Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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L'Uomo Tigre
9.0/10
Parliamo di uno dei grandi classici dell’animazione mondiale. Un anime che è rimasto, per tantissimi anni, nei palinsesti televisivi di tante nazioni, parliamo delle avventure di Naoto con la maschera che l'ha reso celebre, quella dell’Uomo Tigre. Correva l’anno 1969, i Beatles suonavano per l’ultima volta dal vivo, l’uomo sbarcava sulla Luna, mancavano 13 anni all’avvento della mia persona e in un paese lontano dall’Italia, un gruppo di disegnatori e sceneggiatori creava per la casa editrice Kodansha, "L’Uomo Tigre".
Tredici anni dopo, nel 1982, oltre al mio avvento, gli italiani potevano godere di un altro grande evento, l’arrivo sui nostri schermi di questa serie animata. La storia parla di un uomo, Naoto Date, figlio della guerra, che, allevato in orfanotrofio, fugge e si unisce all’organizzazione criminale nota come “tana delle tigri”. Dopo anni di trattamenti disumani (spesso ripresi nell’anime sotto forma di flashback, i primi di questo genere in una produzione nipponica), Naoto è pronto a mettere in pratica le sue tecniche omicide al soldo di Mr. X, lo spietato capo dell’organizzazione che fa soldi in un modo alquanto bislacco: forgia giovani lottatori e poi pretende il 50% dei loro proventi (insomma, un manager). Naoto non ci sta: abituato a commettere nefande scorrettezze sul ring, si redime quando torna al suo vecchio orfanotrofio e si erge a bandiera dei piccoli abbandonati. Decide quindi di dare a loro, e non al suo protettore, i soldi che incassa, suscitando quindi l’ira del poco raccomandabile Mr.X, che la prende sul personale e gli spara contro un’ondata di sicari pronti a tutto. Ovviamente Naoto li combatterà tutti, alcuni anche in modo non proprio ortodosso, come nel memorabile scontro contro l’uomo ragno nipponico su una specie di tela di corde e acciaio posta in alto sopra il ring!
La storia è tutto sommato qualcosa di lineare. Uno scontro dopo l’altro, Naoto mostrerà spesso il volto che si cela dietro la maschera, un volto umano, provato dagli occhi di chi ha visto troppa violenza. Il Naoto buono, cordiale e riflessivo si contrappone al suo alter ego sul ring, spietato e violento. Un dualismo noto a pochi, chiaro solo ai compagni più intimi come Daigo.
Una figura interessante è invece quella di Ruriko, direttrice dell’orfanotrofio di cui Naoto è benefattore e per il quale nutre sentimenti romantici. Ruriko sospetterà a lungo sulla vera identità dell’eroe mascherato e mostrerà un’apprensione da “mogliettina” guardando i combattimenti in TV.
Il disegno è molto bello per l’anno d’uscita. Curatissimo in certi dettagli, sottolinea una violenza davvero raccapricciante in certi punti. Sangue a fiumi e mosse terribili sono dipinti con maestria. I tratti dei personaggi non risentono ancora dell’uniformità al “kawaii effect” e sono spesso molto realistici.
Insomma, un grande titolo, una grande produzione, un grande successo, foriero di osanna negli anni'80 italiani, imitatissimo. Infiniti sono infatti i fanzine e le parodie a esso dedicati.
Nove, non dieci, per quell’unica macchia dei combattimenti spesso troppo scontati, buttati lì, per aggiunger sangue alla piazza.
Tredici anni dopo, nel 1982, oltre al mio avvento, gli italiani potevano godere di un altro grande evento, l’arrivo sui nostri schermi di questa serie animata. La storia parla di un uomo, Naoto Date, figlio della guerra, che, allevato in orfanotrofio, fugge e si unisce all’organizzazione criminale nota come “tana delle tigri”. Dopo anni di trattamenti disumani (spesso ripresi nell’anime sotto forma di flashback, i primi di questo genere in una produzione nipponica), Naoto è pronto a mettere in pratica le sue tecniche omicide al soldo di Mr. X, lo spietato capo dell’organizzazione che fa soldi in un modo alquanto bislacco: forgia giovani lottatori e poi pretende il 50% dei loro proventi (insomma, un manager). Naoto non ci sta: abituato a commettere nefande scorrettezze sul ring, si redime quando torna al suo vecchio orfanotrofio e si erge a bandiera dei piccoli abbandonati. Decide quindi di dare a loro, e non al suo protettore, i soldi che incassa, suscitando quindi l’ira del poco raccomandabile Mr.X, che la prende sul personale e gli spara contro un’ondata di sicari pronti a tutto. Ovviamente Naoto li combatterà tutti, alcuni anche in modo non proprio ortodosso, come nel memorabile scontro contro l’uomo ragno nipponico su una specie di tela di corde e acciaio posta in alto sopra il ring!
La storia è tutto sommato qualcosa di lineare. Uno scontro dopo l’altro, Naoto mostrerà spesso il volto che si cela dietro la maschera, un volto umano, provato dagli occhi di chi ha visto troppa violenza. Il Naoto buono, cordiale e riflessivo si contrappone al suo alter ego sul ring, spietato e violento. Un dualismo noto a pochi, chiaro solo ai compagni più intimi come Daigo.
Una figura interessante è invece quella di Ruriko, direttrice dell’orfanotrofio di cui Naoto è benefattore e per il quale nutre sentimenti romantici. Ruriko sospetterà a lungo sulla vera identità dell’eroe mascherato e mostrerà un’apprensione da “mogliettina” guardando i combattimenti in TV.
Il disegno è molto bello per l’anno d’uscita. Curatissimo in certi dettagli, sottolinea una violenza davvero raccapricciante in certi punti. Sangue a fiumi e mosse terribili sono dipinti con maestria. I tratti dei personaggi non risentono ancora dell’uniformità al “kawaii effect” e sono spesso molto realistici.
Insomma, un grande titolo, una grande produzione, un grande successo, foriero di osanna negli anni'80 italiani, imitatissimo. Infiniti sono infatti i fanzine e le parodie a esso dedicati.
Nove, non dieci, per quell’unica macchia dei combattimenti spesso troppo scontati, buttati lì, per aggiunger sangue alla piazza.
Astroboy (1963)
8.0/10
Recensione di demone dell'oscurità
-
Quest'opera molto particolare è uno dei primi successi nipponici che riescono a sfondare oltre il Pacifico, e preparano di fatto ciò che sarà un tema caro ai mecha che verranno, ovvero dotare un umano un corpo robotico, da qualsiasi posizione lo si interpreti.
Quindi giù coi cyborg, con esseri soprannaturali, umani con chip elettronici e via dicendo, fino a quando si arriverà ai robot di nagaiana memoria, difatti Tezuka guarda molto all'essenzialità del personaggio senza troppi fronzoli.
La trama dell'opera parte con una tragedia, si può dire di Shelleyana memoria, ma ci stanno bene anche delle reminescenze di Collodi, il desiderio del padre di far comunque continuare la vita al proprio figlio anche grazie ad un automa che lo ricordi in tutto e per tutto.
Questo desiderio lo porterà a realizzare uno dei più portentosi prodotti della scienza, quello che poi sarebbe divenuto il robot da cui prende il nome questa saga.
Un bambino robot quindi capace di combattere il crimine, che non ha paura di niente e di nessuno ed è dotato di grandi peculiarità, ciò voleva essere una rabbiosa risposta del padre nei confronti del destino che gli ha voluto togliere la gioia più grande della sua vita.
Difatti grazie a questa situazione Tezuka costuisce un'opera che lo farà conoscere al mondo, una delle prime opere anime di cui si nutrirà anno dopo anno l'animazione giapponese, in cui comincerà la difficile scalata al successo per poi arrivare anni dopo a primeggiare coi colossi americani che nel periodo d'uscita di questo titolo non temevano la benchè minima minaccia nipponica.
Ma bisogna ricordare che tale situazione è il motore che muove l'intera opera, in quanto non c'è cosa più brutta al mondo del genitore che assiste inerme alla inevitabile morte del proprio figlio e non poter far nulla per poterlo salvare, solitamente quando accadono questi nefasti eventi, le reazioni che scaturiscono dal genitore sono il più delle volte dettati dalla rabbia e dal dolore, perchè si presuppone sempre che il naturale corso degli eventi debba essere l'esatto contrario, dove un genitore deve preparare alla vita il proprio figlio senza mai aver paura che dovesse morire prima colui che dovrebbe continuare la sua specie, nel nome di un amore che solo un genitore può dare.
Ma quando la vita pone innanzi a un genitore una situazione così brutta si cercano sempre nuove ragioni per nascondere o continuare la propria esistenza nonostante una simile perdita, e l'autore vuole insegnarci che ad una dura prova simile l'intelletto umano viene messo parecchio sotto pressione, e i risultati che ne emergono possono essere solo degli eventi estremi, c'è chi reagisce bene portando avanti nel cuore il dolore e c'è chi invece reagisce male o per rabbia o per fare in modo che certe situazioni non debbano più accadere.
Questo anime di certo può contare su una realizzazione quasi pioneristica per l'epoca in cui è stato concepito, ma non manca certo di elementi interessanti, come quelli che ho citato, i quali, a mio parere, si riflettono sulla realtà umana.
Però l'opera ci vuol anche far capire che tutti noi, nella nostra vita, davanti ad un caro che potrebbe lasciarci per sempre, cerchiamo sempre un rimedio per sconfiggere la morte, ma non ne siamo capaci, perchè i miracoli non sempre accadono, però possiamo vincere la morte grazie al ricordo di ciò che il caro, morendo ci ha lasciato di positivo, in modo da continuarne l'opera e tenerne sempre vivo ed indelebile il ricordo medesimo.
E a volte, il ricordo può essere testimoniato anche attraverso aiuti da noi creati per migliorare la nostra esistenza, o comunque il modo di vivere comune, e questo è uno dei messaggi che quest'opera sicuramente ci lascia.
Tanti episodi sono stati realizzati e recentemente anche dei restyiling e film a tema, ma a mio avviso, quest'opera continuerà a piacere per i valori sopracitati che essa insegna, segno anche di una continuità del pensiero che vuol cercare di trasmetterci questo anime.
Quindi giù coi cyborg, con esseri soprannaturali, umani con chip elettronici e via dicendo, fino a quando si arriverà ai robot di nagaiana memoria, difatti Tezuka guarda molto all'essenzialità del personaggio senza troppi fronzoli.
La trama dell'opera parte con una tragedia, si può dire di Shelleyana memoria, ma ci stanno bene anche delle reminescenze di Collodi, il desiderio del padre di far comunque continuare la vita al proprio figlio anche grazie ad un automa che lo ricordi in tutto e per tutto.
Questo desiderio lo porterà a realizzare uno dei più portentosi prodotti della scienza, quello che poi sarebbe divenuto il robot da cui prende il nome questa saga.
Un bambino robot quindi capace di combattere il crimine, che non ha paura di niente e di nessuno ed è dotato di grandi peculiarità, ciò voleva essere una rabbiosa risposta del padre nei confronti del destino che gli ha voluto togliere la gioia più grande della sua vita.
Difatti grazie a questa situazione Tezuka costuisce un'opera che lo farà conoscere al mondo, una delle prime opere anime di cui si nutrirà anno dopo anno l'animazione giapponese, in cui comincerà la difficile scalata al successo per poi arrivare anni dopo a primeggiare coi colossi americani che nel periodo d'uscita di questo titolo non temevano la benchè minima minaccia nipponica.
Ma bisogna ricordare che tale situazione è il motore che muove l'intera opera, in quanto non c'è cosa più brutta al mondo del genitore che assiste inerme alla inevitabile morte del proprio figlio e non poter far nulla per poterlo salvare, solitamente quando accadono questi nefasti eventi, le reazioni che scaturiscono dal genitore sono il più delle volte dettati dalla rabbia e dal dolore, perchè si presuppone sempre che il naturale corso degli eventi debba essere l'esatto contrario, dove un genitore deve preparare alla vita il proprio figlio senza mai aver paura che dovesse morire prima colui che dovrebbe continuare la sua specie, nel nome di un amore che solo un genitore può dare.
Ma quando la vita pone innanzi a un genitore una situazione così brutta si cercano sempre nuove ragioni per nascondere o continuare la propria esistenza nonostante una simile perdita, e l'autore vuole insegnarci che ad una dura prova simile l'intelletto umano viene messo parecchio sotto pressione, e i risultati che ne emergono possono essere solo degli eventi estremi, c'è chi reagisce bene portando avanti nel cuore il dolore e c'è chi invece reagisce male o per rabbia o per fare in modo che certe situazioni non debbano più accadere.
Questo anime di certo può contare su una realizzazione quasi pioneristica per l'epoca in cui è stato concepito, ma non manca certo di elementi interessanti, come quelli che ho citato, i quali, a mio parere, si riflettono sulla realtà umana.
Però l'opera ci vuol anche far capire che tutti noi, nella nostra vita, davanti ad un caro che potrebbe lasciarci per sempre, cerchiamo sempre un rimedio per sconfiggere la morte, ma non ne siamo capaci, perchè i miracoli non sempre accadono, però possiamo vincere la morte grazie al ricordo di ciò che il caro, morendo ci ha lasciato di positivo, in modo da continuarne l'opera e tenerne sempre vivo ed indelebile il ricordo medesimo.
E a volte, il ricordo può essere testimoniato anche attraverso aiuti da noi creati per migliorare la nostra esistenza, o comunque il modo di vivere comune, e questo è uno dei messaggi che quest'opera sicuramente ci lascia.
Tanti episodi sono stati realizzati e recentemente anche dei restyiling e film a tema, ma a mio avviso, quest'opera continuerà a piacere per i valori sopracitati che essa insegna, segno anche di una continuità del pensiero che vuol cercare di trasmetterci questo anime.
Il mago pancione Etcì
7.0/10
Utente970
-
A metà strada tra "Doraemon" e i "Fantagenitori", "Il Mago Pancione" ("Hakushon Daimao") anticipò di poco la messa in onda dello storico gattone blu, percorrendo una strada a tratti molto simile e in parte già tracciata, almeno su carta, dai noti prodotti Kodomo del duo Fujiko Fujio, come "Nino il mio amico ninja" ("Ninja Hattori-kun").
La storia narra di un ragazzino, Kan-chan, che per sfuggire ai suoi doveri scolastici si nasconde nell’armadio, scoprendo così un passaggio in soffitta dove, a causa della polvere, finisce per risvegliare con un possente starnuto, un genio sopito in uno strambo vaso oblungo, simile ad un portafiori, ma con impressa sopra una brutta faccia sorridente. Da allora il genio lo accompagnerà suo malgrado nelle disavventure quotidiane, tentando, con scarso successo, prima di dare una mano e poi di defilarsi dai guai.
A differenza di titoli più noti dello stesso genere, il “Mago Pancione Etcì” nacque direttamente su pellicola e l’allora neonata casa produttrice Tatsunoko, divenuta in seguito storica per il filone "Time Bokan", al tempo mirò più sul suo storico spirito comico piuttosto che all’intento tipicamente educativo di questi prodotti per l'infanzia. Kan-chan infatti è più vendicativo/egoista del pigro Nobita, si potrebbe definire un Suneo meno benestante, non esattamente un simpaticone insomma ed il genio, pur di buon cuore e con buoni propositi, crea più pasticci di quanti ne risolva con la sua magia mista grottescamente a tecnologia e modellismo. Di fatto Etcì non svolge un compito di educatore nei confronti del padroncino, al massimo si improvvisa tale con lo spettatore, e non in modo chiaro. Le sue rimostranze sono sempre del tutto personali e professionali e non necessariamente sensate. Al massimo il nostro povero genio offre un commento sul finire della puntata, ma cosa da tenere bene a mente, Etcì a differenza di un Doraemon, non può pienamente ribellarsi ai capricci svogliati del padrone quando gli si chiede aiuto per sfuggire ai doveri scolastici e alle faccende di casa, anche se i cambi di regia tendono ad avere la mano larga certe volte. La stessa amicizia con Kan-chan per quanto presente, si dimostra ben poco stabile dato che: tutte le magie fatte vengono annullate in caso di un secondo starnuto, che costringe il genio a rientrare nella bottigli; Etcì può diventare il fedele e volenteroso servitore di chiunque starnutisca in presenza della bottiglia, anche animali, pure quando ciò va totalmente a discapito del ragazzetto che lo ospita; gli interessi personali di entrambi hanno la precedenza.
A rafforzare poi il lato comico vi è in breve tempo l’introduzione della figlia del mago, Sbadiglio (Akubi), che come il nome indica in entrambe le lingue, può essere evocata come suo padre, ma con un diverso richiamo, in presenza della stesso vaso. La piccola Sbadiglio, presentata con un bello stacchetto musicale-matematico, contrariamente al nome però non è noiosa e tranquilla, tutt’altro è molto vispa, furbetta e non è servizievole come il suo genitore, bensì predilige il dispetto, il sabotaggio e i desideri esauditi a metà, piuttosto che aiutare qualcuno. In pratica un elemento pestifero e di ulteriore confusione, ma anche risolutivo, quando gli aggrada, dato che è molto meno imbranata di Etcì, e riesce spesso dove lui vergognosamente fallisce.
Tecnicamente la serie è invecchiata parecchio, ma risulta ancora simpatica grazie a una serie di scelte azzeccate quali lo stile di disegno, non solo semplice, ma volutamente sgangherato, che annulla errori come: pupille storte, proporzioni incerte e dimensioni variabili durante le apparizioni di Etcì (che passa dai 2 ai 4 metri) e le animazioni, all’occorrenza accentuate per compensare il limite numerico di tavole.
Le storie e la regia mostrano una generale disorganizzazione, attutita dall’anima demenziale del prodotto, ma non celata e tra le varie puntate, in particolar modo quelle in cui compaiono gli altri familiari di Etcì, come la moglie Singhiozzo, si nota una certa differenza dal resto. Per quanto riguarda il disegno è difficile parlare di uno stile ben preciso, i connotati cambiano abbastanza da personaggio a personaggio, al massimo si può parlare di generale "racchiezza", eccezion fatta per la ragazzina di cui Kan-chan è cotto e stracotto.
Riguardo all'umorismo, se da un lato si può contestualizzare un po' di cinismo, come il tagliare i baffi ad un gatto, purgare la gente, tentare il suicidio, veder usare armi da fuoco, insomma, scene che oggi verrebbero certamente cancellate, su stratagemmi ben poco realistici, motivazioni/effetti magici improvvisati e sulla costante percezione di normalità dei cittadini verso Etcì e le sue magie, accettati facilmente entrambi con scuse puerili, nei casi migliori, è un po' più difficile passarci sopra, almeno in età adulta.
Come adattamento si può facilmente indovinare che vi sono ogni tanto termini graziosamente poco formali o desueti e che vi sono state delle modifiche. Se da un lato la traduzione dei nomi genieschi come Akubi in Sbadiglio è sacrosanta (e andava mantenuta), la trasformazione della valuta in lire, di un cibo ricorrente in polpette e i vezzeggiativi di Kan-chan come “Pancione Mio! Pancione Bello!” sono elementi già più contestabili, ma a mio avviso divertenti ed utilissimi a far affezionare il giovane pubblico a cui era diretto, checché ne pensino i puristi di oggi. D'atro canto, modificare dialoghi come una prova di coraggio, che diventa una partita di pallone, per poi vedere il protagonista nervoso in un cimitero, sono oggettivamente scempiaggini senza senso. In generale nel rivedere la serie ho avuto la sensazione di continue micro modifiche, difficili da definire, ma che di sicuro non hanno aiutato i doppiatori nella sincronizzazione dei testi. Riguardo alle voci italiane, a parte il Kan-chan di G.Andreini, voce troppo riconoscibilmente femminile e stridula, e qualche bulletto sgraziato, il resto è per lo più accettabile, soprattutto il buon mago di B.Cattaneo, col vocione goffo ma simpatico ed il padre del ragazzo interpretrato dal gracchiante M.Bonetti.
In definitiva non è una serie indimenticabile, la Tatsunoko farà di molto meglio nella sua storia, questa produzione campa più sulla demenzialità generale più che altro, ma gli va dato atto che ha saputo far affezionare generazioni di giovani adulti di tutto il mondo. Infatti, ad oggi "Hakushon Daimao"/ "Il mago pancione Etcì", nonostante il quasi cinquantennio dalla prima messa in onda, non è stato ancora dimenticato, compaiono spesso cosplay e poster in documentari, film e trasmissioni tv dedicate alla Tatsunoko, lo stesso loro sito riporta Etcì nella homepage e in collaborazione con partner come la Bandai, gli ha dedicato sempre un sufficiente merchandising, al punto che anche da noi è meno difficile del previsto procurarsi gadget dedicati... anche se a dirla tutta, non è sempre roba ufficiale o dal prezzo affrontabile a causa della tiratura limitata. Sono stati poi operati negli anni anche blandi tentativi di rilancio, pur se non realizzati internamente alla compagnia e con un pubblico stavolta di sole ragazze. Infatti nel 2001 e 2006, sono stati prodotti, con puntate di diversa lunghezza due serie di Akubi Girl, entrambe di 26 episodi (la metà di quella storica) con protagonista una rabbonita Sbadiglio in una condizione familiare inedita e con un adattamento molto meno marcato. Entrambe sono state acquistate dalle nostre reti, ma come tante altre proprietà intellettuali, non sono più state riproposte dopo un paio di messe in onda, in favore invece di vecchie glorie anni 80 ormai fin troppo munte nella ormai striminzita finestra lasciata libera dalle serie live adolescenziali e dall’ animazione geometrica made in U.S.A.
Sicuramente un remake o film animato dell’opera originale sarebbero auspicabili oggi, recentemente è stato prodotto un live-action proprio in patria che certamente non arriverà mai, ma rimanendo nell’ambito dell’animazione, molti sarebbero i punti migliorabili con estrema facilità, e non sarebbe eccessivamente proibitivo mantenere un po' di quella monelleria con cui si è cresciuti. Il pubblico e i costi però sono cambiati.
....Aulì Aulé Tulilem Blem Blu!
La storia narra di un ragazzino, Kan-chan, che per sfuggire ai suoi doveri scolastici si nasconde nell’armadio, scoprendo così un passaggio in soffitta dove, a causa della polvere, finisce per risvegliare con un possente starnuto, un genio sopito in uno strambo vaso oblungo, simile ad un portafiori, ma con impressa sopra una brutta faccia sorridente. Da allora il genio lo accompagnerà suo malgrado nelle disavventure quotidiane, tentando, con scarso successo, prima di dare una mano e poi di defilarsi dai guai.
A differenza di titoli più noti dello stesso genere, il “Mago Pancione Etcì” nacque direttamente su pellicola e l’allora neonata casa produttrice Tatsunoko, divenuta in seguito storica per il filone "Time Bokan", al tempo mirò più sul suo storico spirito comico piuttosto che all’intento tipicamente educativo di questi prodotti per l'infanzia. Kan-chan infatti è più vendicativo/egoista del pigro Nobita, si potrebbe definire un Suneo meno benestante, non esattamente un simpaticone insomma ed il genio, pur di buon cuore e con buoni propositi, crea più pasticci di quanti ne risolva con la sua magia mista grottescamente a tecnologia e modellismo. Di fatto Etcì non svolge un compito di educatore nei confronti del padroncino, al massimo si improvvisa tale con lo spettatore, e non in modo chiaro. Le sue rimostranze sono sempre del tutto personali e professionali e non necessariamente sensate. Al massimo il nostro povero genio offre un commento sul finire della puntata, ma cosa da tenere bene a mente, Etcì a differenza di un Doraemon, non può pienamente ribellarsi ai capricci svogliati del padrone quando gli si chiede aiuto per sfuggire ai doveri scolastici e alle faccende di casa, anche se i cambi di regia tendono ad avere la mano larga certe volte. La stessa amicizia con Kan-chan per quanto presente, si dimostra ben poco stabile dato che: tutte le magie fatte vengono annullate in caso di un secondo starnuto, che costringe il genio a rientrare nella bottigli; Etcì può diventare il fedele e volenteroso servitore di chiunque starnutisca in presenza della bottiglia, anche animali, pure quando ciò va totalmente a discapito del ragazzetto che lo ospita; gli interessi personali di entrambi hanno la precedenza.
A rafforzare poi il lato comico vi è in breve tempo l’introduzione della figlia del mago, Sbadiglio (Akubi), che come il nome indica in entrambe le lingue, può essere evocata come suo padre, ma con un diverso richiamo, in presenza della stesso vaso. La piccola Sbadiglio, presentata con un bello stacchetto musicale-matematico, contrariamente al nome però non è noiosa e tranquilla, tutt’altro è molto vispa, furbetta e non è servizievole come il suo genitore, bensì predilige il dispetto, il sabotaggio e i desideri esauditi a metà, piuttosto che aiutare qualcuno. In pratica un elemento pestifero e di ulteriore confusione, ma anche risolutivo, quando gli aggrada, dato che è molto meno imbranata di Etcì, e riesce spesso dove lui vergognosamente fallisce.
Tecnicamente la serie è invecchiata parecchio, ma risulta ancora simpatica grazie a una serie di scelte azzeccate quali lo stile di disegno, non solo semplice, ma volutamente sgangherato, che annulla errori come: pupille storte, proporzioni incerte e dimensioni variabili durante le apparizioni di Etcì (che passa dai 2 ai 4 metri) e le animazioni, all’occorrenza accentuate per compensare il limite numerico di tavole.
Le storie e la regia mostrano una generale disorganizzazione, attutita dall’anima demenziale del prodotto, ma non celata e tra le varie puntate, in particolar modo quelle in cui compaiono gli altri familiari di Etcì, come la moglie Singhiozzo, si nota una certa differenza dal resto. Per quanto riguarda il disegno è difficile parlare di uno stile ben preciso, i connotati cambiano abbastanza da personaggio a personaggio, al massimo si può parlare di generale "racchiezza", eccezion fatta per la ragazzina di cui Kan-chan è cotto e stracotto.
Riguardo all'umorismo, se da un lato si può contestualizzare un po' di cinismo, come il tagliare i baffi ad un gatto, purgare la gente, tentare il suicidio, veder usare armi da fuoco, insomma, scene che oggi verrebbero certamente cancellate, su stratagemmi ben poco realistici, motivazioni/effetti magici improvvisati e sulla costante percezione di normalità dei cittadini verso Etcì e le sue magie, accettati facilmente entrambi con scuse puerili, nei casi migliori, è un po' più difficile passarci sopra, almeno in età adulta.
Come adattamento si può facilmente indovinare che vi sono ogni tanto termini graziosamente poco formali o desueti e che vi sono state delle modifiche. Se da un lato la traduzione dei nomi genieschi come Akubi in Sbadiglio è sacrosanta (e andava mantenuta), la trasformazione della valuta in lire, di un cibo ricorrente in polpette e i vezzeggiativi di Kan-chan come “Pancione Mio! Pancione Bello!” sono elementi già più contestabili, ma a mio avviso divertenti ed utilissimi a far affezionare il giovane pubblico a cui era diretto, checché ne pensino i puristi di oggi. D'atro canto, modificare dialoghi come una prova di coraggio, che diventa una partita di pallone, per poi vedere il protagonista nervoso in un cimitero, sono oggettivamente scempiaggini senza senso. In generale nel rivedere la serie ho avuto la sensazione di continue micro modifiche, difficili da definire, ma che di sicuro non hanno aiutato i doppiatori nella sincronizzazione dei testi. Riguardo alle voci italiane, a parte il Kan-chan di G.Andreini, voce troppo riconoscibilmente femminile e stridula, e qualche bulletto sgraziato, il resto è per lo più accettabile, soprattutto il buon mago di B.Cattaneo, col vocione goffo ma simpatico ed il padre del ragazzo interpretrato dal gracchiante M.Bonetti.
In definitiva non è una serie indimenticabile, la Tatsunoko farà di molto meglio nella sua storia, questa produzione campa più sulla demenzialità generale più che altro, ma gli va dato atto che ha saputo far affezionare generazioni di giovani adulti di tutto il mondo. Infatti, ad oggi "Hakushon Daimao"/ "Il mago pancione Etcì", nonostante il quasi cinquantennio dalla prima messa in onda, non è stato ancora dimenticato, compaiono spesso cosplay e poster in documentari, film e trasmissioni tv dedicate alla Tatsunoko, lo stesso loro sito riporta Etcì nella homepage e in collaborazione con partner come la Bandai, gli ha dedicato sempre un sufficiente merchandising, al punto che anche da noi è meno difficile del previsto procurarsi gadget dedicati... anche se a dirla tutta, non è sempre roba ufficiale o dal prezzo affrontabile a causa della tiratura limitata. Sono stati poi operati negli anni anche blandi tentativi di rilancio, pur se non realizzati internamente alla compagnia e con un pubblico stavolta di sole ragazze. Infatti nel 2001 e 2006, sono stati prodotti, con puntate di diversa lunghezza due serie di Akubi Girl, entrambe di 26 episodi (la metà di quella storica) con protagonista una rabbonita Sbadiglio in una condizione familiare inedita e con un adattamento molto meno marcato. Entrambe sono state acquistate dalle nostre reti, ma come tante altre proprietà intellettuali, non sono più state riproposte dopo un paio di messe in onda, in favore invece di vecchie glorie anni 80 ormai fin troppo munte nella ormai striminzita finestra lasciata libera dalle serie live adolescenziali e dall’ animazione geometrica made in U.S.A.
Sicuramente un remake o film animato dell’opera originale sarebbero auspicabili oggi, recentemente è stato prodotto un live-action proprio in patria che certamente non arriverà mai, ma rimanendo nell’ambito dell’animazione, molti sarebbero i punti migliorabili con estrema facilità, e non sarebbe eccessivamente proibitivo mantenere un po' di quella monelleria con cui si è cresciuti. Il pubblico e i costi però sono cambiati.
....Aulì Aulé Tulilem Blem Blu!
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Astro Boy J-Pop sta pubblicando per la prima volta il manga in versione fedele... Possibile che nessuno porta l'anime del 1963?
Evidentemente certe cose mi disturbavano già allora.
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