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kirk

Volumi letti: 4/8 --- Voto 8
Della Keiko Takemiya ho letto in passato “Natsu e no Tobira” (opera mediocre) e “Verso la terra...” (che è un quasi capolavoro). Sono interessato a leggere “Il poema degli alberi e del vento”, che non ho ho acquistato all’epoca perché a corto di money e spero esca prima o poi “Andromeda stories”.
Ma com’è questo “Pharaoh no haka”?
Di quattro volumi i primi due non mi sono piaciuti, tant’è vero che ci ho messo giorni a finirli, ma fortunatamente ho acquistato il box e perciò ho continuato nella fatica: gli ultimi volumi li ho divorati.
Quindi se i primi volumi li ho considerati brutti con qualche scena e idea interessante gli altri sono ottimi.
Non so se mi davano fastidio i protagonisti bambini (non credo) o se l’impostazione delle tavole fosse diversa (non mi sembra ma non ci ho fatto caso) ma quel che è certo che l’opera non mi ha convinto fino alla sua metà per poi schizzare nell’empireo.
Sariokis principe di un piccolo regno distrutto diviene schiavo di Re Sneferu, da cui scappa per diventare il Falco del deserto, mentre costui, definito il re serpente, si innamora di Nile, ignorando che è la sorella del suo nemico.
La loro tragica storia d’amore finisce per le macchinazioni di Kes, il visir del Re, intenzionato a sbarazzarsi del suo sovrano per governare il regno da solo.
I personaggi sulle prime non mi hanno conquistato nonostante vengano violati, esposti al destino, abusati, bramati con odio o con amore.
Il principe Sario arriva spesso sul bordo della morte ma si riprende sempre e diventa ad ogni disgrazia più forte: l’unica sua debolezza, sfruttata dal visir, è l’amore di sua sorella Nile.
L’amore in questa storia è una debolezza che unisce vari personaggi (Sneferu, la madre del re, la figlia del visir…) in una storia piena di morte e di morti: d’altronde negli anni ‘70 non avevano paura di proporre alle ragazzine storie con sesso e violenza.
La confezione Jpop è buona: buona la carta, pagine a colori, frontespizi d’oro, prezzo accessibile: i volumi sono due in uno a dieci euro.

PS: Uno dei motivi per cui la Takemiya si impegnò così tanto per “La tomba del Faraone” fu anche che l’editore le promise che se fosse arrivato al primo posto come indice di gradimento avrebbero preso in esame la storia che l’autrice voleva a tutti i costi disegnare su degli amori shonen ai… ma come dice l’autrice nel suo “Il suo nome era Gilbert” la cosa era dura perché sulla rivista pubblicavano molte altre brave autrici fra cui Moto Hagio.