Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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"Liz and the Blue Bird" è un meraviglioso film diretto dalla strabiliante Naoko Yamada, già regista di altre opere superlative come "K-On!" o "La forma della voce".

Questa pellicola rappresenta al meglio, a parer mio, l'essenza e l'estro artistico di questa magnifica regista, infatti il più grande punto di forza non sta tanto nei personaggi, o nella storia, ma nel lato tecnico e artistico: questo film è un sublime esercizio stilistico, che presenta tutti i tratti caratteristici della Yamada, che in questo caso, però, sono i veri protagonisti della pellicola.
La regia è una parte fondamentale dell'opera, che, tramite inquadrature sulle gambe, sugli sguardi, o i piccoli gesti dei personaggi, possiede una grandissima forza comunicativa, così tanto da essere in grado di rappresentare il rapporto fra le due meravigliose protagoniste senza neanche l'uso di parole; anche i semplici silenzi, mediante l'eccelso lavoro di inquadrature, storyboarding e fotografia, hanno un forte impatto sullo spettatore.
Io non ho mai capito nulla di regia né mi sono mai interessato all'argomento, e, anche se cerco di porre sempre molta attenzione a ciò che guardo o leggo, la regia è sempre uno degli aspetti su cui mi concentro di meno, ma di questo film, la cui colonna portante è proprio questo, non ho potuto fare a meno di apprezzare e godere ad ogni singola scelta registica, tanto da andare talvolta indietro col minutaggio per comprendere nei minimi dettagli ciò che ogni minuziosa scena voleva comunicarmi.

La narrazione è molto lenta e si sofferma spesso sui dettagli, ma anche per chi, come me, non apprezza i ritmi troppo pesanti, questo film non risulta stucchevole, se ci si sofferma sulle minuzie registiche e di storyboarding di cui ho già parlato.
Inoltre, alterna due storie apparentemente differenti, ma che col passare del tempo risulteranno più simili e parallele che mai.

Visivamente parlando, non c'è neanche bisogno di spendere troppe parole, visto che si tratta della Kyoto Animation: l'unico studio ad essere una garanzia sotto questo punto di vista.
Chiaramente, non essendo una serie di azione, l'animazione punta sull'espressività e la forza comunicativa dei movimenti dei personaggi, il così detto "character acting", marchio di fabbrica di gran parte delle serie targate KyoAni.
Un altro elemento particolarmente frequente nelle produzioni dello studio sono gli effetti di fotografia, che creano una particolare suggestione, e sono fondamentali per isolare i personaggi in determinate scene.
La direzione artistica è spettacolare, soprattutto nella fiaba di "Liz e l'uccello blu", i cui colori e sfondi sono meravigliosi, variegati e sgargianti: durante la visione ero incantato dalla loro bellezza, comunicano gioia e contrastano alla perfezione con i momenti più malinconici.

Prima ho detto che i personaggi e la storia non sono il principale punto di forza, e in effetti è così, la bellezza di "Liz and the Blue Bird" sta prevalentemente nella messa in scena del rapporto tra Nozomi e Mizore, non tanto nel rapporto in sé - tuttavia, il livello si mantiene alto anche sotto questo aspetto. La trama si concentra principalmente sul legame fra le due protagoniste che, come ho già detto in precedenza, viene rappresentato in più modi, non solo tramite le parole, ma anche grazie alla direzione della Yamada, e al racconto parallelo della fiaba di "Liz e l'uccello blu": è una relazione complessa, caratterizzata da ossessione, incomprensione dell'altro e anche amore, nei novanta minuti che compongono il film assisteremo all'evoluzione e al culmine di questo altalenante legame.
Quella dell'incomprensione dell'altro, e in generale della difficoltà a relazionarsi, sono tematiche già affrontate dalla regista nell'altrettanto meraviglioso film "La forma della voce", e che in "Liz and the Blue Bird" sono ripresentate in maniera un po' differente e meno drammatica, ma con la stessa intensità.

Essendo questo un anime musicale, non potevo esimermi dal parlare di questo aspetto.
Infatti, il club musicale è parte integrante della vita delle protagoniste, grazie a cui vengono trattati argomenti come il talento e le scelte per il proprio futuro; inoltre, la fantastica ed emozionante composizione musicale suonata dai personaggi è la trasposizione della fiaba che ho già menzionato più volte, "Liz e l'uccello blu", e quest'ultima è importantissima per la rappresentazione della loro relazione.
Parlando sempre di musica, è anche fondamentale menzionare la fenomenale colonna sonora di Kensuke Ushio, già compositore delle musiche de "La forma della voce".
Dal punto di vista musicale, questi due film sono molto simili, infatti le musiche di Ushio in entrambe le pellicole si somigliano molto, e svolgono un ruolo fondamentale.
Il lato sonoro, pur non vantando a parer mio la qualità e l'importanza che ha ne "La forma della voce", è un altro elemento importante dell'opera, senza il quale il film perderebbe molta carica emotiva, malgrado ci siano comunque molti momenti in cui il silenzio è fondamentale.

"Liz and the Blue Bird" è ciò che per me rappresenta maggiormente Naoko Yamada, e che mi ha fatto apprezzare ancora di più un'artista che già amavo grazie ad altre opere, e che le ha permesso di salire in cima nella classifica dei miei artisti preferiti in assoluto.

5.0/10
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Eccoci di fronte ad una delle mini-serie da undici episodi (molto brevi, peraltro) fra le più povere, aride e sprecate dell’ultimo decennio.

Yume e Hotaru sono due amiche d’infanzia che frequentano lo stesso liceo e sono rispettivamente fidanzate con altri due ragazzi coetanei. Stereotipate all’inverosimile, Yuma è l’ingenua, svampita e poco attenta delle due, mentre Hotaru è l’irraggiungibile bellezza dell’istituto (anche se scopriremo risultare invero più banale dell’amica!), smaliziata, sveglia e, per certi versi - o per quel che ci vorrebbero farci intendere -, tormentata.
Il fulcro della trama è la palese attrazione che Hotaru prova per Yume, e che, viceversa, soltanto in seguito, quest’ultima comincerà a ricambiare per vie confuse e narrate in maniera davvero farraginosa.

Il problema (grave) di tutta la serie giace nella struttura della trama e nella resa dei personaggi: dovrebbe essere una storia d’amore a cavallo fra un semplice yuri e un soft-erotico intenzionato a stuzzicare le più basilari fantasie dello spettatore, e, se ci si aspetta una trama dai risvolti psicologici quantomeno combattuti, si potrebbe rimanere profondamente delusi dal groviglio di grezza emotività filtrato, appena abbozzato e mal comunicato.
Si desidera raccontare da un lato la malizia innocente e inesperta di un’adolescente, dall’altro ciò che sembra torbido e perverso agli occhi di una società perbenista e ipocrita, tuttavia ne emerge una sequela di comportamenti e atteggiamenti insulsi e spesso privi di logica: Yume è talmente lenta di comprendonio e rimbambita da sfiorare il demenziale; non carpisce segnali e significati lapalissiani, ignora il senso della promiscuità e dell’ambiguità dell’amica infatuata e ben più sveglia di lei; di lei giustifica qualsiasi proposizione oltre le righe, tanto da rasentare gli esiti di una lobotomia. Hotaru, di controparte, è un continuo lasciarsi andare ad atteggiamenti provocatori, pungenti e saffici, baci rubati e toccatine galeotte sparpagliate con il ridicolo pretesto di “innocenti scherzi fra amiche”. L’anime tira avanti questo surreale teatrino per diversi episodi, tuttavia è corretto ammettere che la qualità della trama ondeggi tra il sufficiente (alcuni frangenti sono piacevoli) e il raccapricciante fantozziano “una cagata pazzesca”, rimandando fino all’ultimo l’inevitabile epilogo che regalerà una misera parvenza di lieto fine.
Se Yume si rivela ingenua e tontolona per gran parte del tempo (salvo riaversi verso la fine), Hotaru la vedremo divenire sempre più scostante e autolesionista, sciocca e dagli indesiderati istinti masochisti, sia poco realistici che di basso impatto emotivo. Il modo in cui entrambe arrivano a scoprire le carte, rivelando la reciproca attrazione, ha fortunatamente buoni spunti di sceneggiatura, ma sono pochi granelli in un deserto di desolante mediocrità.

Sul versante tecnico siamo su un altro pianeta: la colonna sonora ha pochi brani ma tutti intriganti; l’opening, per quanto bella e incalzante, sembra non azzeccarci niente con il contenuto dell’anime (almeno è piacevole da ascoltare...). Il livello artistico è davvero pregevole, il design super-accattivante, le animazioni sempre discrete, i colori luminosi e di grande impatto: se “Netsuzou Trap” ha un pregio, questo è senza dubbio il concept d’animazione, dalla creazione dei personaggi ai fondali stessi.

Tirando le somme, è chiaro che si sfruttino luoghi comuni dell’animazione ecchi sull’onda lunga di note incalzanti e sostenute per giungere a banali, ripetute anticamere piene di fanservice strizzanti l’occhio ad atti erotici mai espliciti, intesi comunque con grande chiarezza. L’intera storia inizia e si conclude incentrata su quattro soggetti (due ragazzi e due ragazze) completamente assuefatti dal tubero che origina la vita, non reperibile in nessun orto che non sia ove non batte il sole: la patata. Quattro giovincelli col cervello in panne, talvolta addirittura colpevoli di atti violenti e macchiati di una deplorevole prepotenza: quanto disagio.

Così, fra fidanzati fedifraghi o tanto gentili da risultare stupidi, giochi erotici improvvisi e buttati a caso nel mezzo della trama, e numerose situazioni (spesso immotivate) di imbarazzo e incomprensione fra le due protagoniste, l’anime si trascina verso un epilogo scontato.
Le basi per una storia decente c’erano eccome, ma, a prescindere dal canovaccio imbarazzante, i limitanti otto minuti per episodio non contribuiscono certo a maturare empatia per tale cast di miserabili squinternati.
Sicuramente insufficiente, ma con “l’attenuante” di aver visto di peggio.

8.0/10
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Durante il corso della nostra esistenza è impossibile piacere o interessare allo stesso modo a tutti gli individui con cui entriamo in contatto e ci relazioniamo. Di conseguenza diviene molto difficile gestire quelle emozioni che ci pervadono quando la persona dalla quale bramiamo attenzioni e reciprocità è pressappoco irraggiungibile. Tale condizione è ancora più complessa da analizzare, se si fa riferimento a degli adolescenti che frequentano le superiori e che sono ancora alla ricerca della propria identità e di ciò a cui mirano nella vita.

I due protagonisti, Mugi e Hanabi, sono entrambi soggiogati da questo impetuoso vincolo, il quale li ha costretti ad alleviare uno le pene dell'altro. Tuttavia il problema è che non si può colmare il proprio vuoto interiore con un semplice "sostituto" di ciò che all'apparenza ci fa star bene o essere felici. Quel profondo vuoto verrà sicuramente colmato in qualche maniera, ma mai del tutto, mai nel senso letterale del termine, in quanto il nostro benessere non può dipendere da qualcosa che non è reale; si tratta di un meccanismo di difesa che viene messo in atto per evitare di pensare a chi desideriamo veramente e soprattutto per giustificare gli atteggiamenti e i comportamenti che non riusciamo proprio a spiegarci.

I monologhi interiori hanno permesso di comprendere appieno gli stati d'animo dei protagonisti, di come Hanabi rappresenti in maniera perfetta la figura dell'adolescente, attraverso i suoi repentini cambiamenti di umore e la sua profonda maturazione a livello psicologico, la quale le ha permesso di sviluppare nuove prospettive di sé stessa e degli altri. Hanabi ha compreso che le persone che la circondano non sono oggetti che possono mitigare la sua solitudine e il suo malessere, l'egoismo e lo sfruttamento dell'altro non sono gli strumenti adatti a renderti felice e a riempire adeguatamente quel vuoto interiore di cui abbiamo discusso in precedenza. Probabilmente la protagonista è l'unica a non esserne uscita con le ossa rotte da questa spirale intensa e complessa di relazioni tra i vari personaggi che si intersecano in maniera impeccabile fra loro. D'altra parte, viene descritta una figura più classica e immatura di adolescente, Mugi, un ragazzo piatto e statico, il cui unico obbiettivo è quello di entrare nelle grazie della libertina professoressa Akane. Sebbene abbia frequentato diverse ragazze, non è riuscito in alcun modo a dimenticare la sua amata insegnante, la quale è riuscita ad accecarlo e illuderlo a tal punto, che il ragazzo non ha colto neanche minimamente il suo graduale cambiamento, preferendo il suo lato lussurioso piuttosto che quello rinnovato.

Il comparto grafico ha permesso l'esaltazione dello spazio labirintico che l'autore ha costruito intorno ai personaggi principali, in effetti poche volte lo spettatore ha assistito a dei dialoghi con caratteri secondari se non terziari della serie; è come se gran parte delle vicende fosse racchiusa nel mondo interiore dei personaggi, dove è possibile non solo cogliere i pensieri e i dubbi che li affliggono, ma soprattutto comprendere le motivazioni per le quali prendono proprio quelle specifiche decisioni piuttosto che altre.
Anche i doppiatori sono stai bravi nell'immedesimarsi nei loro rispettivi personaggi e nel trasmettere tutta quella negatività e solitudine che caratterizzano alcuni personaggi della serie. In generale, la grafica non mi è dispiaciuta, sicuramente non un capolavoro da ricordare, ma interessante in alcune delle sue caratteristiche (mi è piaciuta la configurazione originale e dettagliata degli occhi); le OST rappresentano in maniera adeguata il ritmo pacato e riflessivo dell'anime.

Tutto sommato, "Kuzu no Honkai" è un prodotto da seguire, se si è alla ricerca di qualcosa di interessante da guardare e con delle belle tematiche su cui riflettere. Probabilmente alcune delle scelte fatte dei personaggi possono sembrare poco credibili nella realtà e prive di alcuna logica; su questo aspetto non posso far altro che essere d'accordo, ma vi assicuro che non sempre i problemi che ci affliggono possono essere risolti attraverso delle decisioni le quali possono sembrarci comuni e giuste, soprattutto poi se si tratta di cambiare degli individui che difficilmente si fanno raggirare da belle parole e dalle solite frasi fatte. Dunque, alle volte, anche delle scelte all'apparenza prive di senso possono consentirci di cambiare le persone e soprattutto supportarle ad acquisire una nuova visione di loro stesse e di chi li circonda. Narumi, in qualche maniera, è riuscito a fare proprio questo, pertanto non riesco proprio a considerarlo come un personaggio banale e piatto. Solo l'essere riuscito a far riflettere un altro individuo sulla propria condizione è un traguardo molto importante e da non sottovalutare. Come dico sempre, cambiare chi ci circonda non è facile, e quindi chi riesce a farlo ha tutta la mia stima e il mio rispetto.
Il mio voto finale è 8.