logo AnimeClick.it

-

"[Zoku] Sayonara Zetsubou-Sensei" prosegue la precedente serie "Sayonara Zetsubou-Sensei" (senza l'attributivo di "Zoku", ovvero di "continuazione" o "famiglia", perché i personaggi trattati sono come una grande famiglia, dato il loro rapporto affettivo, e nel caso avessi sbagliato, delego la responsabilità a Internet!). Premessa: nonostante sia la seconda serie e dato che l'opera, sebbene sia ben fatta e datata, è sconosciuta alla maggioranza delle persone, eviterò riferimenti troppo accentuati o spoiler inerenti alla prima, in modo tale che la recensione sia fruibile a chi non ha ancora visto la prima stagione e se la vada a recuperare in qualche maniera invogliato.

Partiamo dalla musica: sono onesto quando dico che gli strumentali al piano si possono assimilare ai più bei pezzi di musica classica che si potrebbe ascoltare. Si riprendono le OST della precedente serie e se ne aggiungono delle nuove sullo stesso tenore di qualità, se non addirittura superiore (vi suggerisco di ascoltare "Zoku - Main Theme", un bellissimo pezzo che viaggia tra la sottile linea di disperazione e speranza affrontate nell'opera); l'opening è tra le più belle che abbia mai ascoltato (amo come il pianoforte sia affiancato a una chitarra elettrica in maniera esemplare, senza abusarne), e le ending sono anch'esse di buona fattura.

"[Zoku] Sayonara Zetsubou-Sensei" ripercorre le stesse orme di comicità dello scorso lavoro, presentandosi più "matto" e assurdo. Il dark humor in questo caso è onnipresente, tanto è vero che si può provare una certa inquietudine. Mi spiego meglio: vi sono molte scene cupe in cui vi è una buona dose di violenza camuffata da gag. L'umorismo è qualcosa di soggettivo e dipende da persona a persona, ed è giustificato in un certo senso che l'animo umano possa ridere di fronte a qualcuno che sta soffrendo o vivendo una situazione disperata, se a esso viene presentata come palliativo da schernire.

L'anime, però, non si limita a schernire e basta, infatti, in risposta a ciò che provoca una risata, viene quasi sempre formulata una critica. Dico quasi sempre, perché si verificano situazioni al di là del bizzarro, in cui il professor disperazione (Zetsubou sensei) e le sue studentesse sembra che stiano vivendo un lungo sogno, o incubo a seconda dei casi, e non viene fatta alcuna disamina, lasciando spazio alla comicità stessa. Nello scorso lavoro si parlava di temi reali in maniera concreta (politica, cultura, società... insomma, costumi umani), ma la satira che viene fatta ora si muove per astrazione verso quelle tematiche in maniera minore e si parla delle cose più disparate. Non vi è una trama né per questa serie né per la scorsa, ma sarà forse per l'atmosfera strana da sogno o forse per ciò che si è voluto rappresentare in maniera oscura e simbolica, che a volte ho avuto la sensazione che ce ne fosse una.

Riguardo alla rappresentazione, infatti, è come se si fosse premuto uno "switch" da "off" a "on". Lo studio Shaft si fa più sperimentale, adottando diversi stili grafici (anni '90, cartoonesco, quello del teatro delle ombre... fino ad arrivare addirittura a utilizzare la plastilina) senza, però, sembrare fuori luogo.

Ritornando all'opening, essa raffigura arti, organi e ossa umane, a sottolineare quella tendenza un po' macabra di cui la serie si tinge, e mi vorrei soffermare sulla caduta della "maschera". Nell'opening il protagonista e le sue allieve indossano quella contraffazione, quasi a simboleggiare che loro abbiano nascosto il loro vero "io" fino ad adesso. Gli stessi personaggi hanno subito uno "switch" e molte volte non sembrano più in sé. Se prima una delle studentesse del sensei poteva rassomigliare a una simpatica disadattata e limitarsi a fare casino, adesso tira fuori quella parte di sé che la contraddistingue e la estremizza oppure si comporta contrariamente, tanto da sembrare "malata". "La normalità è una maschera. Una posa. La follia è il vero volto dell’uomo". Si arriva a fare delle gag che oltrepassano la follia, e si fa tutto più dinamico e a volte confuso, e lo spettatore non può che dirsi divertito dal caos generato dalla compagine.

Riguardo allo "switch" voglio fare riferimento al carattere della ragazza iper-positiva, che nella serie si accentua in modo preoccupante. Quando il sensei cade in preda alla disperazione e inizia a criticare ciò che non gli va a genio, la ragazza si intromette causando subbuglio, con un atteggiamento allegro e affermando cose che non sono affatto buone. Esempio non accaduto: se il professore è sconvolto per la grande quantità di lavoro a cui un uomo è sottoposto nella società, la ragazza potrebbe intervenire affermando che lui abbia ragione, esponendo come gli hikikomori, i NEET e "compagnia bella" abbiano uno stile di vita sano, convincendo gli altri a seguirla e dando vita a veri e propri culti religiosi per promuovere ciò che apparentemente è giusto (sì, suona strano).

Questo è solo un piccolo accorgimento che mostra il cambio di prospettiva dalla prima serie a questa: infatti, se prima questa ragazza sembrava ingenua, ora si denota alquanto pericolosa (quando c'è lei, accadono solo cose strane). La comicità ora fa leva sull'aura di crudeltà e inquietudine, a volte in maniera evidente e altre no, che emanano le allieve del professore nei vari pretesti.

Dopo un po' di episodi, ciò che prima era atipico e sconvolgente diviene normalità, esattamente come tutte le notizie nere che passano per il telegiornale e dovrebbero suscitare clamore, ma a cui non facciamo più caso perché siamo abituati. La stessa cosa vale per "[Zoku] Sayonara Zetsubou-Sensei", in cui l'illogicità degli eventi diventerà consueta.

Magari non sempre è facile cogliere i vari riferimenti giapponesi nell'anime, ma vale la pena guardarlo, perché è molto coinvolgente. Lo consiglio.