Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo a film live action, con Avalon, Kimi ni todoke e Kamikaze Girls

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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9.0/10
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21st century Stalker

Mamoru Oshii è un nome imprescindibile per ogni appassionato di anime. Il suo capolavoro "Ghost in the shell", 1995, oltre ad avere aperto una nuova strada nell'utilizzo della CG in animazione, è diventato un simbolo del genere cyberpunk paragonabile al cult movie "Bladerunner". I suoi film sono connotati da un'estetica molto personale ed esprimono una drammaticità cupa e visionaria, cruda e glaciale, che non lascia spazio a toni leggeri o superficiali. Le sue speculazioni filosofiche e la sua raffinata ricerca formale contribuiscono a liberare l'animazione dalla ristretta definizione di genere per farla entrare a testa alta nell'olimpo del grande "cinema".
Artista eclettico e polivalente - disegnatore, regista, sceneggiatore, produttore - in questo frangente si mette alla prova con la direzione di attori in carne ed ossa per una coproduzione nipponico/polacca presentata nella selezione ufficiale di Cannes del 2001.

In un futuro tetro e decadente i giovani annichiliti e disillusi si abbandonano all'ebbrezza di uccidere e morire in Avalon, un gioco illegale di guerra simulata a cui si può accedere in solitaria o in gruppi tramite un dispositivo collegato a un computer centrale. Giocare può essere molto pericoloso poiché sviluppa dipendenza e si rischia di rimanere intrappolati nei meandri del gioco, con la mente persa negli scenari poligonali e con il corpo in stato vegetativo. Tuttavia per qualcuno Avalon può anche costituire una lauta fonte di guadagno poiché dopo ogni missione completata si ottiene un punteggio che dà diritto a una ricompensa in denaro. E' il caso di Ash, player professionista che si è guadagnata la fama di miglior combattente solitaria di classe "A". Quando Ash verrà a sapere che esiste un livello ancora più avanzato del gioco, denominato classe "A Special", deciderà di organizzare una squadra nel tentativo di scoprirlo.

Oshii torna a trattare il tema cardine di "Ghost in the Shell" e del cyberpunk in generale: l'interfaccia uomo-macchina e la dicotomia sempre più indistinguibile tra il sé reale e il sé virtuale in quanto proiezione nella rete. Esamina il senso ambiguo della definizione di realtà ponendo interrogativi etici tutt'altro che semplici o banali e lasciando ampio spazio alla riflessione.
Avalon ci mostra un mondo opprimente fra paesaggi desolati e atmosfere crepuscolari esaltate da una fotografia monocromatica che vira su toni 'seppia' grazie a una particolare pellicola usata per l'occasione.
I personaggi, svuotati di ogni traccia di umanità e del benché minimo slancio emotivo, sono trattati con freddo distacco su dialoghi ridotti all'osso.
La lentezza del ritmo ci consente di apprezzare il perfezionismo maniacale per il dettaglio e l'estrema cura nella messa in scena, ed è scandita nella progressione dei livelli di gioco da brevi e adrenaliniche sequenze di battaglia immerse nel clangore metallico delle armi pesanti e nelle fiamme delle esplosioni digitali.
A chiudere il discorso squisitamente estetico ci pensa la sofisticata e avvolgente colonna sonora di Kenji Kawai, che concentra la sua ricerca sulla vocalità come strumento e spazia dalla poderosa cavalcata sinfonica "Log off" alla straniante "Nine sisters", dalla malinconica "Gray lady" fino all'eterea e toccante "Voyage to Avalon".

Lontano anni luce dalla pretenziosa spettacolarità di "Matrix", "Avalon" è più intrigante, cerebrale e pensoso con la sua linea narrativa scarnificata ed essenziale. Il riferimento più prossimo è la fantascienza intellettuale di "Stalker", 1980, di Andrej Tarkovskij, sia per la presenza di attori, costumisti, scenografi e location dell'est Europa, sia per il ritmo pachidermico, il gusto per l'inquadratura e le cromie seppiate. Ma è soprattutto nel lento e intenso viaggio esistenziale compiuto dallo stalker all'interno della misteriosa "zona" dei «desideri intimi e segreti» che possiamo riconoscere lo stesso percorso catartico dell'algida eroina Ash all'interno della realtà virtuale alla ricerca della fantomatica classe "A Special".
Cosa ci sarà dietro? A cosa serve? E' forse una porta per una realtà finalmente degna di questo nome oppure è soltanto un altro livello del gioco creato da un oscuro game master? La risposta è affidata a chi guarda: la genialità di Oshii e l'innegabile pregio del film consistono proprio nel non dare una spiegazione univoca e rassicurante, ma nel lasciare un finale aperto che richiede espressamente un completamento a opera dello spettatore.



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Quando incappi nel live di un titolo che in versione animata non hai avuto cuore di proseguire oltre i primi cinque episodi, probabilmente le alternative sono due. Essendo il film della durata di sole due ore - che non sono poche, ma pur sempre meno di una ventina di episodi - è quindi probabile che si siano eliminate le scene noiose e infinitamente lente di cui era condita la storia. Allora, o dai occasione a questo film di stupirti, oppure lo sfidi ad ammorbarti nuovamente, in una nuova salsa, e ad annebbiarti la mente della personalità assurda di una protagonista che non merita d'esser definita atipica. Perché purtroppo si sta spargendo a macchia d'olio la moda dell'incantevole ragazza svampita, nascosta dietro a un involucro di insicurezze, al cui interno cova sentimenti chiari e cristallini, che non conoscono la malizia né tanto meno l'autostima.
Eppure, nonostante le mie ferme idee su "Kimi ni Todoke" ("Arrivare a te"), ne consiglio il live action a chi cerca una storia romantica, molto lineare, dalle note dolci e pure. Sono fiera d'aver coraggiosamente insistito, spinta anche dalla noia pomeridiana e dalla ricerca di una scusa plausibile per non dover affaccendarmi in qualcosa di più producente.

La trama ruota attorno a Sawako, una ragazza ingenua e gentile, che ha la sventura di avere un nome e un viso molto simili alla protagonista di un noto film horror internazionale, Sadako di "The ring". Negli anni in cui il film riscuote successo ed è visto da grandi e piccini, l'innocua Sawako è allontanata da tutti. In realtà, oltre all'aspetto, la ragazza ha un tratto ben poco felice, e non riesce ad approcciare con i suoi coetanei. Ciò avviene fin quando non riuscirà a entrare in contatto con due compagne di classe, anche loro vittime dell'etichetta sociale. Oltre ai sentimenti di amicizia, che le sono incredibilmente poco chiari, Sawako imparerà a riconoscere i sentimenti d'amore, che anche ai più sfuggono e si confondono con gli affetti amichevoli. E, se la strada che la nostra protagonista percorre non è così semplice, ancor meno lo è per Shota, il primo a innamorarsi. Credo di esprimere il pensiero di tutti quando dico che questo personaggio ha tutta la nostra solidarietà. E' un ragazzo onesto e paziente, ed è il perno della coppia. "Kimi ni todoke" è una storia che inizia con il descrivere la vita di Sawako, nel farne conoscere la purezza dei sentimenti, oltre che delle azioni. In seguito invece, a un occhio attento, non sarà certo sfuggito che il personaggio degno di nota non è certo lei, ma lui!

Infatti, questo compagno di scuola bellissimo e popolare - interpretato da Haruma Miura, già noto per aver vestito in maniera eccellente i panni di Hiro in "Koizora" - dimostra quanto siano profondi i suoi sentimenti. Sawako non afferrerà le sue intenzioni? E lui sorride amabilmente. Sawako non capisce che l'invito a uscire era diretto solo a lei? E lui ci riprova. Sawako passa agli altri i biglietti indirizzati a lei? E lui specifica il destinatario - e a me cadono le braccia.
Il titolo di quest'opera è un palese rinvio ai sentimenti di Shota, che non riescono a raggiungere l'inesperta Sawako. E' un costante avvicinarsi per poi rimanere al punto di partenza. Sawako stessa trova difficoltà a dare un nome a ciò che le si addensa dentro, e che non trova la sicurezza necessaria per emergere.
Al di là della prevedibile psicologia dei personaggi, il film risulta piacevole grazie a una serie di gesti e situazioni che costruiscono questa semplice love story: Shota che scorge il sorriso spensierato che una ragazza rivolge alla primavera; Aoyama che, sapendo che l'amica ha il morale a pezzi, l'aspetta nel suo posto preferito; insomma, tanti piccoli istanti che arricchiscono il racconto su dei liceali divisi fra le incomprensioni e i primi amori. La recitazione è stata abbastanza convincente e meno enfatica di quanto ci si possa aspettare, visti i pregiudizi frequenti sui live action. In linea generale, mi sembra che sia stato tratto il meglio dalla prima parte dell'omonimo manga di Karuho Shiina. Il live di "Kimi ni Todoke" è una storia narrata in modo efficace, con un comparto tecnico luminoso e gradevole; ottimo per intrattenersi un paio d'ore in maniera spensierata.



10.0/10
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«La felicità, bisogna avere coraggio ad accettarla. Sai, è molto più facile essere infelici».
"Kamikaze Girls" o "Shimotsuma Monogari" è indubbiamente una di quelle pellicole che è rimasta impressa in modo indelebile nelle mia mente, senza sfumare mai negli anni.
La prima volta che visionai questo live action ne rimasi estasiata: mi lasciai catturare dalla comicità che permea la quasi totalità delle scene, dai personaggi femminili resi umani, divertenti e a loro modo anche molto profondi, perché nel corso della storia il loro lato più intimo riesce a emergere, ma anche dalle figure secondarie, come "il papà buono a nulla" di Momoko, la nonna con la benda sull'occhio, Ryuji l'Unicorno con la sua stramba pettinatura e il proprietario del negozio "Baby, the star shine bright" in cui Momoko acquista i suoi preziosi abiti.

Siamo nella prefettura di Ibaraki e, per la precisione, ci troviamo dispersi nelle campagne di Shimotsuma: il padre di Momoko, una giovane gothic-lolita dai modi raffinati, era un truffatore ora caduto in rovina, che produceva capi firmati contraffatti.
Ichiko, rozza, barbara e selvaggia, è membro di una banda di motocicliste (le Pony Tail) e contatta Momoko perché ha bisogno di far ricamare alcune scritte sul suo spolverino da kamikaze.
Momoko ha messo delle inserzioni e degli annunci al fine di vendere i vecchi abiti contraffatti per mettere da parte il denaro necessario, così da poter comperare gli abiti gothic-lolita che rappresentano la sua più grande passione. Ma quando la selvaggia Ichiko si presenterà a casa sua, sputando qua e là e dando testate a destra e a sinistra per zittirla, la nostra giovane gothic-lolita rimarrà inorridita e disgustata.

Questa è la storia di un'amicizia particolare, nata tra due persone completamente differenti che però riusciranno a trovarsi e a vivere incredibili momenti e avventure insieme.
Momoko è una sognatrice innamorata dei pizzi, merletti e, più in generale, delle cose carine. Lei sogna la sfarzosa reggia di Versailles e il rococò: in altre parole avrebbe voluto vivere la propria vita in un altro secolo, ma invece è circondata dallo sterco di mucca che schiaccia con le sue costosissime scarpe con la zeppa e dalle sconfinate campagne di Shimotsuma.
Ichiko, il cui vero nome di cui si vergogna terribilmente è Ichigo (fragola), si contrappone a Momoko per i suoi brutali modi di fare, gli atteggiamenti decisamente poco femminili, il suo modo di parlare alquanto diretto e volgare.
Eppure è proprio da questa lampante contrapposizione che nascono la maggior parte delle gag esilaranti, come le scene in cui Momoko si dimostra una gran chiacchierona e soltanto le potenti testate di Ichiko potranno metterla a tacere.
La diversità tra Momoko e Ichiko determina il successo dell'intero live-action: insieme queste due ragazze diventano assolutamente irresistibili ed esplosive come due bombe a orologeria.
Entrambe le protagoniste si dimostrano all'altezza del loro ruolo, riuscendo a intrattenere, divertire, far commuovere e farsi amare proprio grazie alla loro umanità; Momoko e Ichiko nel corso della storia si mostreranno per ciò che sono veramente, crescendo, maturando, cambiando e capendo quanta gioia possa donare un'amicizia.
Ho amato moltissimo l'interpretazione di Anna Tsuchiya nel ruolo di Ichiko, perché è riuscita a calarsi perfettamente in questi panni, senza mai esagerare e far diventare il personaggio una brutta caricatura.
Ottime anche le musiche, tra cui voglio ricordare la bellissima "Hey, my friend", che chiude in bellezza la storia.

Consiglio vivamente "Kamikaze Girls" a chi cerca un live-action che racchiuda al proprio interno diversi elementi che si amalgamano perfettamente: come l'innata comicità, i personaggi realistici, a tratti buffi e divertenti, ma ugualmente approfonditi e infine una storia avvincente che non vi annoierà mai, ricca di gag demenziali e d'azione.
È una memorabile storia d'amicizia che amerò per sempre.