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Onigiri ai friarielli

Episodi visti: 12/12 --- Voto 5
Con un titolo come Honey Lemon Soda, ci si aspetterebbe una storia vivace, frizzante, piena di colori; qualcosa che faccia tornare alla mente i primi amori, o almeno che li faccia riaffiorare. Bene, prendete questo approccio positivo e seppellitelo sotto un cumulo di macerie. Perché questa serie è tutt’altro che vivace, frizzante e colorata. È, per certi versi, spenta, sfiatata e incolore.

All’inizio del primo episodio assistiamo al primo incontro tra Uka Ishimori e Kai Miura, i due protagonisti. I due si conoscono dopo che Uka ha subito l’ennesimo atto di bullismo, trovando in Miura una figura comprensiva e protettiva. Da quel momento, Miura diventa una sorta di guardia del corpo; la tiene costantemente sott’occhio e interviene tempestivamente quando si trova in difficoltà. Uka percepisce questo velo protettivo come qualcosa che va oltre la sua natura dell’intento e inizia a provare un’emozione per lei nuova: un profondo senso di rivalsa. Tutta la serie ruota attorno al concetto di protezione e alla difficoltà di uscire da uno stato di impasse psicologica e sociale. Temi importanti, attuali, e sulla carta anche nobili. Il problema – a mio avviso – è il modo in cui vengono raccontati. Già gli argomenti non sono propriamente leggeri; se poi vengono amplificati e resi ancora più pesanti, si finisce per trasformare quella che poteva essere una dolce storia di crescita in qualcosa di cupo, malinconico, quasi claustrofobico. Sembra a tratti di guardare un film dei fratelli D’Innocenzo. Un approccio narrativo un po’ più leggero e calibrato avrebbe giovato all’opera, soprattutto considerando il tipo di storia che intende raccontare e il pubblico a cui si rivolge.

Fin da piccola, Uka ha vissuto sotto una sorta di campana di vetro, protetta da genitori troppo apprensivi. Questa iperprotezione ha compromesso il suo sviluppo personale, rendendola insicura e incapace di reagire di fronte al bullismo subito durante le scuole medie. Le conseguenze si rendono subito evidenti, infatti Uka fatica a relazionarsi con gli altri, si limita nelle esperienze adolescenziali e si sabota spesso da sola, anche quando qualcosa di bello sta finalmente accadendo. La sua mancanza di fiducia è tale che, per riuscire a parlare con qualcuno, deve raccogliere tutto il suo coraggio e spesso finisce per urlare ciò che ha da dire. È chiaro che si sia voluto enfatizzare la sua insicurezza e fragilità, ma – a mio avviso – si è esagerato con le proporzioni. Vederla per l’ennesima volta in crisi, anche quando ormai le circostanze le sono favorevoli, può risultare stucchevole e ripetitivo. Detto questo, ho apprezzato la forza di volontà che emerge nel suo character design, soprattutto nei momenti in cui prende coscienza del bisogno di cambiare. Quando capisce che deve cogliere l’attimo per dare una svolta alla sua vita, si mette in gioco con tutta sé stessa. Ed è proprio questo, al netto dei difetti, l’aspetto che può davvero lasciare qualcosa a chi guarda. Vedere qualcuno provarci, nonostante tutto, può essere d’ispirazione per chi si trova in una situazione simile. E forse, in fondo, è proprio questo il messaggio più importante della serie.

È vero che Uka è la protagonista indiscussa della serie, ma un minimo di approfondimento sul coprotagonista Miura avrebbe certamente aggiunto spessore alla narrazione, rendendo più comprensibili molti dei suoi atteggiamenti. Di Miura, in realtà, si sa molto poco. Non viene mai chiarito il motivo per cui sia così schivo, distante, spesso annoiato o disinteressato a ciò che lo circonda. Ancora meno si capisce da dove nasca il suo atteggiamento iperprotettivo nei confronti delle persone più fragili. Non è un comportamento riservato solo a Uka, più avanti si scopre infatti che in passato si è comportato allo stesso modo anche con Serina, una sua ex compagna di classe. Proprio questo suo lato “protettivo” risulta troppo maniacale e disturbante, sembra quasi voler avere il totale controllo della vita delle sue “protette” finendo poi per essere inquietante. Così lascia solo una sensazione di disagio, e in alcuni momenti, la sua figura sembra più un ostacolo alla crescita di Uka che un vero supporto.

Forse è proprio questo aspetto a rendere l’atmosfera della serie eccessivamente pesante, specialmente considerando che ci si aspetterebbe una romcom leggera. A peggiorare ulteriormente la situazione contribuisce anche la figura del padre di Uka, con il suo atteggiamento iperprotettivo e costantemente ansioso nei confronti della figlia. Tuttavia, questo elemento ha quantomeno una funzione narrativa chiara. Ci aiuta a comprendere perché Uka si ritrovi a vivere una vita insicura e solitaria, incapace di relazionarsi in modo sano con i suoi coetanei. Diversamente, l’atteggiamento di Miura perde di coerenza e significato. Perché come, già detto, non ci viene mai svelato il motivo di questo suo lato protettivo e il risultato è un personaggio che risulta, in certi momenti, ingiustificatamente inquietante.

I personaggi secondari risultano quasi non pervenuti. La loro gestione è stata fallace, troppo spesso rimangono sullo sfondo, privi di un reale impatto narrativo, e in alcuni casi appaiono ingombranti. Hanno una qualche coerenza quando agiscono come gruppo, invece che singolarmente. Unica eccezione è Serina, che riesce ad offrire un contributo concreto allo sviluppo dei protagonisti.

A livello visivo, la regia dà ampio spazio al colore giallo. La fotografia è particolarmente luminosa, come se ogni ambiente, anche gli interni, fosse perennemente illuminato dalla luce naturale del sole. Persino le pareti della scuola e gli occhi di molti personaggi condividono quella tinta giallo limone, in chiaro richiamo al titolo della serie. Sarebbe stato forse più efficace riservare questa caratteristica dell’iride al solo protagonista, per rafforzarne la centralità simbolica. Detto ciò, lo Studio J.C.Staff ha svolto complessivamente un buon lavoro tecnico, all’altezza delle aspettative per un team di tale esperienza.

La colonna sonora, in alcune scene, tende a enfatizzare eccessivamente i momenti più introspettivi in cui Uka si perde nei suoi pensieri, schiacciata dal peso delle proprie insicurezze. Pur non risultando sgradevole, una soundtrack meno drammatica e più motivazionale avrebbe probabilmente trasmesso in modo più efficace lo sforzo interiore della protagonista nel voler uscire dal proprio guscio.

Nel complesso mi è sembrata un’occasione sprecata. Gli argomenti affrontati (il bullismo, l’insicurezza, la voglia di riscatto) avevano tutte le carte in regola per dar vita a un contesto più profondo e coinvolgente, ma sono stati trattati in modo sbilanciato. Anche la storia d’amore tra i protagonisti sembra molto irrealistica e non trasposta nel migliore dei modi. Non lasciano quasi mai trasparire un vero sentimento e questo si riflette sullo spettatore. Se si dovesse proseguire con una seconda stagione, rifletterei un tantino in più sulla sceneggiatura e auspicherei qualche scelta più ponderata dal punto di vista registico, per valorizzare al meglio ciò che questa storia ha davvero da offrire.


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GialluGamer97

Episodi visti: 12/12 --- Voto 9
L'ho trovato veramente molto carino! La storia e il suo svolgimento li ho trovati interessanti e mi ha divertito ed emozionante molto. La protagonista è veramente adorabile ed è stato bello vederla crescere poco alla volta e acquisire sempre più coraggio. Oltre a lei mi sono piaciuti dal primo all'ultimo tutti i personaggi principali. I disegni sono veramente stupendi, con anche un'ottima colorazione e le animazioni sono ben fatte. Ho apprezzato molto anche il doppiaggio. La ending tutta colorata e allegra mi è piaciuta particolarmente. Penso sia uno dei migliori romance degli ultimi anni.


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Kondo

Episodi visti: 12/12 --- Voto 4
Mi sono approcciato a questo anime molto speranzoso.
Avevo letto che il manga era longevo, 27 volumi e ancora in prosecuzione, e che trattava di tematiche forti come bullismo e genitori iper protettivi.
Insomma avevo tutte le migliori intenzioni e dopo la prima puntata la mia impressione è stata abbastanza positiva: sigla orecchiabile, character design non eccezionale ma in qualche modo insolito, protagonista introversa e con un passato di emarginazione alle spalle, pronta per suscitare voglia di protezione. Mi ha ricordato in qualche modo Kimi ni Todoke. I toni erano molto più pesanti ma ho pensato fosse la classica esagerazione iniziale introduttiva per creare empatia in preparazione del percorso di redenzione.
Grosso errore di valutazione.
Non si trattava di un’introduzione appositamente esagerata per creare empatia… si trattava dell’essenza di tutto l’anime, del liet motiv di ogni singola puntata di questa serie, dalla prima all’ultima.

Ognuna delle 12 puntate è infatti così: greve e avvilente. Causa di questo è principalmente la protagonista, Uka Ishimori, che è uno dei personaggi più lagnosi, vittimisti, autocommiseranti che mi sia mai capitato di conoscere. Un autentico caso umano.
Con Uka, Honey Lemon Soda mette a dura prova la nostra pazienza: una ragazzina indifesa kawaii, che di primo acchito provoca sentimenti di protezione, quanto può essere deprimente, autosabotante, pessimista, intrinsecamente inetta prima di risultare insopportabile?
Non lo so, ma di sicuro Uka riesce a varcare quel limite.
Passa tutto il tempo a piangere e buttarsi giù, non fa praticamente altro nel corso della sua giornata. Ha una considerazione di sè che a scendere non si ferma nemmeno allo zero assoluto, va oltre. Praticamente ogni volta che trova il coraggio di aprire bocca, grida, con le lacrime agli occhi. Persino le cose belle vengono da lei vissute male, con senso di colpa o vengono interpretate in termini insensatamente pessimistici. Tutto amplificato da una logorante colonna sonora depressiva.
Oltre all’estenuante negatività, questo personaggio è caratterizzato anche da ridicolaggini assurde, cartoonesche, del tipo che lei non ha mai preso in mano una palla da basket ma al primo tentativo fa un canestro da tre perchè pur non avendo mai fatto sport, ha tante volte fantasticato di fare sport. O che vince le gare di atletica nonostante lei per anni non avesse in pratica fatto moto visto che, a parte la scuola, passava tutte le sue giornate segregata in casa da genitori iperprotettivi.

Di contro Miura-kun, il principe giallo, è un personaggio irreale: un ragazzo bellissimo, schivo e mezzo teppista, dal passato tenebroso mai spiegato, apparentemente non interessato a nessuno, continuamente attorniato da ragazze che lo vogliono e gli chiedono di uscire o da ragazzi che si impicciano dei fatti suoi. E’ raffigurato continuamente li, che guarda noncurante il cellulare, in mezzo a una cerchia di gente che gli parla e cerca di attrarre la sua attenzione, e che lui schifa e non degna nè di uno sguardo nè di una parola. A una certa direi che queste persone si dovrebbero pure stufare e allontanarsi da lui ma no, sono sempre li. Fanno parte della sua iconografia.
Ovviamente uno così irraggiungibile cosa fa? Si interessa a prima vista a una ragazza comune e insignificante come Uka, senza alcuna spiegazione, e ne diventa il protettore.
Ogni interazione tra Miura-kun e Uka è esagerata e macchiettistica: lui si materializza improvvisamente ogni volta che Uka ha bisogno, certe volte pare quasi che voli o si teletrasporti, ha una forza sovrumana che gli permette di sgominare da solo numerosi bulli insieme.
Sua caratteristica peculiare è che non ha il senso della privacy: frasi che andrebbero dette in privato lui le spara a Uka in pubblico davanti a tremila persone: la tv lo intervista e lui se ne esce con “a Ishimori ci penso io”, così, dal nulla. O, non ricordo in quale occasione, sempre davanti a tutta la scuola “Veglierò su di te, per sempre”.
Oppure gli chiedono di fare il discorso di apertura del quadrimestre (perchè mai chiederlo a lui, poi? Persone più inadatte ne abbiamo?) e anche li un’altra frase di quelle che andrebbero sussurrate in intimità e che invece urla al microfono in aula magna. A tu per tu invece tratta Uka come se fosse una minorata mentale, la salva guardandola ogni volta dall’alto in basso con sguardo severo e dandole lezioni di vita, che lei accoglie con occhi sgranati come rivelazioni del suo Dio. Pare un mental coach ingaggiato dalla famiglia per farle riacquistare autostima.

Ah, nelle loro interazioni c’è spesso di mezzo qualche lemon soda, che compare nei momenti più inaspettati: a chi andrà in faccia stavolta?

Se i due protagonisti sono delle caricature viventi, la fauna umana attorno a loro non è da meno.
Honey Lemon Soda ci trasporta infatti in un universo parallelo in cui è normale che una ragazza venga bullizzata ad ogni angolo da chiunque la capiti a tiro; in cui un ragazzo popolare viene quotidianamente e continuamente avvicinato ovunque vada (a scuola, per la strada, in spiaggia, nei locali) da gente a caso sconosciuta che gli chiede pubblicamente, davanti a tutti, dettagli della sua vita privata (con chi sta, con chi si è lasciato, perchè, come); in cui nessuna persona ha il buon gusto e il contegno di tenere per se pensieri ingiuriosi o impertinenti; in cui Uka ovunque vada intercetti di continuo per caso gente che spettegola specificatamente di lei o del ragazzo che le piace.
Penso sia uno degli anime con i dialoghi più improbabili mai sentiti.

Sa tutto di così forzato e irreale che l’unica cosa che avrebbe potuto salvare sta roba sarebbe stato se fosse venuto fuori che Uka aveva avuto un incidente e tutto ciò che vedevamo era un ingenuo sogno di questa povera creatura.

Tecnicamente discreto: i disegni sono abbastanza buoni, le animazioni non semre fluide e a volte fanno un effetto Picasso. OST come detto troppo pesantona. Sigle carine.

Onestamente verso la fine sono andato avanti per la comicità involontaria, fingendo si trattasse di una parodia di un romance. In questa chiave devo dire che faceva anche ridere.

Ma insomma, stiamo pur sempre parlando di uno dei peggiori romance che abbia visto negli ultimi anni.


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KenRen

Episodi visti: 12/12 --- Voto 7
Partiamo dal presupposto che sembra, tra gli stessi di genere, il peggiore della sua stagione, invece così male non è.

Chiariamo che dal titolo si evince che la storia sia “frizzante” trattandosi di lemon soda e invece nulla di tutto ciò. La protagonista passa tranquillamente un terzo del tempo a piangere, quindi di eccentrico ha proprio nulla, al contrario è vittima delle sue insicurezze ed emozioni, mette perennemente in discussione ogni nota positiva che si crea con la controparte dell’altra parte del cielo ma matura piano piano in consapevolezza, benché anche all’ultimo la sua negatività viene comunque fuori. Consci che il personaggio femminile è sostanzialmente un’emarginata, ci si aspetta che il buon protagonista sia invece il classico iper popolare, che così è, bello, e lo è, super simpatico ed egocentrico contraltare a lei, che invece non ci prende manco vicino. Troviamo invece una persona di poche parole, elucubrante e schiva, che dice quello che pensa senza giri di parole e mai per provocare ma al contrario, per delineare un suo pensiero. Questo rende meno banale questo improbabile duo, ma al contempo rende la storia molto compassata e con pochi spunti emotivi per lo spettatore.

I disegni sono decenti, non spiccano in nulla e non sono il mio massimo gradimento, specialmente gli occhi di lei sono quasi fastidiosi in alcune circostanze. Però è anche vero che non è il classico disegno standard da fotocopia, quindi almeno dal punto di vista della creatività, lo studio di produzione ha voluto lasciare una firma e questo oggi è apprezzabile.

La trama è molto semplice, non ci sono colpi di scena, le antagoniste di lei sono totalmente in suo opposto da ogni punto di vista e lei neppure prova a mettersi in competizione, ragion per cui, essendo inutili ai fini della storia, vengono sempre liquidate in breve. Abbiamo un arco narrativo breve che inizia e si conclude senza dover richiedere un sequel per chiarire qualche punto o vedere un proseguo della relazione. L’opera si incentra sulla crescita di lei quasi esclusivamente, che avviene grazie alle parole, spesso al fiele di lui, che vengono sempre interpretate da lei nell’accezione positiva della cosa.

Tutto sommato è andato in crescendo, qualche spunto interessante lo si è anche visto e forse guardato tutto di seguito, nella sua brevità, avrebbe lasciato qualcosa di più, quindi, per quanto detto, non posso esprimere un parere negativo su questo anime, essendo autoconclusivo, vale la pena dargli un chance.