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micheles

Volumi letti: 4/4 --- Voto 8
Nel Giappone occupato del dopoguerra, fino alla dipartita di Mac Arthur avvenuta nel 1952, erano in vigore tutta una serie di provvedimenti e di censure volte a scoraggiare ogni sentimento di rivalsa contro l'invasore. In particolare erano vietate o pesantemente censurate anche opere apparentemente innocue, come i manga sportivi che trattavano di sport di combattimento o i film e drammi storici che glorificavano le virtù marziali degli antichi samurai. Queste censure progressivamente scomparvero nel corso degli anni cinquanta e forse proprio per reazione quel periodo si ricorda per l'enorme successo di opere di combattimento a carattere storico, ricche di ninja dotati di superpoteri. Due autori più di tutti gli altri hanno segnato il genere: Futaro Yamada, autore del romanzo "Kouga Ninpocho" (1958) e Sampei Shirato, autore del manga "Ninja Bugeicho" (1959). Se oggi, dopo oltre cinquant'anni, i ninja e l'epoca Sengoku hanno ancora tanto successo si deve al successo di questi due autori, che sono stati citati, copiati e imitati innumerevoli volte.

In quegli anni Go Nagai era un ragazzino di 13-14 anni, e la lettura di Yamada e Sampei ebbe un enorme impatto sulla sua giovane mente. "Black Lion" è il frutto di quelle letture: vi compaiono i celebri ninja di Kouga e di Iga e un crudele ninja immortale, esattamente come in "Kouga Ninpocho"; l'apparato grafico e la figura del vecchio maestro derivano invece da "Ninja Bugeicho". All'epoca Nagai era solo uno studentello di belle speranze. Non sorprende quindi che quando nel 1964 presentò "Black Lion" a varie case editrici, venne rifiutato da tutte: nessuno aveva il coraggio di pubblicare 818 pagine di un autore sconosciuto. Per sfondare Nagai dovette darsi a manga brevi, umoristici ed ecchi, meno impegnativi e più facilmente pubblicabili. Dopo essere diventato un autore affermato, nel 1978, Nagai tornò su "Black Lion", ridisegnandolo completamente senza però cambiare l'idea di base, e lo pubblicò finalmente su "Weekly Shonen Magazine". Segno che si trattava di un'opera che gli interessava particolarmente. E si vede, perché è una delle sue opere migliori. È davvero un peccato che sia sconosciuta al grande pubblico, che conosce solo Mazinga e Devilman, senza sapere che la produzione nagaiana è molto più ampia.

In quanto opera prima l'omaggio al mondo di Futaro Yamada è molto pesante, ma il giovane Nagai non si fa scrupolo di innovare e di sposare la tradizione classica dei ninja con tematiche del tutto diverse: ecco quindi che in "Black Lion" compaiono razze aliene, viaggi nel tempo, robot, astronavi e quant'altro. Inoltre Nagai come al solito non si fa scrupolo di annaffiare il tutto con una buona dose di sesso e violenza. Personalmente ho apprezzato particolarmente il primo volume, quello in cui le tematiche fantascientifiche sono molto limitate: si tratta di una canonica storia di ninja disegnata benissimo e piena di azione e di tragedia, come si conviene al genere. Gli altri due volumi sono inferiori ma si leggono comunque molto bene. Non c'è dubbio che Nagai abbia anticipato certe scene di Terminator di oltre vent'anni (intendo proprio a livello di immagini visive); escludo comunque ogni plagio, semplicemente le buone idee sono destinate a riapparire. Consiglio "Black Lion" a tutti, ma soprattutti ai nostalgici dei tempi in cui nell'epoca Sengoku dei manga non vivevano bimbette moe ma solo feroci e virilissimi ninja, nessuno dei quali biondo con gli occhi azzurri.