Ginga densetsu - Yoshihiro TakahashiLe pagine di Shonen Jump della Shueisha, nel corso degli anni, ci hanno regalato innumerevoli eroi: esperti di arti marziali, spadaccini, samurai, prodi guerrieri, incrollabili sportivi, indomiti combattenti.
Fra i tanti grandi personaggi nati fra le pagine della rivista ve n’è uno che è più piccolo e particolare degli altri, ma non meno grande dei suoi illustri colleghi.
Il suo nome è Gin e la particolarità che lo differenzia da tutti gli altri protagonisti degli shonen manga della rivista è il suo essere non un umano, bensì un cane, un tenero cucciolo di Akita inu dal pelo grigio (da cui il nome Gin, che in giapponese significa “argento”).
Si dice che il cane sia il migliore amico dell’uomo. Di certo lo è di Yoshihiro Takahashi, mangaka di classe 1953 che sin dalla fine degli anni ’70 ha costruito la sua fortuna proprio sui cani, che ergerà a protagonisti della maggioranza dei suoi fumetti.
Ginga nagareboshi Gin (Gin: una stella cadente dalle zanne argentate), la sua opera più celebre, appare sulle pagine di Jump dal 1983 al 1987 e narra appunto le vicende del cagnolino dal pelo grigio. Gin è un “kuma inu” di razza Akita, e come tale ha nel sangue gli istinti del cacciatore di orsi, come suo padre Riki e suo nonno Shiro, che hanno fedelmente servito l’anziano e possente cacciatore Gohei Takeda nella lotta contro il feroce orso Akakabuto, la belva che spadroneggia nelle montagne di Ou dove è ambientata la vicenda.
Al richiamo del sangue e della natura non si comanda, e quando la lotta contro il mastodontico animale si fa più aspra, Gin abbandonerà il suo allenatore Gohei e il padroncino Daisuke per ascoltarlo, accettando gli istinti connaturati alla sua razza e unendosi ad un branco di cani solitari che lottano per conto proprio contro il gruppo degli orsi.

Ginga densetsu - Gin 1Ginga densetsu - Gin 2Ginga densetsu - Gin 3

In una storia breve scritta a metà anni ’90, Yoshihiro Takahashi spiegherà che la sua scelta di realizzare un manga sui cani appare piuttosto naturale. L’autore infatti è originario della prefettura di Akita, il luogo dove è ambientato Ginga nagareboshi Gin, famoso per la caccia all’orso con l’ausilio di cani particolari, gli Akita inu, caratteristici della zona. Inoltre, il suo amore per i cani è dovuto anche ad un illustre antenato, Hachitarou, un vagabondo che li allevava alla fine dell’epoca Edo e che, a quanto pare, ha trasmesso all’intera famiglia Takahashi l’affetto per questi animali.
L’idea di base di Ginga nagareboshi Gin, racconta l’autore, gli arrivò da un articolo di giornale del 1980, in cui si narrava di diversi cani domestici che fuggivano dai loro padroni per unirsi in branchi selvaggi fra le montagne.
La storia di Ginga nagareboshi Gin si sviluppa così in maniera originalissima, affiancando ad uno stile di disegno accattivante, realistico e pienamente inserito nella tradizione tipica dello shonen degli anni ’70 e ’80 una vicenda appassionante e molto passionale.
Diversi sono i temi trattati dal manga: il rapporto fra l’uomo e la natura, la dicotomia fra tradizione e modernità, l’amicizia fra uomo e animale, i rapporti fra le diverse specie animali, la caccia, la scoperta di sé stessi, la crescita fisica e psicologica, l’amicizia, la lealtà, lo spirito di sacrificio, la volontà, il perdono, l’azione, l’avventura, l’amore, la vendetta, il destino, i rapporti familiari, l’esaltazione della virilità e dell’amicizia fra uomini.
Ginga densetsu - Gin mangaA dispetto dell’incipit piuttosto inusuale, che unisce una trama degna di un romanzo per ragazzi occidentale ad elementi tipici delle produzioni nipponiche di quegli anni, Ginga nagareboshi Gin modifica poi la sua struttura dopo pochi volumetti, trasformandosi in un classico shonen d’azione e combattimento con tutti i crismi e gli elementi tipici del genere (le tecniche mirabolanti, gli allenamenti, i power up, le morti liriche e sofferte dei personaggi, il gruppo che viaggia reclutando via via nuovi elementi, l’esaltazione dell’amicizia, i nemici redenti…). Con l’unica differenza che non abbiamo esseri umani e demoni o marzialisti che usano diversi stili, ad affrontarsi, bensì cani e orsi.
Il tutto in maniera tranquilla e quasi naturale, senza percepire uno stacco netto fra le due parti ma anzi mantenendo l’originalità, il lirismo, il pathos, la crudezza e i grandi temi che lo contraddistinguevano agli esordi.
Nell’arco di pochi anni, l’originalità dell’idea porta fortuna al maestro Takahashi, il quale prosegue la sua storia per ben quattro anni, concludendola in 18 volumetti di lusso, che saranno poi ristampati in ben sei nuove edizioni, e aggiungendovi di tanto in tanto diversi volumetti speciali, artbook o databook.
Anche la critica pare apprezzare la storia del piccolo Gin, assegnandole il premio Shogakukan nella categoria Shonen nel 1987.
Tuttavia, è più il successo di pubblico quello che travolge Yoshihiro Takahashi e il suo manga così particolare. Una recente classifica pone Ginga nagareboshi Gin, dieci milioni di copie vendute, al quarantacinquesimo posto delle 50 serie di Shonen Jump più remunerative.
In questo panorama, era lecito aspettarsi l’adattamento in animazione, che, difatti, non tarda ad arrivare.

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