loliconIl tema della pedopornografia virtuale non è sicuramente facile da affrontare: i punti di vista attraverso cui inquadrare la problematica sono molteplici, tuttavia la domanda fondamentale è “C’è differenza tra le immagini reali e quelle virtuali?”.

I tribunali di tutto il mondo spesso si sono trovati di fronte al dilemma e gli orientamenti giurisprudenziali non sono mai stati univoci, passando dalla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha dichiarato il fenomeno coperto dalla libertà di espressione, per finire con il più recente caso di Chris Handley e la sua condanna a 6 mesi di carcere.

Da parte sua, il governo giapponese ha sempre affrontato la questione in modo molto soft, decidendo in primo luogo di studiare approfonditamente il fenomeno, rigettando, quindi, qualsiasi intervento legislativo dettato da speculazioni e preclusioni. Tuttavia, la situazione nel paese del Sol Levante sembra destinata a cambiare in modo radicale e, alla già nota iniziativa contro la pornografia online che coinvolge minori, si è affiancato un disegno di legge che farà discutere a lungo.

Secondo il testo dell’emendamento proposto “ogni personaggio che, indipendentemente dall’effettiva età, abbia un aspetto simile a quello di un minorenne e sia inserito in un contesto tale da suscitare nei giovani desideri lascivi, inducendoli a portare quella fantasia nella vita reale, dovrà essere censurato”.

Presumibilmente l’emendamento in questione è volto a colpire proprio le rappresentazioni bidimensionali ma, allo stato attuale, non è chiaro se il provvedimento sia rivolto solo agli anime e ai manga per un pubblico adulto oppure se la censura sia concepita su qualsiasi forma di rappresentazione virtuale. In quest’ultimo caso le ripercussioni su anime e manga sarebbero colossali, colpendo in particolar modo i lolicon.

Senza entrare nel merito del discorso, viene da chiedersi chi possa fissare in modo certo e univoco un’età per i vari personaggi; non solo, volendo essere realistici, proprio perché si discute di giovani, usare come criterio di valutazione quello dei “desideri lascivi suscitati” da opere visive, pare quasi un’assurdità. Insomma, i criteri invocati, lungi dall'essere certi e oggettivi, ricordano tanto il detto usato su 4chan “se sembra una loli, allora è una loli”.

Non resta che attendere la posizione del parlamento giapponese: senza dubbio, qualunque essa sia, non mancheranno accesi dibattiti tra i fautori della censura e i sostenitori della libertà di espressione.