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CippyWolf

Volumi letti: 1/1 --- Voto 8
“Il pene del senpai” è un manga composto da svariate storie autoconclusive, di stampo comico/demenziale, ma che sotto tale coltre nascondono anche delle riflessioni sull’amore e i rapporti di coppia, edito per l’Italia da J-pop, disegni e storia sono opera di Youichi Abe.

Come detto, non c’è una vera e propria trama di fondo, il punto focale di ogni racconto è che in tale mondo, non dissimile dal nostro, c’è la particolarità che ai ragazzi è possibile amputare di netto il pene e lo scroto, senza che il soggetto muoia, e il pene avrà una sottospecie di coscienza primitiva propria.
Curioso come l’autore si addentri a spiegare anche tutto il funzionamento, e le condizioni, di entrambe le metà, una volta avvenuta la suddivisione; un di più rispetto alle motivazioni e i messaggi nascosti nell’opera in se, ma che ho apprezzato, dando maggior consistenza a tale “meccanica” e rendendola quel minimo che basta realistica, per dargli una parvenza di sussistenza, per quanto ovviamente nel mondo reale, tale usanza avrebbe conseguenze ben più nefaste.

Come anticipato, tale possibilità e usanza, perpetrata dalle svariate protagoniste, in verità, nasconde spesso nelle storie raccontate un messaggio, diventando un semplice mezzo, che inizialmente calamita l’attenzione del lettore, per la sua ovvia particolarità, ma che coadiuva anche a farsi da portatore delle svariate morali che l’autore vuole trasmetterci.
Nonostante l’escamotage, sia alquanto macabro e ripugnante, l’autore riesce a farlo passare in chiave ironica e diventa abbastanza lampante l’utilizzo metaforico di ciò, nonostante ammanti tale funzione rivoltando il tutto in chiave spesso erotica e taluni volte, accelerando fino a raggiungere tinte molto più gore e estreme.

Purtroppo non tutto sarà ben congeniato, per quanto mi riguarda, alcuni racconti saranno un po’ più criptici, e potrebbero non essere ben “digeribili” da tutti.
Apprezzo che si sia cercato di toccare moltissimi temi, però mi è risultato in parte complesso e/o macchinoso, riuscire a utilizzare sempre come chiave metaforica l’apparato genitale maschile, come se fosse una chiave di volta, per poter dipanare di volta in volta un messaggio differente; tale metodologia fa si che, se non si riesce a capire tale collegamento, per forza di cose non si riuscirà mai ad aprire tale porta, rendendo impossibile al lettore capire il racconto in sé, svelandone l’arcano, diventando agli occhi di qualcuno, una semplice sequela di racconti, inerenti a degli scroti, con pene annesso.

Fortunatamente, io personalmente ho apprezzato la quasi totalità dei racconti riportati, non trovando fan service, tale utilizzo fantasioso del membro maschile, piuttosto percependolo come un metodo fantasioso e divertente per poter raccontare tali dinamiche.

Molto del merito, della riuscita di tale doppia faccia, là si deve al reparto grafico della storia, con un tratto graffiante, ruvido, molto spesso e calcato, per far denotare la pesantezza di tale atto, ma che poi nei fatti mostra e fa identificare il pene, come una sottospecie di creaturina, con discorsi abbastanza soft e messe in scena comiche; tale contrasto è parte integrante della particolarità che avvolge questo volume, così cupo nella sua rappresentazione, ma che spesso invece trasmette messaggi dolci e innocenti, come la ricerca dell’amore o la difficoltà nel dichiararsi.
Unica pecca di tale scelta, sarà che la mancanza di particolari, inficerà in parte la fisiognomica dei personaggi, che delle volte potrebbero risultare pressoché identici, senza particolari spunti per poterli caratterizzare.
Più nel dettaglio, riconosco la bravura dell’autore, che è riuscito a sbizzarrirsi, per poter caratterizzare tutti i vari personaggi, con tagli degli occhi, acconciature, accessori e acconciature molto diverse, ma a volte si denota che siano prevalentemente dei semplici manichi, con sopra una parrucca e dei ninnoli, per differenziare i vari protagonisti fra loro, partendo principalmente da un unico e ben definito modello.

L’edizione in se, l’ho trovata alquanto curata, come da standard da parte della J-POP, il volume sarà molto solido, con pagine bianche e non trasparenti, senza pagine a colori e di facile lettura. Il volume sarà corredato da una sovraccoperta che ho molto apprezzato, abbastanza influenzato dall’essere prevalentemente di colore giallo, tonalità che mi piace molto, ma anche per la sua semplicità, il mostrare le varie protagoniste, ognuna con il proprio senpai, inoltre sotto la sovraccoperta, il volume avrà come copertine, due simpatici disegni, raffigurante dell’abbigliamento per peni.

In conclusione, “Il pene del senpai” è una simpatica raccolta di storie brevi, che riescono a riportare con un tono smaccatamente nuovo l’amore e il rapporto fra i due sessi, concentrandosi prevalentemente sul punto di vista di quello femminile, parlando di tematiche quotidiane e spesso usuali, in maniera totalmente inusuale e iconica, correndo però il rischio di essere magari frainteso e rimanere relegato a semplice insieme di storie nonsense, correndo il rischio di perdere la possibilità di esprimere tutto quello che di buono è insito in tale manga.


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alessiox1

Volumi letti: 1/1 --- Voto 5,5
«Il pene del Senpai» è un manga del 2017/2018, di genere comico, ecchi, demenziale, grottesco.
Il volume ci racconta di un mondo molto simile al nostro, dove però ai ragazzi/uomini può essere tagliato il pene, ed esso ricresce in poche settimane (al massimo mesi) ma, se viene tagliato troppo spesso, non ricresce più.
Ovviamente le storie sono molto surreali, e folli, non sembrano avere un filo conduttore, ma sono tante piccole storie autoconclusive.
Onestamente il volume non mi è piaciuto tanto (si vede anche dal mio voto), tra i difetti che gli ho trovato, da una parte c'è lo stile di disegno sia in generale sia relativamente alla rappresentazione dei peni, ma il problema più grande, a mio avviso, è la parte in cui si cerca di avere un morale.
L'opera verso la fine cerca di avere una sua morale contorta, ma a mio avviso, un‘opera del genere non dovrebbe puntare su questo, perché cozza con tutto il resto, se si vuole fare un’opera comica demenziale con tratti grotteschi, non si devono inserire momenti tristi/toccanti, perché così fallisci, miseramente, in entrambi i campi in questione.
In conclusione: è un’opera che non consiglio assolutamente, passate ad altro, là fuori ci sono tantissimi manga a volume unico, migliori di questo, che vi aspettano.
Voto finale 5,5


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2247

Volumi letti: 1/1 --- Voto 8,5
Ci sono molti modi di raccontare l'Apocalisse. Anzi, ci sono molti modi di raccontare le molte Apocalissi del nostro mondo. Quella economica, quella sociale, quella morale.
E per evitare di risultare melodrammatici si possono usare forme ermeneutiche che sfruttano l'ironia, il paradosso, l'eccesso; giocando con la fantasia e l'ilarità senza allontanarsi dalla gravità del tema base.

Yoichi Abe segue questo percorso per fare un'analisi fredda e lucida della realtà nel suo "Il pene del senpai".

Questo manga, dal titolo icastico e all'apparenza licenzioso, è in effetti una triste elegia del moderno vivere, elaborato attraverso una trama e delle vicende volutamente sopra le righe ma totalmente coerenti alla ruvida facies del contesto.

Il racconto è ambientato in un ipotetico mondo odierno, e segue le disavventure di alcune studentesse alle prese con il loro personale rapporto con l'altro sesso. In questa realtà il pene è un organo che può essere reciso per poi ricrescere.
Osserviamo dunque le ragazze divertirsi a rubare le appendici dei loro coetanei usando ingegnose trovate, come l'uso di ghigliottine camuffate da orinatoi nei bagni.
Da qui partono una serie di considerazioni delle adolescenti che interpretano ciascuna a modo suo questa bizzarra circostanza, e che offre spunti di riflessione e prospettive specifiche sul mondo, rivelando molto di più sulle loro concezioni di vita e pensiero di quanto non suggerisca la curiosa trovata del titolo.

Al di là dei meri risvolti narrativi, eccentrici e surreali, quelle che vengono proposte dall'opera sono una serie di riflessioni molto serie.
Se è chiaro fin dall'inizio che lo spunto di partenza è una sonora iperbole che lascia spazio a facili goliardate da parte del lettore, è anche evidente l'intento di veicolare contenuti e messaggi fattuali tutt'altro che idilliaci.

L'espediente narrativo scelto dall'autore non è di per sé una novità.
L'evirazione o la privazione di quello che è considerato l'attributo maschile per definizione è un topos ricorrente nelle dinamiche culturali di ogni epoca e paese.
Fin dall'Antichità questo elemento è considerato filologicamente una metafora dei riti di passaggio, nonché della stessa cosmogonia, origine dell'universo. Basti pensare al mito di Urano e Gea, o al culto di Cibele e Attis.
Questo fu elemento comune di molte espressioni politeiste o animiste, che identificano nel fallo l'emblema delle forze fecondanti e apotropaiche, fonte di virilità e protezione dai mali.
In Giappone questo tema culturale era espressamente evidenziato da culti e tradizioni shintoiste come il celebre "Kanamara Matsuri". Elementi questi in parte ancora vivi nella futuristica società nipponica (attaccata alle sue matrici politeiste) mentre sono ormai praticamente scomparsi nel tessuto culturale occidentale, se non come elementi folkloristici o parodistici, rimasticati e decostruiti dalla mentalità giudaico-cristiana che alla semantica del membro virile contrappone la sacralità dell'organo genitale femminile, sinonimo dell'inviolabilità della Vergine.
Valga però la premessa che anche la nuova religione trovò il suo percorso ereditando la semantica pagana e molte sue tradizioni, ivi compresa in certi contesti l'autoevirazione. Basti pensare alla figura di Origene, che arrivò ad esaltare la natura catartica di questa sua scelta. Oppure Giustino, che riportava come i cristiani implorassero i medici romani di ricevere tale operazione. Infine Tertulliano precisava che agli eunuchi è "spalancato il regno dei cieli".
Inutile citare poi l'usanza presso le civiltà asiatiche (persiana, turca, cinese, ecc.) di dotare i propri entourage politici, amministrativi e culturali di questo tipo di uomini, "virtuosi" per definizione, in quanto teoricamente privi delle debolezze mondane.

La chiave semantica del manga si deve però leggere anche sotto il filtro del rapporto fra i sessi.
L'attenzione di Abe in questo senso è molto chiara. Al di là di mere interpretazioni freudiane alla "Penisneid", quello che propone l'autore è un processo di dialogo bilanciato dalla cifra delle divergenze emotive e sociali. La dicotomia uomo/donna è messa sotto i riflettori secondo un'ipotetica ottica femminile. Partendo dal sesso opposto il mangaka ci offre il punto di vista col quale le ragazze metabolizzano il confronto, sfruttando l'iconico elemento sessuale come una sineddoche, semplificando fino all'eccesso la semiotica per elaborare un discorso complesso che si semantizza nel "feticcio".
Ma quello che sembra un ribaltamento di prospettiva in realtà è più uno scorcio sulle dinamiche che si instaurano nei rapporti codificati dalle convenzioni sociali. Le disuguaglianze e le inique disparità endemiche non esprimono il vero punto nodale delle tematiche. Il femminismo o le istanze sulla parità dei sessi non sono esattamente una colonna portante del racconto.
Emerge invece il tentativo di snocciolare semplici e vaghe identificazioni formali, nell'alveo delle esperienze sentimentali degli adolescenti, troppo caricate e ancora infantili, ma già svezzate dall'incontro con le varie tappe dei processi di crescita, come l'elemento sessuale.

Tutti questi piani di lettura sono però la base di un discorso molto più ampio, che non riguarda solo i sessi né la sfera sessuale in abstracto.

Il mangaka ci offre un modello molto chiaro. Quello che in apparenza è un gioco irriverente e malizioso è in effetti un preciso atto d'accusa alla società moderna. I temi, il contesto e le considerazioni, regalano una pessima immagine del nostro mondo. Le vicende dei giovani protagonisti sono una sequela di vizi e penose ingenuità esposti in un palcoscenico ancor più desolante tradotto nell'incapacità di venire a patti con le emozioni.
Questi elementi denunciano, se ce ne fosse bisogno, come l'archetipo fallico sia solamente un pretesto.
Le assurdità, gli infantilismi e le iperboli della storia ricordano delle strampalate avventure picaresche che, partendo dalle singole esperienze delle studentesse, sono la cartina di tornasole di una realtà sociale inquietante.
Le ragazze sono totalmente sottomesse; ma non al simulacro del titolo, bensì ad un sostrato culturale freddo e reificante che trasforma ogni aspetto della vita (sfera sessuale in primis) in un prodotto di consumo. Oppure sono vittime di un becero torpore relazionale, fatto di incomunicabilità e pesanti deficit empatici.
Lo sfondo complessivo è quello di un baratro di consumismo, amoralità e totale analfabetismo emotivo. Le giovani non vogliono o non possono comprendere l'altro, ed estremizzano questo rapporto semplificandolo e sublimandolo nelle sue mere funzioni fisiche, sintetizzate nel possesso dell'organo riproduttivo maschile, che diviene oggetto da collezione o una sorta di animale da compagnia. Il paradosso funziona proprio grazie alla natura bislacca della trama, secondo la quale il pene continua ad avere una vita biologica anche dopo la separazione dal corpo.
La decontestualizzazione morale delle vicende è esplicitamente denunciata, con personaggi che fungono da spie di questo drammatico squallore etico che non tiene minimamente in conto la natura materialista del possesso né la sfera emotiva del possessore.
Il transfert psicanalitico dal soggetto all'oggetto è la più basilare forma di critica culturale, che sottolinea il totale squilibrio insito in un processo di compensazione dell'affettività per mezzo degli oggetti.
Quello che le ragazze pretendono è un rapporto idealizzato e infantile, privo di un sincero piano costruttivo, senza tutte le sfumature di una completezza emotiva e senza tutte le scocciature delle ricadute sul piano fisico.

In sostanza una scappatoia che mira ad ottenere il "simpatico" escludendo il "simpatetico".

Soggetto e funzione sono totalmente fusi, inquadrati in un macabro sense of humor che regala straordinari paradossi narrativi. Il tutto condito con un fondo di tristezza che evidenzia il disagio provocato da un contesto di materialismo puro, dal quale si può anche eventualmente uscire, ma solo grazie ad un preciso atto di volontà teso ad una personale presa di coscienza o ad un'esplicita autocritica, che però si palesano sempre in extremis o quando ormai è troppo tardi.
Quella che emerge dal manga è un'umanità derelitta, passata attraverso una Apocalisse che non si è mai verificata ma che ha devastato ogni cosa.
I veri cataclismi sono nei nostri cuori, nell'incongruenza endogena che rende ogni relazione un olocausto che consuma tutto ma non assimila niente.

Abe confeziona un'opera molto ben orchestrata, creando un volume unico dalla struttura episodica che, pur delineando collegamenti tra le singole vicende, cita lo stile delle serie antologiche o dei film a capitoli.
La divertente combinazione tra la forte critica dei temi e l'icastica resa della narrazione fa de "Il pene del senpai" un manga iconico, singolare ed eccentrico, ma anche capace di veicolare messaggi estremamente puntuali e riflessivi.
Il risultato è quindi una curiosa creatura camp che ricorda le espressioni degli anni Sessanta, opere colorate e naif ma pregne di contenuti impegnati e spunti di riflessione.
Risate e critiche si sprecano, elaborando riferimenti allusivi e frecciatine dirette alla società nipponica, ma anche alla cifra generale del vivere odierno, tra devianze sociali e mediocri vetrine pseudoculturali, come i deliri mediatici o le fragili figure di sedicenti artisti più vicini al divismo dello star system che al tormento e all'estasi.
La potenza descrittiva è temperata da un comparto grafico suggestivo, con linee incerte e sfumate ma mai imprecise o approssimate. Il tratteggio è ampiamente adottato per suggerire assieme ai giochi chiaroscurali un senso favolistico e tenue, tipico delle opere dedicate al mondo dell'infanzia. Un altro espediente allusivo che rimanda alla natura bambinesca e immatura di un mondo che non vuole far crescere nessuno per davvero, riuscendo così a protrarre ad libitum lo status quo materialista e utilitarista, questo sì tutt'altro che ingenuo e rassicurante.

Tra esiti melanconici e qualche soluzione consolante la chiosa finale rimane comunque falsamente agrodolce, con un epilogo che non lascia molto spazio alla fantasia sulla possibile evoluzione dello stato sociale.
Le ultime pagine e soprattutto l'ultima vignetta, con un sigillo finale sempre stravagante e paradossale, sono un regalo abbastanza pessimistico che non suggerisce certo un senso di catarsi o redenzione.
Quello che ci regala quest'opera è una efficace e ragionata parodia di noi stessi, costretti come siamo a sfoggiare lo stesso smagliante sorriso apatico o la stessa isterica esaltazione drogata di fronte tanto al più atroce quanto al più anonimo dei contenuti.

L'Apocalisse forse non arriverà mai. Ma questo perché è più probabile che non trovi nulla da distruggere, battuta sul tempo da una calamità silente e implicita, più sottile e senza effetti speciali. La vera catastrofe è la nostra apatia, quel costante senso di vuoto che ci lascia soli nei posti più affollati, muti in un mare di urla, convinti di trovare risposte tramite surrogati.

Forse un manga che si intitola "Il pene del senpai" non sfugge alle maglie di semplici etichettature erotomani. Ma anche per questo possiamo magari trovare lo spunto per ridere di noi stessi e cercare la chiave dei nostri paradossi personali. Scoprendo che in un modo o nell'altro per sublimare ansie e aspettative tutti sono alla cerca del loro totem. Sia esso il Santo Graal o un pene.


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tonstyle

Volumi letti: 1/1 --- Voto 5,5
Ho comprato il volume incuriosito dall’assurdità della storia e dei racconti.
Sicuramente un opera singolare, diversa, divertente, ma nulla di che.
Non avendo letto prima delle recensioni, mi aspettavo qualcosa di ecchi o al contrario di comico.
Chiaramente si avvicina più al secondo genere, senza però soddisfare a pieno le aspettative.
L’edizione è ben curata come sempre quelle della jpop.
Bella grafica, sovraccoperta lucida ma con una superficie ruvida. Carta al top.
I disegni sono particolari, molto gradevoli, ma la sceneggiatura non mi ha soddisfatto.
Non ne consiglio l’acquisto.


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npepataecozz

Volumi letti: 1/1 --- Voto 8
Personalmente, non riesco a comprendere come sia possibile che, nel 2019, ci siano ancora così tante persone che abbiano difficoltà a ordinare, ad alta voce ed in pubblico, pubblicazioni il cui titolo contiene vaghissime allusioni sessuali. Il Pene del Senpai, poi, è un titolo che non ha nessun riferimento al sesso, ma semplicemente vuole indicare "l'organo esterno dell'apparato genito-urinario, a forma di appendice cilindrica inserita nella parte anteriore del perineo, in dotazione standard al mio compagno più grande e più maturo di me." È più che evidente che si tratti di un titolo degno di Superquark e non di Brivido Caldo. Ma anche se ammettessimo, ipocritamente, che il riferimento al pene potrebbe creare qualche imbarazzo nello/a giovine poco avvezzo/a alla vita di mondo, il compito dell'educatore sarebbe quello di curare la sua inesperienza affidandogli come sacra missione quella di trovare il coraggio per comprare il prodotto dal titolo sconveniente e fargli così comprendere in tutta la sua pienezza quanto fosse immotivata tanta vergogna.
E fu così che io, intriso di cotanta saggezza e sicuro di camminare sul sentiero che conduce alla verità, cominciai a prepararmi per uscire. Ho dato prima un'aggiustatina al pizzetto fatto crescere per l’occasione, poi ho indossato i pantaloni color kiwi, un maglione con un pinguino ricamato a mano, una giacca col cappuccio per dare quel fighissimo effetto vedo-non vedo e infine gli occhiali scuri, perché anche col buio più pesto stanno sempre bene. Ho preso in prestito l’auto da un amico che ancora oggi mi ricorda nelle sue preghiere e con questa mi sono recato in fumetteria.

Io: Salve sono Alex Ziro. Alex come Del Piero, Ziro come Ziro no Tsukaima.
Commessa: Ancora? Ottimo, con te siamo arrivati a sei. Olimpia (nome inventato)! C’è n’è un altro che si spaccia per Alex Ziro
Io (incredulo): Sei? Un altro? Ma cos'è? Un supereroe?
Fumettara: Sì l’ho visto, non preoccuparti è solo quello spiritoso di Npepata. Dagli una di quelle cartoline, come hai fatto con gli altri Ziro.

La commessa con fare scocciato mi porge un cartoncino abbastanza anonimo su cui c'è scritto: “Ti vergogni a chiedere al tuo fumettaro di ordinare per te “Il pene del senpai”? Usa questa cartolina!”
Ecchecacchio. A saperlo prima mi evitavo tutta questa pantomima. Ma va bene lo stesso, l'importante è aver risolto il problema. Compilo la cartolina e la consegno alla commessa; lei si reca nel deposito per prendere il mio volumetto ed io comincio a girare tra gli scaffali in fiduciosa attesa. La mia attenzione viene così assorbita dalle valutazioni su altri manga che stavo pensando di comprare; questa distrazione, però, mi risulta fatale.

Commessa (ad alta voce): Npepataecozz, dov’è Npepataecozz?
Io: no, zitta, non urlare!
Commessa (ad alta voce) Npepataecozz! Vieni, "Il pene del Senpai" è arrivato!

Dopo essermi dilungato nel racconto delle traversie che ho dovuto affrontare per entrare in possesso di una copia di questo “particolare” manga, è arrivato il momento di dedicarsi ad un'attenta ed approfondita analisi di quest’opera.
Il Pene del Senpai è un manga composto da un solo volume di 192 pagine, ideato e disegnato da Yoichi Abe. In Italia, è edito da J-POP Manga.
Ci troviamo in un mondo in cui il pene può essere tagliato via dai maschi senza grandi conseguenze, in quanto, così come accade per la coda di una lucertola, questo ricrescerà di nuovo nel giro di qualche settimana. Questa possibilità, del tutto inedita, determinerà un’evoluzione inaspettata nel modo di concepire il rapporto di coppia: molte ragazze, infatti, preferiranno aggirare tutte le tediose problematiche legate ad una vera relazione amorosa, per dedicarsi esclusivamente alla parte dell’uomo che gli interessa davvero. Vengono così messi in commercio diversi orinatoi muniti di ghigliottina, attraverso cui le ragazze interessate potranno rubare il pene al maschio che preferiscono.
Lo so, la trama a prima vista sembra davvero stupida; per i lettori maschi, poi, a causa della presenza di tutte quelle ghigliottine nascoste negli orinatoi, si sfiora addirittura l’horror (toglimi tutto ma non il mio... Giovanni). In realtà questo strano manga usa una facciata assurda/surreale per porre all'attenzione del lettore problemi molto concreti e riesce a veicolare concetti attuali ed interessanti.
Prima di inoltrarmi nella mia particolare interpretazione dei contenuti dell'opera, credo sia opportuno fare due premesse.
Cominciamo con la prima. Se osserviamo la struttura del fumetto vedremo che esso è composto da una serie di racconti brevi che, in apparenza, sembrano non avere nulla in comune gli uni con gli altri (a parte la possibilità di ghigliottinare peni, ovviamente). Tuttavia, analizzare i vari racconti senza cercare il filo conduttore che li unisce tutti non consentirebbe di apprezzare appieno quest'opera. Ne Il Pene del Senpai, infatti, nulla è messo a caso, ma ogni sua singola parte, oltre ad essere importante di per sé, fornisce il suo contributo alla realizzazione del messaggio narrativo complessivo proposto dall'autore.
La seconda premessa da fare è che, al contrario di quello che si potrebbe pensare leggendo il titolo o a causa dell'esasperante onnipresenza di peni mozzati dall'aria triste, questo manga vuole esplorare non il mondo maschile bensì l’universo femminile. I maschi presenti in quest’opera sono veramente pochi ed il più delle volte la loro importanza si riduce al farsi tagliare il pene e, talvolta, al cercare di recuperare il maltolto. Le vere protagoniste, invece, sono le donne ed il loro modo di rapportarsi con l’amore e con le problematiche della vita in generale.

“Non è una gran rottura di scatole uscire con qualcuno? Gli hobby, la conversazione, il sesso… si è obbligati ad adeguarsi all’altro in tutto. Poi ci sono la famiglia, gli amici e tutte queste relazioni che sei obbligata a tenere sempre in considerazione… ci sono così tante interferenze! E alla fine vengono a galla tutte quelle cose sgradevoli che nemmeno volevi sapere, no? Non mi va per niente.”

Il motivo per cui, in un mondo del genere, le ragazze preferiscono evirare i maschi piuttosto che uscirci insieme, è contenuto in questa affermazione. Perché prendersi anche i problemi che nascono da un rapporto sentimentale, quando ci si può limitare a prendere solo quella parte dell’uomo che serve davvero? In quest’ottica, l’evirazione non rappresenta solo il più temuto atto vendicativo della donna nei confronti del compagno infedele, ma viene concepito come un atto di emancipazione, ossia come un modo per liberarsi definitivamente del giogo dell’uomo senza però rinunciare ai vantaggi del rapporto di coppia.
I vantaggi di questo "nuovo mondo" sarebbero tantissimi, anche se ogni tanto entrano in contraddizione fra loro. Tra le virtù di un pene, ad esempio, c'è il fatto che trattasi di entità fedele, in quanto “non si tradisce con le parti basse, si tradisce con la testa. È il corpo ad essere sporco e l’unica parte veramente pura è il pene.” Allo stesso tempo, però, è anche vero che “dato che un pene non è un fidanzato ne puoi avere quanti ne vuoi e non sarà né un tradimento né una scappatella. Quindi non diventerà mai un problema morale, giusto?”
Insomma, sembra tutto troppo bello per essere vero. E, infatti, non lo è.

"Ciò che tu volevi non era un pene, ma il pene del senpai. Però una volta che il senpai non esiste più, quello cosa diventa? Quello è solo un pene. È solo un ammasso di carne da cui esce del liquido bianco, no? Il pene del senpai è tale solo se il senpai esiste."

In questa affermazione viene riassunto perfettamente il problema che la visione materialista espressa fino a quel momento non era riuscita a risolvere: quello della vocazione insita nell'essere umano ad amare anche lo spirito e non solo le cose. Ma allora cos’è meglio fare, prendere l’intera persona oppure solo una sua piccola parte?
Il manga, però, non va oltre, non dice cosa è meglio scegliere ma si limita a contemplare le varie scelte possibili. L’intento dell’autore, infatti, non è quello di dare degli insegnamenti morali, ma solo quello di mettere in evidenza che questa è una scelta che ci definirà come persone. In particolare, l’opera sembra voler delineare tre modelli possibili di personalità come risultato della scelta: la materialista, ossia colei che sceglie di prendere solo il pene; la tradizionalista, ossia colei che sceglie di puntare sia sul corpo che sul pene; la spirituale, ossia colei che, eroicamente, è capace di amare un corpo senza il pene. Chiaramente l'autore sa benissimo che la realtà è molto più sfaccettata di così e che la personalità può assumere infinite modalità intermedie, ma si tratta di un volume unico per cui più di tanto non si può fare. E, aggiungo io, DEVE restare volume unico, perché io a comprare pure il numero due in fumetteria di sicuro non ci vado.
Veniamo al lato grafico. Per quanto riguarda persone e cose nulla da dire: non si cerca il top, ma si bada al sodo con disegni semplici ed essenziali che ben si sposano al clima surreale che si respira nell'opera. Ho qualcosa da ridire sul disegno del vero protagonista di questo manga: ora, non so se si è esagerato col minimalismo sul pene o col massimalismo sullo scroto ma c’è qualcosa in quei cosi che proprio non mi torna.
Un po' per il titolo, un po' per il contenuto, Il Pene del Senpai è un manga che, con tutta evidenza, si presta e si presterà a facili ironie, e anch'io ho deciso di giocarci un po'. Il mio intento, però, era solo quello di rendere la lettura (si spera) più piacevole. Quando arriva il momento di essere seri, però, non si può negare che il manga di Yoichi Abe si sia rivelato una piacevolissima sorpresa. Oltre al suo indiscutibile estro umoristico, i suoi racconti contengono un “simbolismo del pene” che mi è molto piaciuto; un simbolismo che si rivelerà essere non troppo difficile da interpretare, ma che comunque non risulta mai banale. I temi trattati sono attualissimi e, una volta tanto, non sono legati alla sola cultura giapponese. Per un'opera di sole 192 pagine, è davvero tanta roba. Consigliatissimo.