Si è tenuto, lo scorso 10 dicembre, all'Università Ca' Foscari di Venezia, Hiroshima, Nagasaki, Fukushima: ricerca, traduzione, didattiva e impegno sociale, un incontro di presentazione della nuova edizione, a cura di Hikari, di Gen di Hiroshima (Hadashi no Gen) di Nakazawa Keiji.
L'incontro, durato circa 2 ore e mezza, ha visto avvicendarsi diversi relatori, trattanti ciascuno un campo specifico dell'opera. Data l'eccessiva lunghezza del testo (più di 70.000 caratteri), abbiamo deciso di pubblicare separatemente le varie parti dell'incontro.

PARTE I - Genbaku bungaku, la letteratura della bomba atomica
PARTE II - Il Giappone nucleare: Contraddizioni, convergenza mangaesque e Gen di Hiroshima
 
PARTE III: GEN DI HIROSHIMA: WORKSHOP DI TRADUZIONE E 'DIDATTICA SOCIALE'
a cura del prof.ssa Marcella Mariotti

La mia sarà una breve introduzione al lavoro di traduzione, al workshop che abbiamo fatto insieme e a quello che intendo come 'didattica sociale'.
  1. Hadashi no Gen
Gen è un fumetto pubblicato in 10 volumi dal 1973 al 1985, tradotto in inglese quasi in contemporanea, dal 1978 in poi, col titolo internazionale Barefoot Gen, con cui è maggiormente conosciuto nel mondo.
Per quanto riguarda l'Italia, nel 2000 viene realizzata un'edizione in 4 volumi, in cui sono state eliminate tutte le parte scomode a cui hanno accennato prima la prof.ssa Bienati e il prof. Miyake; nel 2014, finalmente, arriva, grazie al Dr. Scuzzarella e a 001 Edizioni / Hikari, l'edizione integrale, che per ora comprende i primi 4 volumi originali su 10.
L'edizione originale veniva serializzata dal '73 al '75 settimanalmente sulla rivista giapponese di fumetti per ragazzi più diffusa del periodo, Shonen Jump, per poi proseguire, dopo la crisi economica, su riviste meno popolari ma più politicamente schierate come Shimin, Bunka Hyoron e Kyoika Hyoron tra il '75 e l'85.
Nel 1974 gli episodi raccolti in volume avevano raggiunto una tiratura di 1.650.000 copie e, secondo sondaggi nazionali, erano stati letti da poco meno di 5 milioni di persone.
  1. Tempo e spazio
Scritto nel 1973, Hadashi no Gen tratta gli avvenimenti del 1945, a partire da pochi mesi prima lo sgancio della bomba atomica, da una distanza temporale di 28 anni; l'autore, circa 34enne, narra le sue memorie, in parte personali, in parte raccolte dalle testimonianze delle persone che lo circondano.
Col 50° anniversario della bomba atomica, Hadashi no Gen viene tradotto in molte lingue nella sua versione integrale: ad esempio in Svezia o Norvegia si erano già avute le prime traduzioni, dall'inglese, molto censurate e ridotte, e poco curate anche dal punto di vista dello studio lessicografico, sebbene con una forte motivazione dietro. Il gruppo che inizia la traduzione nel 1978, infatti, è un gruppo sparso per tutto il mondo che si concentra per un certo periodo a Tokyo per il Project Gen con lo scopo di tradurre Gen in tutte le lingue del mondo.
Quello che Gen ricorda è il terrore, l'orrore, ed essendo Gen scritto nel dialetto di Hiroshima, tutt'oggi tale dialetto viene considerato terrificante, in chi non è del posto, per tutto ciò che evoca; avendo Gen fornito la narrazione, le parole, le immagini più lette e viste in Giappone sull'Olocausto atomico, chi non è del posto ha potuto avvicinarsi a tale dialetto solo attraverso Hadashi no Gen e sue trasposizioni.
Bisogna ricordare che, essendo Hadashi no Gen stato scritto nel '73, non utilizza il dialetto di Hiroshima utilizzato negli anni '40, ma quello degli anni '70. Vi sono state quindi problematiche a livello di traduzione per decidere come trasporre questo dialetto, che tipo di linguaggio utilizzare
  1. Workshop di traduzione
 
  1. Chi

Per questo motivo è nato il Gruppo di traduzione: Gen, costituito da una trentina di persone con lo scopo di studiare e tradurre insieme Hadashi no Gen, tra cui anche una decina di laureandi che hanno svolto la propria tesi sia come tesi di traduzione che di commento.
  • Donello Patrizia
  • Casati Cristina
  • Couvert Altan
  • Cappellari Mattia Federico
  • Scolaro Lucilla
  • Vaccani Roberto
  • Mencucci Filippo
  • Franceschini Alessia
  • Borelli Andrea
  • Baggio Laura
  • Sarti Davide
  • Yamamoto Yumiko
  • Vischi Tiziana
  • Vignali Rita
  • Pìva Veroi Martina
  • Barbetta Tommaso
  • Dugar Giulia
  • Del Bianco Chiara
  • Soravia Elisabetta
  • Zanette Marta
  • Noè Carlotta
  • Populin Alice
  • Orsetti Davide
  • Belotti Ilaria
  • Piccolo Vittoria
  • Fusi Barbara
  • Tricarico Sara
Il gruppo era quindi formato sia da giovani laureati che da laureandi interessati alla carriera di traduttore; alcuni di questi, all'inizio si aspettavano di tradurre shoujo manga o comunque la tipologia di manga a cui siamo più abituati in Italia, ed è stata necessaria una prova di traduzione preliminare di cinque pagine, non tanto per vedere come traducevano ma per capire se il tema era realmente quello che essi desideravano trattare. Come avete visto, si tratta di un tema non facile da trattare, non solo come traduzione ma anche come contenuti.
C'erano alcuni interessati alla storia, e in alcune tesi abbiamo visto alcuni commenti alle pan-pan girls e alla prostituzione, molto diffusa nel dopoguerra in Giappone e non solo, ampiamente ripresa sotto diverse prospettive nella parte conclusiva del primo volume italiano di Hadashi no Gen.
Alcuni erano invece interessati alla lingua e abbiamo fatto un grosso studio sulle onomatopee, perchè uno degli aspetti principali della traduzione di Hadashi no Gen è stata la crezione di un foglio excel in cui cercare di far corrispondere ad ogni onomatopea una traduzione abbastanza rigorosamente simile ogni volta che tale onomatopea si presentava; purtroppo l'autore non era così che aveva concepito il manga, per cui abbiamo avuto sfasamenti tra onomatopee che all'inizio rappresentavano un certo stato o un determinato suono e poi invece si trasformavano in qualcosa di diverso.
Purtroppo nessuno era interessato alle canzoni: l'aspetto uditivo in Gen è molto presente; Nakazawa ha voluto riproporre il sottofondo musicale, non tanto quello che veramente veniva trasmesso dalla radio, ma quello che i bambini ricordavano. Abbiamo quindi tantissimo canzone, e qui ringrazio tantissimo la collega Yumiko Yamamoto, che riprendono dei testi autentici trasformandoli a seconda di quelli che i bambini attraverso la radio percepivano tra i disturbi di ricezione.
  1. Cosa
Innanzittutto il 1 aprile 2014 abbiamo aperto un gruppo facebook, che ha permesso un'interazione immediata tra chi lavora, di caricare file condivisi con le indicazioni per la traduzione, il file principale che prevedeva come numerare i baloon per avere un riferimento da inserire nel file della traduzione, indicazioni sulle onomatopee, appunti sulla difficoltà del mezzo manga, in quanto la traduzione di un manga giapponese in italiano, dai kanji alle lettere, richiede uno spazio differente. Non solo quindi un lavoro di traduzione, ma anche di adattamento, che non significa rendere completamente estranea la frase in italiano bensì ricercare una forma espressiva che non tradisca l'originale giapponese e faccia risaltare il contenuto anche a orecchie e occhi italiani. C'erano quindi indicazioni su come tradurre 'onii-chan' o 'onee-san' per evitare fratelloni o sorelline, anche se nell'ultimo convegno che abbiamo fatto sulla traduzione, se uno volesse essere molto ligio alle teorie della traduzione, nulla vieterebbe di tradurre sorellona, sorellina, ecc..., anche se sono termini che noi non utilizzeremmo mai in italiano. Secondo me, che come traduttrice ho come scopo avvicinare un testo rendendolo fruibile e godibile a un lettore che legge in lingua italiana, mantenere determinate espressioni, per quanto riprendano termini originali, più che avvicinare il lettore lo allontanerebbero.
C'è stato però chi, nella propria tesi triennale incentrata sulla traduzione di Hadashi no Gen, ha portato avanti questo discorso, e mi ha fatto molto piacere vedere che i vari traduttori non sono traduttori passivi che accettano solo quello che dice la Mariotti perchè lo dice la Mariotti, ma hanno delle proprie opinioni.
Oltre a questi file, nel gruppo davo alcuni link per usurfruire di strumenti come ngrams per visualizzare quando in un certo periodo venisse utilizzata una certa parola; ad esempio “antipatriota”, l'aggettivo che viene riferito al padre di Gen, mi risultava difficile utilizzarlo, in quanto ci viene più facile dire “pacifista”, anche se in giapponese era proprio antipatriota. Abbiamo quindi fatto un po' di ricerche per vedere in quali periodi questa parola veniva utilizzata maggiormente nelle opere letterarie.
Abbiamo anche fatto una ricerca di tutte le parolacce; un'opera del genere, che coinvolge emotivamente non solo chi traduce ma anche chi l'ha vissuta, fa ampio uso di parolacce. Tuttavia le parolacce usate negli anni '70 non erano quelle usate nel '45 o quelle di oggi. Gran parte del lavoro del workshop è stato quello di chiedersi che tipo di parolacce usavano i nonni, che tipo di interiezioni si possono utilizzare che non rappresentino un “santo cielo” o un “santo dio” che sono più comuni in Italia rispetto ad un contesto come quello giapponese che non avrebbe dato spazio all'utilizzo di questi termini.
 
  1. Come / Dove
 
  • digitale e cartaceo
  • online
    • file indicazioni + correzioni + definitivo (oggi!)
    • domande-risposte
    • post
    • commenti angolari G-Drive
    • chat
  • laureandi
    • ricevimento
    • mail stalking
Questi aspetti sono importanti in quanto il worskshop non è stato solo sulla traduzione in sé, ma anche sull'utilizzo di strumenti tecnici come dizionari e simili.
  1. Quando
 
  • aprile – maggio 2014
  • >>> ottobre 2014 (Lucca Comics & Games 2014)
 
  1. Perchè
 
  • equivalenti lessicografici >> interpretazione 'critica'
  • ricostruzione degli 'intra-matters', circonstaziati agli anni '40
  • consapevolezza del lettore / traduttore 'critico' >>> workshop e tesi
Ma anche perchè credo che essere docenti non sia solo insegnare contenuti ma anche condividere i propri ideali, come avvenuto per Fukushima, come continuamo a fare come singoli, come dipartimento, come università, ad esempio con cafoscariperilgiappone si può vedere il coinvolgimento di Ca' Foscari e del nostro dipartimento nel dopo Fukushima.
Ed infine, perchè considero Gen come un inno alla vita. Tradurre Gen è stato per me molto difficile, sopprattutto questi quattro volumi, e credo che se non avessi avuto con me la forza delle persone che c'erano dietro e si aspettavano anche a livello tecnico dei commenti o una guida, per me sarebbe stato davvero difficile arrivare alla fine. Desidero che possa diventare una lettura obbligatoria come spesso avviene in Giappone, nelle scuole elementari forse è difficile in Italia ma sicuramente nelle scuole medie, in modo che sempre più ragazzi possano imparare la storia passata, per condividere il presente e creare un futuro migliore.
 
a cura del prof.ssa Marcella Mariotti
 

A breve pubblicheremo la quinta parte dell'incontro, a cura di Morimi Kobayashi e Alice Madau, dal titolo:
 
Parte V: L'associazione Orto dei sogni e l'impegno sociale per i bambini di Fukushima