Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su drama e live action, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

9.5/10
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Che il bullismo nelle scuole sia un problema ovunque, è cosa risaputa. Non stupisce più che se ne parli, ma forse accade più di rado che l’argomento diventi asse portante, ai limiti della monomania, di un intero drama.

Tratto dal webtoon “Weak Hero” di SeoPass e Kim Jin Seok, di cui costituisce una specie di prequel, questo drama coreano in 8 episodi da 40 minuti ciascuno è un concentrato di violenze brutali, che può essere guardato su diversi livelli.

In estrema sintesi, possiamo dire che Yeon Shi Eun, uno studente modello minuto e apparentemente poco atletico, si trova a battersi contro compagni prepotenti e piccoli delinquenti con astuzia, intelligenza e uso di armi non convenzionali (da ora in poi, in casa mia solo biro statiche, quelle a punta retrattile sono bandite). Apparentemente apatico e dedito completamente allo studio, si apre però con Soo Ho, un ragazzone abile combattente, e con Beom Seok, anche lui vittima di bullismo e di un padre potente e abusivo. Le iniziali vittorie, però, saranno vanificate da piccoli screzi all’interno del gruppo che, gonfiati al di là di ogni proporzione, finiranno per sfociare in tragedia.

Quello che ci viene presentato, fin da subito, è un ambiente scolastico malsano, dove una piccola cricca di prepotenti si fa branco per divertimento, per sfogare le proprie frustrazioni, per delirio di onnipotenza o, semplicemente, per invidia: il capobranco che ottiene il terzo premio in matematica vuole farla pagare al protagonista, Shi Eun, che è arrivato primo. Costui si aggira con occhi spenti e faccia apatica, chiuso nella sua bolla di studio e auricolari ma, dopo aver richiesto invano di essere lasciato in pace, se attaccato reagirà con violenza e astuzia, usando le nozioni imparate, la psicologia, e ogni mezzo a portata di mano. Il bullo costringe Beom Seok a drogare Shi Eun per fargli sbagliare un esame, ma le cose non vanno proprio come previsto. Così il capobranco, frustrato e umiliato, mette in mezzo un cugino semi-delinquente coi muscoli, ma anche Shi Eun si appella all’atletico Soo Ho, e allora si intromette un piccolo malvivente di quartiere, e poi…

Da un sassolino è nata una frana rovinosa che rischia di trascinare tutto con sé. In questa lotta dei ragazzi contro altri ragazzi e contro un piccolo capoccione, la polizia ha inizialmente poca importanza: già stupisce che intervenga quando chiamata, però poi, almeno in principio, non può procedere per mancanza di prove e i ragazzi, ancora una volta, sono lasciati a cavarsela da soli fin quasi alla fine.

L’assenza o lo scarso aiuto degli adulti è un tema ricorrente. Parte dei combattimenti avviene a scuola, ma non c’è mai un insegnante in classe o, se c’è, non si intromette, addirittura esce, e ci si aspetta che torni coi rinforzi ma… no. Intanto, mentre si consumano scontri feroci, i compagni si accalcano alle pareti senza intervenire in alcun modo. E ogni tanto qualcuno va all’ospedale ma, per vari plausibili motivi, nessuno finisce mai nei guai con la giustizia.

Ma quando poi i nostri tornano malconci a casa, cosa trovano? Shi Eun ha una madre assente che fa l’insegnante e che vede praticamente solo nelle lezioni online e un padre a cui pare interessi solo sapere che arriva primo nelle gare scolastiche. Soo Ho vive con la nonna e lavora duro per mantenersi, tanto che di giorno dorme in classe. Beom Seok ha un padre adottivo che lo picchia e lo bastona con una mazza a golf, oltre ai vecchi compagni di scuola che non aspettano altro che di riempirlo ancora di botte. Molti ragazzini vengono sfruttati da un piccolo delinquente, che prima li irretisce con un giro di scommesse truccate e poi li sfrutta. Le situazioni descritte sono di disagio anche pesante e raccontano di giovani vite che non sembrano avere un posto per tirare il fiato. Lo spettatore ansima con loro.

In questo girone infernale, che dà sì l’impressione di essere un po’ esagerato, ma per certi versi forse neanche troppo, il vissuto dei vari personaggi, le motivazioni che li spingono, le molle neanche tanto nascoste che li fanno scattare, tutto è sciorinato davanti ai nostri occhi senza maschere e senza veli, in tutta la sua bruttura.

"Weak hero" Shi Eun non è debole. Non è neppure un eroe. Non sarebbe neppure particolarmente violento. E’ solo un ragazzo che avrebbe voluto a continuare a rimanere isolato a studiare, chiuso nella sua apatica bolla di auricolari e libri, e che più volte ha chiesto agli aguzzini di smettere. Inutilmente. Guardati dall’ira della persona paziente. Tanto più appaiono spenti gli occhi di Shi Eun in principio, quanto più energico e squilibrato appare alla fine quando, in un crescendo di disagio, ripicche, rivalità, vendette, agguati, violenze sempre più selvagge, si consuma una tragedia annunciata.

Fermati. Questa esortazione, più volte pronunciata da diversi personaggi, è sempre caduta su orecchie sorde. Soo Ho, il ragazzone ex lottatore, saggio e di buon cuore, non avrebbe certo voluto combattere fino alla fine. Lo stesso Beom Seok, talmente vittimizzato in ogni circostanza da non riuscire nemmeno più a riconoscere gli amici dai nemici, sicuramente avrebbe preferito vivere una vita più tranquilla. L’unico ragazzo che davvero non si può comprendere e perdonare è Jeon Young Bin, il capobranco che perpetua la spirale di violenze sempre più terribili perché non riesce ad accettare di essere, ogni volta, sconfitto.

Ma sarebbe sbagliato addossare a lui tutta la colpa. I genitori che non lo puniscono a dovere nemmeno dopo che è stato beccato con una droga pericolosissima e mettono tutto a tacere, non hanno colpe? Il potente padre adottivo di Beom Seok, che lo umilia e lo pesta continuamente, è innocente? I genitori assenti o troppo impegnati per curarsi della quotidianità dei figli sono incolpevoli? L’intero sistema scolastico che non sorveglia e che, salvo rari casi, gira la faccia dall’altra parte, accontentandosi di un rispetto di facciata e di un riscontro numerico per catalogare i ragazzi, è esente dal peccato?

Pur nella sua esagerazione, l’intera vicenda può essere interpretata come un urlo di denuncia non solo contro la violenza e il bullismo ma, e soprattutto, verso l’assenza, se non la connivenza, degli adulti che tali comportamenti dovrebbero reprimere e scoraggiare.

Resta da parlare degli attori. Ebbene, uno dei motivi per cui "Weak Hero Class 1" è così sconvolgente, è proprio la performance degli attori, che non sembrano nemmeno recitare. L’atmosfera è spietata, la tensione continua, i visi, gli occhi, i gesti, le posture: tutto sembra vero. Le spalle e i personaggi secondari hanno recitato ad un buon livello e Park Ji Hoon, nell’interpretare il protagonista, ha fatto un lavoro magistrale, ma anche il Soo Ho di Choi Hyun Wook e il Beom Seok, interpretato da Hong Kyung, tengono agevolmente il passo. Le interazioni fra questi tre personaggi sono molto ben sviluppate e la crescita dell’amicizia fra Shi Eun e Soo Ho viene ben esplorata. Un commento musicale più che adeguato, con l’opening Hero di Meego a fare da apripista a un’esplosione di emozioni, e una cinematografia sapiente, completano l’opera di demolizione che questo drama farà della vostra tranquillità.

Per quanto mi riguarda, ne vale la pena.

8.0/10
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“Nevertheless” è un drama coreano del 2021, live-action dell’omonimo webtoon di Jeongseo, presente con i sottotitoli in italiano su Netflix; conta dieci episodi da un’ora circa e ogni episodio rapisce lo spettatore.
La storia parla di Na-bi, studentessa universitaria prossima alla laurea che ha appena chiuso una relazione con un uomo: nonostante lei abbia dato tutta se stessa per far funzionare questo rapporto, lui non solo l’ha sempre trattata con superficialità, ma l’ha anche tradita.
Il meccanismo della storia si mette in moto quando lei, delusa e sfiduciata, incontra Jae-eon, anche lui studente di arte, che non si è mai legato a una sola donna, ma a cui piace uscire con diverse ragazze, proprio come una farfalla che vola di fiore in fiore. Ed è proprio una farfalla, quasi "insetto-guida" della serie, che il protagonista ha tatuato addosso.

Se pensate che questo drama descriva una relazione tossica non è così: l’unica relazione malsana che abbiamo in questa serie è quella tra Na-bi e il suo ex, che facendo leva sui sentimenti di lei, cercava di controllarla in vari aspetti della sua vita.
Jae-eon, invece, è chiaro fin dall’inizio di quale tipo di rapporto vuole con lei, ovvero essere solamente “amici di letto”, e Na-bi, consapevolmente, accetta questo tipo di relazione.

“Nevertheless” risulta un drama realistico e crudo che ci descrive una storia d’amore diversa da quelle che siamo abituati a vedere nelle classiche rom-com.
È un percorso fra le emozioni e i sentimenti per imparare a riconoscerli e accettarli, percorso che fanno sia i protagonisti che lo spettatore.
E non solo, perché i personaggi dovranno imparare anche a volere bene a loro stessi.
È una descrizione fin troppo vera di come potrebbe essere una relazione ai giorni nostri: i personaggi hanno mille dubbi, su loro stessi e sugli altri, hanno paura di fidarsi e, soprattutto, di aprirsi.

Non manca, comunque, l’assaggio di relazione tipica dei drama coreani: se i sentimenti travagliati e incompresi sono regalati dal protagonista, la dolcezza ci viene donata da Do-hyeok, protagonista che ha fatto soffrire tutti della "sindrome del second lead". A lui non importa essere ricambiato o meno, l’importante è far comprendere i propri sentimenti e far star bene la persona che gli piace. E in questo l’attore che lo interpreta, Chae Jong-hyeop ha già dimostrato di essere bravissimo: come in “Eye love you”, con un bellissimo sorriso sulle labbra, cerca sempre di scaldare il cuore della sua amata con sorprese e cibi deliziosi.

Purtroppo il suo rivale altri non è che l’attore Song Kang che, con una performance magistrale, non lascia molto spazio a dubbi nel cuore protagonista. La sua recitazione risulta perfetta: se anche il suo personaggio agisce in una determinata maniera, che può risultare distaccata nei confronti di Na-bi, i suoi occhi dicono tutt’altro (oltretutto nello stesso anno, Song Kang ha interpretato un altro drama che aveva qualcosa a che fare con le farfalle: “Navillera”, in coreano “Nabillera”, che fa riferimento alla leggiadria delle farfalle, che in coreano si dice “nabi”, tipica dei ballerini di danza classica).
Il problema principale della loro relazione, in realtà, è molto semplice e, spesso e volentieri, è una difficoltà che incontrano molte coppie, ovvero la comunicazione. Entrambi sono personaggi riservati, con i loro trascorsi e le loro cicatrici, fanno fatica a fidarsi delle altre persone per i propri trascorsi, quindi non riescono ad esprimere a dovere i sentimenti che provano, preferendo tacere, o arrivando a esplodere con rabbia, e quindi non spiegando in modo appropriato il proprio punto di vista.

Comincia, così, un’altalena di emozioni in cui la protagonista cade e ricade continuamente, puntata dopo puntata, ma tutto ciò non fa altro che rendere la storia d'amore e i due amanti ancora più realistici e umani, perché, dopotutto, quando ci sono di mezzo i sentimenti, anche noi, spesso, siamo restii a capire.
Nonostante Na-bi, interpretata da Han So-hee, si abbandoni più volte a questa giostra di emozioni, non risulta una protagonista sottomessa, anzi, più volte mette dei paletti all’interno della relazione con Jae-eon, fattore che sconvolge piano piano il protagonista.
Non si fida di lui, eppure i sentimenti vincono ogni volta.
Non le piace la sensazione di dubbio che prova, eppure gli occhi di lui le trasmettono amore.

La bellezza del drama deriva anche dalla bravura dei due attori protagonisti, Song Kang e Han So-hee e alla loro palpabile chimica in ogni scena. La loro sintonia è evidente e possiamo vederla anche nei vari filmati dei backstage della serie. Ed è proprio in uno di questi che sorprendiamo i due attori protagonisti a continuare un focoso bacio, nonostante il regista abbia già stoppato le riprese: si sono talmente calati nei personaggi da faticare ad uscirne!

Han So-hee, d’altronde, è stata perfetta per questo ruolo: lei è stata l’unica del cast che non ha dovuto prendere lezioni di arte perché ha davvero frequentato un’università d’arte e alcune opere realizzate proprio da lei sono presenti all’interno della serie come oggetti di scena.
Molto interessante è anche il filo che unisce tutte le opere d’arte presenti nella serie.
La prima statua che raffigura la protagonista è quella realizzata ed esposta dal suo ex: è una scultura in una posa volgare, quasi come se Na-bi fosse soltanto un oggetto.
La seconda opera è quella che tenta di realizzare lei, lavorandoci giorno e notte, ma non trovando la forma finale che dovrebbe avere la scultura: è una ragazza con le ali, ma che fatica a prendere il volo, proprio come si sente la protagonista in quel momento della storia.
L’ultima statua esposta è, invece, significativa perché, dalla scultura precedente, distrutta per un incidente, rinasce un’opera meravigliosa che ha ali più grosse e che è staccata dal suolo, come se adesso potesse volare, lasciando a terra ciò che è rimasto dell’opera distrutta: è come se Na-bi avesse fatto la sua metamorfosi e si fosse trasformata in una persona più sicura che può andare incontro alla vita.

La complessità con cui viene rappresentato l’amore non riguarda solo la coppia principale: all’interno del drama sono presenti altre coppie con spunti davvero interessanti come Hye-ji e Min-gwi, migliori amici che non hanno mai superato la linea che divide amicizia e amore, e Ho-jung e Seo-a, due ragazze che non riescono a fare chiarezza nei loro sentimenti.
Lo spettatore ha, quindi, una molteplicità di personaggi in cui si può rivedere e rispecchiare.

Nel 2024 è uscito, sempre sulla piattaforma Netflix, un altro adattamento live-action del webtoon “Nevertheless”, questa volta giapponese, è arrivato da noi con il titolo in italiano “Eppure… Le forme dell’amore”.
Nonostante sia presente nel cast uno straordinario Ryusei Yokohama, il drama giapponese è come se avesse sempre il freno a mano tirato: ha edulcorato tanti aspetti interessanti presentati nel live-action coreano (innovativo e inusuale, per esempio, il fatto che venga affrontato un argomento come le mestruazioni) e dimezzando le tempistiche ha rinunciato a un’evoluzione adeguata dei personaggi.
Non lo vorrei dire, eppure il drama coreano è stato gestito meglio.

8.0/10
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"Mask Girl" è una serie televisiva coreana del 2023 della nota piattaforma streaming che riesce nella sua "semplicità" e "immediatezza" a offrire tuttavia diverse chiavi di lettura di una storia triste, grottesca, volutamente esagerata, surreale e violenta (anche neanche tanto latamente splatter/pulp) su diversi personaggi, tutti femminili, che si affrontano in un arco temporale molto ampio seguendo le gesta in primis di Kim Mo-Mi e di Kim Kyung-ja.

Kim Mo-Mi è una donna che da bambina aveva il sogno di realizzarsi nel mondo dello spettacolo come ballerina e cantante e che da adulta riesce a realizzare in parte il suo sogno come performer sexy mascherata (da qui il nome d'arte "Mask Girl") su una piattaforma tipo "Only Fans" per poi finire suo malgrado invischiata nella rete dei suoi fan e diventare un'omicida efferata proprio di uno dei suoi più accaniti fan pornomani Joo Oh-Nam. Inutile sarà la sua fuga e il sottoporsi ad un intervento di plastica facciale per riuscire a far perdere le sue tracce.
Kim Kyung-ja è la madre di Joo Oh-Nam che una volta scoperto l'assassinio del suo unico figlio si mette sulle tracce di Mask Girl, scoprendo man mano la sua vera identità e riuscendo ad inviduare il luogo in cui si nascondeva e di conseguenza "congengnare" la sua terribile vendetta nei confronti di Mask Girl.

A latere delle due protagoniste si innestano pochi altri personaggi, ma significativi. Su tutti: Sim Young-Hee, madre di Kim Mo-Mi, e Kim Mi-Mo, figlia in "anagramma parziale" di Kim Mo-Mi.

Ho esordito con l'affermazione che la serie può essere valutata sotto diversi punti di vista e può offrire diversi punti di riflessione.

Il primo, forse quello meno evidente, è quello relativo alla anafettività e agli errori educativi dei genitori nei confronti dei figli.

«Colui che ha peccato e non altri deve morire; il figlio non sconta l'iniquità del padre, né il padre l'iniquità del figlio. Al giusto sarà accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagità» (Ezechiele, 20)

Prendo spunto da un verso della Bibbia (nella serie troveremo diversi riferimenti alla religione cristiana e alla ipocrisia nel vivere e applicare i suoi precetti) come si suol scrivere "a contrario" proprio per spiegare il problema di base del dramma di "Mask Girl"...

La serie sembra voler dimostrare che nonostante gli sforzi messi in atto dai genitori in extremis per rimediare ai propri errori nei confronti dei propri figli, nulla possono per sottrarre coloro che rappresentato ciò che dovrebbe essere loro più caro dal destino "tragico" cui li hanno destinati per gli errori commessi nella loro vita, verso se stessi e verso i figli.

Paradigmatico è il fil rouge che collega le esistenze di Sim Young-Hee, Kim Mo-Mi e Kim Mi-Mo. Ma altrettanto significativo è quello che unisce Kim Kyung-ja e Joo Oh-Nam (madre e figlio).
Nella rappresentazione, credo, volutamente grottesca, eccessiva e surreale dei "legami" familiari, si vede chiaramente l'incipit del "cancro" che poi su larga scala infetta in generale la società, i suoi valori, i canoni estetici, la visione dei rapporti tra le persone e le sue distorsioni come la dicotomia tra mondo reale e mondo virtuale che tanto influenza oggi le interazioni tra le persone nella società.

"Mask Girl" e le sue gesta non sono la causa del dramma vissuto dalla protagonista Kim Mo-Mi e il suo avatar, ma ne rappresentano la conseguenza di una serie di eventi e di una evoluzione della percezione dell'immagine femminile a livello sociale in Corea (ma si potrebbe estendere a tutto il mondo).

Se da bambina Mo-Mi amava ballare, cantare ed esibirsi e la stessa madre ne era contenta, da ragazza prima e da adulta Mo-mi, mentre ambiva a una carriera nel mondo dello spettacolo, si ritrova respinta dal mondo rutilante dello show biz perché pur essendo una giovane alta e slanciata ha un volto definito “brutto” e al di fuori dai canoni estetici imperanti.
Tale difetto non solo viene evidenziato da coloro con cui si interfaccia quando si esibisce ma anche e soprattutto dalla madre Sim Young-Hee che con una durezza quasi melodrammatica invita la propria figlia a dedicarsi ad altro proprio a causa del suo volto...

E così nei primi episodi si osserva la profonda sofferenza di Kim Mo-Mi che alla lunga a causa delle continue offese al suo volto inadatto alla carriera nel mondo dello spettacolo ha ridotto la sua sicurezza e consapevolezza di se trasformandola in un’adulta introversa e incapace di farsi valere con gli altri nella realtà e una disinibita ballerina nel mondo virtuale, oggetto di grande successo.

Ma sotto la maschera Kim Mo-Mi resta una donna profondamente insicura, incapace di gestire i rapporti con le persone e con un'affettività probabilmente immatura per l'età, tanto da vivere nel terrore di essere scoperta e una volta che viene individuata va letteralmente in crisi concedendosi ad un incontro "al buio" con uno dei suoi sedicenti fan che poi diventerà l'incipit per la serie infinita di guai che dovrà subire fino al termine della serie e che la costringeranno a pagarsi un intervento di plastica facciale per difendersi e scappare...

La maschera indossata virtualmente, diventa definitiva nella realtà diventando una ragazza coerente con i canoni estetici universalmente apprezzati dalla società...
Ma è solo un escamotage per difendersi dal mondo esterno, una maschera per sopravvivere e per essere accettati dopo che sia a livello familiare, sia a livello sociale si è stati oggetto di body shaming più becero per il proprio viso...

E' inutile evidenziare che i protagonisti maschili di questa prima parte della serie sono personaggi piatti, moralmente riprovevoli perché dipendenti da un sesso distorto e violento in cui non c'è posto per l’amore ma solo per il soddisfacimento anche violento e sadico delle proprie pulsioni.
E "Mask Girl" documentando il mondo dei performer femminili che si esibiscono e fanno leva sulla propria fisicità perfetta non può che andare a pescare nel torbido maschile, come se per affermarsi con un corpo non in linea con i lineamenti generalmente apprezzati da tutti, l'unica soluzione sia concedersi nel modo escogitato da Kim Mo-Mi: valorizzare ciò che possa piacere per realizzarsi e sentirsi apprezzati...

Tralascio le scontate dissertazioni sul mondo dei social e sulla loro realtà virtuale e distorta dove ciascuno di noi riesce ad essere ciò che non è nel reale e dove tutto si deforma in una visione ad personam da parte di coloro che osservano e idolatrano chi si esibisce. Evidente la "condanna" contro la società che sembra ritenere normale e quasi dovuto sottoporsi ad interventi di chirurgia estetica per essere accettati e vincenti: l'estremizzazione della teoria delle maschere di pirandelliana memoria, dove la "maschera" non è più un orpello da indossare alla bisogna nell'esibizione o nella recita della vita, ma diventa "permanente". Una perenne interpretazione di ciò che non si è mai stati e il ripudio della propria fisicità...
La scena che chiude l'arco di Mask Girl come performer è paradigmatica del concetto: Kim Mi-Mo con la chirurgia facciale ha deciso di essere un'altra persona in modo definitivo: una trasformazione comunque negativa perché uccide... e anche in modo efferato durante una violenza sessuale trasformata in un amplesso orgiastico in cui lei prende il sopravvento e in cui sembra violentare il pornomane che poi rappresenterà la sua "condanna"...

La seconda parte della serie, quella più lunga, assume i toni e i colori noir di una specie di thriller. Mask Girl è prima una splendida ragazza madre (il frutto dell'amplesso di cui accennavo prima) che viene arrestata per i crimini commessi (ossia essersi difesa dalla violenza della sua vittima, altra situazione in cui la vittima si trasforma carnefice).
Ma l'essere in carcere e l'aver affidato la neonata alle cure della madre non è sufficiente a sottrarsi alla folle vendetta della madre del pornomane che porteranno la serie al "redde rationem" finale con un esito alla "Leon" (il capolavoro di Luc Besson).

Il finale tragico e la sequenza finale della figlia Kim Mi-Mo che visiona una vecchia videocassetta della madre che da bambina si esibiva in un balletto tutta felice ed entusiasta da il senso di tutta la storia di Mask Girl. La Kim Mo-Mi bambina afferma che lei da grande vuole essere una persona "amata da tutti"...
L'epigrafe funeraria che riassume il grande senso di ingiustizia e dell’indifferenza a tutti i livelli che la vita sa riservare, in una visione pessimistica, dolente e forse ineluttabile delle interazioni umane in cui gli errori dei genitori e delle persone si riflettono sui propri discendenti in una sorta di maledizione senza scampo. E non è un caso che le protagoniste siano le madri che al termine di un crescendo degno di un film pulp di Tarantino pagano con l'estremo sacrificio per porre rimedio agli errori del passato...

Dal punto di vista tecnico la serie è molto originale nel mixare i momenti del passato e del presente, intrecciando in modo sapiente le trame in modo da mantenere sempre vivo l'interesse degli spettatori. A livello recitativo mi sono piaciute le attrici che hanno interpretato la madre del pornomane (rendono benissimo la determinazione feroce e malata alla vendetta) e l'ultima Kim Mo-Mi che è riuscita a rendere la fase del "prison drama" in modo impeccabile: una detenuta che da rassegnata e indolente ritorna determinata solo per cercare di salvare sua figlia da morte certa... Se non fosse per molte forzature della trama, la serie rappresenterebbe a suo modo un piccolo capolavoro grottesco, diretto ed esplicito sull'esistenza e sulla crudeltà umana.