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Parte oggi una nuova collaborazione tra AnimeClick.it e Una Stanza Piena di Manga, blog dedicato al fumetto giapponese che, seppur dando un'indubbia importanza ai vecchi classici, presenta anche approfondimenti dedicati a titoli più contemporanei.
In questa rubrica aperiodica andremo a riportare le analisi di questi manga, per la maggior parte inediti in Italia, così da far conoscere ai nostri lettori alcuni titoli di indubbio interesse forse poco noti e, perché no, magari convincere qualche editore italiano a pubblicarlo anche da noi.
Alcune di queste analisi potrebbero contenere spoiler più o meno pesanti sulla trama dell'opera analizzata (finale compreso), per cui all'inizio di ogni recensione segnaleremo il "grado" di spoiler presente.

P. S. Gli interessati possono seguire Una Stanza Piena di Manga anche su facebook.

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L'appuntamento di oggi è dedicato ad Aporo no uta e contiene lievi spoiler sulla trama.


Apollo no uta Cover 1Autore: Tezuka Osamu

Anno di pubblicazione: 1970

Numero di volumi: 3

Edizione consultata: Tezuka Osamu Manga Zenshū (vol.35-36-37)

Editore: Kōdansha


Pochi manga possono vantare un inizio come quello che Tezuka Osamu (1928-1989) ci offre con il suo Aporo no uta (La canzone di Apollo): cinquecento milioni di spermatozoi disposti a tutto pur di raggiungere l’agognata meta, l’ovulo da fecondare. Giovani guerrieri in competizione per raggiungere la bellissima regina, pronta ad accogliere il primo di loro che la sfiorerà. Con questa spettacolare metafora, Tezuka cerca di spiegare ai suoi giovani lettori cosa si nasconde dietro il mistero della nascita e della sessualità. E lo fa, come al solito, a modo suo.

Pubblicato a puntate nel 1970 sulle pagine della rivista «Shōnen King», La canzone di Apollo si inserisce in un delicato momento della carriera di Tezuka, sempre alla ricerca di nuove strade espressive, ma nonostante tutto pronto a recepire le nuove istanze del pubblico e i trend del mercato editoriale. Sono anni difficili per l’autore: il suo stile sembra non raccogliere più il favore delle nuove generazioni e la sua carriera ne risente fortemente. Ecco perché, cercando di cavalcare l’onda del successo di titoli a sfondo erotico come Harenchi Gakuen (Scuola senza pudore, 1968-72) di Nagai Gō (n.1945), anche Tezuka decide di affrontare l’argomento. A differenza degli ecchi manga, però, Tezuka preferisce orientarsi sul genere del seikyōiku manga, fumetti dal chiaro intento educativo (il termine seikyōiku significa “educazione sessuale”), ma scevri di ogni pretesa didascalica/nozionistica. Nessun ammiccamento sessuale, nessuna nudità esibita solo per la curiosità dei lettori come accadeva invece nelle opere di Nagai. L’interesse di Tezuka si sposta sull’amore, sulla sessualità e sulla procreazione. In poche parole, informazione e intrattenimento. All’interno della stessa categoria troviamo anche un altro interessante titolo di Tezuka, forse un po’ più controverso ma datato sempre 1970: Yakeppachi no Maria (Maria di Yakeppachi).

Vediamo in breve la trama di questo Aporo no uta.

Il protagonista della storia, Chikaishi Shōgo, è un giovane scapestrato con comportamenti violenti e compulsivi: ogni qual volta gli capiti di osservare animali in atteggiamenti amorosi, il suo istinto lo porta a ucciderli entrambi o a godere nell’osservare la tristezza negli occhi di chi viene risparmiato. Fino al giorno in cui, colto in fallo, viene rinchiuso in un istituto psichiatrico e sottoposto alle cure del dottor Enoki. Un primo elettroshock lo porta in un luogo misterioso al cospetto di una dea che pronuncia il suo verdetto: il ragazzo conoscerà l’amore ad ogni sua reincarnazione, ma alla stregua di quello di Apollo e Dafne, sarà destinato a scomparire nel momento esatto in cui la sua mano sfiorerà per la prima volta il corpo dell’amata. Uno dei due amanti o tutti e due saranno destinati alla morte in un ciclo perenne di rinascite. Ed eccolo giovane ufficiale nazista innamorato di una ragazza ebrea; pilota caduto in un’isola deserta con una reporter; umano in un Giappone del futuro abitato da umanoidi. Cosa si cela dietro il sadico comportamento del giovane? Perché non riesce a credere nell’amore? La risposta viene svelata al lettore sin dalle prime pagine. Figlio di una donna lasciva circondata da mille amanti, Shōgo non ha mai capito il significato della parola “amore” e quegli atteggiamenti di rabbia compulsiva non sono altro che le valvole di sfogo per un sentimento d’amore tanto ricercato ma mai ricevuto.

Ben vengano opere del genere, soprattutto se nate dietro una “presunta” crisi creativa. Tezuka gestisce con innata bravura un plot a incastri, diviso tra presente e futuro, e non dimentica di toccare quei temi a lui tanto cari come l’ecologia e l’inquinamento, arrivando a ipotizzare perfino un’isola utopica in cui animali ed esseri umani possano convivere pacificamente gli uni con gli altri. Considerata, erroneamente, un’opera minore di Tezuka, La canzone di Apollo, invece, è uno dei più interessanti casi di sperimentazione narrativa, in cui oltre a una grafica accattivante si unisce uno storytelling veloce e incalzante, difficilmente riscontrabile nelle produzioni delle nuove generazioni di mangaka.