Durante il suo lungo servizio Square-Enix ha prodotto una quantità incredibile di IP iconiche e senza tempo, un parco titoli che ha plasmato l'immaginario dei giocatori – soprattutto quelli nati negli anni pre-2000 – e che da un po' di anni a questa parte sta venendo riproposto grazie a riedizioni, porting e remake più o meno curati, per il piacere di vecchi e nuovi giocatori. La recente riedizione di Final Fantasy Tactics (qui la recensione) ripresa dalla versione della prima PlayStation piuttosto che da quella per PSP può aver fatto storcere il naso a molti, ma per quanto si possa sentire la mancanza di Balthier, Luso e le classi Dark Knight e Cavalier Cipolla la quantità di qol, ribilanciamenti e il doppio doppiaggio inglese-giapponese dal cast di prim'ordine denotano una cura attenta verso il prodotto, per dire, si sono premurati persino di potenziare il personaggio segreto Cloud Strife. Discorso simile per Romancing SaGa, serie bistrattata in occidente e che nell'ultimo periodo ha visto la pubblicazione di diversi capitoli, compreso l'ottimo e inaspettato remake del secondo (qui la recensione). Dragon Quest è forse la più iconica delle IP di Square-Enix, non si esagera definendola la serie che ha definito gli standard di fantasy Jrpg... eppure nel tempo la sua magia è andata calando e le riproposizioni sono state limitate.
 
Recensione DQ 1-2 remake

Al suo primo debutto Dragon Quest III portò ad un blocco in Giappone: studenti e impiegati vennero meno ai loro doveri per andare ad accaparrarsi il nuovo capitolo, un fenomeno raro che indica come tutti fossero concentrati sulla serie. Non molto tempo fa Dragon Quest III è stato riproposto nella squisita forma HD-2D (qui la recensione), ma l'impatto – seppur positivo sia per critica che per pubblico – non è stato epocale come l'originale. Nemmeno Dragon Quest XI, ultimo capitolo numerato uscito ed universalmente apprezzato (qui la recensione base e qui la recensione della riedizione), è stato in grado di replicare quel miracolo.

La serie ha fatto della sua classicità un marchio di fabbrica e così la formula è stata rivista e aggiornata capitolo dopo capitolo, ma mai tradita o realmente rivoluzionata. Un bene? Un male? Difficile dirlo, ma quello di Dragon Quest resta un nome con radici saldamente piantate nella sua storia e nel cuore dei fan di vecchia data... e non solo. In parte certamente catturati dal design di Akira Toriyama, anche i più giovani hanno mostrato interesse per Dragon Quest, seppur guardando più verso spin-off dai generi più moderni come Builders o Monsters che non i capitoli principali. Pensando al recente annuncio di Dragon Quest VII Reimagined e ai lavori in corso su Dragon Quest XII, appare chiaro che Square-Enix stia eseguendo un'operazione di restauro in pompa magna per la serie e la trilogia di Erdrik è senza dubbio il miglior punto di partenza. Dopo il già citato Dragon Quest III HD-2D, è ora finalmente giunto il turno di Dragon Quest I & II HD-2D per completare la trilogia legata alla omonima dinastia di Eroi e godersi i primi passi di quella che sarebbe diventata una delle serie più iconiche nel mondo dei videogiochi.
 
Recensione DQ 1-2 remake

Questa collection mette insieme due titoli e, viste le date di uscita, porta i giocatori a vivere la leggenda della dinastia in ordine cronologico piuttosto che seguendo le uscite originali. Dragon Quest III seguiva le eroiche vicende di Erdrik in persona, primo della dinastia, mentre Dragon Quest I porta il giocatore nel futuro, facendogli vestire i panni di un discendente della gloriosa stirpe che, seguendo una voce in sogno, si imbarca in un'avventura per eliminare Dragonlord e salvare il mondo dalla sua imminente fine. Quella che nasce come la più classica delle storie fantasy in questo Remake viene espansa e ammodernata da una narrativa decisamente più ricca e attenta: non solo gli eventi sono molti di più, impreziositi da immagini e doppiati in inglese o giapponese per un maggiore coinvolgimento del giocatore, ma i passaggi sono stati resi più fluidi e quindi piacevoli da seguire. I riferimenti alle gesta dell'antenato si sprecano e sono parte integrante del fascino del primo Dragon Quest: quello che in originale era un escamotage per dare lustro ad un'avventura, qui diventa un modo per vedere l'evoluzione di un mondo che abbiamo salvato in precedenza. Ovviamente citazioni e rimandi sono molto più semplici da cogliere perché diretti e mirati a personaggi, luoghi, oggetti o situazioni che il giocatore ha probabilmente affrontato "di recente" con il primo remake uscito.

Sebbene l'ordine originale preveda di scoprire le origini degli antenati dei personaggi coinvolti nelle vicende solo dopo averne visto il futuro, la scelta di invertire il processo con tutti gli aggiustamenti della 2D-HD rendono l'originariamente piatto Dragon Quest I una piacevole chicca che, cullando con una storia dalla magia di una fiaba, lo intrattiene divertendolo con discendenti di personaggi importanti dal precedente capitolo. Un senso di continuità che fa dimenticare i numeri dei capitoli e porta ad immergersi nel più classico dei fantasy Jrpg.
 
Recensione DQ 1-2 remake

A proposito di classico, il gameplay di Dragon Quest I – così come il due – segue la rigida forma a turni tipica della serie e che, avendo giocato Dragon Quest III in tempi non troppo lontani, potrebbe dare fin da subito un forte senso di deja-vu, aggravato dalla minor personalizzazione offerta invece nel terzo capitolo. L'ottima resa della grafica HD-2D perde parte della sua efficacia sicché letteralmente uguale a quella vista nel terzo capitolo, inoltre la frequenza degli scontri casuali in alcune zone è eccessivamente alta e se con Dragon Quest II (così come nel III) bene o male si riesce a trovare un equilibrio specifico per il proprio gruppo, sebbene dalla costruzione molto meno libera rispetto a Dragon Quest III, con Dragon Quest I questo è virtualmente impossibile.

Il primo capitolo della serie vede il solo eroe coinvolto nell'avventura dunque non vi è particolare spazio di manovra nella gestione degli scontri, tuttavia questo sistema così datato risulta originale e inaspettatamente intrigante per il giocatore moderno. Avere un party è ormai un elemento scontato in un Jrpg e per questo la divisione dei compiti all'interno del gruppo viene quasi automatica: un guerriero come difesa, ladro e mago nero per danni fisici e magici e un mago bianco dedicato al supporto generale; divisione che grossomodo si trova su Dragon Quest II, seppur con qualche sovrapposizione per una maggiore robustezza del gruppo. Per quanto l'eroe di Dragon Quest I riesca a ricoprire bene tutti gli ruoli sopracitati, archetipo dei protagonisti successivo, affrontare le sfide da soli porta a ritmi e preoccupazioni ben diverse rispetto al gruppo, dove un errore alla peggio porta alla morte di un membro e non al game over diretto. Il risultato finale è inaspettatamente efficace ed appagante. Tempismo, gestione delle risorse e approcciare i nemici conoscendo le loro debolezze restano gli elementi chiave dietro le battaglie di entrambi i capitoli della Collection eppure il primo, pur essendo più limitato, offre una maggiore tensione proprio perché si è concettualmente sempre ad un passo dal game over... ed ecco che magicamente si smetterà di essere così avidi con gli oggetti.
 
Recensione DQ 1-2 remake

Detto questo, entrambi i capitoli giocati a difficoltà normale non offrono sfide particolarmente impegnative, soprattutto se si è pratici del genere. Sebbene sia richiesta una certa organizzazione, soprattutto per velocizzare gli scontri casuali e renderli meno tediosi senza sprecare troppe risorse, difficilmente si vedrà la schermata di game over durante la storia principale. Come per il terzo capitolo, anche i primi due Dragon Quest vedono come punto di difficoltà non tanto la singola battaglia quanto la gestione delle risorse tra una città e l'altra, elemento semplificato dal recupero completo di vita e magia ad ogni level up. Il risultato finale è un'esperienza di gioco piacevole e fluida in cui i numerosi e rapidi eventi narrativi stimolano il giocatore a proseguire in una storia che sa di già visto e di cui si colgono i risvolti con un certo anticipo, ma che nonostante questo mantiene la sua elegante efficacia, testimonianza chiara della magia che permea la serie Dragon Quest. A tal proposito, le aggiunte narrative di entrambi migliorano sensibilmente l'esperienza di gioco, arricchendola con simpatici dialoghi, migliori contestualizzazioni e soprattutto tanti eventi extra che meglio presentano il mondo e le vicende per quella che non può che venire definita la versione definitiva della trilogia di Erdrik.

Se i fan più navigati del genere non avranno problemi con ritmi e gestioni, i più giovani potrebbero comunque non trovarsi troppo a proprio agio con l'impostazione old school. Effetti di luce, colonna sonora orchestrata e dialoghi doppiati rendono le avventure in linea con gli standard moderni, ma in un mondo abituato al 4K e al tutto e subito i più giovani potrebbero trovare difficile empatizzare con omini pixelosi, scevri persino delle loro bellissime artwork, relegate ad immagini e copertine extra-gioco. A rendere l'impatto con i due Dragon Quest ancora più vecchio stile ci pensano gli incontri casuali, motivo di frustrazione non tanto per la difficoltà delle battaglie – qui anni luce più semplici rispetto ad un Octopath Traveler o ad un Bravely Default – quanto per la loro frequenza. Seppur veloci, i numerosi scontri durante l'esplorazione rompono il ritmo di gioco e poco importa se tale frequenza permette al gruppo di essere sempre al giusto livello per la nuova sfida in arrivo. Ormai si è abituati ad aggirare con facilità combattimenti indesiderati e non poterlo fare, venendo costretti ad affettare slime che danno ricompense irrisorie, può essere un problema per chi non è abituato a tale impostazione. Certo ci sono oggetti che aiutano da questo punto di vista, ma un po' come i Repellenti su Pokémon, si è sempre un po' frenati dall'usarli. Detto questo, tale aspetto è l'unico derivato dell'arcaicità dei due Dragon Quest a pesare davvero perché il resto contribuisce a ricreare la magia della serie, con tutti i pro e contro di un sistema di un altro tempo.

GIUDIZIO FINALE

La trilogia di Erdrik è un classico imprescindibile per gli amanti dei Jrpg, una pietra miliare al pari dei Final Fantasy classici che, aldilà degli effettivi contenuti dei singoli giochi, sono così rappresentativi di un periodo e forti del loro impatto generazionale che, giocandoli, permettono di comprendere meglio l'evoluzione del genere nel tempo, sia lato narrativo che di gameplay. 
Dragon Quest I e II sono dei pezzi di storia del videogioco e questo Remake rende loro onore arricchendoli e adeguandoli alle abitudini ed esigenze moderne, snellendoli da un lato e approfondendoli da un altro, il tutto senza tradirne mai la natura originale e per questo mantenendo anche quella rigida tipica dei titoli più vecchi. Il risultato di queste ottime migliorie rendono Dragon Quest I & II HD-2D Remake la versione definitiva dei primi capitoli, ma lungi dall'essere perfetti: il peso degli anni rimane un grosso ostacolo per le nuove generazioni, ormai abituate a ben altre tipologie di sfide e ritmi. I veterani del genere avranno modo di godersi due capolavori del passato nella versione migliore di sempre per un nostalgico tuffo in un'epoca dove Jrpg equivaleva ad una spensierata quanto epica avventura fatta di magie, eroi, profezie e prescelti più che di dilemmi morali e design esteticamente accattivanti.

Gioco testato su PlayStation 5.