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9.5/10
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Durante la lettura di "Bugie d'aprile", da musicista che sono, sono stato incuriosito da questo manga uscito diverso tempo fa anche se si capiva che al contrario di "Bugie d'aprile" non si trattava di un manga il cui argomento principare era la musica.

In Conductor l'ambiente accademico/lavorativo della musica classica è il paesaggio sul quale si muove la narrazione di un giallo psicologico/thriller estremamente ben congeniato e ben "diretto" come se a condurlo fosse proprio un direttore d'orchestra raffinato. Le storie dei singoli personaggi narrate nell'arco di sette giorni, secondo i punti di vista di ciascuno, hanno lo stesso effetto delle sezioni di differenti strumenti dosate in modo differente in una composizione orchestrale. Ci sono momenti in cui sono protagonisti i violini, e momenti in cui sono protagonisti i fiati, e così a poco a poco conosciamo i personaggi, spostandoci dall'uno all'altro, ponendoci le domande, e provando a darci risposte, continuando in base allo svolgimento a riazzerare le nostre domande, fino alla fine. Leggendo le primissime pagine di questo fumetto, un po' ero stato colto da un'apparente ingenuità nella messa in scena. Mi riferisco proprio all'incipit in cui viene trovato lo scheletro. Eppure, Manabu Kaminaga è riuscito a coivnolgermi completamente, tanto da dissipare questa prima impressione. Tutto l'intreccio sul quale si regge la storia rende anche l'incipit pienamente significativo e coerente! I disegni di Nokiya a volte li ho trovati spigolosi, non amo i volti alla Escaflowne (anche se ho amato Escaflowne), ma trovo sia stato molto bravo nel rendere un'atmosfera cupa, un po' opprimente, lungo tutta la narrazione, cosa che rende l'epifania conclusiva ancora più efficace. Che dire, se non metto dieci, ma 9 e mezzo è solo per quel residuo del primo impatto, che, sarebbe bastato un uso visivo più parco nella messa in scena nelle prime vignette, per evitarlo. Opera degna di lode. Anzi, mi spiace vedere che il disegnatore non abbia fatto altro oltre questo e Darker than Black. Penso che, dopo aver letto questo, darò uno sguardo anche a Mikoshiba, sempre di Manabu Kaminaga.