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Continua da Sancturary

La prima sensazione, nel vedere 'Hades - Inferno', è stata, lo ammetto, quella di un lieve fastidio. Già dai primi minuti del primo episodio (il 14°), è evidente che qualcosa è successo, e non è stato qualcosa di positivo. Parlo di quella vicenda, riportata da Wikipedia, che avrebbe visto Kurumada: litigare con la Toei e la Bandai (i produttori dell'anime) per avergli "imposto" il regista della serie Sanctuary, con il quale, manco a dirlo, Kurumada litigò ferocemente. Il risultato fu l'abbandono del buon Yamauchi - un onesto e capace mestierante, con la giusta sintonia artistica sui Saints -, il ritiro dei produttori, e un Kurumada buttato in mezzo a una strada senza più i soldi e le personalità per continuare l'agognato 'Capitolo Hades'.
E qui, il nostro uomo, autore di fumetti dall'intuito sopra la media, questo glielo riconosciamo, e dalla capacità di elaborare una storia e dei personaggi di una portata inimmaginabile per la maggior parte degli autori di questo pianeta, rivela probabilmente il suo limite di manager e di produttore.

La scelta di ricadere su di una casa di produzione, la Avex Anime, che con il progetto non c'era mai entrata nulla, ha un duplice effetto negativo.
Il primo è che si perde il "know-how" 'dei Cavalieri dello Zodiaco', avvenendo probabilmente un cambio totale di team e di modalità di lavoro; il secondo è che questa operazione, che di "artistico", purtroppo, non ha nulla, mozza clamorosamente le gambe allo slancio e alle peculiarità originali e positive della serie animata di Hades, che godevano di una regia oculata e presente nelle scelte. A riprova di ciò, Kurumada si premura di chiamare il sempre eterno Shingo Araki, chiedendogli probabilmente di portare a casa il risultato a tutti i costi, nonostante il cambio di team e la mancanza di tempo, competenze e finanziamenti necessari del nuovo team di lavoro.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: 'Saint Seiya Hades Chapter' è un ingranaggio fastidioso.

La storia si "inchioda", incominciando a seguire, con lo stesso ritmo blando, tante micro-vicende che si risolvono in veloci scambi di battute. Ne fanno le spese, prima di tutti, gli Specter, tutti uguali, tutti egualmente "cialtroni", tutti eliminati con le stesse modalità, senza che vi siano episodi di particolare rilievo, a parte quelli che concernono i tre Generali dell'Inferno. In particolare, il vagare dei Cavalieri di Bronzo, tornati a essere (purtroppo) gli assoluti protagonisti della scena, diventa pretesto per una serie di eventi che, se presi singolarmente, regalano sempre qualche motivo di interesse, ma diventano tra di loro sconclusionati e sconnessi. Ma non solo.
Il vero problema è il ritmo, poiché tutto avviene alla stessa velocità, mentre l'inversione totale del punto di vista narrativo - dai Saint d'Oro al buon vecchio Pegasus & co. - ammazza ogni alito di novità che arrivava potente dal Sanctuary. Si vedano, a tal proposito, Lady Isabel e Virgo "inchiodati" nello stesso frame, che appare a intervalli regolari, per circa 11 puntate su 12.

Però, nelle critiche non vorrei sembrare esagerato; il ritorno allo schema "Pegasus corre - viene picchiato - in fin di vita Atena lo soccorre - Pegasus rivive e vince" ci riporta in una strada di assoluta, e straziante, normalità per quello che riguarda i Cavalieri.
Altro appunto negativo, i nostri si prodigano a ripetizione, e molto di più che nel Sanctuary, in enunciazioni, invocazioni, spiegazioni, lamentele che travolgono lo spettatore in una spirale logorroica. Il tutto connotato da frequenti e improvvise crisi di pianto collettivo. E, qui, non si può non citare la complicità di un comparto grafico che sembra composto da sfondi molto colorati per il desktop, con linee di contorno spesse e in evidenza, sullo sfondo di un inferno scuro e vermiglio, realizzati in Photoshop, ma senza un'animazione degna di tal nome. Una scelta? Una necessità? Fatto sta che l'effetto è quanto meno strambo: una colorazione pastellata che si spalma su tutto, tonalità molto forti e un tratto leggermente "infantile" nella sua grossolanità, intesa come qualità di spessori di linee, prospettive, punti di vista ecc.

Insomma, al di là di tutto, la coperta è davvero troppo corta, e si vede: ad esempio, viene mostrata all'inizio di ogni episodio una mappa dell'inferno, che visiteremo al massimo per il 20% della sua estensione. La storia viaggia a un ritmo lentissimo e per fermi immagine che, per quanto sgargianti a primo impatto, non possono reggere il passo con altri prodotti ben più agguerriti.
Ciò che, a mio avviso, salva questo capitolo sono le sue parti narrative più pregnanti, che scandiscono le tappe di quella che poteva essere una risalita epica verso la Giudecca di Hades, e che molto più banalmente diventa una "gita in ordine sparso" all'Inferno. Da un lato, vi è la vicenda di Orfeo della Lira, con la sua storia strappalacrime, ma che finalmente ci presenta un Cavaliere dello Zodiaco con tanto di fidanzata ufficiale al fianco, e che combatte per potere condurre una vita normale e felice, seppur a fronte di tanta violenza, seppur all'inferno. E' un elemento inedito per tutti questi guerrieri così autosufficienti, serafici e imperturbabili.
Dall'altro, il buon vecchio Ikki e Kanon di Gemini danno fuoco alle polveri; questa "simpatica coppia" di Saint si aggirerà per l'Inferno sino all'ultimo episodio, dando filo da torcere a tutti i nemici incontrati, anche ai più forti. E soprattutto, si fanno strada nel buio degli Inferi senza mai lesinare impegno né retrocedere; Kanon si lancia come una macchina schiacciasassi, capace di umiliare e sconfiggere gli Specter più autorevoli (l'episodio di Lune è spettacolare, cosi come il suo monologo verso Pegasus e Andromeda sulla responsabilità in battaglia). Sono passi da gigante in avanti per colui che, nelle serie precedenti, si era macchiato di orrendi crimini - che a più riprese tutti gli faranno pagare -, e che ora è uscito da quella spirale di follia, pronto a pagarne dazio e a rimettersi al servizio del gruppo.

Grazie prevalentemente a Kanon e a Phoenix, si riesce ad arrivare alla fine dei 12 episodi, prendendo qualche sana boccata d'ossigeno, che risolleva le sorti di quello che altrimenti sarebbe stato un disastro senza precedenti. E infine, a sorpresa, c'è il "capolavoro finale": i 12 Cavalieri d'Oro nell'atto estremo della loro dedizione ad Atena. Dal punto di vista narrativo, è la salvezza della serie e il motivo che vale la visione di Inferno. Per il resto, poco altro si salva. Tralasciando gli Specter, tralasciando la sfida con Pharaoh - il vero emblema del "cavaliere qualsiasi", orrenda mina vagante che mai e poi mai dovrebbe fare capolinea in un prodotto del genere, pena lo sconsolamento generale - anche Radamante e Pandora, seppur presentati a ripetizione (e spesso con gli stessi statici frame) lasciano appena intravedere il fascino e la complessità della loro condizione, sommersi come sono dall'esigenza di colorare le corazze nei campi medi, e di fare risultare i cavalieri quanto più emotivi possibile nei frequenti primi piani e mezzi busti che sostituiscono le battaglie e il dinamismo delle animazioni e dei movimenti.
In definitiva, la sensazione è che lo sviluppo della storia sia fuori fuoco e che i mezzi impiegati non siano adatti a coprire ciò che su manga, come molti riportano, è completo, epico, spettacolare e denso, mentre qui si risolve in una specie di picchiaduro a scorrimento orizzontale.
Un peccato. Che costa l'insufficienza. Non gravissima, ma pienamente insufficiente.
E ora, oltre il Muro del Pianto...

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