, dunque, parrebbero simboleggiare un effimera speranza da inseguire, il sogno di una "rivoluzione" contro quei vincoli imposti all'essere umano da Dio, dai genitori, dal mondo e da se stesso.

Le bambole alate sono una metafora; marionette il cui creatore (che può prendere il nome di dio ma anche di uomo) ne determina le possibilità; nonostante siano dotate di libero arbitrio e di una volontà propria, non sono libere. In nessun modo possono svincolarsi da tale atavica stretta, se non con l'unico atto che permette loro di affermare la propria volontà in assoluta indipendenza, ovvero scegliere per se stesse di porre fine alla propria esistenza, il suicidio inteso come ultimo ed estremo atto di affermazione assoluta della volontà di liberazione. Esso viene inteso, tuttavia, anche in un aspetto leggermente diverso: viene infatti messo in relazione col "sacrificio di sé", elevandolo a scelta con un fine quasi più nobile, che conferisce un significato, uno scopo, all'esistenza. Mediante il sacrificio della propria vita, facendone un dono in funzione della salvezza altrui, anche una marionetta inutile, creata per mero capriccio, può dare uno scopo alla sua esistenza, far sì che essa non sia stata vana. Rinunciare alla volontà di vivere per vivere, realizzare se stessi nella morte, forse l'unica scelta del tutto libera.
(riferimento al racconto: "la cremazione di Vendemiaire")

Ma torniamo un attimo indietro, una metafora, dicevamo, una metafora appunto, che si giostra su due diversi piani: l'uno metafisico e l'altro psicologico, rispettivamente il rapporto con l'assoluto e il rapporto con il genitore.
Il primo lambisce con delicatezza il concetto di libertà e libero arbitrio, di ambizione e di desiderio, la realtà si rivela immensamente spietata e crudele, sembrerebbe precludere ogni speranza in questo mondo, ed in effetti è così, ma vi sarà sempre nella volontà la potenzialità della scelta. L'unico modo per cercare di "spiccare il volo" è la presa di coscienza di tali catene e accettarle o cercare di spezzarle, anche se ciò si palesa come una mera illusione, poiché in qualcosa si deve pur credere. Ad esempio attraverso l'ingegno, proiezione della nostra volontà, dei nostri desideri ed ambizioni nella realtà; strumento che permette di librarci metaforicamente (e non) nel cielo, seppur artificialmente, mediante mezzi a noi estranei. Anche il crescere e maturare costituiscono un pericoloso allontanarsi dalla "protezione divina"(o materna se vogliamo, ma questo si vedrà più avanti) uno sfidare la sorte: "quando voliamo siamo soli", e dobbiamo bastare a noi stessi, palese metafora della crescita e del diventare adulti, dell'allontanarsi da quel guscio che è il nostro mondo. Quella guadagnata non sarà forse vera libertà, d'altronde davvero potrebbe esistere tale chimera? Ma sarà pur sempre il frutto di una nostra scelta consapevole.

Il desiderio, e soprattutto la necessità, di una presa di coscienza si percepiscono non solo nella loro dimensione astratta e metafisica ma, altresì, nel rapporto che intercorre tra genitore e figlio. I genitori infatti tendono ad imporre la propria volontà sulla prole, per far sì che essa diventi strumento atto a soddisfare la loro felicità, desideri, aspettative. Cercano dunque di plasmare i figli come vogliono e perciò prevaricano inconsciamente sulla volontà degli stessi, che rimangono attaccati alla figura del padre e della madre e non riescono a sfuggirvi o, al contrario, non vedono l'ora di poter fuggire a tali pressioni. La necessità dell'indipendenza, in ogni caso, è inevitabile e per raggiungerla il figlio non può che crescere, staccandosi dai genitori, "uccidendo" simbolicamente la figura materna per penetrare il mondo adulto, fuggendo dalla forma che il genitore vuole imporgli, fuggendo dalla protezione confortevole del grembo materno. Questa ribellione avviene in una dimensione interiore, grazie ad una maturazione dovuta allo scontrarsi con la dura realtà, al disincanto.

Siamo dunque, noi, come marionette? Giocattoli di un dio tiranno? La nostra libertà, le nostre certezze di cui andiamo fieri e che ci confortano, sono davvero tali? O si rivelano solo mere illusioni, fragili ed effimere tanto che basta un alito di vento per farle crollare miseramente in pezzi? Risulta lapalissiano come emerga da queste considerazioni una visione cinica e drammatica della vita, nella quale sono presenti sofferenze e dolore, spesse catene che ci costringono in una direzione spesso distante da quella che noi desideriamo. Non siamo liberi, le nostre ali, come quelle di Vendemiaire, non possono volare.

Arduo è immaginare a quale target possa essere destinato un tale titolo. Personalmente mi sento di consigliarlo solo a chi ha saputo apprezzare Narutaru e Bokurano, il loro cinismo e violenza psicologica. Non posso assicurarvi che la lettura di questo fumetto vi trasmetta lo stesso che ha trasmesso a me, ma non penso vi possa lasciare indifferenti. Data la natura del racconto breve, non è certo agevole condensare simili riflessioni in si scarso spazio, per questo la sceneggiatura è coadiuvata da simbolismi di vario genere, che permettono di veicolare le informazioni con maggiore libertà ma minore immediatezza. Voto: 9


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Doll_in_the_Hell

Volumi letti: 2/2 --- Voto 9
"Le ali di Vendemiaire" è un manga che mi ha colpito subito per il suo essere inconsueto. Ne avevo letto la trama e subito ne ha apprezzato i temi e i bei disegni, semplici ma anche diretti. Sono andata subito a comprarlo e il risultato è quasi indefinibile. Per capirlo appieno, per capirne i contenuti, i temi e le atmosfere va letto e riletto.
Semplicemente, è veramente particolare. Non è uno shojo, adatto a ragazzine che cercano amore fra i banchi di scuola, ma non è nemmeno un shonen perché non c'è molta azione né sviluppi improvvisi. Si può definire seinen, ma il target è del fumetto non si riesce a immaginare. Questo manga è intenso, forte, vissuto e si potrebbe dire quasi vivo, in un mondo che non è, anzi che non è stato perché l'atmosfera del manga ci porta nei primi anni del Novecento; in un mondo che probabilmente solo la mente umana può creare.
Non è un manga felice, non vi aspettate di sorridere o di finirlo di buon umore, tutto in questo manga parla di vita dolorosa e difficile, e molte storie traspirano morte. Il sacrificio per gli altri, la crescita, la libertà, la voglia di volare per vivere, e tanti altri temi ancora sono stati toccati, e molte delle otto storie dei 2 albi fanno male, quasi soffocano. I disegni delle piccole Vendemiaire poi, sono così semplici, poco elaborati, ma allo stesso tempo così graffianti, toccano il cuore, sembrano quasi chiedere aiuto, l'aiuto di uscire da quella che è la favola crudele in cui sono rinchiuse, da cui non potranno mai scappare, volare via, ma le loro ali non volano.
L'atmosfera del manga parla di tante cose, ogni storia racconta di una diversa Vendemieire, qualcuna che troveremo in entrambi i volumi, qualcuno che avrà giusto il tempo di un racconto, ma tutte loro lasciano qualcosa per ogni storia. Ecco i titoli:

- La mano sinistra di Vendemiaire
- Le bianche ali di Vendemiaire
- Il tempo di Thermidor
- La cremazione di Fructidor
- Le facezie di Brumaire
- Le ali nere di Vendemiaire
- La cremazione di Vendemiaire
- La planata di Vendemiaire

La storia più bella, a mio parere, è la Cremazione di Vendemiaire, ma queste storie non possono essere riassunte ne spiegate perché verrebbero banalizzate, semplificate e si perderebbe la loro intensità. Questo è un manga che va semplicemente letto.