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Prosegue la collaborazione tra AnimeClick.it e Una Stanza Piena di Manga, blog dedicato al fumetto giapponese che, seppur dando un'indubbia importanza ai vecchi classici, presenta anche approfondimenti dedicati a titoli più contemporanei.
In questa rubrica aperiodica andremo a riportare le analisi di questi manga, per la maggior parte inediti in Italia, così da far conoscere ai nostri lettori alcuni titoli di indubbio interesse forse poco noti e, perché no, magari convincere qualche editore italiano a pubblicarlo anche da noi.
Alcune di queste analisi potrebbero contenere spoiler più o meno pesanti sulla trama dell'opera analizzata (finale compreso), per cui all'inizio di ogni recensione segnaleremo il "grado" di spoiler presente.

P. S. Gli interessati possono seguire Una Stanza Piena di Manga anche su facebook.

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L'appuntamento di oggi è dedicato ad Yōkai Ningen Bemu e contiene lievi spoiler sulla trama.


Bem il mostro umano CoverAutore: Tanaka Ken

Anno di pubblicazione: 1968

Numero di volumi: 1

Edizione consultata: Kōdansha Bunko

Editore: Kōdansha


“Voglio diventare al più presto un essere umano!”

Nell’ottobre del 1968 la televisione giapponese trasmetteva il primo episodio di una serie horror che nel giro di pochi anni sarebbe diventata un cult: si trattava di Yōkai Ningen Bemu (Bem, il mostro umano), anime in 26 episodi prodotto per la Fuji Terebi. In contemporanea con la messa in onda (dal 7 ottobre del 1968 al 31 marzo del 1969) veniva pubblicato anche il manga a firma di Tanaka Ken (n.1941), un mangaka con all’attivo alcune collaborazioni con «Garo» e «Shūkan Shōnen Magazine». In quegli anni, però, qualcosa era cambiato nell’industria dell’intrattenimento. Con l’avvento della televisione e la nascita delle riviste a fumetti settimanali (shūkanshi) si assisteva anche al lento declino dei mensili (gekkanshi), fino a quel momento indiscussi padroni del mercato e delle attenzioni dei bambini. «Bokura» era una delle riviste che, nonostante le ragguardevoli vendite registrate sin dal primo numero nel 1954, fu costretta alla chiusura nel 1969[1], schiacciata dai ritmi frenetici della televisione (un episodio a settimana per ciascun cartone animato) e dal boom dei settimanali. I nuovi media avevano di fatto azzerato le lunghe attese dei mensili e diversificato l’offerta a fronte di una sempre più crescente richiesta. Nel tentativo di non far chiudere la rivista, era stata proposta la pubblicazione di un supplemento speciale da allegare a «Bokura», una sorta di anello di congiunzione tra prodotti d’animazione e fumetto. Incoraggiati dal successo riscontrato dalla versione a fumetti della serie televisiva di Urutoraman (Ultraman, 1966-67), gli editor di «Bokura» avevano puntato il tutto per tutto su questa nuova rivista dal titolo «Terebi Komikkusu». L’obiettivo principale era risollevare le vendite attraverso le avventure di popolari manga (su tutti, Ge ge ge no Kitarō di Mizuki Shigeru) o le riduzioni a fumetti di nuove serie televisive (è il caso di Yōkai Ningen Bemu). In pratica, un processo oggi fin troppo comune (chiamato in gergo media-mix) e che prevede - pur di amplificare le vendite di un prodotto - la trasposizione di una serie su canali diversi e alternativi rispetto a quello originario.

Bokura

L’esperimento di Yōkai Ningen Bemu, però, non si può dire perfettamente riuscito e il paragone con l’originale versione televisiva ne mette in luce i difetti. La storia del manga, a grandi linee, non si allontana troppo dal progetto originale, salvo poi aggiungere significativi dettagli sulla nascita dei tre protagonisti, Bero, Bem e Bera. Creati da uno scienziato, i tre “mostri” hanno il compito di sconfiggere il male e indirizzare l’uomo sulla retta via, convinti che, prima o poi, anche loro riusciranno ad abbandonare le loro spoglie di yōkai per diventare esseri umani. Il manga è articolato in nove capitoli, tutti pressappoco identici nella struttura e nello svolgimento. Il più delle volte, infatti, il plot sembra ricalcare a grandi linee quello di un episodio qualsiasi della serie: un essere umano (spesso un bambino/a) si trova in difficoltà→il piccolo Bero accorre in suo aiuto e affronta con difficoltà l'avversario→compaiono sulla scena Bem e Bera che, dando prova dei loro poteri, sconfiggono il nemico (Capitoli 1-4). I capitoli successivi (5-6) sono incentrati sul personaggio del dottor Male (Warumono Hakushi) che vuole impossessarsi dei poteri dei tre yōkai, mentre negli ultimi capitoli (7-9) si ritorna al classico canovaccio della difesa degli esseri umani.
Nonostante il target di entrambe le serie sia lo stesso, nella versione a fumetti si perdono le atmosfere cupe, angoscianti e a tratti grottesche che hanno reso unico il cartone animato. Si indugia in una narrazione più scanzonata e disimpegnata in cui poco spazio è riservato alla solitudine dei tre mostri e al loro desiderio di diventare umani. Il tutto resta sullo sfondo, appena abbozzato. Quello che invece sembra emergere è il tentativo di avvicinare il fumetto ai trend di una rivista specializzata in SF e hīrō manga (hero manga): come per i vari Ultraman e Sūpā Jaiantsu (Super Giants, 1959) anche i tre “mostri” sembrano orientati verso un ruolo di difensori del genere umano contro le forze del male (demoni, mostri, scienziati pazzi, robot) piuttosto che di anime alla ricerca di una propria umanità. Una lettura senza dubbio piacevole, ma alla fine, però, a prevalere è soltanto l’effetto nostalgia.


→ L’indimenticabile opening della serie televisiva giapponese:
http://www.youtube.com/watch?v=CJ7z8kZ48jQ&feature=related
[1] Nel Novembre del 1969, la rivista rinasce sotto forma di settimanale con il titolo di «Shūkan Bokura Magazine».