Recensione
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8.0/10
Recensione di MangAnimeEnthusiast
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Con un anno di ritardo arriva l'ultimo titolo di Kiyoshi Kurosawa, meglio noto ai più come colui che ha aperto la strada al moderno J-Horror, grazie a titoli come CURE (anch'esso riportato recentemente nei cinema italiani restaurato e per la prima volta doppiato), e PULSE.
Stavolta invece ci propone un titolo più "contenuto", ma sempre pregno del suo evidente approccio stilistico e contenutistico.
La storia è quella di un piccolo rivenditore illegale, Ryōsuke Yoshii, che mentre si appresta a salire a livelli ulteriori nella sua attività inizia a subire misteriosi attacchi diretti che sfoceranno in azioni ben più avventate e caotiche di quanto potesse mai immaginare ...
C'è subito da puntualizzare come il marketing per il film possa rivelarsi a tratti ingannevole, in quanto su più siti o pagine tematiche viene etichettato come un Thriller/Horror, quando di quest'ultimo genere ha praticamente nulla, a differenza di un CURE che pur sviluppandosi prevalentemente come un'indagine poliziesca inserisce eventi e atmosfere genuinamente destabilizzanti che trasmettono un alone ambiguo e quasi soprannaturale al tutto.
E questo comporta anche il ritrovarsi di fronte a una vicenda più lineare di quanto non si possa pensare, priva di adrenaliniche svolte o colpi di scena come potrebbero lasciar intuire anche le varie locandine, oltre al fatto di non avere come motore scatenante una sorta di intrigo informatico, come indicato dal titolo stesso e dalla professione del protagonista.
A prima vista dunque la visione potrebbe farsi abbastanza tediosa e semplicistica, ma in realtà dimostra come Kurosawa sia riuscito a rimanere fedele alla propria impronta autoriale anche nell'ottica moderna, mantenendola assolutamente pulita e precisa nel delineare ogni singolo passo della vicenda senza farci perdere nessuna mossa dei personaggi, né l'ampiezza delle pur ristrette aree in cui si muovono, quasi come se fossimo direttamente lì accanto a loro (anche se forse risulta meno efficace rispetto a come avveniva in CURE).
Quindi si può avere il ragionevole dubbio sul perché questo titolo è riuscito, se ciò che traspare è l'alienazione causata sia dentro che fuori lo schermo dalla palese freddezza che permea il tutto dall'inizio alla fine privando il pubblico di qualcosa di più "dinamico" e meno superficiale ...
MA è proprio questo che il film vuole palesare: la Superficialità di cui la realtà intera è intrisa.
Una sensazione che affligge soprattutto la dimensione nipponica di cui Kurosawa ha sempre sottolineato gli aspetti più problematici, e che qui risultano altrettanto rilevanti nel determinare precisi risvolti e caratterizzazioni dei personaggi anche senza esplicare fino in fondo i loro lati più intimi, affidandosi agli ottimi e diretti dialoghi per far trasparire tutto il necessario, pur rischiando anche in questo di complicare la visione a coloro meno avvezzi alla cultura nipponica e le sue diramazioni sociali.
È difficile spiegarmi appieno senza incorrere nello Spoiler, ma potrei riassumere dicendo che gli stessi personaggi, pur essendo impegnati tutto il tempo nel cercare di fare e/o ottenere qualcosa, sono mossi da un vuoto interiore che li rende altrettanto spogli agli occhi degli altri e dello spettatore, a cominciare dallo stesso Yoshii che, pur essendo quello più concentrato sul suo "mestiere", proprio per questo appare anche pervaso da una semplicità di fondo che lo rende pratico ma anche ingenuo e a tratti irritante.
E questo freddo vuoto è ciò che, in fondo, sta accerchiando la nostra stessa realtà, e di contro tutta la contemporaneità, con il climax finale che ne diviene l'estrema, follemente lucida conseguenza grazie all'impeccabile realismo della messinscena che lo rende più dinamico rispetto al resto del film ma senza mai sfociare nella spettacolarizzazione, in un concreto equilibrio che a poco a poco va a toccare quelle impensabili e stravolgenti vette che pensiamo di poter evitare nella nostra più arida insofferenza, solo per ottenere tutto e niente al tempo stesso.
Stavolta invece ci propone un titolo più "contenuto", ma sempre pregno del suo evidente approccio stilistico e contenutistico.
La storia è quella di un piccolo rivenditore illegale, Ryōsuke Yoshii, che mentre si appresta a salire a livelli ulteriori nella sua attività inizia a subire misteriosi attacchi diretti che sfoceranno in azioni ben più avventate e caotiche di quanto potesse mai immaginare ...
C'è subito da puntualizzare come il marketing per il film possa rivelarsi a tratti ingannevole, in quanto su più siti o pagine tematiche viene etichettato come un Thriller/Horror, quando di quest'ultimo genere ha praticamente nulla, a differenza di un CURE che pur sviluppandosi prevalentemente come un'indagine poliziesca inserisce eventi e atmosfere genuinamente destabilizzanti che trasmettono un alone ambiguo e quasi soprannaturale al tutto.
E questo comporta anche il ritrovarsi di fronte a una vicenda più lineare di quanto non si possa pensare, priva di adrenaliniche svolte o colpi di scena come potrebbero lasciar intuire anche le varie locandine, oltre al fatto di non avere come motore scatenante una sorta di intrigo informatico, come indicato dal titolo stesso e dalla professione del protagonista.
A prima vista dunque la visione potrebbe farsi abbastanza tediosa e semplicistica, ma in realtà dimostra come Kurosawa sia riuscito a rimanere fedele alla propria impronta autoriale anche nell'ottica moderna, mantenendola assolutamente pulita e precisa nel delineare ogni singolo passo della vicenda senza farci perdere nessuna mossa dei personaggi, né l'ampiezza delle pur ristrette aree in cui si muovono, quasi come se fossimo direttamente lì accanto a loro (anche se forse risulta meno efficace rispetto a come avveniva in CURE).
Quindi si può avere il ragionevole dubbio sul perché questo titolo è riuscito, se ciò che traspare è l'alienazione causata sia dentro che fuori lo schermo dalla palese freddezza che permea il tutto dall'inizio alla fine privando il pubblico di qualcosa di più "dinamico" e meno superficiale ...
MA è proprio questo che il film vuole palesare: la Superficialità di cui la realtà intera è intrisa.
Una sensazione che affligge soprattutto la dimensione nipponica di cui Kurosawa ha sempre sottolineato gli aspetti più problematici, e che qui risultano altrettanto rilevanti nel determinare precisi risvolti e caratterizzazioni dei personaggi anche senza esplicare fino in fondo i loro lati più intimi, affidandosi agli ottimi e diretti dialoghi per far trasparire tutto il necessario, pur rischiando anche in questo di complicare la visione a coloro meno avvezzi alla cultura nipponica e le sue diramazioni sociali.
È difficile spiegarmi appieno senza incorrere nello Spoiler, ma potrei riassumere dicendo che gli stessi personaggi, pur essendo impegnati tutto il tempo nel cercare di fare e/o ottenere qualcosa, sono mossi da un vuoto interiore che li rende altrettanto spogli agli occhi degli altri e dello spettatore, a cominciare dallo stesso Yoshii che, pur essendo quello più concentrato sul suo "mestiere", proprio per questo appare anche pervaso da una semplicità di fondo che lo rende pratico ma anche ingenuo e a tratti irritante.
E questo freddo vuoto è ciò che, in fondo, sta accerchiando la nostra stessa realtà, e di contro tutta la contemporaneità, con il climax finale che ne diviene l'estrema, follemente lucida conseguenza grazie all'impeccabile realismo della messinscena che lo rende più dinamico rispetto al resto del film ma senza mai sfociare nella spettacolarizzazione, in un concreto equilibrio che a poco a poco va a toccare quelle impensabili e stravolgenti vette che pensiamo di poter evitare nella nostra più arida insofferenza, solo per ottenere tutto e niente al tempo stesso.
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