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Irene Tempesta

Episodi visti: 20/20 --- Voto 8
In primis lessi il manga, perciò avevo delle aspettative su questo anime che sono state soddisfatte appieno.
Il comparto grafico è ottimo, come le musiche e la colonna sonora, e soprattutto il doppiaggio italiano: io ho cominciato a seguire l'anime appena inserite le voci dei nostri talentuosi doppiatori, grazie alla scelta delle voci azzeccate e ben interpretate; la voce di Patrizio Prata nell'uomo in Nero è bellissima, misteriosa e sensuale.
Le sigle di apertura e chiusura sono abbastanza anonime.
Un buon prodotto, in definitiva, che rispecchia fedelmente in ogni parte il manga; la prima stagione ripercorre i primi sei volumi dell'opera ancora in corso in patria, e al momento è stata annunciata su Crunchyroll la terza stagione di questo anime che, a quanto pare, sta andando bene.

Se parliamo della trama, senza fare spoiler, devo dire che inizialmente le premesse erano molto accattivanti per me: un essere immortale viene generato e portato sulla Terra per fare esperienze che lo faranno crescere, ad ogni nuovo stimolo la creatura assimila sempre più; dall'aspetto di semplice pietra, col tempo si trasformerà in un cane, in un ragazzo (che poi verrà battezzato Fushi), e prenderà forma di altri esseri viventi, imparando in ogni epoca qualcosa di nuovo sul mondo e soprattutto sugli esseri umani.
La trama del manga/anime sembra essere strutturata in modo da far piangere di continuo, ma lo schema narrativo comincia a diventare ripetitivo, quasi scontato dopo un po', e a lungo andare stanca, tuttavia io sono arrivata giusto fino al volume 6 (che riporta la trama della prima stagione, appunto), e al momento sono ben diciannove volumi in attivo, perciò tutto può ancora accadere, la strada è lunga per un immortale...

In definitiva, lo reputo un buon prodotto, che consiglio sia a chi ha già letto il manga, che non resterà deluso, sia a chi vuole approcciarsi a quest'opera per curiosità.


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MartinoMystero

Episodi visti: 20/20 --- Voto 6,5
Per quanto abbia amato “La forma della voce”, opera prima e pluripremiata di Yoshitoki Ōima, non mi sento di dare un giudizio troppo positivo a questa sua nuova creazione. Ovviamente non discuto la scelta dell’autrice di cimentarsi in un genere completamente diverso dal precedente, visto che, tra l’altro, il fantasy è uno dei miei preferiti, ma non ho potuto non notare una certa approssimazione nella creazione del mondo in cui il protagonista si muove.

La prima cosa che non mi ha convinto è che anche lei sia caduta in quello che ormai possiamo considerare un nuovo cliché dell’animazione giapponese, il “mi piace commuovere facile”. Il trucco è sempre lo stesso, prendere personaggi “kawaii”, renderli nel corso della narrazione “kawaii” e... Questa tecnica potrebbe anche avere un senso, se utilizzata come colpo di scena nel finale di una serie, ma renderla ripetitiva, in ogni dove, dà al tutto un sentore di artefatto.

Come in qualsiasi fantasy che si rispetti, c’è una componente “battle”, ma anche qui non è che la Ōima si sia spremuta molto le meningi: i villain hanno delle caratteristiche che ricordano gli “angeli” di “Neon Genesis Evangelion” e i “giganti” del famoso “Attacco”. Un duello, in particolare, sembrava essere uscito direttamente dalla matita di Isayama. Non mancano nemmeno riferimenti a “The Walking Dead” e/o “Il trono di spade”. Drakaris!

Un’altra nota stonata, perché un po’ sopra le righe, è un altro villain che, pur non essendo mutaforma, assume invece le sembianze “metaforiche” di una piattola, il quale mi ha fatto venire in mente il tipico antagonista delle saghe holliwoodiane (l’erba cattiva non muore mai).
L’isola di Jananda, che ricorda le origini dell’Australia coloniale, è il luogo nel quale la coerenza narrativa dell’intero racconto mostra tutti i suoi limiti, forse a causa di una scrittura frettolosa: un posto anarcoide dove in pratica non esiste nessuna autorità, e dove si è liberi di compiere ogni sorta di crimine, rimanendo comunque impuniti, possiede invece delle prigioni funzionanti (governate da chi?), dove a finirci dentro sono persone che hanno commesso reati... in altri continenti (!), e poi è sempre in questo luogo che molte delle situazioni “diversamente” originali prendono forma.

Ci sono poi degli espedienti narrativi che non mi hanno affatto convinto: avere a disposizione un essere immortale, mutaforma e che all’occorrenza sa anche creare oggetti, insieme ad una sorta di divinità quasi onnipotente e onnisciente, è una facile scappatoia da utilizzare nel caso in cui a sfuggire dalla penna dell’autore sia proprio l’intreccio della storia. I primi a capirlo, se non ricordo male, furono gli antichi greci.

Di positivo, e questo l’autrice lo aveva già dimostrato ne “La forma della voce”, è la sua capacità di dare spessore a tutti i personaggi della storia. Paradossalmente, finora, è proprio il protagonista Fushi a risultare un po’ troppo stereotipato, visto che incarna il tipico eroe senza macchia. La “creatura” sembra percorrere in un arco di decenni quello che ai comuni mortali tocca fare in pochi anni. Non si sa bene se e come evolverà tale personaggio, ma, alla fine di questa stagione, il “ragazzo” sembra personificare una spugna, che assorbe tutto quello con cui i suoi sensi entrano in contatto. Il meglio di sé, invece, la mangaka lo dà proprio con i comprimari, che in alcuni casi rubano la scena a Fushi: tralasciando gli eccessi di cui sopra, con i pochi episodi a disposizione per ognuno di essi, l’autrice riesce a trasmettere allo spettatore quella sensazione di familiarità, affetto ed empatia verso ognuno di essi, e al momento, per quanto mi riguarda, questa sua capacità è l’unica risorsa che permette alla serie di stare al di sopra della sufficienza.

Il comparto grafico è più che discreto, i fondali, pur non essendo tra i migliori sulla piazza, sono comunque ben disegnati, e soprattutto c’è un’ottima integrazione della computer grafica con il resto dell’animazione, che rimane sempre piuttosto fluida. L’opening e la ending le considero anonime, mentre più che buona è la OST.

Per concludere, “To Your Eternity” è un’opera ambiziosa dove, dietro una parvenza di un “fantasy battle shonen”, si cela il tentativo di sviluppare un racconto maturo, il quale solleva quelle tematiche esistenziali che accompagnano l’umanità dalla notte dei tempi: il significato della vita; il valore dell’amicizia; il bisogno di fare gruppo; il guardare gli altri oltre le apparenze, il tutto amalgamato da una forte resa emotiva. Detto questo, non si può fare a meno di notare che l’intreccio della storia risulti piuttosto debole e poco originale. Il manga, dal quale questo anime deriva, è ancora in corso in Giappone, quindi il viaggio di Fushi durerà ancora per un po’, tuttavia, da un fotogramma della opening, si può intuire che dovremmo trovarci, dopo queste prime venti puntate, verso la metà della sua avventura, e soprattutto che nella testa dell’autrice c’è già un finale ben definito. Nella speranza che la Ōima, nel prosieguo della storia, non ricada nelle approssimazioni qui raccontate, e che riesca a scrivere un finale all’altezza di quello che ha già mostrato nel suo precedente lavoro, lascio il mio giudizio in sospeso. Voto: 6,5.


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IgnisSphero

Episodi visti: 20/20 --- Voto 6,5
In mezzo alla neve e alla desolazione, un essere ignoto esce dal corpo di un grosso lupo bianco, assumendo le sue sembianze. Dopo aver per percorso un lungo tratto di strada, scopre un villaggio presieduto da un singolo individuo: un ragazzo che desidera a tutti i costi vedere il mondo esterno e trovare persone diverse con cui rapportarsi. Purtroppo, nonostante la presenza del lupo, non riesce ad avventurarsi a lungo, perché colpito da una terribile influenza. Morendo davanti agli occhi del lupo, quest'ultimo si trasforma completamente nel ragazzo, mantenendo anche la sua forma originale. Il suo viaggio, inizialmente gravoso per le sue limitatissime conoscenze, sarà costellato di pericoli ma anche di intense emozioni, che lo aiuteranno ad avvicinarsi sempre di più al mondo umano.

Senza dire nulla della lunga trama dell'opera (considerando il manga che è tre volte l'anime), "Fumetsu no Anata he" è un viaggio composto da diverse tappe, che col tempo arrivano a perdurare anche per settimane o diversi mesi. La maggior parte delle persone che incontrano Fushi si sentono stranite dalla sua misteriosa e blasfema esistenza, ma dopo poco tempo lo accettano come se nulla fosse, implorando aiuto contro mostri e pericoli più grandi di lui. Purtroppo spesso le persone care a lui finiscono per incontrare la morte; cosa che lo rende ancora più forte grazie al suo potere. Il bello di questo shonen è che comunque ci sono nemici che gli danno filo da torcere, tant'è vero che Fushi da solo difficilmente riesce a risolvere gli scontri in completa solitudine. In questo caso l'anime si mantiene parecchio graduale nella sua crescita, si risparmia le solite scenate dei poteri random sviluppati così da un momento all'altro (o almeno ci speravo).

Alcune saghe appaiono piacevoli e sono un inno alla vita, le animazioni fluide e i disegni ottimi, e soprattutto ha un minimo di suspense. Ha una trama lineare e facile da capire; tuttavia sono pochi davvero i pregi su cui indagare, perché il tutto viene smorzato da altrettante vicende ripetitive, mal sceneggiate e raramente originali. Abbiamo molti personaggi che si comportano come IA preimpostate e che pensano in modo illogico, e quelli che si salvano tendenzialmente finiscono nel dimenticatoio, in quanto creati con l'unico scopo di aiutare Fushi nel suo viaggio senza fine e senza meta. Davvero non c'è molto da dire in generale su "Fumetsu no Anata he", perché non ha nulla da offrire; è un "The Promised Neverland" mancato. Tutto il dramma presentato, che cerca di rendere emozionante attraverso l'alternanza di toni solari e cupi la maturazione del protagonista, viene subito messo al lastrico dalla monotonia di azioni e tipo di personaggi che agiscono sempre nella stessa maniera; una tiritera infinita.

Inoltre, seppur i combattimenti hanno un certo valore, le insidie esterne non hanno mordente, non eccitano, ma sono solo in funzione di intrattenere il protagonista, togliendogli tutto ciò che ha. Da una parte, come ho detto prima, le azioni di Fushi sono bilanciate, ma tutto il resto è privo di valore, si sottomette totalmente al caso. Si mostra molto meno importante e solenne di quanto lo possa sembra all'inizio, si mantiene sempre sul semplice genere d'avventura, senza mai elevarsi.

Generalmente sono abbastanza i problemi dell'anime, però nessuno di questi è così grave da renderlo inadatto alla visione. Il dramma è che però non appassiona (solo a tratti), non dice nulla. Si mostra come un viaggio infinito senza alcun reale obiettivo, alimentato da morte e distruzione; insomma, il destino di un mostro in pena governato da qualcosa di molto più grande di lui: la stessa formula vista e rivista in tante altre opere. Ripeto, "Fumetsu no Anata he" è un'esperienza che non ti mette a disagio, perché un po' ti intrattiene sempre, ma è incompleta, disomogenea, fatta di saghe dal carattere oscillante, che ricalca in parte la piega che prende "Hunter x Hunter", in aggiunta alla quale non c'è nessuna spiegazione veritiera di quello che succede.

Difficilmente rimarrà impressa negli anni a venire.


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kirk

Episodi visti: 20/20 --- Voto 9
Yoshitoki Oima, da cui è tratto il soggetto originale di questo anime, è un’autrice che scrive storie adulte, e dopo il lungometraggio “La forma della voce” la incontro nuovamente in un’opera molto diversa: un fantasy.

Passiamo alla trama: un sasso che arriva dallo spazio cade sulla Terra e si evolve. All’inizio forse non è meno senziente, ma prende vita sotto forma di chi muore vicino a lui. E qui ci porta qualche interrogativo: chi gli muore accanto come il cane della prima trasformazione? Chi gli è amico anche se lontano come Parona?
L’unica cosa è che un porta sfortuna! Ben pochi dei personaggi che gli sono vicini e con cui farà amicizia moriranno di morte naturale... anche perché ad inseguirlo ci sono degli altri esseri sovrannaturali: i Nokker.

Qual è il punto forte della serie? La commozione. Ti affezioni ai personaggi che perlopiù sono bambini (questo fa pensare che l’autrice sbilanci il racconto verso un pubblico femminile) e poi assisti alla loro fine... la fine che mi ha colpito di più è stata quella di March.
Come dicevo, la storia è adulta, ma ci sono dei misteri tipo: perché l’Uomo Nero ha creato Fushi? Chi è l’Uomo nero? E cosa sono i Nokker? Chi c’è dietro a questi esseri?
Dopo venti episodi non sappiamo nulla di tutto ciò, ma abbiamo vissuto belle avventure.
C’è stato un piccolo calo per quanto riguarda la saga dell’Isola prigione, ma è stata carina anche quella, non mi è piaciuto in quell’ambito il personaggio di Tonari, ma non tutto può essere perfetto. Anche lì l’autrice ti fa affezionare a certi personaggi per poi far fare loro una pessima fine...

Secondo me lo studio Brain’s Base ha fatto un buon lavoro e do all’opera un bel nove.


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Seve

Episodi visti: 20/20 --- Voto 6,5
Una mano misteriosa lascia cadere sulla Terra (ma sarà la "nostra" Terra?) un oggetto capace di assumere forme diverse e progressive, anche biologiche, ma impossibilitato a morire. Questa la premessa che viene spiegata nei primissimi istanti della serie e anche all'abbrivio di molti degli episodi.
La storia si focalizzerà principalmente sullo sviluppo della coscienza, dell'intelligenza e della morale di questa entità, attraverso una saga generazionale, mostrandoci dunque anche lo sviluppo di una società primordiale a una più evoluta e i sussulti che questo comporterà.

Tratto da una (lunga) serie di romanzi, questa scaturigine è sia la forza che la principale debolezza di questa animazione.
Se è possibile leggere i vari romanzi in modo a sé stante, ciascuno focalizzato su una incarnazione di questa entità o su un periodo della civiltà che la ospita, come serie TV l'episodio precedente lega abbastanza male col successivo. Per quanto ci si provi, è davvero difficile (io non l'ho mai veduto accadere) trasporre in immagini un'emozione dovuta a una lettura prosaica, che è più intima.
Va detto però che la premessa e le intenzioni sono molto mature, il che appunto viene da questa origine "nobile" che arricchisce il prodotto di un certo spessore (insomma, si vede che non è "per bambini"). Non si ride, non si piange, non ci sono colpi di scena, non ci sono loli o bishonen o siparietti comici o battaglie shonen, si osserva a volte con molto interesse a volte con pochissimo "la vita", nuda e cruda. Il piacere che si ricava da questa opera dipende grandemente da quanto si è curiosi di letteratura formativa, di plot molto poco appariscenti e più riflessivi.

L'animazione è decente, il design può ricordare qualche opera di Miyazaki, ma soltanto nella caratterizzazione (la tecnica di animazione è quella da serie TV, non oltre), i personaggi sono morbidi e piacevolmente imperfetti. Gli sfondi sono scolastici, funzionali, mai epici.
Io la intendo come un'opera affine a quelle educative e morali prodotte da Tezuka a metà degli anni '70, con il difetto di non nascere in seno a un contesto di intrattenimento, e forse è questo a rendere la struttura un po' fallace.

Da vedere? Secondo me non è per tutti.

P.S. Non lasciatevi ingannare dai tag presenti in descrizione, la serie prenderà svolte decisive rispetto all'incipit, con balzi temporali consistenti che cambiano il tono generale ogni volta.