Venerdì 24/04/2015 nella sala stampa del Teatro Nuovo Giovanni da Udine si è tenuta la conferenza stampa di Jackie Chan e del regista Daniel Lee, in occasione della presentazione di Dragon Blade, film proiettato in anteprima mondiale per la diciassettesima edizione del Far East Film Festival.

Di seguito il video e la trascrizione completa dell'incontro:
 

- Cosa ne pensa dell'americanizzazione della cultura cinese? Per quanto tempo pensa che per la Cina sarà possibile proteggere la propria cultura antica e unica?

- JC: Molto tempo fa ho cercato di portare la cultura cinese in America, ed è stato circa 38 anni fa. All'epoca ho usato la cultura cinese, l'action cinese, ma ha funzionato solo 30 anni dopo. Io vado in America perché l'America mi invita, io continuo con lo stesso tipo di 'azione' e di commedia, ma con i tempi giusti. L'America è un paese libero, quando si porta qualcosa dall'esterno bisogna portarla al momento giusto, nel contesto giusto. Rush hour ha avuto molto successo. La Cina adesso è uno dei più forti mercati al mondo. Non solo bisogna portare cultura americana in Cina, bisogna portare tutta l'Asia (Corea, Cina, Giappone, Taiwan) in America, va portata là. I film parlano una lingua internazionale possono unire qualunque paese.

- Il successo di un film si misura sui risultati del botteghino. Film scarsi al botteghino hanno influenzato cultura e modo di fare film. Come si misura il successo di un film secondo lei?

- JC: Quand'ero giovane il botteghino era molto importante, senza buoni risultati nessuno m'invitava, fare soldi era la prima cosa per me. Dovevo nutrirmi, pagare le bollette, comprare cibo per la mia famiglia. Quando il mio successo è iniziato, sono diventato attore e produttore, ho iniziato ad assumere una diversa responsabilità verso la società. I film di combattimenti fanno guadagnare tanti soldi, ma trasmettono un messaggio sbagliato: il messaggio [giusto] è non bevete e non fate a botte. Non faccio più film orientati al botteghino, voglio trasmettere piuttosto un messaggio. Per Dragon Blade, abbiamo parlato col regista per 7 anni, perché c'era un messaggio positivo, di pace, di armonia, contro la guerra. Anche la canzone, guardate la scena in cui cantiamo questa canzone, ci sono parole estremamente importanti: “Il vento soffia e la sabbia mi spinge al deserto, alla guerra, ma io continuo a pensare a casa, e come posso tornare indietro? Quando il vento si ferma, la guerra si ferma e si torna a casa”. Questo film dovrebbe guadagnare molto, ma anche se ciò non fosse trasmette un messaggio che mi piace. Non ho bisogno di denaro oggi, ne ho a sufficienza. Voglio fare qualcosa che sia giusto. Tra 100 anni voglio fare qualcosa che i miei nipoti possano apprezzare. E non lo dimentichino in breve tempo. Non parleranno di me, di Dragon Blade, ma di un progetto. Un film che riscuote molto successo e molti soldi viene dimenticato subito, ma ci sono alcuni film che non incassano abbastanza soldi, eppure dopo 50 anni si ricordano ancora. All'inizio della mia carriera venivano i soldi, ora voglio fare qualcosa di buono, che venga ricordato.

- Ha avuto una carriera eccezionale come attore. Stuntman, film di combattimento, ma rispetto a film come The Myth, Dragon Blade ha aspetti molto più filosofici, a differenza di quanto accadeva nei film di Bruce Lee, e testimonia la storia della Cina. Come vede gli sviluppi futuri della sua carriera?

JC: Come ho detto prima, io potevo fare Karate Kid, quindi fare una storia che parlasse di emigrazione. Ho continuamente cambiato il mio carattere, sono giovane, voglio cambiare, essere un attore completo, reale come il Robert De Niro asiatico, perché anche oggi quando cammino in Africa, o in questa città, vedo i bambini che fanno così (fa un'azione da 'arti marziali') e dicono: “Ah, Jackie Chan!”. Perché quando vedono Robert De Niro nessuno fa così? (ripete il gesto di prima). Voglio fare film di qualità, i film d'azione hanno vita breve. Sono un attore che può combattere ma non solo. Perché faccio sempre film cinesi? A Hong Kong si possono fare solo alcuni film. Quando vado in Cina, conoscendo bene quel paese potrei fare dei film che ne rispecchino la cultura. Conosco anche la cultura americana, ma non potrei fare un film tutto basato sulla cultura americana, come non potrei fare un film tutto italiano, non conoscendone la cultura.

- Domanda rivolta a Daniel Lee, uno dei principali registi di Hong Kong: La Cina adesso è in grado di competere con i successi americani? Dragon Blade può rappresentare un nuovo inizio, con pari opportunità tra i due paesi, pari status? Ci sono anche attori americani nel film.

DL: Io ho sempre sperato di avere l'opportunità di lavorare con attori americani, questo è il primo film in cui riesco a farlo. Ho un'esperienza limitata. Usare attori americani non era l'obiettivo di questo film, l'obiettivo era la storia, che ritenevamo buona. Si tratta di concentrarsi su come girare il film, su questo si concentra la mia attenzione. Ci auguriamo, dopo aver lavorato con Jackie per 7 anni, rielaborando la storia, di recuperare i soldi spesi, che abbia successo, e speriamo che l'accoglienza del film in tutto il mondo sia ottima.

JC: Non so, questa storia è basata su due storie, in Cina abbiamo persone con l'aspetto di romani che però parlano mandarino, e hanno 300 discendenti dopo 2000 anni, occhi blu, capelli biondi, aspetto caucasico, ma parlano mandarino. E' una storia 'vera', abbastanza conosciuta in Italia, tratta da una leggenda basata su eventi storici. Abbiamo lavorato sulla storia, al di là della realtà, qualcosa di buono sia per la Cina che per Roma.
 

- Parliamo del film di stasera, Dragon Blade.

JC: Avete già visto il film? Vi è piaciuto?

- Sì l'ho visto, mi è piaciuta molto la relazione tra lo squadrone cinese e i romani all'interno della città, quando fate per esempio gli esercizi, l'allenamento, stabilite una relazione d'amicizia tra i due gruppi.

JC: Sono felice vi sia piaciuta.

- Avete lavorato su Dragon Blade per sette anni, anche per la ricerca e lo sviluppo della sceneggiatura, potete parlarci della genesi del progetto e della sua realizzazione?

JC: Entrambi siamo di Hong Kong, io e la mia squadra, lui e la sua squadra. Non ci eravamo mai conosciuti prima, un giorno il mio cameraman, che è là dietro, mi ha detto: conosci Daniel Lee? Doveresti incontrarlo! Mi fido molto del mio cameraman, e ho capito che doveva essere una persona speciale. Rivolgendomi a lui ho detto: “Daniel, sono Big Brother (Grande Fratello)”, tutti mi conoscono così a Hong Kong. Daniel Lee mi ha detto: “Cosa posso fare per te?”. Io ho detto: “Cosa posso fare io per te?”. Abbiamo parlato dei nostri progetti, avevamo in cantiere storie poliziesche, di kung-fu, e alla fine abbiamo raggiunto un punto comune, un progetto di ricerca estremamente approfondito e lungo.

DL: Una volta raggiunto l'accordo, forse il motivo per cui questo progetto ha richiesto molto tempo è stato definire tutti i dettagli. DB è anche il film con il maggior budget speso per un film in Cina, dunque andava preso molto seriamente, avevamo molte considerazioni da fare anche nel realizzare la sceneggiatura, che a JC è piaciuta moltissimo. Trovato il cast, ormai tutto era sistemato.

JC: Se vedrete il film: vorrei sottolineare che 2/3 del film sono stati girati nel deserto del Gobi e dunque le scenografie non sono immagini ricreate in studio, ma girate realmente in quel deserto. Non è stato facile, ma piacevole. Altro che piacevole! In Cina abbiamo avuto migliaia di comparse. Non avevamo abbastanza persone che potessero fare le comparse, ci servivano dei Romani. Siamo andati in tutte le scuole, cercando comparse che rispecchiassero i caratteri somatici dei romani. Tutte queste comparse dopo 2 ore nel deserto volevano tornare a casa! Vestiti di tutto punto, con il trucco e il caldo del deserto! In Cina si vuole risparmiare, quindi non abbiamo potuto spendere troppo in meccanismi e in apparecchiature, che ci avrebbero portato a sprecare soldi, quindi tutti dovevano camminare nel deserto per raggiungere la location stabilita. Per allineare tutti, istruire le comparse senza esperienza e gli studenti su come muoversi... ci vuole tempo. Tutti che spariscono all'ora di pranzo, 2000 bottiglie di acqua in 3 giorni, i cavalli... il sole alto nel cielo... Quando tornavamo in albergo, tutti gli studenti erano sfiniti. Abbiamo invitato la stampa per mostrare la lavorazione del film: “Perché non usate uno schermo?” - mi hanno chiesto - “Perché portate decine di persone qui nel deserto?”. Noi volevamo trasmettere la sensazione del deserto del Gobi. Solo Daniel Lee ha girato un film nel vero deserto del Gobi. Lui si divertiva! Quando faremo DB 2 o 3 lo rifaremo nel deserto! (Ride)

- Nelle battaglie tra lei e Li Peng, nella sezione di allenamento tra lei e i romani, i vari personaggi fanno amicizia e hanno rispetto l'uno per l'altro. Come regista e direttore della coreografia, come ha realizzato queste scene?

JC: Prima di girare abbiamo deciso che tipo di stile volevamo nella recitazione; volevamo che tutto fosse vero, che le battaglie dei romani fossero lotta vera e propria, i romani facevano dei gesti così (imita lo stile di combattimento dei romani), i cinesi altri gesti. Poi i salti tipo tigre, etc. Ci sono troppi film moderni in cui si vede la gente che vola nei combattimenti, nei film cinesi, ma è ridicolo, noi volevamo fare qualcosa di realistico, nessuno che salta da un tetto all'altro, dalla sella di un cavallo a un tetto etc. Tutto quello che vedete in DB è reale, non c'è niente di falso, di creato con la CG. Ci sono tutte cose che la gente può fare, magari non la gente qualsiasi, ma cose che un essere umano riesce a fare. Cose che chiunque può fare, ma non proprio tutti, solamente degli stuntmen, persone allenate, ma comunque azioni possibili e credibili.

- In questo mondo digitale pieno di tecnologia, il gesto dell'arte marziale ha ancora uno spazio nel cinema di HK? Possiamo ancora vedere qualcosa di reale... scene basaste su gesti reali?

JC: Lentamente queste cose sono destinate a sparire. Siamo rimasti in pochi a poter fare degli stunt, quando ci ritireremo in pensione, non so se ci sarà qualcun altro. In America usano gli effetti speciali, la CG, così in quel modo tutti possono diventare degli stunt eccezionali, anche tu puoi farlo. Quand'ero giovane saltavo da un edificio all'altro, dovevo guadagnarmi dei soldi, mi sono rotto ossa, piedi, tutto, avevo bisogno di soldi. Il pubblico non voleva cose finte, voleva vedere ciò che JC riusciva a fare, dicevano: “vediamo se riesce ancora a saltare”. Voleva vedere JC come un Superman, uno Spiderman, ora tutto è effetti speciali, io lo facevo davvero. Io dicevo: non riesco a fare questo salto, non posso saltare attraverso il tavolo, mi dicevano salta attraverso la sedia... Ora con la CG tutto è possibile e mi dicono: “sappiamo come farli”, ma il pubblico vuole ancora vedermi fare i gesti veri. Questo durerà ancora alcuni anni, 5 anni, poi addio, mi dedicherò a fare solo scene d'amore!

- Parlando delle nuove generazioni, con le altre arti marziali... c'è qualcuna che preferisce?

- JC: Ce ne sono tanti di nuovi attori, sono bravi ma non sono conosciuti, nessuno li assume. C'è un unico JC, se c'è un grande studio che può prendere un giovane spendendo milioni, certamente questo diventa una superstar. Basta guardare in internet, ci sono tanti giovani bravissimi. Sono molto bravi ma non riescono a recitare, questa è la differenza. Possono saltare da un edificio altissimo ma non sanno recitare, non basta oggi fare solo lo stunt. Io so combattere ma so anche recitare, il pubblico vuole tutto.
 

- Per Daniel Lee: questo credo sia uno dei migliori film degli anni '90, rispetto alle commedie come Black Mask lei ha cambiato stile, un po' meno dark... perché ora ha cambiato il suo stile diventando mainstream rispetto al passato?

DL: Sono cresciuto nel frattempo, si tratta di film degli anni '80/'90, un regista non può rimanere lo stesso anche se lo volesse. Noi ci sviluppiamo, cresciamo. Ho girato quei film, li amo, ma non voglio farne più di uguali. Voglio dedicarmi a film più psicologici, uso tutto il mio linguaggio per descrivere questo tipo di approccio, i film di prima non li guardo neanche. Non sono d'accordo sull'essere cambiato molto come regista: fotografia e regia sono rimasti uguali. Anche Dragon Blade... lo stile documentaristico mi è rimasto tipico. Quello che ho fatto negli ultimi otto anni è semplicemente il risultato di una mia crescita personale, posso fare solo quello in cui credo.

- Per JC: Mr. Canton & Lady Rose, Project A Part II, questi film sono i più belli tra quelli fatti finora... voleva dimostrare di essere un regista diverso, con steadycam, musica...? Project A era un film d'azione, con stuntmen.

JC: Sono molto fortunato, perché quando avevo 18 anni ero già un abile stuntman e a 20 anni regista. Ho fatto tutto da giovane, da The Young Master in poi. All'epoca non avevamo una scuola di registi, c'era solamente il botteghino, mi dicevano: “Ah Jackie, tu sì che sai fare i film d’azione, di combattimento”. Ma ciò mi faceva arrabbiare, andai in Inghilterra a comprare le apparecchiature migliori per fare dei film, ho preso tutte le apparecchiature per le luci, e in 7 giorni ho creato un set meraviglioso, 16 ore per girare, e così ho voluto sfatare quest'idea che J. non sapeva fare il regista. Dopo che il film è uscito mi sentivo un po' stupido addirittura, volevo essere il numero uno in tutte le cose. Ora sono cambiato. A volte si vuole dimostrare al pubblico la propria abilità: voi non sapete che camera o che luci ho usato per DB. Il pubblico guarda e dice solo bello o brutto, non conosce quanto abbiamo speso per fare un film. Oggi con la CG è facile fare un film, ma in una ripresa sola voglio far vedere l'intera scena in movimento, il combattimento.

- Domanda dalla sala: vengo da un paese della ex Jugoslavia...

- JC: Non mi dimenticherò che sono quasi morto in Jugoslavia, durante le riprese di un film, mi sono fratturato il cranio, cadendo da un monte, mi hanno portato all'ospedale, iniezioni, poi un altro ospedale, tutti piangevano, gridavano, pensavano stessi per morire, sangue che mi usciva dalle orecchie…

- Ha solo ricordi dolorosi della ex Jugoslavia?

- JC: Beh, il film ha avuto successo!

- Altra domanda. Nel cinema cinese c'è bisogno di più attivismo, critica sociale, o vuole rimanere nel settore dell'epica e delle arti marziali?

JC: Io ho il mio stile, ho già fatto i miei programmi per i prossimi anni, ho copioni per i prossimi 8 anni. Rail Road Tiger sarà un film sugli anni trenta del secolo scorso, con Kung Fu Yoga in India sarò il regista. Dopo Kung Fu Yoga lavorerò su Mico Cambo, sempre anni ‘30, poi sarò di nuovo regista. Ho un sacco di progetti, mi piacciono le sfide, ogni film è diverso. Ho fatto una storia nel 2013 che era un vero e proprio film drammatico, poi DB. Ogni anno JC dev'essere diverso, quest'anno per Natale esce una commedia d'azione. Ci vogliono le cose giuste, far passare il messaggio giusto, probabilmente tutto ha a che fare con armonia e pace, questo è il mio futuro.

- Lei dice che ama l'azione ma odia la violenza? Non c’è un conflitto d'interessi?

- JC: È un vero dilemma. La gente pensa azione = violenza. Io uso l’azione assieme alla commedia, ma è un dilemma, io faccio del mio meglio per illustrare il fatto che la violenza è sbagliata.
 

- Ho l'impressione che Hollywood produca sempre meno film di arti marziali rispetto al passato. Cosa sta cambiando nel settore dei film d'azione? Quale le è piaciuto particolarmente?

- JC: Il film di arti marziali è difficile da girare, non è affatto facile, bisogna avere attori bravi che sanno combattere, fare le riprese... a Hollywood non ci sono molti che conoscono le arti marziali, conoscono l'azione come quella di Stallone che fa della boxe o Tom Cruise, ma è una cosa diversa, usano effetti speciali... come i supereroi, a volte la loro azione è migliore della mia, volano, fanno di tutto, io stesso dico “wow, quanto sono in gamba!”. Spendono un sacco di soldi per creare questo tipo di effetti speciali, però... è vera azione? Ci sono degli attori che sanno fare azione, Liam Neeson è un ottimo attore di azione, azione facile, ci sono azioni facili e difficili. Matt Damon è bravo a fare boxe, anche io dico che è bravo, come sa combattere bene! Ma la mia action è diversa, più difficile. Il pubblico non se rende conto, dice: “mamma mia quanto sono bravi!”. Mentre ad Hollywood pensano agli effetti speciali, il vero tomahawk io lo lancio, sono così stupido da lanciarlo davvero, sono scemo, rischio di morire quando potrebbe fare tutto la CG. Quando giro un'esplosione vorrei ci fosse una vera esplosione dietro di me. Oggi uno fa “aaaahhh!” ma dietro lui non succede niente. Quando vedete il mio modo di fare i film ci si impaurisce veramente. Forse mi piace il divertimento, il thrilling, ma sono stupido. A volte mi piacciono gli stupidi: anche al pubblico piace vedere lo stupido JC!

- Lo amiamo! Ci sono voci di un sequel di Karate Kid. Cosa ne pensa?

- JC: Abbiamo già scritto quattro stesure, sono davvero concentrato molto seriamente sulla sceneggiatura. Mio figlio aveva 16 anni, era alto così, 18... quanti anni fa era? Ci stiamo lavorando, ci stiamo lavorando.


- Come vede il fatto che la tradizione delle arti marziali ha prevalso nel cinema cinese?

- JC: Di certo come il mio mentore Sammo Hung, Bruce Lee e tanti altri di cui ho seguito i passi, io continuo a promuovere la nostra cultura nel mondo, ci saranno altri che porteranno avanti questa cultura ripercorrendo i miei passi, ci sono tanti registi che promuovono la cultura americana nel mondo. Così come noi impariamo la loro cultura, dobbiamo restituire qualcosa dal punto di vista culturale. Se conoscessimo reciprocamente le nostre culture non ci sarebbero fraintendimenti. Spero tutti possiate vedere DB, e ci vediamo in teatro. Ditemi se vi piace o no, per me è molto importante, grazie!
*   *   *

In serata Jackie Chan ha presentato con il produttore Daniel Lee, la prima mondiale dell'International Cut (il montaggio della distribuzione internazionale) del film Dragon Blade, che vede fra gli altri la presenza di star hollywoodiane come John Cusack e Adrien Brody. In seguito alla proiezione Jackie Chan ha ricevuto dalle mani di Sabrina Baracetti, presidente del FEFF, il premio alla carriera "Living Legend". Segue documentazione video: