Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo ai film Il viaggio verso Agharta, Kanashimi no Belladonna e Ninja Scroll.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Non sono mai stato un grande ammiratore di Makoto Shinkai: ho ancora le orecchie che fischiano per le critiche ricevute con la mia recensione su "5 cm per Second". Quello che contestavo all'astro nascente dell'animazione nipponica era quella sua impostazione pessimista che, a mio modo di vedere, era tale solo grazie all'uso di forzature e di un evidente irrealismo. Discorso diverso merita, invece, "Il viaggio di Agartha", film della durata di quasi due ore a cui, una volta tanto, non è possibile muovere gli stessi appunti fatti in passato: la rilevazione della noia mortale a cui questo film espone lo spettatore è già motivo, infatti, più che sufficiente per criticarlo.

Asuna, una ragazzina di campagna piuttosto annoiata dalla sua monotona vita, passa i suoi pomeriggi sulle montagne ad ascoltare una rudimentale radio. Qui incontra Shun, un misterioso ragazzo che la salva dall'aggressione di un'altro misterioso animale simile a un orso. I due fanno amicizia e, ben presto, Asuna s'innamora di lui. Ma, senza un motivo preciso, Shun muore lasciando la ragazza nella disperazione. Intanto a scuola arriva un nuovo insegnante che in una sua lezione fa cenno al mito di Agartha, una specie di mondo sotterraneo abitato da uomini e divinità in cui è possibile, tra le altre cose, riportare in vita i morti. Il professore, a cui anni prima è scomparsa la moglie, in realtà è già a conoscenza della reale esistenza di questo mondo straordinario, e Asuna rappresenterà l'anello mancante per accedervi. Insieme, si incammineranno all'interno di Agartha nella speranza di riuscire a resuscitare i rispettivi morti.

Questo film, che dovrebbe rappresentare da un lato il mito di Orfeo ed Euridice in versione moderna e dall'altro l'innata difficoltà dell'uomo nell'elaborare un lutto, in realtà né rinverdisce i fasti del mito greco né riesce a innescare riflessioni sulla natura dell'uomo. Non so come mai Shinkai abbia deciso di cambiare così drasticamente genere ma, pur non essendo io un suo grandissimo estimatore, forse è meglio che continui a dedicarsi a quelle tematiche che finora ne hanno sancito il successo: ragazzi comuni, amori lontani, psicologie complesse. Come già detto, infatti, questo film è un inno allo sbadiglio, con personaggi piatti e una sceneggiatura senza capo né coda.

Un'ultima annotazione va fatta in relazione al doppiaggio italiano: non avevo mai udito nulla di così osceno prima: nel cast di doppiatori potevo esserci anch'io e non si sarebbe avvertita nessuna differenza. Chiedere ai doppiatori di recitare invece che di limitarsi a leggere costava forse troppo?
In definitiva, la mia bocciatura di questo titolo è netta: se siete fan del maestro guardatelo pure, ma temo che ciò servirà solo a poter affermare "di Shinkai ho visto tutto, ma proprio tutto!". Se poi pretendete anche di trovarci qualcosa d'interessante resterete terribilmente delusi.



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Kanashimi no Belladonna è l'ultimo film della trilogia erotica Animerama, nonché il più serio ed avanguardistico dei tre. Tuttavia, si rivelò un totale insuccesso dal punto di vista delle vendite e portò alla bancarotta del suo studio d'animazione.

Prodotto negli anni '70 e liberamente ispirato dal saggio storico "La Sorcière" di Jules Michelet, quest'opera presenta diversi temi cari alla sua epoca di realizzazione, come l'emancipazione femminile, la ribellione al potere e al sistema, una sessualità più libera ed il superamento dei vincoli morali per una completa accettazione di sé. Ambientato nel medioevo, Kanashimi no Belladonna mette in luce proprio l'oppressione esercitata dal potere feudale e dalla morale della Chiesa sulle masse popolari e, soprattutto, sulle donne. Da questo punto di vista, si avvicina molto a "I diavoli" di Ken Russel, uscito nelle sale cinematografiche qualche anno prima.

La storia inizia con il matrimonio di Jean e Jeanne, due bellissimi e onesti contadini benvoluti da tutti; la loro unione è, però, ostacolata fin dall'inizio dallo 'Ius primae noctis', ovvero il diritto del signore feudale di passare la prima notte di nozze con la sposa di ogni suo servo. La verginea e religiosa Jeanne, suo malgrado, viene quindi violentata da tutti gli abitanti della corte e, per la prima volta, comprende la crudeltà e il dominio dei potenti contro i sudditi.
Da qui, la ragazza intraprenderà un percorso di emancipazione personale, guidata da un demone di forma fallica che, inizialmente minuscolo, diverrà sempre più grande con l'avanzare della storia; il Diavolo rappresenta, infatti, la metafora dell'accettazione della propria sensualità e del proprio essere donna che cresce nell'animo di Jeanne dopo tutte le angherie subite. Tale accettazione la conduce verso uno stile di vita più libero, soffocando la sua parte bigotta e timorata per far emergere, al contrario, il lato indipendente e sincero.
Col passare del tempo, la bella contadina diventa un personaggio di spicco della propria comunità, accumulando potere ed aiutando la gente del villaggio. Una donna libera dai vincoli morali e feudali, ricca di denaro e di consenso popolare, tuttavia, non può essere tollerata dalle gerarchie medievali; Jeanne viene, quindi, tacciata di stregoneria e, per questo, perseguitata. Ma la sua triste storia sarà da esempio per i poveri e per tutte le donne; diverrà martire e santa, come Jeanne d'Arc, di quell'ideale di uguaglianza simboleggiato dalla donna vittoriosa ne "La Libertà che guida il popolo" di Delacroix, dipinto mostrato alla fine del film prima dei titoli di coda.

Sotto l'aspetto grafico, Kanashimi no Belladonna presenta un'illuminante sperimentalismo, influenzato dai decori e dalle illustrazioni in stile Art Nouveau e dai motivi psichedelici anni '70. Non è difficile notare diverse somiglianze con i disegni di Klimt e Beardsley, mentre le figure femminili ed i costumi carichi d'erotismo ricalcano le meravigliose opere di Erté. Il film è composto da illustrazioni fisse che sono dei veri e propri dipinti ad acquerello, con animazioni un po' rudimentali come ci si aspetta da un film di 40 anni fa.
Assolutamente geniali le soluzioni artistiche impiegate per sublimare le numerose scene di sesso presenti nell'opera; la parte del sabba orgiastico sembra un vero e proprio delirio erotico di Hieronymus Bosch, con figure semi-umane e animali davvero spiazzanti. Credo che un tale avanguardismo stilistico sia stato raggiunto solo in pochissime altre opere.
Non a caso la stessa opening di "Lupin III - La donna chiamata Fujiko Mine" è un tributo alla bellezza grafica di Belladonna.

Le musiche del film reggono il confronto con la trama e la grafica; il tema centrale è rappresentato da una canzone giapponese dal testo triste e dolce e, a mio parere, starebbe benissimo nella colonna sonora di "Kill Bill Vol.1", poiché molto simile alle canzoni impiegate nell'opera di Tarantino. Gli altri pezzi spaziano dallo psichedelico al classico, ed accompagnano bene le scene su cui sono montate. Alcune, inoltre, servono proprio per raccontare pezzi della trama, richiamando, per un certo verso, le figure dei menestrelli e dei cantastorie medievali.

Che dire, Kanashimi no Belladonna può essere catalogato fra i capolavori del cinema d'animazione giapponese in ogni suo aspetto. Non è un film per tutti, anzi: scene troppo disturbanti per il grande pubblico, una trama che richiede diverse analisi storiche, filosofiche e psicologiche per essere apprezzata appieno. I più ci vedranno solamente dell'erotismo gratuito e il percorso di depravazione di una strega mezza nuda.
Senza rendersi conto che Jeanne, in tutto in film, di stregonerie non ne compie nessuna, che il Diavolo è solo il simbolo della nostra Volontà di potenza in continua lotta per sopravvivere all'oppressione del potere e della morale, il nostro essere liberi.

Non riesco a trovargli un difetto, non merita nient'altro che 10.



9.0/10
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Scritto e diretto da Yoshiaki Kawajiri, "Ninja scroll" (Jūbee Ninpōchō, 1993) è un film OAV di ambientazione feudale che unisce un marcato gusto per il fantastico/sovrannaturale ad elementi della storiografia ufficiale nipponica, con particolare riferimento alla rivalità tra i clan Tokugawa e Toyotomi esplosa in una lotta senza quartiere agli inizi del XVII sec. dopo la morte di Oda Nobunaga, l'uomo che iniziò l'unificazione del Giappone moderno. La principale fonte d'ispirazione si può riconoscere nei romanzi di Futaro Yamada, l'inventore del genere ninja-mono visionario e dal carattere fortemente erotico, che ha profondamente influenzato intere generazioni di mangaka e animatori. Allo scrittore viene attribuita anche la paternità del termine kunoichi con cui si indicano le donne shinobi, assunte a protagoniste assolute nel racconto "Kunoichi Ninpōchō" (1961).

La storia narra le gesta del ronin Jūbee Kibagami (personaggio liberamente ispirato alla figura storica di Yagyū Jūbee), abilissimo shinobi specializzato nell'arte della katana. Questi, ritrovatosi coinvolto in una serie di misteriosi eventi, incrocerà la sua strada con la bellissima Kagero, kunoichi fiera e letale, e con il viscido Dakuan, scaltro agente segreto governativo. I tre, loro malgrado, dovranno unire le loro forze per sventare il complotto ordito dagli otto Demoni di Kimon, padroni di tecniche micidiali e guidati dall'immortale Lord Genma, il quale ha nelle sue mire un carico d'oro maledetto che gli servirà per creare un potente esercito di ninja allo scopo di sottomettere l'intero paese.

Il film presenta da subito i tratti caratteristici del regista: atmosfere dense e tenebrose, azione incalzante scandita dal susseguirsi di duelli irrealistici e rocamboleschi contro avversari dai poteri sempre più incredibili, scene cruente impastate di torbido erotismo. Il Giappone feudale di Kawagiri è un mondo cupo e spietato dove emerge con forza la figura dell'eroe solitario senza macchia e senza paura, vagabondo disinteressato alle lotte politiche fra clan, che fa della lealtà e del sacrificio le sue armi migliori.
Le animazioni sono grandiose e danno il meglio di sé non solo nei momenti topici dei combattimenti ma anche nei passaggi narrativi meno enfatici, in cui si tratteggia la caratterizzazione e la psicologia dei personaggi, con un attento studio delle inquadrature e con movimenti di macchina in stile live action. Il tutto è impreziosito da un comparto grafico a livelli di eccellenza, sia per quanto riguarda i ricchi e dettagliati fondali scenografici, sia per ciò che concerne il character design, elegantissimo, raffinato ed espressivo, ma che si trasforma in esagerato e parossistico nei momenti di azione concitata e nella fisionomia di alcuni demoni.
Oltre ad essere un compendio di quanto di meglio la tecnica di tradizionale possa offrire per l'epoca, il film è pieno di invenzioni sceniche spettacolari e trovate visive originali, complici la natura demoniaca e i poteri magici dei Kimon, con grande sfoggio di creatività da parte degli animatori. Fra le tante che senz'altro meritano una citazione, vale la pena ricordare la suggestiva scena del lago, in cui i tatuaggi del demone del veleno Benisato prendono vita trasformandosi in veri serpenti, felicissimo escamotage di grande effetto ripreso anche in altri film (Crying Freeman, 1995).
L'imponente colonna sonora di Kaoru Wada non è da meno riuscendo ad inserirsi magnificamente e a imprimere la giusta tensione emotiva alle scene, con le sue ritmiche percussive martellanti e l'ampio uso di strumenti tradizionali che danno un deciso sapore esotico alla pellicola. Infine una nota di merito alla bella canzone sui titoli di coda che chiude il sipario con melodica dolcezza.

In conclusione, consiglio senza remore questo piccolo gioiello animato, vi farà trascorrere un'ora e mezza nel Giappone medievale più buio e violento, è un ottimo esponente del genere "cappa e spada", imprescindibile per gli amanti dell'azione e del sovrannaturale, e probabilmente uno dei più riusciti titoli firmati da Yoshiaki Kawajiri.