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Zerusen

Volumi letti: 2/2 --- Voto 6
Trovo in Unlucky Young Men il pregio di essere un manga quantomeno originale: il fatto di essere composto da due enormi volumi dall'aspetto accattivante; la storia che narra; le atmosfere; i suoi personaggi; i titoli dei capitoli tratti dai versi di Takuboku Ishikawa... Una serie di dettagli che, durante la sua prima lettura (avvenuta 3 anni fa), me lo fecero ritenere un'opera d'arte, opinione (purtroppo) aggiornatasi negativamente a seguito della sua rilettura e di quella del secondo volume.

Unlucky Young Men parla di giovani rivoluzionari, di ribellione, della fine degli anni '60 in Giappone e, certamente, di crescita personale. Non ho mai conosciuto opere simili, e per quel che mi riguarda questa qui è dotata di una profondità e di uno spessore tali da apprezzarlo, specialmente se non lo si volesse paragonare ad opere dello stesso tipo (che, per l'appunto non conosco). Tuttavia ho sempre ritenuto [ed avuto prova del fatto] che un'opera sia perfettamente in grado di affascinare i suoi lettori a prescindere dalle loro preferenze di genere, e purtroppo questo non è stato proprio il caso di Unlucky Young Men - complice il fatto che l'opera sia composta da due soli volumi, una quantità troppo breve per stufare un lettore a causa della sua longevità (che appunto questo manga non possiede). Molto spesso ho trovato di difficile comprensione trama e narrazione, i cui avvenimenti si verificano intorno a personaggi decisamente sopra le righe, caratterizzati in partenza da dialoghi ed opinioni a me spesso poco chiari, trattandosi di giovani le cui vite sono allo sbaraglio, pronti a gettarsi in azioni sconsiderate e ad esprimere opinioni complesse e spesso assurde.
A rendere questo scenario meno scorrevole c'è però, a mio avviso, un problema ancora più grande: il disegno. Questa dinamica che - non so come - inizialmente mi sembrava magnifica, dopo una rilettura a distanza di qualche anno mi è apparsa assai meno piacevole di quel che ricordavo. Chiariamoci: gli scenari e gli ambienti che figurano in questo manga sono bellissimi, nonché particolarmente evocativi, ma non sono riuscito assolutamente ad apprezzare personaggi che - per quanto oggettivamente e concettualmente affascinanti - ho ritenuto dovessero essere rappresentati con un tratto molto più marcato, o elegante, volendo anche sporco, ma certamente non così fine e (specie in alcune tavole) per me approssimativo, che secondo me va proprio a svilire l'importanza che tali personaggi dovrebbero - nel bene e nel male - ricoprire. Non so se qualcuno di voi abbia mai letto Sanctuary, manga ambientato nel Giappone di fine 20esimo secolo, ma un tratto anche lontanamente simile ad uno così elegante avrebbe certamente aiutato ad evocare scene, situazioni e momenti lontani dai giorni nostri che siamo soliti trovare nei film datati, chiaramente in una maniera molto più efficace. Anche qui tengo a ribadire che se si fosse trattato di una "degenerazione" del disegno o della cura nei dettagli degli autori, causata da una lunga produzione, quantomeno si avrebbe avuto una scusante, in questo caso assente.

Per quanto riguarda il suo genere, come già detto, Unlucky Young Men non pecca certamente di originalità, e qualora [tale genere] si apprezzasse, il manga si rivelerebbe a mio avviso un'ottimo spunto per la propria crescita personale.
Secondo me è proprio questo che dovrebbe essere preso in considerazione qualora si volesse acquistare questo fumetto: se lo si fa con l'intenzione di acculturarsi, di ritrovare piacevoli citazioni, se si è alla ricerca di un'avventura ambientata precisamente nel Giappone di 50/60 anni fa, allora il suo acquisto è per me più che consigliato.
D'altro canto, se si cerca semplicemente una storia al di fuori di quelle a cui siamo abituati, magari avendo anche delle pretese stilistiche (il che è stato il mio caso), allora credo che Unlucky Young Men necessiti come minimo di un attento sguardo al primo volume prima di poter prendere una decisione, che in questo caso francamente sconsiglierei.

Utente61949

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Utente61949

Volumi letti: 2/2 --- Voto 8
Alcune annate rappresentano un momento di svolta nel contesto storico mondiale, Eiji Otsuka (sceneggiatura) e Kamui Fujiwara (disegni) con il loro Unlucky Young Men edito in Italia da Hikari Edizioni, hanno scelto di imperniare la loro opera proprio in uno di questi periodi di transizione, un punto di rottura tra passato e presente.
Due corposi volumoni ci immergono in una Tokyo apparentemente in subbuglio a causa delle manifestazioni studentesche del '68. Con questa cornice di disordini in sottofondo ci apprestiamo a scoprire una trama basata su fatti realmente accaduti e persone veramente esistite, rielaborate e utilizzate da Otsuka al fine di usare la loro immagine pubblica come base per ricreare l'atmosfera dell'epoca e attorniarla da un'aura quanto più realistica possibile. Quindi non sorprendetevi di rivedere un giovane Takeshi Kitano nei panni del personaggio denominato T, oppure in N il serial killer e poi scrittore Norio Nagayama. Questi due, insieme a varie altre figure che attirarono l'attenzione pubblica giapponese alla fine degli anni '60, si troveranno a collidere tra di loro nell'evento chiave dell'opera, ovvero la rapina a un furgone che trasporta 300 milioni di Yen.

Il primo volume tenta delineare la situazione, i pensieri e i sentimenti che pervadevano Tokyo durante i disordini originati dal movimento studentesco, mostrando sopratutto i limiti di una rivoluzione poi rivelatasi inconcludente, una maldestra copia giapponese derivata da ciò che succedeva in altre parti del mondo; d'altronde il Trattato di Sicurezza alla fine venne rinnovato e il modello americano ebbe così modo di radicarsi ulteriormente in terra nipponica.
Il secondo volume invece si concentra maggiormente nel tratteggiare la psiche e le motivazioni che portano i vari personaggi ad agire. Una rappresentazione non sempre riuscita per via di qualche comportamento o situazione piuttosto irreale, come alcuni rapporti sessuali alquanto forzati e una morte in particolare poco credibile, ma per evitare spoiler non aggiungo altro. Fortunatamente questi piccoli passi falsi passano in secondo piano di fronte a un intreccio avvincente ben congegnato e sopratutto dinanzi al cuore dell'opera, un messaggio intrinseco ad essa che cerca di uscire e avvolgere il lettore portandolo a riflettere. Una riflessione quasi obbligatoria, necessaria, per comprendere appieno questo manga, conducendoci per mano a interrogarci sull'importanza di una circostanza che troppo spesso diamo per scontata, un gesto semplice ma al contempo fondamentale: quello di essere ascoltati, di trovare qualcuno che parli il nostro stesso "linguaggio", perché è proprio dalla solitudine e dall'alienazione che nascono i "mostri", un'etichetta conferita dalla società a coloro che emargina, anche se essa stessa influisce fortemente nella loro creazione. L'importanza dei legami è direttamente connessa alla formazione della propria identità nella sua totalità, ma come si possono formare legami reali in un contesto dove non esiste più una vera identità sociale? Come ci viene mostrato, il Giappone del '68/'69 era ormai totalmente americanizzato, assoggettato e allo stesso tempo terrorizzato dal potere delle armi nucleari, vincolato ancora alle tragedie di Hiroshima e Nagasaki. L'alternativa di chi non si rispecchiava in questa nuova direzione intrapresa durante il dopoguerra ricadeva nel movimento studentesco, pervaso da ideologie di sinistra, o nel cercare rifugio all'interno di gruppi patriottici estremisti, sostenitori di valori risalenti al Giappone antecedente alla Seconda Guerra Mondiale. Due estremi agli antipodi che fecero navigare il paese in acque torbide, creando una sorta di anomia riscontrabile ancora oggi in un'identità nazionale alquanto confusa. Alla fine quello che traspare è chiaro, il Giappone aveva perso completamente la propria bussola morale, emblema di ciò sono quei giovani giapponesi sessantottini che lottavano per riempire un vuoto, volevano la rivoluzione ma senza comprenderne veramente il fine. Cosa sarebbe successo dopo? L’avvento del comunismo? Avrebbe realmente avuto senso sostituire il modello americano con uno simil-comunista, un assoluto per un altro, per di più entrambi di origine estera? Queste domande che sorgono durante la lettura non trovano risposta ma pongono sicuramente in risalto quanto quella pseudorivoluzione fosse in realtà un gesto disperato perpetrato da una generazione non più capace di riconoscersi all'interno dei propri confini nazionali.
La perdita di un'identità nazionale e dei valori sottostanti ad essa ha inevitabilmente influito sia sulla formazione del sé individuale, che sulla coesione sociale e sui legami tra le persone mettendo in evidenza una mancanza di punti di riferimento su cui fare affidamento; tutto questo ha finito per gravare sulle nuove generazioni e sulla loro crescita, come sottolineato dai protagonisti del manga, inclini a compiere atti terroristici pur di cambiare le cose. La maggior parte dei personaggi appaiono dunque disorientati, spaventati dal futuro e dubbiosi sul significato di diventare adulti. Essi cercano conferme in gruppi dalle ideologie estremiste o in azioni ad alto tasso emotivo pur di provare qualcosa, di sopperire a quel senso di smarrimento, una sorta di urlo di disperazione diretto a ricercare qualcuno che li sappia ascoltare in mezzo a una folla apparentemente sorda. La famiglia, la scuola, la religione e le istituzioni non sembrano degne di fiducia agli occhi di questi giovani, costringendoli a proseguire per tentativi e sentendosi costantemente degli unlucky young man. Da questo sapore dal retrogusto postmoderno, Otsuka nella postfazione riassume perfettamente il suddetto concetto in un'unica, fondamentale frase:"Alcuni sbandano, altri si fanno un nome, per la maggior parte diventano anonimi adulti". È proprio per evitare tale triste destino che i personaggi del manga si dimenano tra sesso occasionale, stupri, omicidi e terrorismo pur di non cadere nel baratro della monotona e preimpostata vita di matrice capitalista richiesta a chi non è più considerato adolescente, individuando il punto di non ritorno proprio nel passaggio all'età adulta. Ovviamente non voglio giustificare tali comportamenti devianti, che nella realtà portarono a episodi piuttosto gravi, ma chiudere gli occhi e continuare imperterriti a ignorare questi problemi invece di interrogarsi su di essi è davvero la soluzione ideale per creare una società degna di questo nome? Cinquant'anni dopo il problema pare ancora senza risposta e non solo all'interno dei confini giapponesi.

Passando ai disegni, il tratto di Fujiwara risulta pulito, preciso e dettagliato, coadiuvato da un particolare tratteggio delle ombreggiature che rende palpabile l'atmosfera permeata di inquietudine, quasi opprimente. Le inquadrature hanno un taglio fortemente condizionato dal mondo cinematografico, rendendo alcune splash page davvero originali e pregevoli.

In conclusione Unlucky Young Men si è rivelato un manga dai toni maturi, delineato da una profonda conoscenza dell'epoca trattata, senza la pretesa di voler essere un accurato ritratto storico ma anzi modellando parzialmente la realtà a piacimento degli autori pur di mettere in risalto contenuti e riflessioni fondamentali per capire vari aspetti che hanno influito sulla formazione del Giappone odierno.