Tokyo Vice - Jake AdelsteinJake Adelstein, giornalista investigativo americano, è stato dal 1993 al 2005 cronista di nera di uno dei più importanti quotidiani giapponesi, lo “Yomiuri Shinbun”. Essendo un gajiin, uno straniero, formatosi all'estero, sostanzialmente estraneo al sistema delle cosiddette "Kisha Kurabu" il sistema dei club, che domina il giornalismo nipponico è riuscito con le sue inchieste ad esplorare meglio dei suoi colleghi il sottobosco del crimine giapponese. Ha rivelato ai suoi lettori, ed a se stesso, molte delle realtà taciute di un paese apparentemente ordinato, nel quale crimine e violenza sembrerebbero episodi del tutto marginali. Ha rivelato il ruolo e l'importanza della Yakuza, la più potente organizzazione criminale del Sol Levante, capace di fare e disfare partiti e governi, pronta a distruggere le vite di chiunque le si opponga, ma anche a presentarsi come "la mano che risolve i problemi, rapidamente, efficacemente" per imprenditori, salary man, chiunque abbia bisogno nel quartiere. Le inchieste sulla realtà di questa organizzazione, ramificata in tutto il Giappone, lo hanno costretto dopo 12 anni di lavoro a lasciare il Paese, proprio lui, che trasferendosi in Giappone, pensava ad un incarico di tutto riposo... 


Dalla sua esperienza è nato il volume Tokyo Vice,  edito da Einaudi Stile libero; nel volume l'autore racconta la sua esperienza di giornalista, gli anni passati a percorrere i meandri oscuri dell'Impero del Sol Levante e la sfida più importante della sua carriera: lo scontro con i misteri, che circondano la vita di un potente e violento capo clan della Yakuza, Tadamasa Gotopronto a minacciare la vita del giornalista e dei suoi familiari, per preservare silenzio ed ombra intorno a sé. Qual è la scelta giusta di fronte a queste minacce?

Una parte del prologo del volume è stato presentato sulle pagine del quotidiano Republica l'8 settembre 2011, ve lo riproponiamo come testimonianza di questo aspetto della realtà nipponica.


Cancella la storia, o noi cancelleremo te. E magari anche la tua famiglia. Ma prima facciamo fuori loro, così avrai imparato la lezione da vivo.

Il sicario dal vestito impeccabile scandiva le parole come si fa con gli idioti o i bambini, o come a volte i giapponesi parlano agli stranieri spaesati. Sembrava una proposta come un’altra.
– Lascia perdere questa storia e molla il tuo lavoro, e sarà come se non fosse successo niente.


Scrivi l’articolo e non ci sarà angolo del paese in cui non ti scoveremo. Chiaro? Non è intelligente mettersi contro la Yamaguchi-gumi, la più grande organizzazione criminale del Giappone. Con quarantamila affiliati, un bel po’ di gente che è meglio non far incazzare.
La mafia giapponese. Potete chiamarla yakuza, ma molti di loro preferiscono definirsi gokudo, che alla lettera significa «la via definitiva».



La Yamaguchi-gumi sta in cima alla piramide del gokudo. E tra i tanti sottogruppi che compongono la Yamaguchi-gumi, la Goto-gumi, con oltre novecento affiliati, è la meno raccomandabile. Sfregiano registi cinematografici, buttano la gente dai balconi degli alberghi, entrano nelle case coi bulldozer. Roba così. (...)
Non pensavo stesse bluffando; sembrava sincero. Per quanto lo riguardava, l’articolo che stavo cercando di scrivere avrebbe ucciso il suo boss. Non direttamente, ma l’esito finale sarebbe stato quello. E lui era il suo oyabun, il suo padre putativo. Tadamasa Goto, il più famigerato gangster giapponese. Perciò, naturalmente, la mia morte avrebbe avuto una giustificazione.

Se invece fossi stato ai patti, l’avrebbero fatto anche loro? La verità era che non ero in grado di scrivere l’articolo: mi mancavano gli elementi. Ma di certo non potevo andarglielo a dire.
Ciò che sapevo era che nell’estate del 2001 Tadamasa Goto aveva subito un trapianto di fegato presso il Centro tumori del fegato Dumont- Ucla. Sapevo, o pensavo di sapere, chi era il chirurgo che aveva eseguito il trapianto. Sapevo quanto doveva essergli costato il fegato nuovo: secondo alcune fonti, circa un milione di dollari; secondo altre, tre milioni. (...) Quello che invece non sapevo era come avesse fatto un tipo del genere a entrare negli Stati Uniti; doveva aver falsificato un passaporto o corrotto un politico giapponese o americano. C’era qualcosa di sospetto. Goto era sulla lista dei sorvegliati dell’US Customs and Immigration, dell’Fbi e della DEA. Era sul libro nero, non sarebbe nemmeno dovuto riuscire a entrare negli Stati Uniti. (...)

«Cancella la storia, o noi cancelleremo te», aveva detto il sicario.
La proposta era quella. Non avevo carte da giocare e avevo finito le sigarette. Deglutii, sospirai, deglutii ancora e infine borbottai la risposta.
– Affare fatto, – dissi. – Non… scriverò l’articolo…sullo «Yomiuri».
– Bene, – fece lui, compiaciutissimo.
– Fossi in te me ne andrei dal Giappone. Il vecchio è incazzato. Hai una moglie, due figli, giusto? Prenditi una vacanza, bella lunga. Magari cercati un altro lavoro.
Ci alzammo tutti. Ci scambiammo inchini appena abbozzati – più che altro cenni del capo un pelo più pronunciati – e sguardi impassibili.
Quando il sicario e il suo assistente se ne furono andati, mi rivolsi a Sekiguchi:
– Ho fatto la cosa giusta, secondo te?

Lui mi appoggiò la mano sulla spalla e strinse un po’.
– Hai fatto l’unica cosa che potevi fare: quella giusta. Non c’è reportage per cui valga la pena di morire, o che valga la vita dei tuoi cari. Gli eroi sono quelli che non hanno alternative. Tu un’alternativa l’hai avuta e hai fatto la scelta giusta. (...)
Poi Sekiguchi mi batté sulla spalla per essere certo che lo stessi seguendo. Guardandomi dritto negli occhi, continuò:
– Ritirati, ma non rinunciare a quella storia: scopri di cosa ha paura quel bastardo. (...) Non arrenderti: aspetta, anche un anno o due se è necessario, ma scopri la verità. (...) Sekiguchi aveva ragione, naturalmente non era finita.

Pochi anni più tardi lo scontro fra Jake-San ed Tadamasa Goto riesplodeva quando il giornalista, grazie alla denuncia di una giovane donna, Helena, scopriva un traffico di schiave sessuali dall'Europa dell'Est in cui era coinvolto proprio Goto. Fu un articolo sconvolgente, che gli portò nuove minacce ed il plauso delle forze investigative nipponiche, incapaci però di trasformare i loro complimenti in azione di polizia. Ma fu anche la fine, per ragioni di sicurezza, del suo lavoro allo Yomiuri Shimbun. Tuttavia l'intervento dei servizi segreti nipponici e del Dipartimento di stato USA gli hanno consentito di sopravvivere alla furiosa caccia degli Yakuza, alle loro nuove minacce ed ai vari tentativi di corruzione, come lui stesso ha raccontato nella presentazione del suo libro a Tokyo. Gli è stata fatta un'offerta di un milione e mezzo di dollari,  perchè non rivelasse l'incredibile e scomodissima verità, che il giornalista Gajin è riuscito ad accertare: l'esistenza di un vasto traffico, che permette ai capi di coloro che percorrono la « via definitiva», di ottenere trapianti nelle cliniche USA, un paese nel quale, i menbri della Yakuza,  non potrebbero neppure entrare.

L'inchiesta sulla Yakuza e sui trapianti illegali è stata pubblicata prima sul Washington Post e poi nel volume Tokyo Vice, sintesi di suoi 12 anni di indagini nel paese del Sol levante e della sua sfida finale alla yakuza. La storia dello scontro con l'organizzazione malavitosa è solo una parte di questo volume, intrecciata con la storia e le voci di uomini e donne, giapponesi e stranieri, come Lucie Blackman, la cui vita si perde per un puro errore nelle grande metropoli nipponiche e solo l'insistenza di un padre, che da Londra bersaglia di telefonate e richieste la Tokyo Metropolitan Police Department (TMPD) e l'acribia di alcuni detective, possono ritrovare il filo del destino di questa donna, ricostruirne la sorte fino a svelare l'esistenza di un serial killer, riconosciuto colpevole dell'uccisione e dello smembramento, di almeno otto donne, perché delle altre vittime, forse cento, donne giapponesi e straniere, non era stato possibile trovare alcuna traccia

Tokyo Vice è la loro storia: la storia di Helena, la prostituta australiana che ha svelato il traffico di ragazze dall'est che ha deciso la vita di Jake Adelstein, spinta da puro spirito altruistico, e svanita in una bara di cemento, la storia dello stesso Jack, e del suo nemico Goto, il potente padrino deposto dalla sua stessa famiglia, che si prepara ad apparire, dopo anni di indagini, davanti alla giustizia nipponica nelle inusitate vesti di un monaco buddista.

Un ringraziamento a Massimo Soumarè per la consulenza.

Tokyo Vice
Jake Adelstein
Einaudi Stile Libero.
ppgg.466, € 19,50


Fonti Consultate:
Biblioteca Giapponese
Tokyoreporter
Repubblica