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8.5/10
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Non ho letto tutte le opere della Takahashi, ma tra quelle da me fruite devo dire che “Ranma ½” è, e probabilmente non solo secondo la mia opinione, una delle migliori della Maestra, sia per la trama che per la resa grafica. Forse per la prima volta in una mia recensione mi riservo la facoltà di non parlare della trama del manga, perché tentare di farlo sarebbe veramente come voler cercare di dispiegare una doppia elica di DNA per rivelarne il contenuto. Dietro le vicissitudini di una coppia di studenti, uno dei quali ha la “maledizione” di cambiare sesso ogni volta che entra in contatto con acqua fredda e tornare “come mamma l’ha fatto” tramite quella calda, si cela in realtà una pletora di situazioni e vicissitudini assurde, anarchiche, schizzate, pazzoidi con personaggi assolutamente eterogenei e stravaganti dalle caratteristiche grottesche e inverosimili. Il tutto con una imprevedibilità degli eventi che trasmette al lettore la volontà, quasi la frenesia, di continuare a leggere le serie senza fermarsi. Nel calderone vengono mescolati con grande e sapiente maestria avventura, gender-bender, arti marziali, cultura cinese, comicità, nonsense, amore. Difficile dare una direzione univoca alla trama. Sotto certi aspetti R1/2 ricorda un po’ “Urusei Yatsura”, per il mix di situazioni strampalate e per le sparate di fantasia senza controllo. Ma questa “mancanza di controllo” in R1/2 non è per nulla uno stucchevole esercizio di stile (così come non lo è in “Lamù”, intendiamoci), né un modo per nascondere una difficoltà nel concretizzare una trama coerente: i fili conduttori ci sono e il racconto dei singoli episodi risulta coerente e lineare pur nella sua “ubriachezza molesta”. E’ che quando un episodio, piuttosto che una singola situazione, sembra evolversi con una certa conformità e normalità, basta girare pagina o passare alla vignetta successiva che questa normalità viene stravolta da qualche colpo di scena che resetta le aspettative che ci eravamo immaginati, lasciandoci sorpresi. E devo dire che proseguendo nella lettura non ci si riesce mai ad abituare, nonostante la lunghezza della serie, a persone che si trasformano in animali, ad avere panda come commensali, a enormi mostri-gatto o uomini-uccello, a madri che preferiscono la morte del figlio piuttosto che vederlo non come desidererebbero, a pareti e tetti di edifici costantemente sfondati, a vecchietti collezionisti compulsivi di biancheria intima femminile: ogni episodio in cui è divisa l’opera presenta una massiccia dose di assurdità che però non risulta mai noiosa né lascia quella sensazione di “già letto”, pur se spesso la base di partenza è la stessa. Vorrei anche aggiungere che nonostante la serie sia ormai piuttosto datata, leggendola non si percepisce alcun senso di “vecchio” o anacronistico, anche perché sovente le vicende hanno nessi con la cultura millenaria cinese e coi suoi rimandi al passato.
Una nota sul disegno: al contrario del tratto un po’ incerto e grezzo di “Urusei Yatsura”, opera prima di Rumiko Takahashi, quello in R1/2 è decisamente più definito e preciso, oserei dire perfetto. Suppongo ci sia anche lo zampino della dozzina di collaboratori di cui si è avvalsa la Maestra, stando alle note nell'ultima pagina, ma l’impianto grafico nel suo complesso è eccellente.
Concludendo: ennesimo pokerissimo della Takahashi, che non ha quasi mai sbagliato un colpo nella sua vastissima produzione, praticamente priva di anelli deboli. Anche la legge dei grandi numeri è dalla sua parte.