Nel 2004 iniziava uno degli anime più popolari di sempre, simbolo di un’epoca di Shonen Jump che ormai è solo un lontanissimo, ma bellissimo, ricordo: Bleach. Trasposizione dell’omonimo manga di Tite Kubo (distribuito in Italia da Planet Manga), 366 episodi andati in onda fino al 2012. Come ben sapete il 18 marzo è stato annunciato il ritorno dell’anime, il quale finalmente riceverà un adattamento completo con la trasmissione dell’ultima saga “La Guerra dei Mille Anni”. Sicuramente i tantissimi fan dell’opera non se lo perderanno, ma che dire di coloro che ancora non lo hanno mai visto?

Diretto da Noriyuki Abe e animato dallo Studio Pierrot, questo anime è un’opera imperdibile per tutti i fan del battle shonen. Certo, leggere il manga va ugualmente benissimo, ma perché tutti noi fan negli ultimi 8 anni ci siamo battuti così tanto per il ritorno dell’anime? Cos’ha di speciale l’anime di Bleach?
 
Rukia Bleach
 
“Il giorno in cui diventai Shinigami”
 
Buio. Solo la luce della luna. Una ragazza dall'alto controlla una piccola città che non è conscia di quanto sia importante. Bastano pochi istanti e sei già dentro Bleach, poche note, poche parole.

Kurosaki Ichigo è un eroe che accetta molto a malincuore di diventarlo, per sua stessa ammissione è l’egoismo a spingerlo, oltre il fato. Per salvare la sua famiglia è costretto a diventare uno Shinigami assorbendo i poteri di Kuchiki Rukia, innescando una serie di avvenimenti che ci accompagneranno fino alla conclusione del manga. Coincidenze o è il piano di qualcuno?

Fin dal primo episodio possiamo riscontrare immediatamente i pregi maggiori dell’anime (sottolineando però che il chara design migliorerà notevolmente col tempo, proprio come il tratto di Kubo). La coppia Ichigo – Rukia è affiatata, divertente, incapace di annoiare anche per un solo secondo; il lavoro dei seiyuu, Masakazu Morita e Fumiko Orikasa, è semplicemente perfetto (come quello dei loro colleghi), riuscendo a cogliere ogni minima sfaccettatura dei personaggi sublimando il loro carattere. Il tono yankee ma profondo di Ichigo ci fa comprendere che abbiamo di fronte un ragazzo che è stato in guerra col mondo, ma non per sua scelta; la voce molto bassa, ma con sempre una punta di dolcezza, di Rukia ci fa sentire sulla nostra pelle le tante sfide che ha dovuto superare per arrivare dov’è adesso.

A differenza degli altri grandi manga, coi quali condivide le primissime posizioni di Jump nel suo periodo di massimo splendore, Bleach è sempre stato quello meno edulcorato, più sanguinolento, maturo e anche "tamarro". L’opera di Kubo non viene tradita in questa versione, vi è qualche censura (più che altro relativa alle nudità), ma non si poteva davvero sperare in un lavoro di livello più alto. I primi 63 episodi rappresentano l’apice dell’anime, non perché il resto sia indegno ma perché troviamo subito tutti quegli elementi che hanno reso Bleach immortale: i leggendari colpi di scena, la Soul Society con le sue gerarchie, i Bankai… nella prima saga ci ritroviamo catapultati in un mondo spietato ma variegato, introdotto con grande calma e attenzione (anche sfruttando gli ultimissimi secondi degli episodi).

L’intensità aumenterà pian piano, con qualche episodio più leggero a far capolino di tanto in tanto, fino ad arrivare all'ascesa di uno dei villain più riusciti di sempre. Proprio come aveva pianificato.
 
bleach anime
 
“Storia mutevole, cuore immutato”
 
Escludendo la “Saga dei Bount”, filler che dura ben 45 episodi, anche gli episodi più leggeri e inutili si superano facilmente (oltre il fatto che oramai si possono saltare senza nessun problema). Tra tutti i filler ho il piacere di salvare la "Saga delle Zanpakuto” che mostra la versione “umana” delle Zanpakuto (le spade degli Shinigami, che han sempre ricoperto un ruolo di primaria importanza nella storia, essendo entità con vita propria), con i chara-design curati sempre da Kubo e una trama di per sé non perfetta ma che offre delle piccole perle per tutti i fan.

Fino alla sua conclusione l’anime ha avuto il gran pregio di rendere immortali certe scene e certi personaggi come il manga, da solo, non sarebbe potuto riuscire. Il caso più eclatante è quello di Ulquiorra impresso nei ricordi di tutti per il suo rapporto con Orihime, arrivato ad essere amato più di molti “buoni”; tutto ciò non sarebbe successo se non fosse stato per la resa in anime dei suoi monologhi, dei suoi pensieri e senza vedere quelle mani che si sfiorano. O quasi.

Di diversa natura, ma pur sempre importante, il lavoro fatto con Ichimaru Gin (sono di parte: è il mio personaggio preferito in assoluto). La classica faccia di “volpe” (riferimento alla kitsune, elemento folcloristico non così palese per il pubblico italiano), un uomo di cui non saprai mai cosa pensa davvero, che compare molto di meno dei vari personaggi principali ma al quale bastano davvero pochi secondi per imprimersi negli occhi dello spettatore. Si può, addirittura, citare l’opening di Yui, “Rolling Star”, a sostegno di questa tesi: pochi istanti che ci dicono tantissimo del suo rapporto con la bellissima Matsumoto. Cosa dire, infine, del suo fantastico soliloquio: “Se un domani diventerò un serpente e iniziassi a divorare gli umani e con la stessa bocca che ha ucciso qualcuno ti dicessi "Ti Amo", saresti ancora in grado di dirmi "Ti Amo" nello stesso modo in cui lo dici oggi?”. Uno dei momenti più commoventi di tutta l’opera (e non solo) che nell’anime tocca il cuore dello spettatore superando, di gran lunga, l’esperienza analoga nel manga.

È d’obbligo informarvi che l’ultimissima parte è sicuramente inferiore al resto dell’anime ma questo è un problema che si protrae anche con quella che sarà la saga finale.
 

Perché quindi recuperare l’anime di un manga tanto amato quanto criticato?

La “Saga della Guerra dei Mille Anni” è stata notoriamente criticata da tutto il fandom, il quale vorrebbe convincersi che Bleach possa considerarsi concluso anche senza ma è inutile girarci attorno: Kubo ha pensato il manga con questa saga come quella conclusiva, quindi dobbiamo accettare la sua esistenza. Attenzione, però: non è completamente da buttare!

Ci sono, infatti, tantissimi elementi di altissima qualità se presi singolarmente (che non citerò per evitare spoiler). Per quanto la saga non abbia la stessa intensità di quella precedente e il villain non abbia lo stesso carisma di quello storico, vengono, comunque, regalati dei momenti indimenticabili da parte di diversi personaggi, oltre che numerosi scontri eccellenti. Per tutti questi anni ci abbiamo sperato perché abbiamo fiducia nello Studio Pierrot, nel suo staff e nei seiyuu.

L’anime è sempre riuscito ad alzare la qualità del prodotto originale (o a non farlo sfigurare). Magari l’anime riuscirà a darci quello che il manga non ci ha dato. Ovviamente le aspettative sono anche rivolte verso il finale, un po’ troppo moscio e deludente, con fin troppe domande rimaste senza risposta dopo l’ultimo capitolo; impossibile che vi possa essere uno stravolgimento, ma fare un qualcosa di più esauriente, creando un collante tra i vari scontri e le varie sorprese, un qualcosa in definitiva che possa far scorrere meglio la narrazione di tutta la saga, non è sperare in qualcosa di eccessivo. Il manga, nella sua conclusione, si è dimostrato “stanco” (riflettendo lo stato fisico-emotivo del suo autore), incapace di creare un’essenziale coerenza narrativa tra i vari eventi, buttati tutti un po’ a caso come se fossero slegati tra di loro, in modo per nulla organico. Come detto prima, questo ha aiutato ad apprezzarli presi per quel che sono ma ha affossato, e di molto, il parere generale che si avesse della Saga in quanto tale. Questo ritorno della serie animata potrebbe dare dignità al finale, renderlo al livello di tutto ciò che si era visto fino a quel momento (con la parentesi abbastanza inutile dei Fullbring).

Torniamo un’ultima volta ai pregi e i difetti: fantastiche scene d’azione, tantissimi personaggi molto interessanti e divertenti, colpi di scena continui. Ma anche un’eccessiva quantità di elementi narrativi che dovrebbero intersecarsi tra di loro ma che nella realtà dei fatti sono risultati impossibili da gestire, di conseguenza abbiamo avuto tanti personaggi secondari che non hanno avuto lo sviluppo sperato (nonostante ottime premesse) e diverse falle nel “world building”. Sia chiaro che non si parla di un’opera (che sia manga o anime) perfetta, ma di una capace di emozionare e divertire. Ah, sì, c’è l’ultimo essenziale pregio.
 
bleach ending

“Guarda la luce delle stelle nel cielo notturno”
 
La musica. Il lavoro fatto da Shirō Sagisu è di altissimo livello, lo spirito, l’identità dall’anime, parte proprio dalla fantastica soundtrack, ogni singola traccia è riconoscibile in modo inequivocabile. Alcune come “Number One” sono un po’ sopra le righe ma è impossibile non canticchiarle ogni volta che le scene di azione arrivino al culmine, “Precipice of Defeat” mette i brividi ogni singola volta, “Senna” è una delle più iconiche e anche dopo sedici anni la si può riconoscere alla prima nota… ma non finisce qui, se ne potrebbe parlare per ore o in un articolo apposito. È apprezzabile come sia facile accomunare uno stile di una canzone ad un personaggio, non che sia una novità nel mondo dell’animazione, ma lo stile spagnoleggiante delle musiche per gli Espada è un vero e proprio marchio, una parte integrante dei personaggi. La musica in Bleach è uno degli elementi più importanti, assumendo un ruolo di primaria importanza che in anime così lunghi non si vede spesso. Chissà se i nuovi villain avranno uno stile così identificativo anche a livello musicale.

Non commetterei mai l’errore di dimenticare le opening e le ending, sono (quasi?) sempre state di rara bellezza. Potrei elencare le mie preferite, fare una lista di autori… ma eccole invece tutte qui, buon ascolto!
 
 

Perché vedere l’anime di Bleach? Perché è una delle serie più importanti degli anni 2000 e che ora avrà una seconda vita, forse riuscendo pure a redimersi da un finale deludente. Perché ha delle musiche fantastiche e dei doppiatori di primissimo livello. Perché è una serie molto semplice, con qualche difetto, ma che saprà farvi provare qualcosa di forte.