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5.0/10
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Questo volume unico, adattamento dall'OAV "Roujin Z", mantiene lo stesso soggetto e in generale lo stesso tipo di grafica. La trama non subisce cambiamenti sostanziali rispetto all'anime; possiamo quindi dedicarci alle impressioni visive suscitate dalla penna del mangaka Tai Okada.
All'inizio pensavo che l'utilizzo di una tecnica che riprende bene quella del cartone fosse un punto a favore, tuttavia mi sono reso conto che da un fumetto ci si aspetta (almeno per me è così) un tratto più preciso nella descrizione di oggetti e personaggi, come se dovesse in qualche modo migliorare alle oggettive mancanze che un prodotto animato, anche il più curato, porta con sé. E qui, visto che l'episodio di partenza era decisamente sotto la media per la sua carenza di rese volumetriche e spaziali, l'autore si porta appresso questo fardello restituendoci una "bella copia" cartacea dello spettacolo passato attraverso lo schermo. Riecco allora lo stesso senso di piattezza, in particolare nella rappresentazione delle figure umane, nonché un uso grossolano del retino. Questo viene adoperato molto spesso per rendere le ombre sulle facce e dare quindi l'impressione della tridimensionalità, ma il tentativo fallisce, ogni volta, miseramente. Se già, infatti, i volti erano piatti perché completamente bianchi e con solo pochi trattini a delineare le varie parti (occhi, bocca, naso...) il chiaro-scuro del retino non sortisce alcun effetto per il fatto che vediamo solo zone di bianco e nero giustapporsi in maniera approssimativa e troppe volte con puntini alquanto vistosi. Alle volte le parti in ombra sono tratteggiate, ma senza che questo cambio di metodo ci restituisca una qualche sensazione di pienezza della figura. Ad esempio a pagina 128 vediamo uno degli anziani ricoverati in ospedale con la testa leggermente china sul corpo: questo dovrebbe dare origine ad una zona scura attorno al collo, ma ciò che vediamo è solo una chiazza tratteggiata alla bell'e meglio che sembra la barba di Abramo Lincoln invece di un'ombra.
In tutte queste pagine realizzate in maniera mediocre si possono comunque apprezzare dei piccoli saggi di bravura, i quali dicono di come sarebbe potuto essere questo manga se l'autore avesse sciolto le briglie. Due esempi valgano a dimostrare tale asserto. A pagina 62 abbiamo due grandi immagini: quella sopra, rappresenta la moglie dell'anziano protagonista, Haru Takazawa, mentre quella sotto lo stesso vecchio malato, Kijuro Takazawa. Lei emerge da un lontano ricordo e ci viene mostrata alla stregua di un disegno preparatorio di un grande artista, magari per un affresco. Si riconoscono i lineamenti essenziali a penna o matita e le ombreggiature sembrano nascere dallo strofinamento a mano della polvere della mina su un foglio ruvido, invece le parti in luci ricordano le lumeggiature a biacca del pittore. L'effetto generale è quello di uno sfumato che ben si confà ad un oggetto riemerso dalla memoria. Lui è visto in primissimo piano (solo naso, guance e occhi sbarrati) e in maniera più congruente col resto del manga ha il viso segnato da innumerevoli trattini, però più regolari e conformanti di quanto non siano gli stessi alla base di quasi tutte le vignette. Così ben realizzata questa tecnica risulta poi azzeccatissima per dare l'impressione dei segni dell'anzianità. Insomma, è come se l'autore avesse voluto dimostrarci di che pasta era fatto, peccato davvero che non abbia mantenuto l'alto livello che trasuda da questi due riquadri.
Nonostante ciò non riesco a conferire la sufficienza a questo volumetto, poiché interviene un altro fastidioso inconveniente. Il nonnetto dell'OAV pronunciava pochissime parole, più che altro suoni, non rispondeva quasi mai alle provocazioni dall'esterno e ciò lo rendeva succube degli eventi, come quando viene prelevato dalla sua accogliente dimora dal Ministero della Salute senza potersi opporre verbalmente, figuriamoci fisicamente. Questo suo essere in balia degli eventi rendeva alcune scene toccanti, non già strazianti per quello che comunque era il tono generale si satira sociale. Nel manga troviamo invece che il signor Takezawa ci degna di varie rispostine, superflue e sciocche, che banalizzano la sua figura. Ad esempio, nel momento in cui viene mostrato ai giornalisti all'interno del super computer per la cura agli anziani, viene sottoposto nell'arco di un minuto a tutte le fasi di lavoro della macchina, compresa la somministrazione del cibo. Nell'anime il malato subiva tutto senza proferire parola, mentre nel fumetto lo vediamo lamentarsi perché un braccio bionico gli leva la ciotola di bocca prima che abbia terminato.
Spero di essere stato esaustivo, forse un po' prolisso ma spero mi perdonerete. Concludo facendo notare una citazione di "Akira", a pagina 16 in basso a destra, da parte di Okada. E' il momento in cui vengono mostrate le funzionalità video del prototipo Z-001 (questo il nome in codice del cervello informatico) che permettono all'anziano di svagarsi. In uno degli schermini compare il santone che in una delle scene del film di Otomo prega per il ritorno di Akira. Sono propenso a credere che si tratti dell'omaggio di un fan piuttosto che una richiesta da parte dello stesso regista, che se avesse voluto avrebbe potuto fare una cosa simile già nel precedente "Roujin Z".
E con questo ho davvero concluso, grazie a che legge e a presto!