Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi torniamo negli anni '80, con Galactic Drifter Vifam, Gosenzosama Banbanzai! e Yawara!.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Luchina Preshet, 4 anni; Marlo Bonah Jr, 4 anni; Jimmy Eril, 7 anni; Kentsu Norton, 9 anni; Pench Eliza, 10 anni; Fred Shuffle, 11 anni; Sharon Paburin, 11 anni; Katue Piason, 11 anni; Maki Rowell, 12 anni; Roddy Shuffle, 14 anni; Barts Lyan, 14 anni; Clare Barbrand, 14 anni; Scott Heyward, 15 anni.

Questo è il cast principale di "Round Vernian Vifam". Reputo doveroso iniziare ogni recensione di Vifam con questa lista di nomi, perché a mio avviso questo è il cast meglio caratterizzato che si sia mai visto in una serie anime, sia classica che moderna. Tutto la serie si regge sui personaggi e in questo comparto Vifam si distingue nel mare di anime corali degli anni ottanta come il migliore in assoluto. È impossibile non amare i giovani protagonisti di Vifam, intrappolati in una guerra che non gli appartiene e alla ricerca continua dei genitori per 46 appassionanti puntate. Puntate in cui si ride, si scherza, ci si commuove e anche si piange. Puntate in cui brilla su tutto il coraggio di questo gruppo di bambini e ragazzi, che si trovano ad affrontare avversità più grandi di loro e che nonostante tutto continuano ad andare avanti senza farsi fermare da nulla.

Il concept originale della serie è di Yoshiyuki Tomino, autore che è solito dare ruoli di rilievo a personaggi pre-adolescenti (si pensi a Zambot, Gundam, Ideon, Xabungle); l'originalità di Vifam sta nel fatto che i bambini sono protagonisti assoluti e che tutti gli adulti sono relegati a ruoli secondari. Anzi dirò di più: chiunque abbia più di 15 anni in Vifam è a alto rischio di fare una brutta fine. Non che i personaggi adulti siano sviluppati male, anzi, ce ne sono di altissimo livello - su tutti l'archeologa Kate Hathaway - tuttavia nessuno di loro può rubare spazio ai 13 protagonisti. Questa è la consegna del regista e autore della serie, Takeyuki Kanda, consegna che viene seguita inesorabilmente per tutta la durata della serie, senza il minimo cedimento. La scelta di puntare tutto sui bambini rende Vifam un caso unico: si tratta di anime robotico con la sensibilità di un meisaku, cosa evidente anche dalla scelta del chara design. I bambini di Vifam sembrano infatti uscire da un meisaku degli anni settanta: tozzi, con una testa enorme e una simpatia irresistibile. È inevitabile tentare il gioco di determinare il personaggio più simpatico, ma è impossibile individuare il vincitore, perché sono tutti perfetti. Nell'ampio spettro di personaggi è impossibile non trovarne qualcuno in cui riconoscersi; e non può non sorgere il desiderio di far parte di loro e di entrare nell'equipaggio della nave scuola Janus.

È per i personaggi che Vifam si prende il massimo dei voti, ma non è questo il suo unico punto di forza. La trama è ben congegnata, imprevedibile, coerente e nello stesso tempo semplice: Takeyuki Kanda non cade mai negli errori tipici di Yoshiyuki Tomino, come il mettere troppa carne al fuoco, troppi intrighi politici, troppe personaggi inutili e troppe battaglie inconcludenti. Ogni battaglia in Vifam ha un suo senso, ed è uno step nella maturazione dei giovani protagonisti. In Vifam non si monta in un Mobile Suite e non si diventa piloti provetti in cinque minuti, non ci sono new types e super poteri, tutto si deve guadagnare progressivamente con l'esperienza e con il tempo. È chiaro uno sforzo nel cercare di rendere credibile il soggetto di un gruppo di bambini che impara a pilotare una nave spaziale in poche settimane, semplicemente leggendo i manuali: l'escamotage sta nel fatto che la Janus è una nave scuola pensata per addestrare cadetti inesperti e il suo computer (Borgi, un quasi protagonista della serie) è in grado di svolgere la maggior parte delle mansioni. Ma più che la credibilità tecnologica ciò che conta è la credibilità psicologica e in questo comparto Vifam è imbattibile, proponendo dei bambini che si comportano da bambini, dei ragazzi che si comportano da ragazzi e degli adulti che si comportano da adulti, capacità che al giorno d'oggi sembra essere andata persa.

C'è un unico errore grave nella serie: quando il colonnello Roden riconosce l'abilità dei bambini e li lascia andare alla ricerca dei genitori per conto loro. Nessun adulto farebbe una cosa del genere, al contrario requisirebbe l'astronave e spedirebbe i bambini sulla Terra di forza (cosa che in effetti tenta di fare, a onore del vero). Questo errore però a mio avviso viene ampiamente compensato dagli innumerevoli buoni spunti; tra questi il segreto del monolito guardiano, essenziale per la vicenda del sanguemisto Moeller, asso dell'esercito Kuktoniano, che sperimenta su di sé tutta l'insensatezza della guerra. È evidente in tutta la serie un intento antimilitarista di fondo: Vifam non è fatto per piacere a chi ama gli anime di guerra, ed è per molti versi agli antipodi di un Gundam o di un Votoms. Non ci sono battaglie epocali in Vifam: i piloti sono ragazzini che sanno di essere tecnicamente inferiori ai soldati professionisti, e cercano soltanto di sopravvivere, non certo la gloria della battaglia. L'unica eccezione è costituita dal piccolo guerrafondaio Kentsu, un vero e proprio otaku della guerra che viene sfruttato come miniera di gag comiche. Il messaggio di Vifam è chiaro: non ci sono assi, quello che vince non è mai il singolo, ma l'unione del gruppo. Tutta la serie si basa sull'assunto che i bambini sono migliori degli adulti, più onesti, più ottimisti e anche più resistenti allo stress della guerra: un punto di vista forse sbilanciato ma comprensibile, dato il target di destinazione. Da notare che i soldati dell'esercito regolare sono (quasi) sempre visti in cattiva luce, inclusi i soldati terrestri, primi colpevoli della guerra con i Kuktoniani.

Molto apprezzabile è la scelta di dare un tenore leggero alla serie, motivo per cui i bambini mantengono il loro buonumore e ottimismo in tutti i momenti in cui non sono attaccati direttamente dal nemico: ben vengano quindi scherzi, battute e feste di compleannno. Vifam è una serie in cui si ride molto e molte gag sono irresistibili: ne potrei citare a decine, ma mi limito ai tormentoni principali. In primo luogo le mutandine con le fragole di Sharon, usate anche come bandiera e simbolo del gruppo, assieme all'orsetto rosso che viene dipinto sulla spalla dei mecha (chiara parodia di Red Shoulder Votoms); ricordo poi le riviste erotiche che finiscono sempre in mano al povero Scott, il carretto carico d'armi trainato dal piccolo Jimmy, le gag di Sharon e Kentsu, l'epocale pisciata collettiva tra bambini terresti e Kuktoniani. Ma le scene brillanti sono davvero tante, una serie moderna che ne avesse anche solo un decimo sarebbe già buona. D'altra parte non mancano le scene commoventi e addirittura tragiche: stiamo parlando di un anime che si basa tutto suoi buoni sentimenti, certo, ma non è un film Disney. Siamo in guerra e in guerra si muore. Vifam può essere in gran parte una serie solare e leggera, ma non è mai superficiale. Il pubblico di riferimento può essere infantile, ma non lo è mai esclusivamente e Vifam non ha paura di affrontare tematiche adulte e a volte anche spinose: penso per esempio alla memorabile scena tra Kate Hathaway ubriaca e Roddy. Non avrebbe senso paragonarla con una serie bambinesca come "I segreti dell'isola misteriosa", tanto per citare una serie più recente apparentemente molto simile.

Dal punto di vista tecnico Vifam è nella media del periodo. Il chara design è di Ashida Toyoo, il mecha design di Kunio Okawara (che riprende il design di Gundam e Dougram) con l'apporto di Mamoru Nagano, alle sue prime prove. La musica è di Toshiyuki Watanabe, figlio di Michiaki "Mazinga" Watanabe; si fa ricordare l'ottima opening, interamente in lingua inglese. Ma non è certo l'aspetto tecnico che distingue Vifam dalle altre serie dell'epoca: piuttosto è la delicatezza, la sensibilità e la genuinità con cui sono trattati i personaggi, basandosi su gag semplici, d'altri tempi, eppure proprio per questo efficaci. Esistono perfino delle rare puntate che sono slice of life, senza battaglie, che narrano la vita quotidiana e i problemi dei ragazzi sull'astronave. Un puntata viene addirittura dedicata al problema dei ricambi delle mutandine delle bambine, che mancano e vanno richieste alla flotta alleata, assieme ad una macchina per cucire computerizzata. È per momenti come questi che Vifam brilla. Anche se devo dire che considero le battaglie di Vifam superiori a tutte le noiose battaglie dei robotici del periodo e più appassionanti da vedere, proprio perché i bambini non sono dei piloti professioni e non si sa mai come e se riusciranno a venirne fuori.

In sintesi "Round Vernian Vifam" è un piccolo capolavoro misconosciuto. Per lo meno in Italia, mentre è ben ricordato in Giappone, tanto è vero che nel 1998 ne venne realizzata una side story in 26 episodi, in memoria del compianto Takeyuki Kanda, un regista di grande esperienza e sensibilità (Ultraman, God Sigma, Dougram, Galatt, Dragonar, MellowLink) che meriterebbe maggiore riconoscimento nel fandom. Dal canto mio vedrò di recuperate tutte le sue serie. È difficile avere successo con un messaggio pesantemente antimilitarista in un genere ad alta componente militare come il robotico. Ed è difficile avere successo tra un pubblico di adolescenti con dei protagonisti bambini. Ma per chi ha abbandonato l'adolescenza da un pezzo e per chi è critico di tutto ciò che è militare Vifam è un classico irrinunciabile.



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Questa serie di sei OAV diretta da Mamuru Oshii con le musiche di Kenji Kawaii è molto particolare, e per apprezzarla appieno bisogna conoscere bene la società giapponese e l'importanza che essa attribuisce ai legami di sangue. La crisi moderna del patriarcato nipponico è stata accennata in molti anime, come ad esempio il controverso "Wicked city", in cui il tema principale era l'ansia di castrazione. Con "Gosenzosama Banbanzai!" Oshii ci offre un riflessivo lavoro sul mutamento di questo modello familiare e sull' effettiva irrilevanza dei legami di sangue, usando il linguaggio del teatro.

L'arrivo di una ragazza dal futuro, che afferma di essere la nipote del giovane figlio di una famiglia nucleare tradizionale, è l'elemento di disturbo che fa incrinare i rapporti padre-madre-figlio, con conseguente "castrazione" del padre, che perde completamente il potere sul figlio e sulla moglie.
I personaggi vengono rappresentati, simbolicamente, come marionette, che spesso nelle loro numerose riflessioni, cariche di esistenzialismo e post-modernità, si rivolgeranno direttamente allo spettatore. Ogni episodio, molto simpaticamente, viene sempre introdotto da una escursione naturalistica, in cui il comportamento di un determinato animale anticipa il tema trattato e offre spunti di riflessione su di esso.

Questo prodotto è in definitiva molto di nicchia, difficile da trovare e adatto solo a chi è interessato alla cultura giapponese e ai cambiamenti sociali, con relative conseguenze, che la modernità ha portato nel tradizionalista Paese del Sol Levante.
Dal punto di vista di storia dell'animazione, penso che questa serie abbia, come è stato notato nelle altre recensioni, anticipato il genere demenziale definito da "FLCL", notissimo lavoro della Gainax. Questo conferma il fatto che Oshii è stato sempre avanti con i tempi, ed è forse per questa ragione che le sue opere "pre-Ghost in the Shell" siano rimaste ignorate dal mainstream.



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"Yawara! A Fashionable Judo Girl" è un anime tratto dall'omonima opera prima di Naoki Urasawa, manga serializzato tra il 1986 e il 1993. Nel 1990 è stata premiata con il trentacinquesimo Shogakukan Manga Award per la categoria generale.
Naoki Urasawa si cimenta per la prima volta con una storia lunga, dopo una serie di storie brevi realizzate negli anni precedenti, quindi è al suo primo banco di prova. Yawara, che avrà grande successo di pubblico e critica anche nella sua realizzazione animata, è per Urasawa a tutti gli effetti un trampolino di lancio per la sua carriera. In televisione, nel Sol Levante, andrà in onda nello stesso periodo di "Ranma ½", che quindi lo rende suo diretto rivale. In patria sarà Yawara a vincere, ma Ranma acquisirà nel corso del tempo molta più notorietà internazionale.

Urasawa ci regala una storia veramente particolare, scegliendo la tematica sportiva, e in particolar modo incentrandola su uno sport "impopolare" come il judo. Per di più la protagonista è una dolce liceale, che possiede un insospettabile talento innato per questa disciplina.
Yawara è una ragazza di sedici anni che fin da bambina è stata educata alla disciplina del judo dal nonno, e quest'ultimo già progetta il decollo della nipote nel mondo sportivo, consapevole delle sue grandi doti tecniche, nella speranza che questa diventi campionessa del mondo e poi campionessa olimpica alle Olimpiadi di Barcellona del 1992, in cui viene ufficialmente inserito anche il judo femminile tra le gare ufficiali.
Nel frattempo, Matsuda, un giornalista sportivo pasticcione e sognatore che lavora per il Daily Every Sport, giornale di terza categoria, incontra accidentalmente Yawara, che con un impeccabile ippon seoi ferma nel bel mezzo della strada un rapinatore. Matsuda, che cattura l'impresa con una foto, è rapito da quel gesto atletico e da quel momento in poi vuole scoprire l'identità della ragazza, convinto che nel judo la ragazza avrebbe un futuro di vittorie. Così, ai piani del nonno di Yawara, Jigoro, si sommano le aspettative di Matsuda e di tutti coloro che verranno a conoscenza della bravura della ragazza, e presto la vita di Yawara non sarà più così tranquilla come lei sognava... infatti sarà costretta a dividersi tra la normalità della vita quotidiana di tutti i giorni, il sogno di innamorarsi ed essere una ragazza come tutte le altre, e la vita agonistica del judo; inizialmente Yawara non è convinta della vita agonistica, ma nel corso del tempo crescerà e cercherà di coniugare le sue passioni.

Naoki Urasawa, dai più conosciuto per le sue storie di avventura e mozzafiato, ricche di colpi di scena, flashback e capovolgimenti, qui sembra quasi in una veste inedita: il minimo comune denominatore tra Yawara e tutte le opere successive però è l'ironia dei personaggi, che anche nelle opere più serie continua ad essere fortemente marcata.
Il tratto e i lineamenti dei personaggi sono puliti, e il character design dell'anime rispetta abbastanza fedelmente gli originali disegni su carta, e anche la trama rimane più o meno invariata.
La storia scorre piacevolmente - forse un po' troppo lungo l'adattamento in 124 episodi -, ma la compresenza dell'aspetto sportivo-agonistico, dei tanti momenti di comicità e del filone sentimentale riesce a far divertire quasi sempre lo spettatore.
Le vicende sentimentali, tra imbarazzi, incomprensioni ed equivoci a go go, ottengono il loro definitivo compimento nell'animazione con "Yawara: The Atlanta Special!"

Dal punto di vista caratteriale, i personaggi per lo più sono caricature comiche, solo quelli principali assumono anche una vera e propria caratterizzazione psicologica, principalmente Yawara nei suoi dibattimenti interiori. Già dal primo manga di Urasawa però sono abbastanza ben stigmatizzati certi caratteri dei personaggi: Yawara è un personaggio forte, ovviamente non solo dal punto di vista fisico, ma soprattutto dal punto di vista caratteriale, e ha una scorza dura. E' solo l'inizio di un filone che continua con Miyuki Umino di "Happy!", Kanna e Ukiji in "20th Century Boys". Matsuda invece è l'imbranato sognatore dal cuore puro, vedi Kenji, e così via...

Nel complesso sono totalmente soddisfatto di quest'opera sia nella sua versione cartacea, in Italia attualmente in corso, sia nella sua versione animata, perché è una storia capace di far ridere e al tempo stesso genuina. Promossa a pieni voti.