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DarkSoulRead

Volumi letti: 2/2 --- Voto 8
Il teatro sognante di Asumiko Nakamura

“Guardate ha le guance lisce come porcellana, e labra rosse come bambù sacro, ha pizzi di seta… e capelli biondo ambrato. E occhi color cielo pallido dell’alba… è davvero una principessa”.

“Le Théâthre” è una raccolta di racconti brevi della talentuosa Asumiko Nakamura, Mangaka nota sopratutto per “Compagni di classe” e “Utsubora”.
I 29 capitoli che compongono l’opera sono stati publicati in Giappone sulla rivista di moda Gothic & Lolita bible, e raccolti poi in due volumi: “Le Théâthre A” e “Le Théâthre B”.
Le storie presentate variano da episodi autoconclusivi a narrazioni dalla continuity spalmata in più capitoli, ed hanno come fil rouge lo stampo favolistico, e, come altro trait d’union, le protagoniste caratterizzate tutte in stile gothic lolita, a dare omogeneità al fantastico mosaico dipinto dall’autrice.

Il melting pot citazionistico apre i suoi sipari con “Uova d’angelo”, la storia di una lolita che paga un modello per ritrarlo nei suoi quadri, citando nel titolo “L’uovo dell’angelo” di Mamoru Oshii, e nel plot “Mars” di Fuyumi Sōryō.
Si passa poi dal “Pinocchio” di Collodi al “Dracula” di Bram Stoker, da una geniale rivisitazione di “Cappuccetto Rosso” a un’oscura e struggente versione di Babbo Natale, fino ad “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll, vero e proprio leitmotiv dell’opera.
Il tutto ampiamente rivisto, decostruito, reinterpretato e trasformato da occhi utopistici e visionari.
Ad esempio in “Velvet going underground”, la reinterpretazione incestuosa di “Pinocchio”, il burattino è una conturbante lolita idol che prende vita soltanto di notte grazie ai raggi lunari, innamorata del proprio padre Geppetto.
La libertà autoriale con cui la Nakamura si muove all’interno dei racconti classici fa si che la narrativa non si perda mai in cul-de-sac di ridondanza, mutando in novità la sensazione del già visto.
Un’altra emozionante escursione nell’inanimato dell’autrice la troviamo in “I am piano”: deliziosa sequenza in cui stavolta la graziosa lolita è un pianoforte, illustrato con le fattezze di una ragazza per evidenziare tutta “l’umanità” che intercorre tra un pianista e il suo strumento.
Meno ispirati gli episodi a tinte noir, che appaiono sottotono e un po’ scollati dal caleidoscopio fiabesco tratteggiato, in cui figura anche l’orsetto serial killer, omaggio a “Palepoli” di Usamaru Furuya, uno degli autori di riferimento per la Nakamura.

I temi trattati sono molteplici ma orbitano sempre dentro la grande sfera dark ben circoscritta dall’autrice, ammantando l’opera di un’ammaliante uniformità contenutistica.
La mangaka sonda gli abissi dell’amore anche mediante l’androginia, motivo ricorrente nell’opera, per donare alle storie sfumature Yaoi.
L’amore della Nakamura attraversa il caustico corridoio della morte, fino a percorrere il buio sentiero all’inverso, con la metabolizzazione del lutto come abluzione dell’anima, che trasforma il sentimento in eterna nostalgia da custodire gelosamente nei labirinti del cuore.
“Mancami… è il solo modo per tenerti dentro”.
La parte “leggera” del manga è articolata intorno a gag sul complesso di Lolita, autentico fenomeno sociale in Giappone, utilizzato dalla Nakamura come mero intermezzo comico tra un’atto e l’altro.

I disegni accompagnano il lettore come una dolce nenia sussurrata nella malia della notte, il tratto è sensuale, magnetico.
Le fanciulle, dipinte come candide bambole di porcellana, sfoggiano abiti infiorettati, rifiniti da un gran dettaglio, strabordanti di pizzi e merletti di ogni tipo, creando un’effetto ossimorico con il bianco puro degli sfondi.
Il tutto bagnato dall’atmosfera tenebrosa dei racconti.
La perfetta armonia generata tra l’elegante grafica e la narrativa a tinte fosche emana vibes gotiche ed evocative, che ricordano le prime opere di Tim Burton.

«Sull’abito della sposa a riprova della sua purezza… verrà realizzato un ricamo bianco»

«Come mai un lavoro cosi importante è affidato a un criminale?»

«Mi permetto di risponderle principessa.
Vedete, l’intero mondo… è costruito sugli opposti. Cielo e terra… uomo e donna… luce e oscurità… fino a bene e male.
Una sposa è simbolo di luce, bontà e purezza. Non deve essere contaminata da alcuna macchia.
Un criminale invece è simbolo di oscurità, malvagità e disonore. Quindi… quello che lui rappresenta è opposto al bene.
Cosi, ricamando… è come se estirpasse dal corpo della principessa tutto il male accumulato vivendo in questo mondo profano… dalla nascita a oggi»

«E questo male dove va a finire?»

«Al criminale.
Una volta terminato il ricamo, macchiato dal nero più cupo, verrà sepolto nella terra in cui arriveremo.»

E intanto vediamo la figura del criminale, ricamo dopo ricamo, farsi sempre più nera.
“Punto dopo punto… tutto il male dentro di me… finisce dentro di lui”.
“Le Théâthre” è il fascinoso atelier di Asumiko Nakamura, un affresco gotico ed immaginifico celato dietro i sipari di un teatro dell’assurdo, un’opera ricamata nel lirico, incastonata in un’onirica intersezione tra i fratelli Grimm e Boccaccio.