Otoko Juku 1Il rapporto del Giappone con l’Occidente, sin dal fatale sbarco del commodoro Perry nella terra del Sol Levante a metà ‘800, è sempre stato ambiguo e ambivalente.
Da un lato, si è sempre guardato all’Occidente con un senso di inferiorità, come a un modello da ammirare e da imitare, nelle istituzioni socio-politiche o militari, allo scopo di esserne degni. Cosa che peraltro si riflette nei molteplici trattati ingiuriosi che spesso furono imposti alla nazione da parte di potenze occidentali, nella sconfitta subita durante la Seconda Guerra Mondiale e nel continuo desiderio di rivalsa, di miglioramento dello stato e dell’economia, che ha portato il Giappone ad essere, oggi, una delle maggiori realtà economiche mondiali.
Dall’altro, tuttavia, i Giapponesi rimangono saldamente ancorati alle loro tradizioni, cementate in secoli di isolamento completo e radicate nelle loro credenze shinto, nell’elogio della patria e della famiglia imperiale, nel senso dell’onore.
Manga come Kimagure Orange Road di Izumi Matsumoto o Ai shite knight di Kaoru Tada ci mostrano che lo scenario giapponese degli anni 1980 era ancora ambiguamente legato all’Occidente, e, pur col malcontento degli appartenenti alle generazioni passate, si cominciavano a dimenticare e ad abbandonare i kimono o le canzoni enka, a favore di capi di abbigliamento, mode, culture popolari, idoli, comportamenti, espressioni gergali provenienti dall’esterno dell’arcipelago e, in particolare, dall’America o dall’Europa.
C’è anche, però, chi non ci sta, chi all’invasione del modello occidentale si oppone e va invece propugnando idee più tradizionaliste. Come la Otoko Juku.
Trattasi di una scuola completamente assurda, un istituto paramilitare che mira a forgiare i veri uomini giapponesi del domani, nel pieno rispetto delle tradizioni, insegnandogli a diventare forti nel corpo e nel cuore e sottoponendoli a massacranti esercizi ed allenamenti, oltre che allo studio delle materie scolastiche.
Gli insegnanti e il corpo docenti sono personaggi completamente deliranti: ex soldati della grande guerra che non vedono di buon occhio la modernità e ciò che arriva dall’Occidente.
Alla Otoko Juku, letteralmente “la scuola degli uomini”, gli studenti vengono puniti perché cantano “Thriller” di Michael Jackson sotto la doccia invece che l’inno nazionale giapponese, o perché portano gli slip invece dei fundoshi. Gli viene inoltre insegnato a portare sulla retta via la gente comune ormai schiava dell’Occidente, come gli effeminati ragazzi che portano gli slip o le ragazze di facili costumi che vanno dietro agli stranieri nei locali dei quartieri di divertimenti.
Tuttavia, gli studenti non si fanno piegare e spesso e volentieri sono loro a primeggiare sui loro strampalati insegnanti.
Otoko Juku 2Del resto, anche i ragazzi della Otoko Juku sono fuori dal comune. Capitanata dall’impassibile spadaccino Momotaro Tsurugi, abbiamo una marmaglia di gente che conta fra le sue fila teppisti di ogni genere, esperti in assurde arti marziali orientali, membri della tifoseria, colossi con muscolature sin troppo esagerate per essere semplici liceali, pugili di origine americana, rampolli di famiglie ricche cadute in rovina, teppistelli dal cuore tenero, presunti cervelloni che vengono considerati geni solo perché conoscono le tabelline o due parole d’inglese.
A vegliare saggiamente sulla scuola, i suoi studenti e il suo personale c’è poi un dirigente d’eccezione: Heihachi Edajima, un gigante con cranio pelato e baffoni, che veste perennemente in kimono e ripete continuamente, ad ogni occasione e con voce possente, la sua inesorabile presentazione “Io sono Heihachi Edajima, il preside della Otoko Juku!”.
Ex eroe della Seconda Guerra Mondiale, uomo dai muscoli e dalla volontà d’acciaio, Edajima è un personaggio che ha fatto nel suo piccolo la storia del Giappone e che conosce personalità eminenti e bizzarri marzialisti provenienti da ogni parte dell’Asia e a cui è legato da chissà quali misteriosi trascorsi passati. Fuori di testa quanto la scuola che ha creato e le persone che vi lavorano o studiano ogni giorno, ma che indubbiamente, così come il loro preside, sono dei veri uomini ricchi di valori, ed è questo che la scuola mira ad insegnargli.

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