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Mirokusama

Episodi visti: 12/12 --- Voto 7
Probabilmente “Oshibudo” non passerà alla storia come una serie particolarmente rilevante, ma, a livello personale almeno, potrò assegnargli sempre un merito importante che solo “Zombie Land Saga”, grazie però alla sua forte vocazione comica, era riuscita ad avere: farmi guardare un’intera serie incentrata (anche) su un gruppo di idol. Dico anche, perché l’anime non si concentra solo sulla carriera e sulle esibizioni delle idol protagoniste, una figura della cultura popolare giapponese che presa a sé proprio non riesco a sopportare, ma pone anche attenzione sui wotaku che le supportano, sfruttando l’amore verso una di esse della protagonista principale.

“Oshibudo” (il cui titolo completo è “Oshi ga Budōkan Itte Kuretara Shinu”, ovvero “Se la mia idol preferita arrivasse al Budokan, morirei”) infatti è la storia di Eripiyo, giovane donna giapponese che, folgorata da un piccolo concerto organizzato dal gruppo di idol locali delle ChamJam, decide praticamente di votare la sua vita a una delle componenti di quel gruppo, Maina, arrivando a sovvenzionare le attività del gruppo con tutto quello che guadagna dai suoi lavoretti part-time. Grazie al suo amore incondizionato per Maina nessuno sforzo sembra troppo per lei, tanto che il suo sogno diventa riuscire a sostenerla, sia a livello economico che morale, fino a farla arrivare ad esibirsi al Budokan, un palazzetto multifunzionale nato in occasione dei Giochi Olimpici di Tokyo del 1964 e diventato col tempo teatro di grandi esibizioni musicali.

Quello che sembra un rapporto votivo a carico di una sola parte però si rivela ben presto un reciproco, e ironicamente tormentato, sentimento d’amore. La piccola Maina infatti non gode di grande seguito tra i supporter delle ChamJam, tanto che Eripiyo si rivela l’unica a sostenerla e a credere in lei per una futura carriera più brillante di quella che sta vivendo, e ciò non passa inosservato, tanto che anche la giovane idol si infatua ben preso della sua assidua ammiratrice. Grazie a questo espediente la serie finisce per dipanarsi grossomodo lungo tre percorsi principali: quello musicale, sicuramente battuto meno ma presente ed esaltato nei momenti topici da un ottimo comparto tecnico, quello sentimentale, espresso non solo nel rapporto tra Eripiyo e Maina ma anche tra gli altri wotaku con le rispettive idol e nello stesso gruppo delle ChamJam, e quello squisitamente comico legato all’insana affezione che Eripiyo e compagni vivono nei confronti delle ChamJam. Quest’elemento è sicuramente quello che mi ha convinto di più e di conseguenza coinvolto maggiormente nella visione; dalle attese interminabili sotto un sole cocente fino ai viaggi intrapresi con giorni d’anticipo per anticipare tutti gli altri, passando per il prosciugamento totale delle proprie finanze sovvenzionando ogni iniziativa commerciale del gruppo, niente rappresenta un ostacolo troppo grande per i nostri fan più accaniti a cui bastano un concerto e pochi secondi durante una stretta di mano con la propria idol per vivere una vita felice e appagata. Con tutte le forzature del caso che, da ignorante di questo universo, immagino ci siano, non nascondo che il risultato finale è un mix tra divertimento e disagio che, grazie anche alle simpatiche caratterizzazione di Eripiyo e dei suoi amici, sicuramente funziona. Non ho la stessa opinione invece nei confronti del lato sentimentale della serie, che viene sempre affrontato in maniera marginale e finanche troppo ingenua, grazie soprattutto alle caratterizzazioni delle ChamJam, presentate in maniera così pura e candida, roba che neanche il loro più accanito ammiratore potrebbe immaginarlo, da risultare quasi fastidiose. A parziale scusante di ciò però va detto che quest’anime è una trasposizione di un manga ancora in corso, per cui è immaginabile che, con l’avanzare della storia, anche le questioni di cuore possano ricevere la giusta attenzione che meritano e che in questa serie animata ho ritrovato in maniera troppo parziale. Nulla da dire sulla componente musicale invece, che probabilmente rientra nei canoni del genere, ma alla quale io ero completamente disinteressato.

Degno di interesse è invece il comparto grafico dell’anime, che si pone sicuramente sopra alla media delle produzioni stagionali. Opera dello studio Eight Bit, “Oshibudo” è una trasposizione in dodici episodi del manga originale di Auri Hirao estremamente gradevole da vedere grazie all’ottimo lavoro messo in atto da tutti quelli che ci hanno messo mano. Il character design di Tomoyuki Shitaya e Masaru Yonezawa, per esempio, è una rielaborazione piacevolissima del tratto originale della mangaka, che ci presenta dei personaggi femminili molto carini e adatti a tutti i palati, che si muovono in uno scenario urbano curato nei minimi dettagli, con diversi splendidi fondali, di ambientazione sempre cittadina, ad esaltarlo nelle occasioni più varie. Oltre ai bei personaggi è giusto segnalare anche la precisa regia di Yūsuke Yamamoto, messa in risalto soprattutto nelle esibizioni del gruppo animate con grande dovizia, e il color design di Yukari Fujiki, l’elemento che più salta all’occhio, vista l’abbondanza di colori tenui e delicati che permeano la scena. Per quanto riguarda la componente sonora della serie invece, più che le musiche di Moe Hyūga, in linea col genere musicale richiesto ma decisamente lontano dai miei gusti, mi ha colpito il doppiaggio giapponese veramente azzeccato e calzante su ogni personaggio, dove spicca la prestazione eccezionale di Ai Fairouz, giovane seiyū egizio-giapponese che ha esordito appena un anno fa nel 2019, nei panni della lunatica e stravagante Eripiyo, personaggio capace di generare grandissima energia fino a cadere nell’apatia più totale a seconda del momento. Molto carine le due sigle della serie, che sia nella parte musicale che in quella video mettono in risalto l’aspetto più romantico di “Oshibudo”, più di quanto faccia lo stesso anime onestamente; l’opening è cantata, ça va sans dire, dalle doppiatrici delle idol sotto il nome del gruppo delle ChamJam e si intitola “Clover Wish”, mentre l’ending, una cover della hit del 2002 “Momoiro Kataomoi” di Aya Matsuura, è cantata dall’impeccabile, anche in chiave canora, Ai Fairouz.

Disponibile ufficialmente in Italia sin dalla sua prima trasmissione, grazie a Yamato Video che l’ha pubblicato in simulcast sul suo canale Youtube, “Oshibudo” rappresenta quindi una buona occasione per chi vuole provare ad espandere i propri orizzonti animati verso tipologie di anime che non apprezza o non ritiene quantomeno nelle proprie corde; la sua commistione di generi non potrà dirsi riuscita al cento per cento, ma è riuscita comunque a convincere anche un grande scettico come me dell’universo artefatto e ingannevole delle idol a dargli un’occasione, e non dubito che possa riuscire a farlo nuovamente con chi vorrà dargli fiducia. Situazioni paradossali, momenti divertenti, personaggi simpaticissimi e un’ottima resa grafica, quantomeno, non mancheranno.