Originariamente serializzato nel 1983 sulla rivista Shukan Bunshun, I tre Adolf è un manga di Osamu Tezuka fra i più citati e discussi. Considerato da alcuni un capolavoro assoluto, questa spy story dal sapore vagamente hitchcockiano, in cui si ripercorrono gli eventi più drammatici della storia del XX secolo, è sicuramente una delle opere più ambiziose e mature nell’ambito dell’ingombrante produzione artistica del “dio dei manga”. Più volte pubblicato in Italia da Hazard Edizioni, I tre Adolf ha vinto il Premio Kodansha nel 1986 e il Premio Oesterheld nel 1997, per aver favorito la comprensione e la conoscenza tra i popoli. Di recente, l’editore J-Pop Manga ne ha riproposto una nuovissima edizione, pubblicata in due volumi e presentata durante la scorsa tornata di Lucca Comics & Games.
Il racconto prende le mosse dalle Olimpiadi di Berlino del 1936, dove il reporter Sohei Toge lavora come inviato di una rivista giapponese. In seguito alla scomparsa di suo fratello, studente comunista sequestrato dalla Gestapo, Toge intraprende un’indagine che lo porta sulle tracce di un complotto internazionale volto a rovesciare il regime nazista. A questo punto l’intreccio si snoda con le vicende parallele dei tre personaggi chiave, i tre Adolf del titolo: Adolf Kamil, ebreo tedesco la cui famiglia, in fuga dalla Germania nazista, ha trovato rifugio nella città giapponese di Kobe; Adolf Kaufmann, figlio di un alto diplomatico tedesco che vive nella stessa città; e infine Adolf Hitler, il famigerato führer del Terzo Reich. Dopo aver subito atti di bullismo da parte di bambini che li trattano come pericolosi stranieri, i due giovani Adolf diventano buoni amici, nonostante l'opposizione delle loro famiglie. Ma il sentimento si trasformerà in aspro odio quando le loro strade si divideranno ed eventi più grandi li metteranno su fronti opposti della storia.
La lunga notte della Seconda Guerra Mondiale, con tutta la crudeltà dei suoi massacri e delle sue devastazioni, fa da sfondo alle vicende. Nel corso dei decenni, si va dall'invasione giapponese della Cina, all'Europa infiammata dai blitzkrieg tedeschi, attraverso la deportazione degli ebrei, fino al conflitto israelo-palestinese. Passando dalla grande Storia alle piccole storie dei singoli personaggi, il racconto si sposta avanti e indietro tra Germania e Giappone (con un coda in Medio Oriente). Per tutto il romanzo, Tezuka traccia dei parallelismi tra l’iter che ha portato dal nazionalismo tedesco ai crimini nazisti, e quelli che hanno portato dal nazionalismo nipponico alle atrocità commesse dalle armate imperiali nel sud est asiatico. L’autore si premura di inquadrare le vicende in uno scenario estremamente verosimile, inserendo personaggi storici realmente esistiti (fra i quali lo stesso Adolf Eichmann che ispirò La banalità del male di Hannah Arendt) e snocciolando una cronologia puntuale dei principali avvenimenti bellici, con numerose tavole descrittive, dal taglio documentaristico e didascalico.
Il romanzo grafico si basa sulla teoria, mai del tutto confermata, secondo la quale Adolf Hitler avrebbe discendenza ebraica per parte di padre. I presunti documenti bomba (rivelatori di quella scomoda verità che nella finzione tezukiana potrebbe cambiare le sorti del mondo) forniscono all’autore quello che in gergo viene definito un MacGuffin, ovvero un espediente puramente narrativo, privo di peso significativo per l'economia del racconto (non vedremo mai nel dettaglio il contenuto dei documenti né tanto meno il suo effetto deflagrante), ma funzionale a scatenare le azioni dei personaggi per tutto l’arco del libro.
Come sempre accade quando si ha di fronte un manga di Tezuka, il ritmo di lettura è sorprendentemente scorrevole, veloce e incalzante, nonostante la mole di testo. L’intreccio, ricco di suspense e colpi di scena, mantiene il lettore costantemente incollato alle tavole. I personaggi scoprono indizi, cadono in pericolose situazioni fra la vita e la morte, lottano per rimanere umani nei frangenti più tragici, in una vorticosa girandola di eventi, degna di un action thriller cinematografico. A questo proposito bisogna riconoscere l'innata capacità di Tezuka di tradurre in forma fumettistica il linguaggio tipico del cinema, dagli storyboard alle singole inquadrature.
Fra inseguimenti automobilistici, prove di forza, sparatorie e duelli all’ultimo sangue, ne I tre Adolf non manca una certa dose di umorismo, spesso si tratta di una comicità fisica e slapstick, tesa a stemperare i toni drammatici. In una delle sequenze più divertenti, Toge viene tampinato da un gran numero di spie internazionali che cercano di accaparrarsi i documenti segreti, in una sorta di parodia della guerra fredda. Del resto il fumetto è permeato da una opprimente cappa di orrore, con innumerevoli episodi di violenza, declinata in tutte le sue forme (dal bullismo, alla tortura, allo sterminio di massa, passando per una surreale e agghiacciante scena di stupro). Per le sequenze che documentano i raid aerei sulle città giapponesi e le stragi di civili, non è escluso che l’autore abbia attinto direttamente a suggestioni e ricordi della sua esperienza personale (da giovane Tezuka ha anche lavorato in una fabbrica che sosteneva lo sforzo bellico nipponico).
Per quanto riguarda l’aspetto puramente grafico, l’autore sembra adottare uno stile più realistico rispetto ai suoi canoni caratteristici, a cui rimane abbastanza fedele nel design dei personaggi, dai tratti moderatamente cartooneschi e meravigliosamente espressivi, in una vasta gamma di tipi fisiognomici. La sintesi del tratto e la deformazione anatomica sottolineano con forza dissacrante il carattere dei personaggi ritratti. L'alta qualità del disegno si nota anche nel tratteggio e nel puntinato, spesso usati invece dei retini, a vantaggio di un chiaroscuro più netto e incisivo. Il consueto estro vulcanico nella composizione della griglia è abbastanza moderato in confronto ad altre opere più sperimentali, mentre rimane pressoché inalterata la tecnica sopraffina nell'esecuzione delle vedute panoramiche, con tavole di stampo pittorico.
Nel delineare la psicologia dei suoi personaggi, l'autore crea uomini e donne a tutto tondo, dalla personalità complessa e sfaccettata. Mai del tutto buoni o cattivi, sono tutti accompagnati dai propri drammi e dalle proprie contraddizioni, che li fanno apparire veri e credibili. L’unico decisamente sopra le righe è Toge, che viene dipinto con un’aura da supereroe. La sua incredibile forza fisica gli consente di superare mille insidie: salta sui cornicioni dei palazzi, sopravvive alla tortura, conosce il tedesco e l'inglese, dimostra un acume da detective e possiede una tenacia straordinaria. A un certo punto, riesce persino a raggiungere un treno in corsa a piedi, nonostante una ferita da arma da fuoco e, come un novello Cary Grant, tutte le donne in cui si imbatte finiscono per cedere al suo fascino.
Kaufmann è il personaggio più controverso ed emblematico nel rappresentare l’ambiguità della natura umana, uno dei temi portanti del libro. L’involuzione del suo personaggio da un lato si fa metafora stessa delle origini del male, che potrebbe albergare potenzialmente in ognuno di noi, dall’altro afferma che questi orrori sono radicati in un male più grande: il nazionalismo.
Kamil rivela il punto di vista di Tezuka sugli ebrei, e in un certo senso (almeno nella prima parte del libro) incarna idealmente la figura mitica dell'Ebreo errante, spintosi in questo caso fino all’estremo oriente. L’autore elogia implicitamente la capacità degli ebrei apolidi di riuscire a sopravvivere in un paese lontano pur mantenendo la propria identità. La mancanza di radici nazionali, di chi non ha un paese e un esercito, e quindi non dichiara guerra agli altri, è intesa come un'esistenza quasi ideale, non afflitta dalle derive verso cui il patriottismo è destinato a deteriorarsi (lo stesso Kamil non ne sarà immune).
Passando a Hitler, alla stregua di Charlie Chaplin ne Il grande dittatore, Tezuka non esita a dipingere il führer con una certa vena caricaturale, nell'espressività del volto e nella gestualità, senza nulla togliere all'introspezione psicologica e alla gravità degli eventi storici, talvolta accuratamente riportati, come nel caso dell’attentato alla cosiddetta Tana del lupo, dal quale Hitler uscì miracolosamente indenne.
L’ambivalenza dei personaggi ne I tre Adolf trova la sua massima espressione nell’epilogo (risolto da Tezuka con un indimenticabile resa dei conti finale, in puro stile western), che evidenzia come gli stessi ebrei abbiano abbracciato il nazionalismo, creando infine un proprio stato. D’altronde, anche le aspirazioni patriottiche palestinesi e i metodi terroristici di Settembre Nero sono duramente condannati. La questione israelo-palestinese, come simbolo dell’eterna tragedia dei conflitti nazionali e degli stati nazionali, è riassunta in questo doloroso epitaffio: "Gli ebrei combattono per proteggere la loro nuova patria, e gli arabi per mandare via il loro nemico. Ogni popolo sostiene il proprio concetto di giustizia"
Per approfondire i rapporti tra Tezuka e la cultura ebraica bisogna fare un salto indietro nel tempo. Si parla spesso di influenze disneyane nello stile degli esordi, ma si trascura di citare l'impatto (non meno importante) che i fratelli Max e David Fleischer, immigrati ebrei a New York, con i loro personaggi iconici (si pensi a Betty Boop e Braccio di Ferro), hanno avuto sull’immaginario del giovane autore.
Ma è nelle opere dei primi anni ‘70, il suo periodo più oscuro e pessimista, che si può riconoscere un interesse genuino e profondo verso l’argomento. In particolare, Apollo no Uta (1970), è un racconto a tinte cupe incentrato su Shogo, un uomo di indole sadica e violenta, che odia il sentimento dell’amore e viene condannato a scoprirne il significato attraverso una serie di esperienze di reincarnazione, in cui conoscerà sì il vero amore ma, sulla falsa riga di quello di Apollo e Dafne, questo sarà destinato a svanire, in un ciclo perenne di morti e rinascite. In una di queste reincarnazioni, Shogo è un ufficiale nazista che accompagna i prigionieri ebrei su un treno diretto a un campo di sterminio e si innamora di una ragazza ebrea durante il viaggio.
Un’altra interessante digressione sulla Diaspora ebraica può essere rintracciata ne Il libro dell’Alba, uno dei capitoli dell’opera mondo La Fenice, ciclo epico che ha come fil rouge l’aspirazione del genere umano all'immortalità. Pubblicato a metà degli anni '70, Il libro dell’Alba è una storia di fantascienza che narra di una donna che si ritrova abbandonata su un pianeta lontano e cerca di tornare sulla Terra. Durante il suo viaggio, si confronta con gli ebrei che sono stati esiliati dalla loro patria per migliaia di anni, ma non hanno mai rinunciato alla speranza di tornare.
Di respiro molto più ampio, I tre Adolf estende significativamente il contesto rispetto ai due racconti citati, qui la Shoah e gli orrori della guerra non sono solo elementi di una rappresentazione astratta del male, ma si avvertono in maniera viva e tangibile. La condanna esplicita di Tezuka al militarismo e all'odio razziale si leva come un grido di dolore da ogni pagina del libro. La sua visione pessimistica si esprime attraverso scene memorabili, come nella tragica sequenza in cui Kaufmann offende un violinista ebreo dandogli dello scarafaggio, durante una marcia della morte, e questi gli risponde: “Perché voi "umani" odiate così tanto gli scarafaggi? (...) Nessuna altra specie sembra prestargli tanta attenzione come la vostra. Dopotutto, gli scarafaggi erediteranno la Terra dopo che la vostra cosiddetta razza umana si sarà estinta!”.
Con la stratificazione e la complessità dei suoi contenuti, I tre Adolf è la dimostrazione più autentica della portata culturale delle opere di Osamu Tezuka e della sua influenza non solo sui manga giapponesi ma sull'arte del fumetto tout court. Nondimeno, rimane una appassionata esplorazione della storia ebraica e della Shoah, che in campo fumettistico è paragonabile solo al graphic novel Maus di Art Spiegelman.
Il racconto prende le mosse dalle Olimpiadi di Berlino del 1936, dove il reporter Sohei Toge lavora come inviato di una rivista giapponese. In seguito alla scomparsa di suo fratello, studente comunista sequestrato dalla Gestapo, Toge intraprende un’indagine che lo porta sulle tracce di un complotto internazionale volto a rovesciare il regime nazista. A questo punto l’intreccio si snoda con le vicende parallele dei tre personaggi chiave, i tre Adolf del titolo: Adolf Kamil, ebreo tedesco la cui famiglia, in fuga dalla Germania nazista, ha trovato rifugio nella città giapponese di Kobe; Adolf Kaufmann, figlio di un alto diplomatico tedesco che vive nella stessa città; e infine Adolf Hitler, il famigerato führer del Terzo Reich. Dopo aver subito atti di bullismo da parte di bambini che li trattano come pericolosi stranieri, i due giovani Adolf diventano buoni amici, nonostante l'opposizione delle loro famiglie. Ma il sentimento si trasformerà in aspro odio quando le loro strade si divideranno ed eventi più grandi li metteranno su fronti opposti della storia.
La lunga notte della Seconda Guerra Mondiale, con tutta la crudeltà dei suoi massacri e delle sue devastazioni, fa da sfondo alle vicende. Nel corso dei decenni, si va dall'invasione giapponese della Cina, all'Europa infiammata dai blitzkrieg tedeschi, attraverso la deportazione degli ebrei, fino al conflitto israelo-palestinese. Passando dalla grande Storia alle piccole storie dei singoli personaggi, il racconto si sposta avanti e indietro tra Germania e Giappone (con un coda in Medio Oriente). Per tutto il romanzo, Tezuka traccia dei parallelismi tra l’iter che ha portato dal nazionalismo tedesco ai crimini nazisti, e quelli che hanno portato dal nazionalismo nipponico alle atrocità commesse dalle armate imperiali nel sud est asiatico. L’autore si premura di inquadrare le vicende in uno scenario estremamente verosimile, inserendo personaggi storici realmente esistiti (fra i quali lo stesso Adolf Eichmann che ispirò La banalità del male di Hannah Arendt) e snocciolando una cronologia puntuale dei principali avvenimenti bellici, con numerose tavole descrittive, dal taglio documentaristico e didascalico.
Il romanzo grafico si basa sulla teoria, mai del tutto confermata, secondo la quale Adolf Hitler avrebbe discendenza ebraica per parte di padre. I presunti documenti bomba (rivelatori di quella scomoda verità che nella finzione tezukiana potrebbe cambiare le sorti del mondo) forniscono all’autore quello che in gergo viene definito un MacGuffin, ovvero un espediente puramente narrativo, privo di peso significativo per l'economia del racconto (non vedremo mai nel dettaglio il contenuto dei documenti né tanto meno il suo effetto deflagrante), ma funzionale a scatenare le azioni dei personaggi per tutto l’arco del libro.
Come sempre accade quando si ha di fronte un manga di Tezuka, il ritmo di lettura è sorprendentemente scorrevole, veloce e incalzante, nonostante la mole di testo. L’intreccio, ricco di suspense e colpi di scena, mantiene il lettore costantemente incollato alle tavole. I personaggi scoprono indizi, cadono in pericolose situazioni fra la vita e la morte, lottano per rimanere umani nei frangenti più tragici, in una vorticosa girandola di eventi, degna di un action thriller cinematografico. A questo proposito bisogna riconoscere l'innata capacità di Tezuka di tradurre in forma fumettistica il linguaggio tipico del cinema, dagli storyboard alle singole inquadrature.
Fra inseguimenti automobilistici, prove di forza, sparatorie e duelli all’ultimo sangue, ne I tre Adolf non manca una certa dose di umorismo, spesso si tratta di una comicità fisica e slapstick, tesa a stemperare i toni drammatici. In una delle sequenze più divertenti, Toge viene tampinato da un gran numero di spie internazionali che cercano di accaparrarsi i documenti segreti, in una sorta di parodia della guerra fredda. Del resto il fumetto è permeato da una opprimente cappa di orrore, con innumerevoli episodi di violenza, declinata in tutte le sue forme (dal bullismo, alla tortura, allo sterminio di massa, passando per una surreale e agghiacciante scena di stupro). Per le sequenze che documentano i raid aerei sulle città giapponesi e le stragi di civili, non è escluso che l’autore abbia attinto direttamente a suggestioni e ricordi della sua esperienza personale (da giovane Tezuka ha anche lavorato in una fabbrica che sosteneva lo sforzo bellico nipponico).
Per quanto riguarda l’aspetto puramente grafico, l’autore sembra adottare uno stile più realistico rispetto ai suoi canoni caratteristici, a cui rimane abbastanza fedele nel design dei personaggi, dai tratti moderatamente cartooneschi e meravigliosamente espressivi, in una vasta gamma di tipi fisiognomici. La sintesi del tratto e la deformazione anatomica sottolineano con forza dissacrante il carattere dei personaggi ritratti. L'alta qualità del disegno si nota anche nel tratteggio e nel puntinato, spesso usati invece dei retini, a vantaggio di un chiaroscuro più netto e incisivo. Il consueto estro vulcanico nella composizione della griglia è abbastanza moderato in confronto ad altre opere più sperimentali, mentre rimane pressoché inalterata la tecnica sopraffina nell'esecuzione delle vedute panoramiche, con tavole di stampo pittorico.
Nel delineare la psicologia dei suoi personaggi, l'autore crea uomini e donne a tutto tondo, dalla personalità complessa e sfaccettata. Mai del tutto buoni o cattivi, sono tutti accompagnati dai propri drammi e dalle proprie contraddizioni, che li fanno apparire veri e credibili. L’unico decisamente sopra le righe è Toge, che viene dipinto con un’aura da supereroe. La sua incredibile forza fisica gli consente di superare mille insidie: salta sui cornicioni dei palazzi, sopravvive alla tortura, conosce il tedesco e l'inglese, dimostra un acume da detective e possiede una tenacia straordinaria. A un certo punto, riesce persino a raggiungere un treno in corsa a piedi, nonostante una ferita da arma da fuoco e, come un novello Cary Grant, tutte le donne in cui si imbatte finiscono per cedere al suo fascino.
Kaufmann è il personaggio più controverso ed emblematico nel rappresentare l’ambiguità della natura umana, uno dei temi portanti del libro. L’involuzione del suo personaggio da un lato si fa metafora stessa delle origini del male, che potrebbe albergare potenzialmente in ognuno di noi, dall’altro afferma che questi orrori sono radicati in un male più grande: il nazionalismo.
Kamil rivela il punto di vista di Tezuka sugli ebrei, e in un certo senso (almeno nella prima parte del libro) incarna idealmente la figura mitica dell'Ebreo errante, spintosi in questo caso fino all’estremo oriente. L’autore elogia implicitamente la capacità degli ebrei apolidi di riuscire a sopravvivere in un paese lontano pur mantenendo la propria identità. La mancanza di radici nazionali, di chi non ha un paese e un esercito, e quindi non dichiara guerra agli altri, è intesa come un'esistenza quasi ideale, non afflitta dalle derive verso cui il patriottismo è destinato a deteriorarsi (lo stesso Kamil non ne sarà immune).
Passando a Hitler, alla stregua di Charlie Chaplin ne Il grande dittatore, Tezuka non esita a dipingere il führer con una certa vena caricaturale, nell'espressività del volto e nella gestualità, senza nulla togliere all'introspezione psicologica e alla gravità degli eventi storici, talvolta accuratamente riportati, come nel caso dell’attentato alla cosiddetta Tana del lupo, dal quale Hitler uscì miracolosamente indenne.
L’ambivalenza dei personaggi ne I tre Adolf trova la sua massima espressione nell’epilogo (risolto da Tezuka con un indimenticabile resa dei conti finale, in puro stile western), che evidenzia come gli stessi ebrei abbiano abbracciato il nazionalismo, creando infine un proprio stato. D’altronde, anche le aspirazioni patriottiche palestinesi e i metodi terroristici di Settembre Nero sono duramente condannati. La questione israelo-palestinese, come simbolo dell’eterna tragedia dei conflitti nazionali e degli stati nazionali, è riassunta in questo doloroso epitaffio: "Gli ebrei combattono per proteggere la loro nuova patria, e gli arabi per mandare via il loro nemico. Ogni popolo sostiene il proprio concetto di giustizia"
Per approfondire i rapporti tra Tezuka e la cultura ebraica bisogna fare un salto indietro nel tempo. Si parla spesso di influenze disneyane nello stile degli esordi, ma si trascura di citare l'impatto (non meno importante) che i fratelli Max e David Fleischer, immigrati ebrei a New York, con i loro personaggi iconici (si pensi a Betty Boop e Braccio di Ferro), hanno avuto sull’immaginario del giovane autore.
Ma è nelle opere dei primi anni ‘70, il suo periodo più oscuro e pessimista, che si può riconoscere un interesse genuino e profondo verso l’argomento. In particolare, Apollo no Uta (1970), è un racconto a tinte cupe incentrato su Shogo, un uomo di indole sadica e violenta, che odia il sentimento dell’amore e viene condannato a scoprirne il significato attraverso una serie di esperienze di reincarnazione, in cui conoscerà sì il vero amore ma, sulla falsa riga di quello di Apollo e Dafne, questo sarà destinato a svanire, in un ciclo perenne di morti e rinascite. In una di queste reincarnazioni, Shogo è un ufficiale nazista che accompagna i prigionieri ebrei su un treno diretto a un campo di sterminio e si innamora di una ragazza ebrea durante il viaggio.
Un’altra interessante digressione sulla Diaspora ebraica può essere rintracciata ne Il libro dell’Alba, uno dei capitoli dell’opera mondo La Fenice, ciclo epico che ha come fil rouge l’aspirazione del genere umano all'immortalità. Pubblicato a metà degli anni '70, Il libro dell’Alba è una storia di fantascienza che narra di una donna che si ritrova abbandonata su un pianeta lontano e cerca di tornare sulla Terra. Durante il suo viaggio, si confronta con gli ebrei che sono stati esiliati dalla loro patria per migliaia di anni, ma non hanno mai rinunciato alla speranza di tornare.
Di respiro molto più ampio, I tre Adolf estende significativamente il contesto rispetto ai due racconti citati, qui la Shoah e gli orrori della guerra non sono solo elementi di una rappresentazione astratta del male, ma si avvertono in maniera viva e tangibile. La condanna esplicita di Tezuka al militarismo e all'odio razziale si leva come un grido di dolore da ogni pagina del libro. La sua visione pessimistica si esprime attraverso scene memorabili, come nella tragica sequenza in cui Kaufmann offende un violinista ebreo dandogli dello scarafaggio, durante una marcia della morte, e questi gli risponde: “Perché voi "umani" odiate così tanto gli scarafaggi? (...) Nessuna altra specie sembra prestargli tanta attenzione come la vostra. Dopotutto, gli scarafaggi erediteranno la Terra dopo che la vostra cosiddetta razza umana si sarà estinta!”.
L'edizione J-Pop Manga, resa possibile grazie alla collaborazione con Hazard, è inserita nella nuova collana Osamushi Collection ed è suddivisa in due corposi tomi di oltre 1200 pagine, rilegati in brossura fresata e muniti di sovraccoperta con illustrazioni a colori, al costo complessivo di € 38,00. Rispetto alle due vecchie edizioni, rispettivamente da cinque e tre volumi, si riscontrano una migliore qualità della carta e il formato leggermente più grande (15x21cm). Si sente la mancanza di una nota redazionale monografica che un’opera così pregnante avrebbe senz’altro meritato.
Con la stratificazione e la complessità dei suoi contenuti, I tre Adolf è la dimostrazione più autentica della portata culturale delle opere di Osamu Tezuka e della sua influenza non solo sui manga giapponesi ma sull'arte del fumetto tout court. Nondimeno, rimane una appassionata esplorazione della storia ebraica e della Shoah, che in campo fumettistico è paragonabile solo al graphic novel Maus di Art Spiegelman.
L'unicità della cultura del fumetto giapponese, che si radica in ogni strato della società e che abbraccia praticamente ogni soggetto e genere immaginabile, è fortemente legata all'unicità di Osamu Tezuka (1928-1989). Unanimamente riconosciuto come il “dio dei manga”, Tezuka ha creato dozzine di personaggi iconici (Kimba, Astro Boy, La Principessa Zaffiro, Black Jack, solo per citarne alcuni) che sono entrati di prepotenza nell’immaginario popolare giapponese, in una produzione stimata in 150.000 tavole, disegnate nell’arco di una vita fin troppo breve, considerando che trovò il tempo di laurearsi in medicina, produrre centinaia di ore di animazione tradotte in film e serie TV, scrivere saggi e recensioni su riviste, e apparire in spot pubblicitari. Tezuka era anche un grande lettore e la sua vasta conoscenza in letteratura, storia, scienza, musica e filosofia si riflette sovente nelle sue opere, con uno spessore intellettuale che rende la sua influenza a livello globale più profonda di quella della maggior parte dei suoi colleghi giapponesi.
Titolo | Prezzo | Casa editrice |
---|---|---|
I tre Adolf 1 | € 19.00 | JPOP |
I tre Adolf 2 | € 19.00 | JPOP |
La Storia dei tre Adolf 1 | € 10.33 | Hazard Edizioni |
La Storia dei tre Adolf 2 | € 10.33 | Hazard Edizioni |
La Storia dei tre Adolf 3 | € 10.33 | Hazard Edizioni |
La Storia dei tre Adolf 4 | € 10.33 | Hazard Edizioni |
La Storia dei tre Adolf 5 | € 10.33 | Hazard Edizioni |
La storia dei tre Adolf - Nuova Edizione 1 | € 15.00 | Hazard Edizioni |
La storia dei tre Adolf - Nuova Edizione 2 | € 15.00 | Hazard Edizioni |
La storia dei tre Adolf - Nuova Edizione 3 | € 15.00 | Hazard Edizioni |
La storia dei tre Adolf - Nuova Edizione Box Serie Completa | € 45.00 | Hazard Edizioni |
Pro
- Rigorosa ricostruzione dello scenario storico
- Disegni meravigliosamente espressivi
- Personaggi dal carattere profondo e sfaccettato
- Ritmo di lettura sostenuto e incalzante
- Elementi comici discreti e mai sopra le righe
- Interessanti spunti di riflessione socio-politica
- Scene di violenza crude ma non gratuite
- Azione e suspense degne di un film
Casomai potresti comprare inediti che stanno uscendo in questi mesi, e che usciranno nei prossimi ...
Per quanto riguarda il "rovinati", dipende cosa e quanto ... pagine strappate? Costine demolite? Copertina strappata?
In questo caso allora si ....
Sanno di vissuto...
Comunque si, puoi comprarli tranquillamente.
Io, della Hazard ho I tre Adolf e Ayako. Per quanto belle edizioni, mi sono sempre rifiutato di comprare titoli perché speravo in qualcosa di meglio. E la jpop lo ha fatto, finalmente.
A parte i due titoli citati, recupererò tutto Tezuka della Jpop.
Si, Ouchan, parlavo proprio di carta. Quella jpop è molto meglio. Quella hazard tende ad ingiallirsi velocemente.
Mmmh l'annotazione di @Ouchan è corretta, anche io se si ha la possibiltà ti consiglio di prendere i due volumi rovinati però..per ti consiglio anche di pensare a ricomprare
di prenderli tutti e tre..Non per mero collezionismo bibliotecario fine a se stesso..
Sono ristampe ma la collana Osamushi per la sua complessiva qualità di contenuti ed edizioni diventerà l'edizione di riferimento - in Italia- per le opere di Osamu Tezuka. Non c'è dubbio.
E lo dico con amarezza..io non so proprio dove li metterei acquistandoli...-__-
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