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LaMelina

Volumi letti: 3/3 --- Voto 9
Quando parla dei quartieri di piacere, la gente non pensa mai che possa nascere l'amore fra le mura di un bordello. Sebbene la luce che proviene da Yoshiwara sia così folgorante e affascinante, sotto tutto quel mare di lanterne si nascondono i desideri più infimi dell'animo umano, le pulsioni più nascoste, le fantasie più perverse. Allora Yoshiwara è uno specchio per le allodole: all'esterno sembra così luminoso, ma se non si fa attenzione si può abbandonare la vista e perdere l'uso della ragione. Nascoste in quel luogo ci sono fra le più belle creature che il genere umano ha potuto vedere, talmente belle che l'umanità fa a gara per poterle ingabbiare. E' un luogo Yoshiwara in cui l'amore non ha motivo nemmeno di essere ponderato, eppure anche nel posto più ombroso può nascere un sentimento così puro e al contempo possessivo. Perché l'amore è fatto così: luce ed ombra, purezza e perversione, prigione e libertà, tristezza e gioia paradisiaca.
"Mede Shireru Yoru no Junjou" narra di un amore del genere, della relazione di due prostituti di un bordello di Yoshiwara, Kichou e Kagerou. Fra loro si instaura fin da subito, fin da bambini, un rapporto d'amicizia, fatto di sfottò, prese in giro, bullismo gratuito, ma anche di sorrisi, carezze, scherzetti, divertimento, senso di protezione e sollievo. Il cane e il gatto, così vengono chiamati dai frequentatori di Yoshiwara, perché è un continuo punzecchiare ed essere punzecchiati. Kichou è la parte forte del duo, quando vuole una cosa se la prende; Kagerou è una principessa e come confà a quelle del suo rango, non fa nulla, nemmeno pettinarsi i capelli da solo. Finché può mantenere questo rapporto necessitario, Kichou fa di tutto affinché la sua principessa non acquisisca capacità innate, che non siano bellezza e raffinatezza, per poterla legare a sé sempre più stretta. Entrambi venduti, entrambi abbandonati al proprio destino, costruiscono nelle mura del bordello che li ospita la propria casa, il luogo in cui poter sempre tornare. Ma cos'è una casa per Kichou e Kagerou? E' lo stare insieme: dove c'è l'uno deve esserci l'altro, oppure quel senso di familiarità, di poter essere se stessi senza paura e di sentirsi al sicuro che è la casa, non potrebbe esserci. Per riuscire a realizzare il desiderio di poter vivere insieme, Kichou e Kagerou si lanciano in un viaggio lungo ed insidioso, fatto di sospiri e gelosie, di accoltellate e stupri, di sguardi perversi e di sorrisi dolce-amari.
Fra kimono, saké, fermacapelli, sesso e bellezza, "Mede Shireru Yoru no Junjou" si districa beatamente, mostrando uno spaccato del Giappone di un secolo fa in maniera sublime. Fra le pieghe dei kimono che indossano Kichou e Kagerou e nei riflessi dei loro lunghi capelli si intravede la realtà dei quartieri a luci-rosse di inizio 1900, nelle quali era facile per un ricco possidente poter comprare un ragazzo (o una geisha) con il quale soddisfare ogni voglia. Sembra quasi impossibile che in un posto del genere possa nascere l'amore, per di più fra due cortigiani; tuttavia, Ami Suzuki riesce a rendere benissimo i sentimenti nascosti dai paraventi, dietro ai fusuma e ai ventagli, coinvolgendo il lettore in un universo sconosciuto e ingannevole. A volte ci si dimentica quasi del luogo nel quale è ambientata la storia, tanta la bellezza dell'amore di Kichou e Kagerou, ma purtroppo ritorna sempre alla luce la lordura che si vuol cacciare in basso: col soltanto nominare clienti, iniziazioni, riscatti, si finisce col ricordare che ci si trova in quartieri di piacere e che i protagonisti vendono il loro corpo a sconosciuti libidinosi per poter sbarcare il lunario. Riuscire a mantenere sempre l'amore in un limbo che pende a volte verso il paradiso e altre verso l'inferno a luci-rosse è la bellezza dell'opera, che non sfocia mai nel volgare o nello scontato, conservando fino alla fine una sorta di candore, sebbene Yoshiwara non consenta di pensare in tali termini.
La pulizia si nota anche nel tratto dell'autrice. Disegni meravigliosi che esaltano in pieno la bellezza di Kichou e Kagerou. L'esame che secondo me Ami Suzuki passa a pieni voti è quello di non dimenticarsi mai che i suoi protagonisti sono due maschi. Kagerou, infatti, è talmente femmineo e simile ad una donna, che sarebbe stato facile scambiarlo per una vera principessa, ma nemmeno per un minuto la Suzuki dà da pensare ciò: c'è sempre un particolare che ricorda la natura mascolina dei protagonisti. Kichou per esempio appare figo, sensuale e virile nonostante i kimono, i capelli lunghi e il trucco! E a proposito degli accessori e dell'abbigliamento, essi sono curati nei dettagli, questo anche per lasciare che il lettore entri appieno nel mondo dei quartieri di piacere. I kimono sono stupendi e vederli indossati da dei maschi come Kichou e Kagerou, i più famosi del quartiere, acquisiscono ancora più bellezza!
La descrizione di quel lato oscuro del Giappone dell'epoca è resa molto bene. Si fa riferimento anche a cerimonie come il mizuage, la perdita della verginità per una geisha (valeva lo stesso per i maschi) che determina il suo ingresso a pieno regime nel mondo fluttuante, l'ukiyo, o il riscatto, cioè la somma che un cliente doveva pagare per poter comprare definitivamente la sua cortigiana preferita e renderla propria amante.
Nonostante siano solo tre volumi, sembra quasi come se "Mede Shireru Yoru no Junjou" riuscisse a fermare l'eternità fra le sue pagine. Perché quando varchi il cancello di Yoshiwara, l'unica cosa che cerchi è di afferrare l'eternità...