Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Nell'appuntamento di oggi ritroviamo tre anime che raccontano con vari stili, punti di vista e tematiche il mondo scolastico giapponese: quello scanzonato e "da teppista" di Due come Noi; quello allegro e un pò romantico di Lovely Complex; quello insolito e sperimentale di Fuujin Monogatari - Windy Tales.


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8.0/10
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Due come noi rappresenta uno dei primi anime di carattere "scolastico" con gag demenziali e anche quella peculiarità resa molto famosa da GTO, cioè la vita da "teppisti".
Personalmente ho trovato molto interessanti i primi episodi, in cui le risate non sono mancate e in cui le gag, essendo appena nate, apparivano molto divertenti.
Con il passare del tempo, però, la storia perde tono e le risate crollano esponenzialmente, al contrario di GTO.
La causa la vedo nel mancato aggiornarsi della vicenda: i personaggi sono pochi e sostanzialmente i fatti, i combattimenti, le scene comiche ruotano sempre e comunque attorno a questi pochi personaggi. La conseguenza è, per l'appunto, un senso di "già visto", che porta al crollo dell'interesse.
In GTO, invece, c'è stata la capacità di dare molta importanza a molti altri personaggi, rinnovando così l'interesse dello spettatore.
Do 8 perché è comunque "Due come noi" è una pietra miliare di questo genere di anime.



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Periodicamente ci ricasco: almeno un paio di volte all’anno, per motivi psico-fisiologici insondabili, devo spararmi una commediola adolescenziale a sfondo scolastico-sentimentale. Dev’essere una forma di atavismo mentale, o qualche forma di trauma ginnasiale irrisolto. Per fortuna questa volta sono capitato veramente bene!

A differenza della maggior parte delle suddette commediole, “Lovely complex” è vivace, spassoso e per niente sdolcinato. Anzi, si fa allegramente beffe degli stereotipi del genere, pur non discostandosi di una virgola dalla via crucis ormai immodificabile dell’anime scolastico: “Che bello siamo di nuovo in classe insieme” a ogni inizio d’anno, festival estivo d’ordinanza con yukata e fuochi d’artificio, cioccolato di san Valentino e relativi casini, festival della scuola, visita di capodanno al tempio ecc. ecc. Fa parte del gioco, e in fondo guardando questa serie s'imparano anche molte cose. Per esempio che in Giappone stare insieme vuol dire in sostanza continuare a chiamarsi per cognome, tornare a casa da scuola insieme a circa mezzo metro di distanza e sottomettersi regolarmente al vaglio degli amici guardoni. Scherzi a parte, tutto mi sembra particolarmente riuscito.

Il disegno, per esempio, è canonico ma molto sobrio e accattivante (niente occhioni smisurati + bocche minuscole e roba del genere). Il personaggio di Lisa è convincente, umano e molto simpatico. Sarà che le “ragazzone” mi hanno sempre intenerito. E vogliamo parlare dell’accento dei due protagonisti? Abituato, come un po’ tutti, al giapponese standardizzato della maggior parte dei doppiaggi, mi sono sorpreso ad adorare la parlata sudoccidentale, nella fattispecie di Osaka, con la sua cantilena gnègnègnè che ricorda a volte quella della mia città natale - somewhere in Lombardy. I lacrimosi “mou ee neee!” di Lisa nella fase centrale mi hanno intenerito a oltranza. Farò fatica, nei prossimi giorni, a sbarazzarmi del Kansai-ben assorbito subliminalmente… Per me è stato il valore aggiunto che ha fatto pendere la bilancia dalla parte de più.

Non mi soffermo a riassumere la trama, del tutto canonica, con qualche guizzo originale, ma ripeto ancora una volta che la realizzazione è fresca e divertente, a livello sia di regia sia di esecuzione tecnica. Se ci sono alcuni lievi cali qua e là chissenefrega, è il risultato netto che conta, e il risultato netto è decisamente positivo. Bello e simpatico! Finalmente una storia sentimentale che gioca sull’understatement senza essere mai sciocca o demenziale.



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<i>Fuujin Monogatari</i> di Junji Nishimura, noto per avere diretto le ultime stagioni di <i>Ranma ½</i>, è una serie animata andata in onda nel 2004/2005 su Animax, celebre network televisivo in progressiva distribuzione mondiale. Sviluppato dal poderoso studio Production I.G, l'anime rende immediatamente chiare le prerogative da progetto sperimentale, sollecitando appieno l'apprezzamento più che dovuto nei confronti di un'esibizione grafica capace di fare colpo anche solo a scorgerne un fotogramma. Senza ripensamenti, <i>Fuujin Monogatari</i> va collocata tra le serie degli ultimi anni più gratificanti alla vista nonché all'udito. La dimensione artistica dell'opera è estesa a ogni minima raffigurazione di luoghi, persone e animali (spesso in primo piano nelle vicende), di elementi naturali come il vento, le nuvole, i raggi del sole, la pioggia, inseriti in un ruolo fondamentale anche nell'apporto alla resa atmosferica di ogni frangente narrativo.

Sono assorti nella contemplazione della natura, del tempo che passa, delle nuove sensazioni provate e di quelle riaffiorate nell'arco di vita già trascorso, del valore affettivo dell'amicizia e della famiglia. Sono ragazzini, sono loro i protagonisti di quest'avventura chiamata vita, che è resa magica dal raggiungimento di piccoli grandi scopi, come quello di padroneggiare con un po' d'incredulità un soffio di vento, di sentirsi lievitare insieme a esso e non doversi vergognare di raccontarlo anche ai più grandicelli. Qui gli stessi adulti, e ancor più gli anziani, sono appagati dal rivelare ai teneri posteri le esperienze sognanti vissute in una fanciullezza che non vuole essere assopita.

Anche se etichettare una serie come questa non sarebbe una giusta cosa da fare, <i>Fuujin Monogatari</i> può essere visto come uno slice of life con tinte fantasy molto leggere, con episodi contenutisticamente quasi elementari, disposti in linea cronologica, ma mai incatenati narrativamente. Il trascorrere delle stagioni è appunto ben visibile grazie alla magnifica riproduzione del cambiamento ambientale, capace di rendere anche solo una folata di vento tra la chioma di un albero, o una leggera pioggerellina primaverile, una gioia per gli occhi. A rendere suggestiva, irresistibile e <q>immersiva</q> quest'opera nel suo lato artistico è anche e soprattutto una colonna sonora che fatico perfino a descrivere, ma probabilmente mi basterà fare il nome di Kenji Kawai affinché possiate comprendere.

Questa serie è a tutti gli effetti una fonte ideale di spensieratezza, una gemma nascosta di rara delicatezza e sensibilità, così distante nella fantasia ma allo stesso tempo familiare nell'aria che si riesce a respirare. Da prendere in considerazione, comunque, soltanto se si è in grado di fare a meno di una vera e propria trama. Serie che andrebbe riscoperta, come tante altre finite nel dimenticatoio ingiustamente.