Dal sito di d/visual:

C'era una volta "Silent Möbius". Una volta, e anche due. O ancora di più. Pochi manga sono stati tanto bistrattati in occidente quanto questo, opera più rappresentativa di Kia Asamiya e, soprattutto, pietra miliare che ha cambiato per sempre il modo in cui i manga sono stati concepiti e disegnati.


È stato il primo fumetto a proporre come protagonista un team composto totalmente di donne, creando la formula che poi sarebbe stata ripresa da "Sailor Moon", nonché da un'infinità di altri manga, anime e, perché no, "girl bands": prendi una bruna, una bionda, una sexy, una ochetta, una dominatrice, una sottomessa, una piatta, una formosa, e avrai un gruppo di eroine che sapranno accontentare tutti i gusti del pubblico maschile. Un concetto che ora sembra scontato ma che, se ci pensiamo, prima di "Silent Möbius" non avevamo mai visto.


È stato poi il primo a imporre un animatore come disegnatore di manga, con tutto ciò che questo ha comportato in termini di stile grafico: vi ricordate le linee spezzate e ineguali dei manga fino agli anni '80? Le ritrovate anche in autori che al tempo venivano definiti "innovativi" come Rumiko Takahashi o Ryoichi Ikegami; ma non in Asamiya, né nei manga che si imposero a partire dagli anni '90. È stato lui a portare nei fumetti giapponesi la linea uniforme e continua tipica degli anime, così come da questi ha "importato" anche l'uso massiccio dei retini, concepiti come surrogati delle ombre e dei colori nei cartoni animati.
È stato il primo a imporre nel manga il genere cyberpunk: se Masamune Shirow ne viene difatti considerato il "padre spirituale" col suo "Appleseed" del 1985, Asamiya è senza dubbio colui che nel 1988, con "Silent Möbius", ne ha fatto un genere ampiamente riconosciuto dal pubblico; non dimentichiamo infatti che la fama di Shirow è nata all'estero prima che in patria e che i lettori giapponesi hanno cominciato a conoscere questo autore solo dopo l'uscita di "Ghost in the Shell", nell'89.
Asamiya è stato poi il primo a creare un amalgama che è diventato poi un punto di riferimento di molti manga e anime degli anni seguenti, cioè la mescolanza di elementi dell'esoterismo (in particolare la cabala e l'onmyodo) alla fantascienza. Non ci vuole molto a farsi un'idea dell'incredibile numero di autori che da "Silent Möbius" hanno voluto riprendere questo tema: potremmo tornare a citare Masamune Shirow con il suo "Orion" del 1991, oppure, per stare vicini anche "geograficamente" ad Asamiya, un gruppo di fanzinare che, dal loro miniappartamento poco lontano dal suo studio, si divertivano a disegnare spin-off di "Devilman" pubblicati in costosissimi - e limitatissimi - volumi, ma che di lì a poco avrebbero conosciuto la fama internazionale grazie a un mix di fantascienza e occultismo: le CLAMP con il loro "Tokyo Babylon" del 1990 e il successivo "X" del 1992. E, soprattutto, non si può non citare un certo "Neon Genesis Evangelion", nel quale numerosi "esperti" poco informati - e dunque ben poco esperti - hanno voluto vedere nell'inserimento di elementi cabalistici e religiosi un lampo di genio e originalità dell'autore - così come, senza neppure conoscere Shigeru Mizuki, hanno celebrato Miyazaki e Takahata per la loro creatività in "Pompoko" o "La città incantata".

Infine, Asamiya, con "Silent Möbius", è stato l'autore che ha imposto un termine che è ora sulla bocca di tutti, ma che fino ad allora non esisteva: "mediamix". Trasporre i personaggi dei manga in decine di prodotti commerciali era già in uso dagli anni '30 con personaggi come "Shochan" e "Norakuro"; poi Go Nagai traspose questo concetto nella sua forma attuale attraverso "Mazinger Z" e i suoi altri robot. Ma fu Asamiya il primo a concepire il mediamix come uno sviluppo multimediale di un personaggio - dalla musica al cinema, dalle figures ai gadgets - che nasceva non più dalla sala riunioni di un produttore di giocattoli o di una casa discografica, ma direttamente dall'autore stesso.


Il manga e l'animazione come sono oggi devono dunque molto a Kia Asamiya e a "Silent Möbius", nel bene e nel male. Perché allora la diffusione di quest'opera fuori dal Giappone ha sempre conosciuto un destino sfortunato? Innanzitutto è necessario citare il fatto che la stragrande maggioranza delle edizioni occidentali si è basata su una pessima traduzione inglese, pubblicata all'inizio degli anni '90 negli Stati Uniti. Brutte traduzioni che si basavano su una traduzione già pessima (e errata) in sè hanno dunque fatto di "Silent Möbius" un fumetto dai contenuti a dir poco ostici per chiunque lo leggesse nelle sue edizioni europee: ennesimo caso di manga dal dialogo molto lineare in giapponese che diventa una sorta di campo minato per i lettori delle sue versioni straniere.


Poi, l'edizione americana - e di conseguenza quelle europee da essa derivate - subì un'improvvisa interruzione quando al povero Asamiya capitò di vedere in una libreria di Ikebukuro che importava manga dagli Stati Uniti, una versione inglese che lui non aveva licenziato. Risultato: saltò la testa del giapponesino che aveva pubblicato l'edizione incriminata, ma per un lungo periodo i rapporti tra l'autore e la casa nippoamericana che editava "Silent Möbius" restarono a dir poco gelidi.


Quando il clima tra le due coste del Pacifico sembrò migliorare, scoppiò il tifone, questa volta in casa Kadokawa, editore giapponese di Asamiya: in una lotta fratricida per il controllo del gruppo, uno dei fratelli Kadokawa venne silurato in malo modo e tutto il suo team, che curava la gestione per l'estero dei diritti dell'editore, lo seguì per fondare un'altra casa editrice; quando la situazione sembrò tornare sotto controllo, l'allora presidente di Kadokawa venne arrestato per possesso di stupefacenti e frode contabile. Dopo altri mesi di caos, finalmente il licensing del gruppo sembrò indirizzarsi verso una nuova strada con l'arrivo del figlio dell'ex-presidente, reduce da studi internazionali; senonché anche lui finì sotto processo per importuni a sfondo sessuale nei confronti di un suo dipendente, lasciando l'azienda proprio nelle mani di quello zio "ex-defenestrato".C'era una volta "Silent Möbius". Una volta, e anche due. O ancora di più. Pochi manga sono stati tanto bistrattati in occidente quanto questo, opera più rappresentativa di Kia Asamiya e, soprattutto, pietra miliare che ha cambiato per sempre il modo in cui i manga sono stati concepiti e disegnati.


È stato il primo fumetto a proporre come protagonista un team composto totalmente di donne, creando la formula che poi sarebbe stata ripresa da "Sailor Moon", nonché da un'infinità di altri manga, anime e, perché no, "girl bands": prendi una bruna, una bionda, una sexy, una ochetta, una dominatrice, una sottomessa, una piatta, una formosa, e avrai un gruppo di eroine che sapranno accontentare tutti i gusti del pubblico maschile. Un concetto che ora sembra scontato ma che, se ci pensiamo, prima di "Silent Möbius" non avevamo mai visto.


È stato poi il primo a imporre un animatore come disegnatore di manga, con tutto ciò che questo ha comportato in termini di stile grafico: vi ricordate le linee spezzate e ineguali dei manga fino agli anni '80? Le ritrovate anche in autori che al tempo venivano definiti "innovativi" come Rumiko Takahashi o Ryoichi Ikegami; ma non in Asamiya, né nei manga che si imposero a partire dagli anni '90. È stato lui a portare nei fumetti giapponesi la linea uniforme e continua tipica degli anime, così come da questi ha "importato" anche l'uso massiccio dei retini, concepiti come surrogati delle ombre e dei colori nei cartoni animati.
È stato il primo a imporre nel manga il genere cyberpunk: se Masamune Shirow ne viene difatti considerato il "padre spirituale" col suo "Appleseed" del 1985, Asamiya è senza dubbio colui che nel 1988, con "Silent Möbius", ne ha fatto un genere ampiamente riconosciuto dal pubblico; non dimentichiamo infatti che la fama di Shirow è nata all'estero prima che in patria e che i lettori giapponesi hanno cominciato a conoscere questo autore solo dopo l'uscita di "Ghost in the Shell", nell'89.
Asamiya è stato poi il primo a creare un amalgama che è diventato poi un punto di riferimento di molti manga e anime degli anni seguenti, cioè la mescolanza di elementi dell'esoterismo (in particolare la cabala e l'onmyodo) alla fantascienza. Non ci vuole molto a farsi un'idea dell'incredibile numero di autori che da "Silent Möbius" hanno voluto riprendere questo tema: potremmo tornare a citare Masamune Shirow con il suo "Orion" del 1991, oppure, per stare vicini anche "geograficamente" ad Asamiya, un gruppo di fanzinare che, dal loro miniappartamento poco lontano dal suo studio, si divertivano a disegnare spin-off di "Devilman" pubblicati in costosissimi - e limitatissimi - volumi, ma che di lì a poco avrebbero conosciuto la fama internazionale grazie a un mix di fantascienza e occultismo: le CLAMP con il loro "Tokyo Babylon" del 1990 e il successivo "X" del 1992. E, soprattutto, non si può non citare un certo "Neon Genesis Evangelion", nel quale numerosi "esperti" poco informati - e dunque ben poco esperti - hanno voluto vedere nell'inserimento di elementi cabalistici e religiosi un lampo di genio e originalità dell'autore - così come, senza neppure conoscere Shigeru Mizuki, hanno celebrato Miyazaki e Takahata per la loro creatività in "Pompoko" o "La città incantata".

Infine, Asamiya, con "Silent Möbius", è stato l'autore che ha imposto un termine che è ora sulla bocca di tutti, ma che fino ad allora non esisteva: "mediamix". Trasporre i personaggi dei manga in decine di prodotti commerciali era già in uso dagli anni '30 con personaggi come "Shochan" e "Norakuro"; poi Go Nagai traspose questo concetto nella sua forma attuale attraverso "Mazinger Z" e i suoi altri robot. Ma fu Asamiya il primo a concepire il mediamix come uno sviluppo multimediale di un personaggio - dalla musica al cinema, dalle figures ai gadgets - che nasceva non più dalla sala riunioni di un produttore di giocattoli o di una casa discografica, ma direttamente dall'autore stesso.


Il manga e l'animazione come sono oggi devono dunque molto a Kia Asamiya e a "Silent Möbius", nel bene e nel male. Perché allora la diffusione di quest'opera fuori dal Giappone ha sempre conosciuto un destino sfortunato? Innanzitutto è necessario citare il fatto che la stragrande maggioranza delle edizioni occidentali si è basata su una pessima traduzione inglese, pubblicata all'inizio degli anni '90 negli Stati Uniti. Brutte traduzioni che si basavano su una traduzione già pessima (e errata) in sè hanno dunque fatto di "Silent Möbius" un fumetto dai contenuti a dir poco ostici per chiunque lo leggesse nelle sue edizioni europee: ennesimo caso di manga dal dialogo molto lineare in giapponese che diventa una sorta di campo minato per i lettori delle sue versioni straniere.


Poi, l'edizione americana - e di conseguenza quelle europee da essa derivate - subì un'improvvisa interruzione quando al povero Asamiya capitò di vedere in una libreria di Ikebukuro che importava manga dagli Stati Uniti, una versione inglese che lui non aveva licenziato. Risultato: saltò la testa del giapponesino che aveva pubblicato l'edizione incriminata, ma per un lungo periodo i rapporti tra l'autore e la casa nippoamericana che editava "Silent Möbius" restarono a dir poco gelidi.


Quando il clima tra le due coste del Pacifico sembrò migliorare, scoppiò il tifone, questa volta in casa Kadokawa, editore giapponese di Asamiya: in una lotta fratricida per il controllo del gruppo, uno dei fratelli Kadokawa venne silurato in malo modo e tutto il suo team, che curava la gestione per l'estero dei diritti dell'editore, lo seguì per fondare un'altra casa editrice; quando la situazione sembrò tornare sotto controllo, l'allora presidente di Kadokawa venne arrestato per possesso di stupefacenti e frode contabile. Dopo altri mesi di caos, finalmente il licensing del gruppo sembrò indirizzarsi verso una nuova strada con l'arrivo del figlio dell'ex-presidente, reduce da studi internazionali; senonché anche lui finì sotto processo per importuni a sfondo sessuale nei confronti di un suo dipendente, lasciando l'azienda proprio nelle mani di quello zio "ex-defenestrato".
Nel frattempo, Asamiya, forte della fama di "Silent Möbius", pensò bene di affidarsi ad altri editori ben più stabili, come Kodansha (per la quale disegnò "Compiler" e "Assembler OX"), Shueisha ("Steam Detective") e Shogakkan ("Collector Yui"). Diventato l'idolo degli artisti di mezzo mondo, venne inoltre chiamato a disegnare storie per "Batman" e "Guerre Stellari". È in questo momento che decise di abbandonare in toto l'editore Kadokawa per riprendere "Silent Möbius", completarlo e portarlo all'editore Tokuma, che ne ha curato un'edizione a merito chiamata "Complete Edition".


Oggi, siamo felici di proporvi proprio questa "Complete Edition", che comprende non solo "Silent Möbius", ma anche "Silent Möbius Tales" e "Möbius Klein", due opere inizialmente separate, ma che ora trovano in questa edizione un nesso comune nell'andamento ciclico della storia originale. Ritroverete quindi le avventure di Katsumi, Kiddy, Lebia, Rally, Yuki e Nami in una collezione di quindici volumi, per la prima volta unite in un corpus unico, e accompagnate non solo dalla riproduzione a colori di tutte le tavole, i disegni e le illustrazioni curate finora dall'autore, ma anche da un ricco apparato di informazioni, commenti dell'autore, interviste e note critiche preparate appositamente per questa edizione italiana, al fine di permettervi di risalire a tutte le numerosissime citazioni che finora sono state ignorate da gran parte di pubblico e critica.


Un nuovo appuntamento da non perdere, in arrivo fra poche settimane!!


Fonte: d/world.