Riportiamo dal blog Anime-Asteroid la terza e ultima parte del dossier sulla nascita e l'evoluzione dell'animazione robotica giapponese.

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DOSSIER SULL'ANIMAZIONE ROBOTICA: GLI ANNI '90 DI IMAGAWA E ANNO (1991 - 2000)


Sicuramente da ricordare, per i nomi coinvolti, la seconda serie OVA di Gundam: nel 1991 esce Mobile Suit Gundam 0083: Stardust Memory, prequel di Z Gundam (narra l'avvento dei Titans al potere) e realizzato con l'apporto alla sceneggiatura, per la prima volta in un'opera gundamica, anche del re delle storie militari e del Real Robot Ryousuke Takahashi. Gundam 0083 denota così una cura maniacale nel suo background politico, e tra intrighi militari e stupefacenti scontri tra mecha rappresenta un grande concentrato di inventiva e spettacolarità. Sarà il suo aspetto tecnico e visivo a catapultarlo nel mito, in riferimento al suo mecha design tecnicissimo, iperdettagliato e maestoso di Hajime Katoki e del mechanical styling di Shoji "Macross" Kawamori.

Discorso simile da fare, in ambito filmico, per Mobile Suit Gundam F91, diretto come sempre da Tomino e uscito lo stesso anno: a livello narrativo inconcludente e sbrigativo (doveva essere una serie tv di 50 episodi, poi una trilogia filmica, alla fine uscirà solo il primo film), come disegni (ancora Yoshikazu Yasuhiko!) e animazioni capolavoro supremo dell'arte del fare animazione tradizionale. La sua storia vede Seabrook Arno, abitante dell'ex colonia Side 4, affrontare, a bordo del solito potente Gundam, l'invasione dei Crossbone Vanguard, milizia militare alle dipendenze della famiglia aristocratica dei Ronah, interessata a creare un nuovo mondo guidato dalla nobiltà.

Dossier Mecha - Gundam F91
Narrativamente non riuscito, ma a tutt'oggi, tecnicamente, Gundam F91 (1991) supera chiunque


Ancora il 1991 è da ricordare, in ambito non animato, per il videogioco Super Robot Wars per GameBoy, uscito solo in Giappone. Uno strategy-rpg in cui il giocatore può comandare robottoni provenienti da ogni serie animata, un Paese dei Balocchi per gli appassionati che potranno ritrovarsi nel proprio esercito unità robotiche Toei e anche Sunrise. Il successo sarà strepitoso e porterà Banpresto, lo sviluppatore originale, a creare una vera e propria saga che in vent'anni toccherà ogni genere di console, facendo scontrare, nelle sue trame, ogni singolo mecha creato da ogni disparato studio animato. La sua importanza nell'immaginario nipponico sarà tale che, tramite curioso procedimento inverso, la notorietà di alcuni mecha creati unicamente nel videogioco sfocerà successivamente in serie animate (Cybuster; Mazinkaiser; Super Robot Wars Original Generation: The Animation; Super Robot Wars Original Generation: Divine Wars e infine il recentissimo Super Robot Wars Original Generation: The Inspector).

Il 1992 è l'anno del mito del regista Yasuhiro Imagawa. Incaricato di dirigere, per il mercato OVA, una trasposizione del manga Giant Robot (ricordate? Il secondo manga robotico della Storia dopo Tetsujin 28), per problemi che non ci è dato sapere non potrà usarne i personaggi, se non il protagonista Daisaku Kurama e il mecha principale, Giant Robot. Messosi allora in contatto direttamente con l'autore originale Mitsuteru Yokoyama e ottenuta la sua benedizione, Imagawa si guadagna l'insolta possibilità di poter usare i personaggi provenienti dalle sue altre opere più disparate: nasce così Giant Robot, incredibile rielaborazione di situazioni e protagonisti di un po' tutti i manga di Mitsuteru Yokoyama. Una produzione talentuosa (grazie anche all'immenso budget a disposizione) che rivelerà il talento di Imagawa nel riscrivere soggetti altrui, mantenendone la fedeltà ai punti chiave ma adattandoli in storie misteriose e narrativamente intricatissime a livelli inumani, abbellite da chara design che richiamano spesso il tratto essenziale e caricaturale degli anni 70. Serializzato nell'arco di ben sette anni (1992-1998), Giant Robot è semplicemente uno dei più famosi OVA della Storia. Inutile dire che, dopo questo cult, Imagawa legherà il suo nome proprio alle rielaborazioni personali di opere famose (come Violinist of Hamelin, Getter Robot: The Last Day, Tetsujin 28 versione 2004 e Mazinger Edition Z! The Impact).

Arriva il 1993, anno in cui Tomino dirigerà Mobile Suit Victory Gundam. Nata e imposta da Sunrise come serie per un pubblico giovanissimo (da qui il protagonista Üso Ewin che, coi suoi 13 anni, è il più giovane pilota di Gundam mai visto), Victory si evolverà, man mano che procede, sempre più verso il sadismo puro e tra ghigliottine, teste volanti e un finale trucido, diventerà la più genuinamente "truce" serie Gundam in assoluto. Uno scherzone, quello di Tomino, rappresentante un grandioso colpo di genio, leggendario nella Storia dei dissapori tra registi e produttori nel campo dell'animazione, che fa ricordare una serie più o meno dimenticabile. Da ricordare come Victory rappresenterà anche l'apice della crisi depressiva del regista: non è solo violenza e infiniti morti, ma anche una disamina sulla donna improntata su un unico punto di vista, quello negativo. Tutte le protagoniste, che siano eroine o villain, sono infatti portavoce dei vizi più deprecabili, facendo quasi tutte una brutta fine che suona quasi come una giusta condanna.

Macross Plus (1994), realizzato ben nove anni dopo il precedente Flash Back 2012, è il ritorno di Shoji Kawamori alla sua creatura più famosa. Nulla di trascendentale (ordinario triangolo amoroso con contorno robotico, come in passato e in futuro), se si esclude che è una delle prime commistioni storiche tra disegni a mano e CG, pratica che nel futuro (e sopratutto, oggi) sarà via via perfezionata ed elaborata da tutti gli studi animati, per risparmiare tempo e soldi grazie a tecnologie sempre più avanzate. Titolo citato non tanto per un primato, ma sopratutto per far notare come sarà lo stesso Kawamori uno dei pionieri per eccellenza di questo nuovo modo di fare animazione, divenendo in tempi più recenti, non per nulla, una delle massime celebrità dello studio SATELIGHT, specializzato nelle sperimentazioni di computer grafica.

Dossier Mecha - Giant Robot
La più famosa serie robotica home video della Storia: Giant Robot (1991)


Da dimenticare assolutamente, nel 1995, è invece Mobile Suit Gundam Wing, ossia quando i Backstreet Boys incontrano Gundam, ridicola e pseudo-seria serietta (fortunatamente un alternate universe) colma di frecciatine yaoi, dove improbabili piloti di Gundam combattono la tirannia dell'organizzazione OZ muovendo guerra all'intero pianeta Terra; presupposto ridicolo che sconfinerà nel delirio puro quando, in mezzo a retorica pacifista spicciola e trash vario, si arriverà a livelli di gente che vuole distruggere mezzo pianeta per far capire quant'è brutta la guerra. L'interesse storico riguarda le opening cantate dal gruppo j-pop TWO-MIX, rappresentanti la prima collaborazione commerciale tra mercato anime e industria musicale, futura furbizia che sopratutto oggi è diventata la norma per fungere da traino a grandi bottage pubblicitari e vendite di singoli.

Per il mondo e sopratutto l'Italia il 1995 è da ricordare per Neon Genesis Evangelion della GAINAX, storia di un ragazzo che, inserito nei ranghi militari insieme ad altre coetanee, deve combattere, a bordo di gigantesche creature senzienti chiamate Evangelion, misteriosi mostri provenienti dal Polo Nord, gli Angeli, che continuano ad attaccare la Terra senza un apparente motivo. Divenuto un cult in ogni angolo del globo per la regia autoriale e i temi religiosi di cui è infarcito, il lavoro di Anno è in verità, come ammetterà lo stesso regista, una riflessione sul mondo dei disadattati, rappresentati simbolicamente dall'alienato protagonista Shinji Ikari. Creando un minestrone in cui convivono cabala, esoterismo, fantascienza, robot e psicanalisi in ogni dove e quando, Anno vuole volutamente prendere in giro gli otaku, quelli che vogliono dare per forza un senso a tutto quello che vedono, per dire loro di non stare a perdere tempo a formulare migliaia di teorie senza senso sul finale volutamente incomprensibile della serie, ma di uscire all'aria aperta e assaporare la semplicità della vita. Il messaggio non verrà ovviamente recepito e anzi, le pressioni di fan spazientiti porteranno GAINAX e Anno a dare una conclusione più lineare alla vicenda: nasceranno due film successivi, di cui l'ultimo, The End of Evangelion (1997), altri non è che, come detto in precedenza, una riproposizione del finale di Ideon sviluppato in modo differente. In un'ignorante Italia in cui l'animazione robotica si è fermata al tokusatsu anni Settanta (anche per effetto del già citato embargo Sunrise) sarà indegnamente salutato come capolavoro rivoluzionario, il cult che ha scombinato le regole non solo della regia e della serialità, ma anche gli stessi stilemi dell'animazione robotica... Insomma, come in molti altri paesi il suo vero messaggio non verrà compreso. Ha comunque dei meriti indubbi: in primis di aver creato un nuovo incipit narrativo (ragazzi usati come cavie dall'esercito per combattere misteriosi robot) che diverrà lo spunto di partenza di successive rielaborazioni animate, ma sopratutto di rappresentare, insieme a La rivoluzione di Utena, l'opera che ha aperto le porte a un nuovo modo "intellettualoide" di intendere l'animazione, quella delle storie complicatissime basate su psicanalici, personaggi rivoltati come calzini, simbolismi da interpretare, apparente nonsense e ogni genere di amenità possano far felici Freud e i suoi adepti.

Dossier Mecha - Evangelion
Evangelion (1995) e i falsi miti


Ci avviciniamo alla conclusione. Nel 1998 di rilievo sono Brain Powerd, Gasaraki e Getter Robot: The Last Day.

Brain Powerd è un Tomino elitario al massimo: serie lenta, minimalista ed enigmatica condita da atmosfere e sonorità new age di Yoko Kanno, con il mecha design "organico" di Nagano (al suo secondo lavoro con Tomino: il primo, ricorderete, era l'indegno L-Gaim). Dietro la trama fantascientifica (due organizzazioni si scontrano per il destino di Orphan, gigantesco vascello alieno inabissatosi e il cui risveglio porterebbe alla distruzione della Terra), Tomino sviluppa più riflessioni. Innanzitutto sulla femmina, vista stavolta da una prospettiva positiva (un aggiornamento del percorso iniziato nel precedente Victory Gundam); dall'altro opera la più surreale trattazione mai vista sul tema della comunicazione. Brain Powerd avrà un successo ridottissimo, sia per la lentezza che per lo scomodo paragone fatto, spesso a sproposito, con Evangelion, ma rimane molto originale e pienamente degno della fama del suo creatore. Il suo soggetto, poi, influenzerà notevolmente quello del ben più noto Eureka Seven.

Gasaraki è il punto di chiusura del Real Robot, perché dopo questa serie non è stato più possibile andare oltre. Il lavoro di Ryousuke Takahashi, ambientato in un conflitto militare medio-orientale (ispirato alla guerra Iraq-Iran, e in questo senso quasi profetico del futuro USA-Iraq), vede l'entrata in scena dei TA, i più realistici robot mai visti. Ovvie evoluzioni degli AT di Votoms, i TA sono molto più credibili nell'armentario e nelle movenze, e non è escluso che, un giorno, possano diventare vere macchine da guerra nella realtà. La trama, talmente complessa che si può solo accennarla con sintesi estrema, vede due giovani cavie umane che guidano i TA, Yushiro e Miharu, al soldo di due organizzazioni militari rivali, scoprire di avere un tragico passato comune, legato all'era feudale e al culto del dio Gasaraki. Degna di nota nella serie è, come sempre, la cura estrema per i dialoghi, per il background politico, e l'alchimia tra atmosfere militari e misticheggianti. A livello talmente maniacale, però, che più di qualsiasi altra opera di Takahashi Gasaraki è potenzialmente una mattonata memorabile, un lavoro difficilmente digeribile anche per chi aspetta una serie "affine" a Votoms.

Dossier Mecha - Gasaraki
Gasaraki (1998), il punto di arrivo del Real Robot


Getter Robot: The Last Day è invece quasi classificabile, in perfetta contrapposizione con Gasaraki, come il Super Robot definitivo. Rielaborazione high budget della mitologica e cartacea Getter Saga di Ken Ishikawa, rappresenta il compendio definitivo del "robotico apocalittico", sintesi di viaggi nel tempo, splatter/gore a iosa, personaggi tamarri al limite della pazzia e scontri devastanti tra colossi di metallo grandi quanto pianeti. Chiamato Yasuhiro Imagawa a regia e sceneggiatura per replicare il successo stratosferico di Giant Robot, nello spazio di tre meravigliosi, frenetici e intricatissimi episodi verrà assurdamente licenziato. Il motivo? Un inizio troppo complesso e, agli esigenti produttori, inestricabile negli altri episodi previsti. La storia, pur non riuscendo a tirare i fili di tutte le trame iniziate da Imagawa (tra le altre cose, morti che ritornano in vita, epidemie, dinosauri ed esplosioni di pianeti), verrà comunque portata a termine più che dignitosamente.

Il 1999 è l'anno conclusivo da prendere in esame. L'anno di The Big 0 e ∀ Gundam.

The Big O è sintetizzabile come "Giant robot meets Batman". Con un design volutamente retrò e americanizzato (dietro la produzione troviamo addirittura Cartoon Network), Sunrise crea un thriller urbano dove il protagonista Roger Smith, di professione negoziatore, cerca di scoprire i misteri dietro a Paradigm City, fastiscente città dove la memoria di tutti gli abitanti, entro una certa data, è stata completamente rimossa. Atmosfere noir anni 50 rarefatte si mischiano con scene d'azione robotiche maestose, ispirate ai vecchi monster movie come Godzilla e affini.

∀ Gundam Called Turn "A" Gundam rappresenta l'ultima serie tv gundamica diretta dal suo creatore Tomino. Opera delicata e personale, con mecha coerentemente improbabili (tanto buffi quanto leggendari i baffi del Turn-A stesso) e per niente appariscenti (a livello di vendita di modellini sarà un pesante flop), Turn A è il Gundam che non t'aspetti, privo della drammaticità ed epicità del passato, molto più solare e positivo. La sua grandezza sta nel riunire in uno stesso filo narrativo, con intelligenza e poesia, tutte le serie gundamiche viste prima, comprese quelle ambientate in timeline alternative. Un grande lascito, quello di Tomino, che seppur distante a livello di atmosfere dalle serie Gundam tipo, rimane di eguale, alto livello. Anche la trama è utile nella creazione di uno scenario delicato e insolito: la Terra è piombata infatti in un ipotetico inizio 1900 (le prime automobili messe in commercio, differenza sociale marcata tra signori e operai, macchinari a vapore), e si narrano con timore gli incubi di un'era precedente, oscura e misteriosa. Sottoterra, però, sono ancora custodite le macchine di quell'epoca (i mecha, appunto), strumenti che diventano necessari ora che il popolo della Luna, tecnologicamente più avanzato, sembra voglia scontrarsi con i pacifici terrestri.

Dossier Mecha - The Big O
Le nuove tendenze: il robotico incontra il noir in The Big O (1999)


Siamo così giunti alla fine. Come riportato in apertura, diamo uno sguardo velocissimo alle produzioni originali o meritevoli degli ultimi dieci anni, in attesa di scoprire quanta effettiva influenza eserciteranno e se meriteranno un posto nella Storia.

A occhio nella categoria dell'originalità inserirei Godannar (2003), quando le tette prevalgono così tanto sugli aspetti robotici da diventare protagoniste e creare un sotto-genere; Flag (2006), classica storia militare di Ryousuke Takahashi dagli echi di storia contemporanea, narrata in soggettiva attraverso riprese e fotografie dell'eroina fotoreporter, e Sfondamento dei cieli Gurren Lagann (2007), recente e curiosa serie GAINAX che, in mezzo alle solite strizzatine d'occhio a otaku e combattimenti mecha apocalittici, dipinge un'avventurosa storia di formazione corroborata da regia, animazioni e soluzioni grafiche avveniristiche che rendono noto il talento dell'animatore Hiroyuki Imaishi. Tra le serie di alto livello sono da citare almeno Mobile Suit Gundam SEED (2002), spettacolare remake di Mobile Suit Gundam; RahXephon (2002), la più riuscita rielaborazione di Evangelion a opera del mecha designer Yutaka Izubuchi; gli epici e folli GUNxSWORD (2005) e Code Geass (2006) del talentuoso regista Goro Taniguchi, il vergognosamente misconosciuto ZegaPain (2006), notevole variazione mecha di The Matrix scritta benissimo e con un gran lavoro di approfondimento dei personaggi, e infine Mazinger Edition Z! The Impact (2009), dove un ritrovato Imagawa torna a fare ciò che gli riesce meglio: scrivere una storia piacevolmente intricatissima e densa di colpi di scena rielaborando, in questo caso, il celebre manga nagaiano di Mazinger Z (da non confondere con la versione animata degli anni 70), e mescolandoci dentro eroi, situazioni e addirittura inquadrature provenienti dalle più famose e disparate opere del mangaka.