Il fatto che i fumetti e l’animazione di stampo nipponico fossero già noti al pubblico nostrano è ormai risaputo, ma forse in pochi si sarebbero immaginati l’impatto che essi hanno avuto negli ultimi anni in Italia, diventando molto popolari soprattutto fra le nuove generazioni, proprio come tempo addietro lo divennero mostri sacri del fumetto come Dylan Dog e i supereroi Marvel e DC Comics.

Facendo leva su questo fenomeno mediatico, due professori dell’Università di Torino, Gianluca Coci e Giacomo Calorio, hanno deciso di iniziare un nuovo corso incentrato sullo studio e sulla traduzione di manga, rivolto agli studenti delle lauree specialistiche.

Ma a quale scopo? Il prof. Coci ha risposto: “Il fumetto è più complesso da tradurre rispetto alla grande letteratura. Mentre il giapponese della letteratura cambia lentamente, vincolato com’è dalla grammatica ufficiale, il manga è un tripudio di neologismi, modi di dire, espressioni gergali. Non è possibile tradurlo, quindi, senza essere stati molto tempo in Giappone e senza esserci tornati di frequente.” Da queste parole si può dedurre che c’è una forte volontà di affiancare i fumetti contemporanei allo studio dei classici della letteratura del Sol Levante.

Coci ha in seguito aggiunto: “Torino è una città in cui vivono molti traduttori di romanzi nipponici e studiosi di letteratura ed è innegabile che tanti dei nostri studenti che vogliono imparare il giapponese conoscono e si sono appassionati a questa cultura con i classici. E’ ancora più vero, però, che è il mondo del Giappone pop quello che li ha stregati. Basta guardare i numeri del mercato editoriale: ogni anno arrivano in Italia circa 20 romanzi giapponesi, a fronte di circa 20 manga ogni due settimane.”
 


E poi: “A Kyoto c’è un’università, la Seika, che ha corsi e master dedicati al manga. In Italia c’è persino una rivista universitaria, Manga Academica, che si occupa dello stesso tema. Direi che il nostro Paese era pronto per avere un corso del genere che fornisse professionisti del settore.”

L’altro docente, il prof. Calorio, ha detto: ”Mi occupo di cinema giapponese, sia quello contemporaneo sia quello degli autori classici, e traduco manga da 14 anni. Ho lavorato su alcuni fumetti molto noti, per esempio Death Note, che è diventato anche un film prodotto da Netflix.”

E per finire, concludendo il suo discorso:
 
“Credo che il manga possa essere anche un buon pretesto per insegnare la lingua giapponese più contemporanea. La maggior parte degli studenti arriva qui proprio per via della grande passione che nutre per questi prodotti. Il pop nipponico sta diventando cultura di massa. Oggi non dobbiamo neanche tradurre tutti i modi di dire, perché ormai i lettori li hanno già acquisiti come propri.”

Quest’ultima affermazione, in particolare, è emblematica perché inquadra l’enorme influenza che gli anime e i manga hanno avuto in Italia nel recente passato e, inoltre, offre molti spunti per la riflessione.

Fonte Consultata:
La Stampa