Si è spento il 23 maggio 2019, all'età di 81 anni, il fumettista Alberico Motta. Uno dei pilastri del fumetto italiano, storico collaboratore delle Edizioni Bianconi. Ha lavorato su personaggi famosissimi del fumetto italiano e internazionale come Geppo, Soldino, Nonna Abelarda, Tiramolla, Braccio di Ferro o Tom & Jerry. Tuttavia, come amanti del fumetto e dell'animazione giapponese, lo ricordiamo anche per il suo Big Robot, un tentativo di amalgamare lo stile del fumetto italiano con gli stilemi dei cartoni animati giapponesi che all'epoca cominciavano ad invadere le nostre tv. Pubblicato originariamente tra il 1980 e il 1981, Big Robot ha visto di recente una ripubblicazione delle prime storie in formato da libreria, con testi e disegni rinnovati, ad opera di Kappalab (ne abbiamo parlato qui, diversi anni fa). Ed è proprio con le accorate parole della redazione di Kappalab che diamo l'ultimo saluto al maestro, artista straordinario, ma soprattutto uomo di una gentilezza incredibile, che speriamo possa riposare in pace.

Addio ad Alberico Motta


Un saluto al nostro caro amico
ALBERICO MOTTA
(6 ottobre 1937 – 23 maggio 2019)
Da oggi il papà di BIG ROBOT, il primo “manga italiano", purtroppo non c’è più.
Nel corso degli ultimi dieci anni per noi è stato un amico, un confidente e un maestro, oltre che uno dei primi autori dell’etichetta Kappalab.
Da bambini, tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, avevamo letto i suoi fumetti, e anche se all’epoca non conoscevamo il suo nome, eravamo comunque in grado di riconoscere il suo stile, sia nel disegno, sia nel tipo di storie: nei suoi racconti c’era sempre qualcosa di extra, che ti faceva vedere le cose da una prospettiva diversa, spesso dissacrante o addirittura satirica. Ha lavorato per anni alle versioni a fumetti di celebri e amatissimi personaggi come "Tom & Jerry", "Stanlio e Ollio", “Felix”, “Nonna Abelarda”, “Pinocchio”, “Geppo”, ma anche per la Disney, per cui ha realizzato addirittura le prime storie digitali di “Topolino” e “Paperino".
Negli anni Ottanta fu proprio lui a spiegare a Renato Bianconi, delle storiche Edizioni Bianconi, che i ragazzini di allora (fra cui noi) stavano progressivamente abbandonando i personaggi classici del fumetto comico italiano, attratti dai cartoni animati televisivi come “Atlas Ufo Robot” (ovvero Goldrake, ovvero Grendizer). Da appassionato di fantascienza, propose al suo editore una vera e propria serie incentrata su invasori spaziali e robot giganti, la prima mai apparsa in Italia, scritta e disegnata interamente da lui: s’intitolava BIG ROBOT, uscì in edicola tra il 1980 e il 1981, e riprendeva in parte le dinamiche delle saghe robotiche televisive (le pochissime arrivate fino a quel momento, appunto Goldrake, Mazinga e Jeeg), ma aggiungendo una drammatica atmosfera apocalittica che nei fumetti e nei cartoni per ragazzi dell’epoca non si era mai vista.
Restammo tutti affascinati da quella storia incredibile, che pur mantenendo inalterata la semplicità del fumetto ‘pocket’ da edicola, andava ben oltre e più a fondo rispetto a quello che si vedeva in TV, tanto da farci chiedere “Ma quando arriva in televisione il cartone animato di questo Big Robot?”
Eravamo felicemente disorientati dalla novità portata da BIG ROBOT.
Diventati grandi, e diventati editori, decidemmo che era ora di riscoprire quella serie, e di farla riscoprire alle nuove generazioni che, invece, di manga e anime ne avevano visti parecchi. Nei primi anni Duemila non fu facilissimo rintracciare Alberico; poi, contattatolo, inizialmente ci rivelò di essere dubbioso sull’operazione, chiedendosi chi mai oggi avrebbe voluto leggere quelle ‘vecchie’ storie. Lo rassicurammo sul fatto che c’erano sicuramente molte altre persone, oltre a noi, che da anni cercavano BIG ROBOT e non lo trovavano, o non riuscivano a completare la raccolta pubblicata decenni prima dalle Edizioni Bianconi.
Alberico si convinse, e decise anzi di fare qualcosa di più: rimasterizzò tutto il suo lavoro, ripulendo le tavole digitalmente (scansionandole dagli originali), ricreando le parti tagliate nell’edizione precedente, e correggendo i dialoghi dove necessario, presentandoci infine un lavoro che vide la luce per la prima volta alla fine del 2012, trent’anni dopo l’edizione d'epoca.
Complice la Lucca Comics di quell’anno, Alberico ottenne la risposta ai suoi dubbi: un bel po’ di quei ragazzini che avevano letto (parzialmente o integralmente) BIG ROBOT nel corso degli anni Ottanta, vennero a incontrarlo di persona allo stand Kappalab, per conoscerlo, stringergli la mano, chiedegli un autografo o, nella maggior parte dei casi, per ringraziarlo di quello che aveva fatto.
Ognuno di loro aveva un ricordo personale legato a BIG ROBOT, ognuno aveva un personaggio, un episodio, un'atmosfera che ricordava in modo particolare.
E Alberico fu felice. Felice di incontrare ognuno di quei ‘bambini', ora quarantenni, che venivano ad abbaracciarlo come si fa con un amico o un parente caro a cui si attribuisce un periodo bello della prima parte della propria vita. Abbracci, fotografie, e successivamente richieste di interviste e di realizzare mostre. Da quel momento Alberico è stato sempre in movimento e sotto i riflettori, sostenuto dall’affetto del suo pubblico e degli amanti del fumetto: sì, perché nella nuova edizione di BIG ROBOT aveva anche scritto delle fantastiche postfazioni in cui raccontava in prima persona dettagli dell’editoria italiana per ragazzi del secolo scorso che quasi nessuno conosceva, aggiungendo importanti tasselli alla storia del fumetto tricolore.
Interviste e mostre, dicevamo. Ma anche il modellino giocattolo di BIG ROBOT, anch’esso presentato qualche anno dopo a Lucca Comics; e le birre con l’etichetta dedicata al suo personaggio; e infine anche il cosplay di Big Robot, a suggellare definitivamente (se mai ce ne fosse stato bisogno) l’affetto degli appassionati di fumetto in generale, e di manga e anime nello specifico, per lui e il suo lavoro.
L’ultimo contatto con lui risale ad appena una settimana fa: in quel momento era ancora attivissimo.
Vi lasciamo con uno dei suoi ultimi pensieri, ritagliati proprio da una delle ultime email che ci ha inviato:

«Il BIG [ROBOT] risuscitato mi ha fatto conoscere tanti giovani ormai cresciuti con il ricordo nell’anima di quel fumetto. […] Al momento ho altri impegni che mi portano via la testa. Anche ll lavoro in pubblicità degli ultimi anni ha lasciato in giro tracce da recuperare, ed è arduo riportare alla luce lavori sopravvissuti ai cambiamenti tecnologici dei computer, software e macchine che si sono evolute, ma non riesco a fare miracoli. Io dico ai clienti: "Sono cose vecchie, fatele rifare ai giovani che sono più bravi di me!”. Mi trovo tra le mani (o tra milioni di scartoffie che invadono locali di sgombero, cantine e anfratti segreti) miliardi di documenti reali o digitali di cose fatte (fumetti, vignette umoristiche, disegni, scritture, documenti conservati gelosamente, raccolte di pubblicazioni, progetti, idee, invenzioni grafiche e non solo), tutte cose di una vita di giorni e nottate a inseguire sogni quasi sempre rimasti lì a farmi compagnia. […] Devo ammettere che i sogni sono quelli che ci tengono vivi, finora solo una speranzosa teoria ma adesso per me certezza concreta.»

Confermiamo, Alberico. Grazie a quei sogni, rimarrai sempre con noi.

I tuoi amici Kappa



Fonte consultata:
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