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joke95

Episodi visti: 51/51 --- Voto 7
"Remì - Le sue avventure" è un anime di genere meisaku di cinquantuno episodi, il quale si ispira al romanzo "Senza famiglia", scritto appunto da Hector Malot a fine Ottocento; questa serie è stata prodotta dallo studio Tokyo Movie Shinsha nel 1977 e poi trasmessa in Italia per la prima volta solo nel 1979.

Remì è un bambino che vive a Chavanon, in Francia, e purtroppo un giorno a lui e sua madre arriva una spiacevole notizia riguardante il padre, e ciò porterà la famiglia ad avere gravi problemi economici, così il padre decide di vendere il proprio figlio contro la volontà della madre: verrà venduto per quaranta franchi al signor Vitali, il quale lo farà lavorare nella sua compagnia di spettacoli comici e si prenderà cura di lui. Ovviamente, Remì non la prende bene questa notizia, e in lacrime lascia il suo paese, sperando di poter tornare un giorno a riabbracciare sua madre.

La grafica di questo anime è carina, ma nulla di eccezionale, il tratto nel realizzare i vari personaggi, animali e ambientazioni rurali non è male, ma, come ben capirete, essendo stato fatto a fine Anni Settanta, ci troveremo davanti a una grafica abbastanza obsoleta e semplice che non prenderà più di tanto lo spettatore.

Ora che siamo giunti a conclusione, posso dire che questa serie anime è molto toccante, come ogni meisaku che si rispetti, la trama parte subito con una tragedia dopo l'altra e un continuo di colpi di scena che fanno veramente interessare lo spettatore; la cosa che ho trovato fastidiosa e poco sensata è stato il finale, in cui mi aspettavo qualcosa di molto diverso, e invece c'è un colpo di scena che mi ha fatto storcere un po' il naso, ma che alla fine ho apprezzato nonostante tutto.
Consiglio la visione agli appassionati del genere meisaku.

Voto finale: 7


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AkiraSakura

Episodi visti: 51/51 --- Voto 9
Remì, ti senti felice o infelice in questo momento? Pensaci, voglio una risposta precisa.
Non... non lo so proprio.
E' una risposta giusta. Purtroppo non possiamo mai saperlo. Se tu pensi alla tua felicità di una volta, allora ti capita di sentirti infelice adesso. E se invece ti senti felice adesso e pensi di essere stato infelice in passato, questo vorrebbe dire che non sai cosa sia la felicità. Sai ragazzo, da questo villaggio è uscito un uomo che un giorno diventò Re. Non voleva essere povero, e così si mise a lavorare sodo, e combatté, e uccise molti nemici, e alla fine diventò il Re di Napoli. Ma quell'uomo una volta mi disse che rimpiangeva i giorni in cui era un semplice ragazzo di paese. Non mi disse il perché, ma io lo sapevo benissimo.
Non possiamo cambiare il destino di una persona, né il suo passato né il suo presente, e non sappiamo se è felice o no.
- Vitalis si rivolge a Remì.

Il vecchio e misterioso Vitalis, un comico viaggiante dallo sguardo penetrante e vissuto, parla così della felicità a Remì, un orfanello acquistato in un piccolo paese della Francia per pochi denari. Racconta una storia parlando anche della sua vita, del suo passato, fornendo alcuni indizi a quell'innocente essere che in quel momento lo sta guardando con gli occhi sgranati per l'ammirazione. Il racconto di Vitalis, in un certo senso, è la summa del loro viaggio; il viaggio di due comici che insieme a dei cani e a una scimmietta si esibiscono per le strade dei paesi della Francia al fine di racimolare qualche moneta buttata in terra; buttata lì, così tanto per, da qualche passante; buttata qualche volta con indifferenza, qualche volta per pietà, qualche volta per compensare il talento di quei due poveracci - quel vecchio autoritario e dall'animo nobile che una volta aveva conosciuto il Re di Napoli, e quel bambino ripudiato con ferocia dal padre adottivo. E' impossibile determinare quale potrà mai essere il destino di quei due mesti buffoni, i quali sono altresì figure estremamente tragiche nel drammatico circo che è la vita. Vita che nel viaggio di Remì viene esplorata sino in fondo: l'amicizia, la crescita, la gioia, la verità, la menzogna, la sofferenza, la disperazione. Ci sono momenti di gioia estrema, come quando si viaggia sul Cigno, l'imbarcazione della dolce Signora Milligan, una nobildonna fiera e gentile che porta in giro per la Francia il suo figlioletto malato; oppure momenti di solitudine, di angosciosa tristezza; delle contingenze che farebbero perdere la speranza a chiunque. Ma la cosa che certamente rende il viaggio di formazione di Remì un viaggio speciale sono le persone ch'egli incontra lungo il suo cammino: Vitalis, la Signora Milligan, l'esuberante ragazzo delle strade di nome Mattia... e tanti, tanti altri, i quali paiono più persone reali che meri simulacri senz'anima: alcuni di essi saranno dei veri e propri disperati, altri loschi figuri, altri ancora onesti e leali, degli amici su cui contare nei momenti più difficili. Ed ecco che, interagendo con i suddetti nel suo triste vagabondare, Remì man mano comprenderà quello che intendeva dire il vecchio Vitalis con la sua storia; e comprenderà altresì il comportamento del Re di Napoli, il quale rimpiangeva i giorni in cui era un semplice ragazzo come tanti altri.

"Ie Naki Ko", alias "Remì le sue avventure" per noi italiani, è l'adattamento diretto dal celebre Osamu Dezaki dell'omonimo romanzo ottocentesco di Hector Malot. L'opera è passata alla storia come uno dei titoli più influenti nel suo genere (il meisaku), e il merito è dell'indiscusso talento della coppia Dezaki/Sugino, i quali, mediante il loro stile inconfondibile, hanno trasposto in animazione un classico occidentale infondendogli un retrogusto visceralmente melodrammatico e intimamente affine allo spirito giapponese del dopoguerra. Osamu Dezaki, infatti, tra le altre cose, propone un finale radicalmente diverso da quello del romanzo: un finale che nella sua assoluta bruttezza e incoerenza rispecchia perfettamente lo spirito di abnegazione di un popolo orgoglioso, povero e sconfitto.

Siamo di fronte a pura arte, e per convincersi basta osservare alcuni fotogrammi dell'opera: i fondali sembrano dei quadri di pittori espressionisti; la regia di Dezaki è empatica ed espressiva al massimo, e ovviamente così personale da essere riconoscibile dopo poche inquadrature; il character design di Akio Sugino è come sempre perfetto, così elegante e raffinato che può tranquillamente rivaleggiare con quello del leggendario Shingo Araki per finezza e caratura artistica. Le musiche, con la loro carica evocativa, colma di genuina tristezza, sono composte da accordi rigorosamente minori che paiono scanditi da piangenti chitarre, e contribuiscono a creare un'atmosfera altamente poetica e drammatica. Personalmente, alcune melodie mi hanno vagamente ricordato i brani più intimi e depressivi del celebre "Tubular Bells" di Mike Oldfield, un disco uscito qualche anno prima di "Ie Naki Ko" e altresì pregno del fascinoso e inimitabile mood degli anni settanta.

Episodi come "La Morte del Generale" sono concentrati di tragedia spiazzanti per lo spettatore odierno, il quale è completamente estraneo alla durezza dell'animazione giapponese degli anni settanta. In "Ie Naki Ko" non è presente alcuno sconto, e il tutto scorre libero tra morti, sventure, lacrime, povertà, difficoltà estreme, fame, stenti. I pochi momenti solari in cui domina la felicità sono enfatizzati e resi indelebili dall'abisso di sventure che li hanno preceduti; e i rapporti positivi che nascono tra i personaggi diventano molto coriacei grazie alle avversità esterne. La mancanza di benessere unisce le persone e le spinge ad avere rapporti più sinceri, più duraturi, più sostanziali.

In conclusione, "Ie Naki Ko" è un anime molto adulto, cupo e artisticamente valido, nonché uno dei numerosi capolavori che uno dei più grandi registi della storia dell'animazione - se non il più grande - ha lasciato in eredità ai posteri. La suddetta è una di quelle serie che vanno a costruire il bagaglio culturale di chi le guarda sotto tutti gli aspetti, sia dal punto di vista dell'animazione giapponese stricto sensu - in quanto ne rappresenta uno dei lavori fondamentali - che della cultura occidentale di ampio respiro, giacché chi ha già letto il romanzo potrebbe trarre godimento da una sua pregiata versione televisiva o, viceversa, chi è rimasto affascinato dal lavoro di Osamu Dezaki potrebbe interessarsi ai capolavori della letteratura ottocentesca.


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micheles

Episodi visti: 51/51 --- Voto 9
Il meisaku classico ha una meritata reputazione di tristezza e drammaticità, e Remì ha certamente contribuito a rafforzare tale reputazione. Remì è particolarmente celebre in Italia, almeno per la generazione dei quarantenni, perché è stato il secondo meisaku ad arrivare nel nostro paese, un anno dopo Heidi. Rispetto ad Heidi, Remì presenta un contenuto di drammaticità molto più spinto. Già l'opera di partenza, il "Senza Famiglia" di Hector Malot, è molto drammatica, ma l'anime rincara la dose.

La storia inizia con il ritorno a casa del padre adottivo di Remì, divenuto storpio a causa di un incidente sul lavoro. L'uomo non trova di meglio per reagire alla disgrazia che darsi all'alcol. Come prima cosa, per avere di che bere, vende la mucca, che costituisce l'unica fonte di sostentamento della famiglia; non contento, vende Remì all'artista ambulante Vitali, rivelandogli per di più di non essere il suo vero padre. Da quest'inizio scaturisce un fiume inarrestabile di disgrazie: Remì opera come una calamita per la sfortuna. È in grado di attirare calamità naturali come fortunali, tempeste di neve, grandine e inondazioni, nonché malattie varie; persone e animali che gli stanno intorno muoiono come mosche, ha un fratello minore paralitico, una fidanzatina muta, un padre naturale morto di malattia in giovane età, chi più ne ha più ne metta. Per molti anni ho pensato che fosse l'anime più triste di tutti i tempi, poi ho visto Patrash e mi sono ricreduto. A parte gli scherzi, Remì è un meisaku assolutamente consigliabile per l'ottima regia di Osamu Dezaki, una storia che avvince e una realizzazione tecnica eccezionale per la sua epoca. A questo proposito vale la pena ricordare che il 1977 era l'anno del grande ritorno del 3D (vi ricorda qualcosa?) e Remì era stato girato con questa tecnologia.

All'epoca si trovavano i famigerati occhialini rosso-blu su tutti i giornali (anche su "Topolino", se non erro) e tutti i bambini giravano con questi pensando di vedere chissà cosa. Peccato che quasi tutti i televisori fossero in bianco e nero e che l'effetto 3D fosse molto meno spettacolare di quanto venisse proclamato. Chiudo le reminiscenze segnalando che da bambino ho odiato Remì per i suoi aspetti strappalacrime: preferivo di gran lunga un eroe fascinoso alla Actarus di Goldrake piuttosto che un moccioso piagnucoloso. Anche adesso non raccomando Remì a un pubblico infantile, per l'eccessiva tragicità, mentre per gli adulti costituisce un'ottima visione, anche per l'estrema fedeltà all'opera originale. L'unica differenza sostanziale è nel finale: il finale dell'anime è abbastanza sorprendente (Remì dà un calcio alla fortuna), probabilmente per venire incontro alla mentalità giapponese; il finale del romanzo invece è molto più comprensibile e soddisfacente. Il romanzo termina con Remì che si sposa, ricco e in buona salute, mentre Mattia diventa un grande violinista e in generale tutti i protagonisti vivono felici e contenti. Il finale dell'anime non lo svelo.

simona

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simona

Episodi visti: 51/51 --- Voto 10
Quante lacrime ho versato guardando questo cartone! Remì è l'anime più triste e commovente che abbia mai visto. La storia è toccante perchè racconta le vicende di un bambino senza tetto che vive vagabondando per la città, e una volta cresciuto viene venduto da un ambulante. E' una serie profonda e ricca di valori che ti insegnano a combattere sempre e ad affrontare qualsiasi difficoltà. E' proprio questo il valore principale che si mette in risalto vedendo questa serie. Stupendo!


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demone dell'oscurità

Episodi visti: 51/51 --- Voto 10
Credo che per certi aspetti, l'autore dell'opera si sia ispirato al film di Federico Fellini "la strada", visto che ci sono alcuni caratteri dei personaggi che ricordano bene quel film.

Un cartone in cui il protagonista vive parecchie vicissitudini che lo aiuteranno a temprare il carattere, a renderlo responsabile nelle situazioni più difficili e a fare in modo che possa intraprendere la strada più giusta per sfuggire ad un destino così avverso.

E' un cartone che si può guardare sotto differenti vedute, ovvero la povertà dei decenni scorsi, lo spirito di sacrificio che non fa mai mollare il vero obiettivo, la voglia di emergere nonostante le situazioni difficili, il saper aspettare i momenti propizi per intraprendere viaggi più sicuri dei precedenti, gli espedienti che portano a facili soluzioni, ma che richiedono un prezzo alto da pagare nel tempo, l'amore per la natura e gli animali, la musica, l'arte, nel mondo di Remì c'è tutto questo.

Ma c'è anche una forte disperazione che muove le azioni del protagonista, a cui il destino lo chiamerà più volte in causa, ma alla fine di questo tortuoso percorso, il ragazzo troverà nell'amore la madre di tutte le soluzioni, la giusta ricompensa dopo anni di difficili tormenti, un modo per rivendicare la propria dignità ed esistenza, nonché il coronamento di un sogno, quello di affermarsi nella società grazie ad una tempra senza pari.

Quindi il messaggio che ci vuole lanciare l'autore è proprio quello della resistenza a qualsiasi ingrato destino, mettendo impegno, buonsenso, serenità e caparbietà, non si raccolgono risultati eccellenti da subito, si hanno tante perdite e sacrifici nel percorso tortuoso, ma tutto ciò alla fine viene sempre ricompensato, il temprarsi nel carattere e il duro lavoro pagano sempre bene, laddove le azioni illecite premiano sicuramente prima, ma ti puniscono salatamente a lungo andare.

Un cartone dai forti e profondi significati, da guardare attentamente, come molto belli sono i disegni e le musiche utilizzate.

mar24

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mar24

Episodi visti: 51/51 --- Voto 9
Remi è certamente considerato per antonomasia come l'anime più commovente che ci sia o almeno lo è in Italia, le avventure del giovanissimo saltimbanco sono entrati ormai nell'immaginario di tutti. La storia narra di Remi primogenito di aristocratici inglesi che viene rapito per poi essere abbandonato in Francia e tutto questo viene fatto dallo zio allo scopo di impadronirsi dell'eredità di famiglia,una volta cresciuto viene venduto a Vitalis un giocoliere girovago che rappresenterà per Remi un maestro di vita; da lì incominceranno le sue avventure anzi disavventure. La regia è di Osamu Dezaki che si occupò di serie come Astroboy e Kimba, di conseguenza la serie presenta una tecnica di animazione (era il 1977) piuttosto all'avanguardia, mi riferisco in particolare agli sfondi che davano un senso di movimento molto realistico.Remi anche se può ora risultare ultradatato e eccessivamente strappalacrimoso, ma in fondo è così che deve essere in una serie di questo genere è insieme a "Il mio amico Patrasche" una serie ancora bellissima e poetica capace di divertire e far rimpiangere certi anime di una volta. A proposito visto che la sigla italiana è conosciutissima per la sua orecchiabilità anche le sigle giapponesi d'apertura e chiusura non sono da meno ascoltare per credere.

Zooropa

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Zooropa

Episodi visti: 51/51 --- Voto 9
Anime strappalacrime per eccellenza tratto dal romanzo di Malot che vede le peripezie del falso orfano Remì il quale vive di elemosina vagabondando come un musicante in giro per l'Europa. Remì è davvero un classico dell'animazione nipponica. Arrivò in Italia quasi in contemporanea con il Giappone e poi ritrasmesso molte volte sulle reti nazionali. E' stato uno degli anime che ha dato il via all'invasione nipponica delle nostre TV tra la fine degli anni '70 ed anni '80. L'anime in sé è realizzato con una cura davvero sorprendente se si considera la sua età. Se riuscite a sopportare il melenso svolgersi della storia (proprio del romanzo da cui è tratto) scoprirete un prodotto realizzato con una professionalità tale da essere ancora ricordato tra i più amati anime di sempre.