Ivalice, un regno custodito dai leoni a due teste, è reduce da un lungo conflitto con le nazioni confinanti Romanda e Ordalia, noto come Guerra dei Cinquant'anni, e sta affrontando problemi economici, divisioni politiche e rivolte interne. Il re di Ivalice è morto di recente e l’erede designato ha appena due anni; pertanto, è necessario un reggente che governi al posto del principe. Il regno è diviso tra due candidati chiamati: il Duca Goltanna, cugino del Re, e il Duca Larg, fratello maggiore della Regina. Entrambi i nobili sono rispettati generali che si sono fatti distinguere nella Guerra dei Cinquant’anni; Goltanna è rappresentato dal Leone Nero, mentre Larg simboleggia il Leone Bianco, il conflitto che ne scaturisce sarà noto alla storia come la Guerra dei Leoni.
Ramza è il terzogenito della Casata dei Beoulve, ma ha abbandonato la sua nobiltà unendosi ad un gruppo di mercenari capitanato da Goffard Gaffgarion, assoldato dall'Ordine del Cielo del Nord per scortare la Principessa Ovelia a Eagrose. Giunti al Monastero di Orbonne, dove risiede la Principessa Ovelia Atkascha, vengono attaccati da diversi cavalieri del Cielo del Nord vestiti da cavalieri del Cielo del Sud. Il gruppo di Gaffgarion riesce a respingerli, ma erano un diversivo, Delita, ex apprendista cavaliere dell’Accademia Militare Reale di Gariland, nonché amico di infanzia di Ramza, si intrufola nel Monastero e rapisce la principessa, riuscendo a fuggire dal retro su un chocobo. Accompagnati da Agrias Oaks, guardia del corpo della principessa Ramza e Gaffgarion partono alla caccia a Delita. Ramza, che non vedeva Delita da un anno credendolo morto, ripensa ai tempi in cui entrambi combattevano insieme nell'Ordine del Cielo Settentrionale. Ma le loro vite cambiarono quando fu incaricato loro di dare la caccia ad una certa Brigata del Morto, un gruppo armato, formato da reduci della guerra, che intraprese una rivolta contro la nobiltà nel ducato di Gallione, governato dal Duca Larg.
L’idea di un Final Fantasy con componente strategica viene concepita dalla mente di Hironou Sakaguchi già nel 1993, ma i numerosi impegni congelarono sul nascere la sua realizzazione. Del resto, i giochi di ruolo strategici, definiti dai giapponesi SRPG, che, come intuibile dalla dicitura, univano la rigida struttura dei videogiochi strategici con la progressione e le classi tipiche degli RPG, iniziarono ad emergere con una certa importanza agli inizi degli anni Novanta, con l’avvento di franchise del calibro di Fire Emblem, Langrisser e Shining Force. Tra questi nomi, alcuni dei quali titoli di bandiera di Nintendo e Sega, si fece largo anche Quest Corporation, piccola compagnia fondata nel 1988 salita alla ribalta qualche anno dopo con Ogre Battle: The March of the Black Queen, strategico in grado di vendere quasi mezzo milione di copie. Nel 1995, Quest si ripete, anzi si supera, con Tactics Ogre: Let Us Cling Together, ritenuto uno spartiacque dei tattici a turni su caselle; l’introduzione di dislivelli del terreno, la profondità del sistema di gioco e una storia matura sono solo alcune delle caratteristiche che rendono Tactics Ogre, ancora oggi, uno dei pilastri del genere. I principali artefici della “Ogre Saga” sono il direttore e scrittore Yasumi Matsuno, gli artisti e designer Hiroshi Minagawa e Akihiko Yoshida, e i compositori Hitoshi Sakimoto e Masaharu Iwata. Un gruppo di creativi che ancora oggi è difficile immaginare separato, tant’è che quando Matsuno decise di lasciare Quest, probabilmente per divergenze creative, Minagawa e Yoshida seguirono a ruota, con Sakaguchi pronto ad accoglierli, nessuno meglio di loro poteva dare finalmente vita a quel Final Fantasy Tactics desiderato da tempo.
Tactics Ogre andava però rivisto dalle fondamenta per avvicinarsi maggiormente allo spirito di Final Fantasy; le battaglie tra “eserciti”, infarcite di anonimi soldati reclutati sul campo, lasciano il posto a schermaglie più contenute dal punto di vista numerico, formate da gruppi di quattro, cinque alleati al massimo, esclusi i personaggi guest mossi dall’intelligenza artificiale. Le arene stesse si restringono, raggiungendo un diametro massimo di 16x16, anche se questa fu in realtà una scelta tecnica dettata dai limiti hardware di PlayStation, onde evitare che si presentasse un calo di frame quando si andava a spostare la visuale, in questo modo il gioco manteneva stabile i 60 fps. Rispetto ai tattici di Quest, Final Fantasy Tactics presenta infatti la possibilità di ruotare il nostro punto di vista di 360°, funzione già presente in Vandal Hearts di Konami, pregevole strategico uscito nel 1996. Questa caratteristica, unita alla dimensione contenuta dei campi di battaglia, rende le ambientazioni esteticamente simili a dei diorami termine utilizzato dagli sviluppatori stessi in un'intervista dell'epoca e ritornato di moda di recente con Fantasian e Dragon Quest VII Reimagined. Il guide book giapponese del gioco presentava infatti in copertina un modello 3D della prima mappa simile ad un diorama. Anche se possono sembrare piccole (e lo sono, rispetto ad altri strategici), 16x16 caselle sono in realtà più che sufficienti per conferire varietà alla morfologia del terreno, tra acquitrini che rallentano i movimenti, torri di guardia da cui gli arcieri possono colpire quasi indisturbati e vicoli riparati in cui nascondere il nostro prezioso mago bianco, osservare l’ambiente circostante sarà di fondamentale importanza per avere la meglio nelle battaglie che ci aspettano.
Ad Hiroyuki Ito, creatore del sistema ATB e reduce dalla direzione di Final Fantasy VI, spetta il compito di dare corpo al sistema di combattimento e di progressione. Traendo spunto dall’acclamato Job System di Final Fantasy V, Tactics propone una meccanica di classi fluida, in cui ogni personaggio apprende le numerose abilità - che includono anche l’utilizzo dei singoli oggetti - tramite il guadagno di JP (Job Point), parallelamente agli EXP, mantenendole poi in memoria anche all’eventuale cambio di classe, a patto di equipaggiare quella specifica disciplina in uno degli slot disponibili. In questo modo, si andranno a creare delle build specifiche per ognuno, senza stare a reclutare ogni volta nuovi soldati, fino a sbloccare le classi più avanzate le quali richiedono esperienza pregressa di quelle base, in un tipico sistema ad albero. Un altro modo per apprendere le abilità è dato dai cristalli rilasciati dai nemici sconfitti, che vanno di fatto a sostituire i tarocchi di Tactics Ogre.
Se il videogioco Squaresoft può apparire come un atto collettivo – e da una determinata prospettiva realizzativa non c’è dubbio che ciò risponda a verità –, in taluni casi, nella sua postura “autoriale”, si può indirizzare verso uno scavo identificativo dell’esperienza del singolo in un dato contesto, per un'analisi introspettiva dello stesso. Così come Tactics Ogre traeva ispirazione dai conflitti balcanici degli anni Novanta e la disgregazione della Jugoslavia, Final Fantasy Tactics sviluppa la sua narrazione all’interno di un contesto differente, che si tinge intrinsecamente di lotta di classe, di nobili e popolani, prendendo come spunto quello che fu l’impatto di Matsuno e degli altri “nuovi arrivati” nella realtà della Square del periodo. Se sotto il profilo meramente stilistico, sia anche in alcune derive dialettiche, la poetica del racconto sembra muoversi nel solco del dramma storico, Tactics mette immediatamente in chiaro, fin dallo splendido prologo, quelli che saranno i tratti riconoscibili e unici dell’intero approccio registico di Matsuno, a partire dal tema della discriminazione e delle differenze sociali.
“Quando sono entrato in Square, c'erano individui che erano come dei re: il loro talento e il capitale sociale che avevano accumulato... mi hanno fatto dubitare che qualcuno senza quei doni avrebbe mai potuto avere successo lì, per quanto ci provasse. E quelle idee hanno trovato posto nel gioco.” H. Matsuno.
Ecco, dunque, che Tactics ha bisogno di far deflagrare il suo realismo in maniera decisa tramite dialoghi e relazioni personali mai prima d’ora così risoluti e plausibili, di condurre all’estremo questo racconto fantasy ma che tanto fantasy non è, giacché quasi privo di manufatti magici, antiche profezie e altri topos narrativi tipici di questo genere - le Pietre dello Zodiaco muovono timidamente la narrazione, ma sono sempre gli uomini, i potenti, a decidere -, in un cupo scenario che non prevede facile soluzione al conflitto, tenendosi a debita da qualsivoglia rasserenante conclusione. Similmente a quanto farà Suikoden II un anno e mezzo dopo, la storia di Final Fantasy Tactics verte su un forte dualismo, quello tra Ramza e Delita, amici d’infanzia con un ideale affine, ma che va sviluppandosi in maniera differente. Entrambi compiono azioni moralmente ben lontane dal tipico protagonista di un RPG, ma se Ramza, dopo aver ripudiato il suo status di nobile, riesce a mantenere una certa etica, spinto anche dal fatto che ha qualcuno da proteggere (sua sorella Alma), Delita, dopo aver visto morire davanti ai suoi occhi la persona a cui teneva di più, non si fa scrupoli e segue il più oscuro sentiero del fine che giustifica i mezzi.
"Le masse anelano agli dei e ai miracoli. È il loro oppiaceo, e lo consumano avidamente. Il popolo non tende alla grandezza, ma piuttosto si impantana nelle sue meschine lotte, incatenando i piedi dell'uomo. I loro leader non danno loro nulla di più di quello che chiedono a gran voce. È il racconto più antico e più ripetuto della storia." Wiegraf.
Ma è nel loro lascito nelle cronache di Ivalice che si contraddistingue il cinismo della sceneggiatura di Matsuno, uno sarà considerato un eroe, l’altro passerà alla storia come un eretico. Non si può non avvertire tra le pieghe del racconto la rappresentazione credibile di un mondo che non può che aggrapparsi alla distruzione per trovare la pace, intervallato da scene di mera illusione di normalità - il suono della foglia -, che servono solo a distinguersi, ad evolversi momentaneamente dalla marmaglia che è destinata a un’unica cosa: la morte in battaglia. In questo gioca un ruolo importante l’afflato pacifista di Ovelia, figura tragica e per questo indimenticabile, destinata a non potersi mai fidare davvero di nessuno, nel suo essere fin dalla nascita pedina nell’assoluto squallore dei giochi di potere e della guerra, che non è quella di Gaffgarion, anima mercenaria ormai perduta al fanatismo della battaglia, ma quella che si decide nei palazzi, davanti ad un bicchiere di vino, laddove si inganna, si tradisce, si sopravvive solo se l’altro soccombe.
Dopo l’uscita di Tactics Ogre: Reborn del 2022, voci e rumor di una probabile rimasterizzazione di Final Fantasy Tactics si sono susseguite tra gli appassionati nei due anni successivi, Square Enix non poteva esimersi dal recuperare uno dei suoi capolavori del periodo d’oro della prima PlayStation, recupero che alla fine si è concretizzato con il titolo The Ivalice Chronicles. Forte di uno script aggiornato sia rispetto alla versione (altamente criticata per le inesattezze) PSX che a quella (quantomeno divisiva nel suo timbro shakespeariano) della riedizione The War of the Lions, in The Ivalice Chronicles possiamo gustarci questa splendida storia per la prima volta con i dialoghi interamente doppiati. Sebbene l'idea del doppiaggio possa sembrare di secondaria importanza, la sua aggiunta conferisce la giusta dose di pathos e solennità agli eventi narrati, e Square Enix non si è risparmiata nella scelta degli interpreti, sia in giapponese che in inglese, con doppiatori di assoluto spessore. The Ivalice Chronicles rinuncia ai contenuti esclusivi dell’edizione PSP (che includevano Balthier di FFXII, Luso Clemens di FFTA2 e due classi, tra altre cose), riprendendone solo i filmati, ma non manca di introdurre novità, tra cui dialoghi inediti, sia durante le battaglie che fuori con particolare attenzione su quei personaggi che nel gioco originale venivano un po’ lasciati in disparte, una volta uniti ai ranghi di Ramza. Tra le nuove funzionalità, che comprendono un sistema di equipaggiamento più rapido, ottimizzazioni al cambio di classe, possibilità di ricominciare una battaglia o di uscire alla world map e il fast-forward che dovrebbe essere venerato ogni domenica al posto della Madonna, spicca nell’inventario la voce “Cronache”, comprendente un’enciclopedia, lo “Stato del Regno”, ispirato da Final Fantasy XVI, che ci illustra gli eventi tramite la mappa di Ivalice, aggiornandosi di pari passo con il proseguimento nella trama. The Ivalice Chronicles include inoltre le Sound Novel ufficiali, sbloccabili con gli artefatti e disponibili fino ad oggi solo nell’edizione giapponese PSX, che narrano storie inedite ambientate nel mondo di Ivalice.
Il gioco include tre difficoltà, Squire, Knight e Tactician, i più esperti possono buttarsi direttamente sull’ultima opzione a patto di considerare che troveranno una IA dei nemici leggermente modificata rispetto all’originale, tendenzialmente più aggressiva, una scelta dettata forse per provare a limitare il vecchio sistema che permette di accumulare esperienza colpendo indegnamente i propri alleati. In generale, ci saranno meno scene di acchiapparella sulla mappa per inseguire nemici in punto di morte. Gli aggiornamenti grafici sono l’aspetto più divisivo, per quanto ormai dovrebbe essere evidente la difficoltà nel lavorare sui giochi in pixel art pensati per i CRT e rendergli giustizia sui monitor moderni. Le texture ambientali sono state smussate mentre gli sprite sembrano essere stati ingranditi e ridisegnati; è presente un’opzione di sfocatura (l’unica disattivabile) con illuminazione di profondità aggiunta, mentre tutto è avvolto da filtro atto forse ad imitare il dithering tipico della PSX donandogli al contempo una sorta di “effetto libro”. In ogni caso, The Ivalice Chronicles propone all’avvio anche il Final Fantasy Tactics originale, pur con alcune aggiunte come il salvataggio automatico e il 16:9, questa versione include l’adattamento inglese di War of the Lions, presentandosi come uno strano ibrido tra emulazione fedele con localizzazione alternativa. La cura riposta nel doppiare totalmente il gioco non si è riversata sulla colonna sonora di Hitoshi Sakimoto, che rimane la stessa. Bellissima, ma la stessa. Considerando che quella di Tactics Ogre è stata riorchestrata in occasione di Reborn, è una scelta abbastanza peculiare. Testato su PS5, disponibile dal 30 settembre anche per PC, Switch, Switch 2 e Xbox Series.
Pro
- Era un capolavoro, è ancora un capolavoro
- Adattamento e doppiaggio completo di ottima qualità
- Nuove funzioni che rendono l'esperienza più piacevole
- Presente la versione originale e le inedite sound novel
Contro
- L'impressione che si poteva fare di più c'è
- Poche opzioni video
Il gioco originale era un capolavoro da 99. Per me il miglior FF.
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