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Buddha89

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6,5
Cominciamo con l'ovvio?! Tecnicamente (in senso letterale) parlando il film è superbo, anche se la colonna sonora, che degnamente accompagna, non è incisiva come in altre opere del maestro. Ad ogni modo, in questa categoria il voto è 9!

Doppiaggio: Osceno, e non ci sono altre parole per dirlo.. guardatelo subbato per l'amor di Dio!!!!!

La motivazione del mio voto finale è da imputare alla trama; vado a spiegarmi meglio: la "protagonista" in verità non lo è, non serve, non lascia e non acquista niente, sta lì, c'è.. ma se non ci fosse sarebbe stato uguale, non ha senso. Il film è stato erroneamente "incentrato" su di lei quando il vero protagonista doveva essere il professore (per chi non lo ha ancora visto, è il personaggio maschile sulla destra nella locandina, ma era ovvio vero?!)
Dal suo punto di vista il film avrebbe funzionato divinamente, lasciando spazio alla sua storia invece che a quella della bambina avremmo avuto un capolavoro. La scelta di focalizzarsi sulla giovane è il motivo per cui non riguarderò mai più questo titolo, ma lo ricorderò per sempre come il masterpiece mancato del maestro Shinkai!


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Evangelion98

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
"I bambini che inseguono le stelle" è un film del maestro Shinkai nel quale sono visibilissime le ispirazioni che ha preso dai vari film dello studio Ghibli, non riuscendo però, secondo me, a catturare appieno il senso di magia e meraviglia che permea le pellicole dello studio Ghibli:

Dal lato tecnico nulla da ridire, è oggettivamente ben fatto, anche le musiche accompagnano "dolcemente" le scene in corso senza però risaltare eccessivamente e risultano quindi abbastanza anonime, i personaggi non hanno una forte personalità o impatto sullo spettatore, eccezione fatta forse per il personaggio del professore, che è stato l'unico a cui mi sono affezionato ed ho seguito con interesse il suo viaggio fisico ed interiore, cosa che però non posso dire per la protagonista Asuna; le sue motivazioni per intraprendere questo viaggio sono a dir poco stupide se non del tutto inesistenti ed anche nel finale non si capisce esattamente lei che cosa abbia guadagnato od imparato da questa esperienza, un personaggio dimenticabile ed al limite dell'inutile, secondo il mio modesto parere.

Alla fine dei conti il film non è brutto o estremamente noioso, è valido, ma è una grande occasione messa in scena in maniera raffazzonata.
Voto: 8/10


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kirk

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6
Di ogni cosa che guardo c’è un qualcosa che mi fa dare il voto: il mio voto in questo caso si basa solo sulle mie sensazioni, il film mi è sembrato, vedendolo, mediocre nello svolgimento del plot.
Qualcuno più esperto di me probabilmente si cimenterà nel valorizzare i fondali e la tecnica, qualcun altro dirà che la colonna sonora è molto buona e che la sigla finale è emozionante, un altro ancora ci potrebbe stupire con i riferimenti esoterici e mitologici, un altro potrebbe aggiungere che è un omaggio al grande Miyazaki e alle opere dello studio Ghibli…
Avrebbero tutti ragione ma cosa non va allora in questo "Viaggio verso Agartha" o "I bambini che inseguono le stelle" del noto regista Makoto Shinkai e dello studio CoMix Wave?
Tenendo conto che il ritmo di svolgimento non è velocissimo potrebbe sembrare strano quello che dico… ma è la brevità! La brevità? Dura quasi due ore mi potreste rispondere, dicendo la verità… ma nella trama ci sono dei buchi secondo me che avrebbero giustificato maggiore tempo per essere coperti o se volete mancano delle spiegazioni logiche. Sarebbe stato meglio fare una serie di OAV su questo soggetto con più spazio per le storie d’amore, per le spiegazioni esoteriche, per le implicazioni della morte e su chi rimane, sul progresso e le crudeltà di noi uomini civilizzati e che qualche richiamo ai film dello Studio Ghibli non può colmare in chi non conosce quei film o può parere incongruo a chi li conosce.
Insomma io do’ un voto sullo svolgimento della storia che è sei ma poi giustifico chi tiene conto nel suo voto delle cose che io ho percepito, ma non valutato e allora per costoro il voto può variare incredibilmente in più o in meno.

Utente132343

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Utente132343

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
"I bambini che inseguono le stelle" è un film scritto e diretto da Makoto Shinkai dalle connotazioni molto più fantasy e leggere rispetto alle opere precedenti, e di forte citazione verso il regista Hayao Miyazaki, del quale, tra l'altro, è grande appassionato.

La trama è molto semplice e si sviluppa intorno ai tema della scoperta e del viaggio della protagonista alla ricerca di "Agartha", un luogo leggendario dove risiedono creature divine dai grandi poteri, tra cui anche quello di resuscitare i morti, e una comunità di umani che vivono separati dal resto del mondo conservando antiche conoscenze. In questo contesto il regista infonde il suo stile narrativo caratteristico, e il fantasy diventa un aspetto di contorno dove mettere in risalto il rapporto tra i personaggi e le motivazioni che li porteranno alla ricerca di questo luogo mistico.

In generale, sotto ogni aspetto, il film si mantiene sul mediocre senza spiccare per nessuna caratteristica, che sa di opera di intermezzo prima di passare da una produzione importante all'altra, piccola parentesi questo si pone tra "5 cm al secondo" e "Il giardino delle parole". Nel caso si desideri una visione completa delle opere di Shinkai è una semplice tappa del percorso, ma in caso contrario un film non prioritario nel genere.


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Léon

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Avete mai sentito parlare di Agartha (o Agarthi: il nome è stato pronunciato e scritto in più modi simili tra loro)? Il regno mitologico sotterraneo descritto nell’Ottocento da Willis George Emerson e in seguito fascinosamente narrato in "Bestie, uomini e dei" di Ferdynand Ossendowski, per infine essere riletto in modo “scientifico” da René Guénon, ne "Il Re del mondo"? Anche il cantautore catanese Franco Battiato, nell’omonimo brano "Il Re del mondo", contenuto nell’album "L’era del cinghiale bianco", omaggiò a suo modo, nel 1979, questo mondo leggendario presente nella mitologia di più culture e tradizioni, che i pochi i quali affermano di averne avuto notizie certe sull’esistenza situano all’interno dell’Asia centrale. C’è chi lo ha associato al regno di Shambhala, che nel tantra Khalachakra del buddismo tibetano viene descritto in modo simile a quello che i presunti testimoni affermano di aver visto. Ma cos’è, di fatto, Agartha? È una sorta di paradiso perduto, o per meglio dire occultato, in un tempo remoto a un’umanità predatrice che ne avrebbe assorbito ogni risorsa sacra e spirituale, ogni energia immateriale che manteneva l’equilibro tra l’uomo, la natura e il cosmo. Tanti regnanti, più o meno illuminati, avrebbero infatti cercato l’ingresso nascosto di Agartha, lungo l’arco della storia, per assorbirne l’energia e accrescere il proprio potere (è noto, agli studiosi contemporanei, l’interesse della Germania nazionalsocialista, sulla scia delle teorie della Blavatsky, per l’ubicazione di Agartha, ricercata vanamente in Asia). Questa breve e doverosa premessa per introdurre, non una mini trattazione misteriosofico-esoterica ma un’anime diretto da Makoto Shinkai, regista giapponese classe 1973, che aveva già firmato opere di notevole spessore come "La voce delle stelle" e "5 cm per second". "Hoshi o ou kodomo", letteralmente “bambini che inseguono le stelle”, divenuto nell’adattamento italiano "Il viaggio verso Agartha", è un lungometraggio animato poetico e toccante basato proprio sull’esistenza di questo mitologico regno sotterraneo e sulla naturale ricerca di risposte, attraverso il viaggio di personaggi tra loro assai differenti, ai quesiti esistenziali che accompagnano da sempre, più o meno gravosamente, tutti gli esseri umani. Il senso della vita e della morte, della perdita e della conseguente solitudine, entrano armoniosamente nel corpo narrativo di una fiaba adulta, in cui protagonisti sono però due bambini appartenenti a due diversi regni: quello soprastante, da noi vissuto e conosciuto, e quello sotterraneo e occulto, del quale fino ad adesso abbiamo parlato. Agartha, per l’appunto.

Un’opera intensa e ricca di significati adulti e profondi, per un’animazione davvero rimarchevole sia nel tratto che nei colori, rovinata però – è d’obbligo dirlo, e me ne dispiace molto – da un doppiaggio italiano scandaloso affidato a non professionisti per la maggior parte nemmeno di lingua italiana. Non ci sono parole per esprimere lo sdegno degli appassionati per tale nefasta operazione portata a compimento dalla Kazé, evidentemente non nuova a leggerezze e inadempienze in fase di confezionamento di prodotti che, al contrario, hanno una qualità visiva e contenutistica notevole, come nel caso in questione. Il consiglio pertanto è: vedetelo in qualsiasi lingua, o sottotitolato se avete la fortuna di trovarlo, tranne che nel doppiaggio proposto per l’home video dalla Kazé. Detto ciò, sono lieto invece di spendere qualche parola di commento su un’opera che a tratti toglie il fiato per la bellezza visiva, sull’interessante spunto narrativo, nonostante Shinkai non si concentri più di tanto nell’approfondimento psicologico, e più in generale su un apparato tecnico di primo livello distribuito sulle capacità dello stesso Shinkai, di Takumi Tanji e di Takayo Nishimura, senza dimenticare l’affascinante colonna sonora.

Makoto Shinkai, dichiarato fan del maestro Hayao Miyazaki, dimostra nuovamente una sensibilità e un tocco fuori dal comune nel dirigere un anime che va dritto al cuore dei motivi dell’esistenza umana; filtrando, in ossequio alle tematiche proposte nei lungometraggi animati del fondatore dello Studio Ghibli, una pedagogia che attinge a piene mani dai fondamenti della tradizione estremo orientale e dai suoi culti animisti, soffermandosi sulla dicotomia vita-morte per insinuare più dubbi salvifici che risposte dogmatiche, assecondando così i principi di un’ontologia che rifugge l’assolutezza delle dimensioni percepite e veicolando, attraverso la narrazione fiabesca e fantasiosa, concetti solitamente trattati in forma grave e monodimensionale, le cui risposte sono per lo più affidate alla legge degli uomini e delle religioni (monoteistiche). Ancora una volta è centrale il tema dell’equilibrio tra gli opposti in conflitto, in realtà sempre parti di unicum la cui fenomenologia può trarre in inganno se ci si abbandona solo a una concezione indotta e lineare dell’esistenza e non si va oltre i muri eretti dalla ragione. Il vuoto, le deprivazioni e il senso di mancanza dovuti a una perdita importante, ci insegna Shinkai attraverso la parabola dei tre protagonisti, non sono altro che una condizione psicologica ed esistenziale che va superata per guardare avanti, per cercare al di là dei piccoli grandi contesti immediatamente percepiti, per scoprire che oltre il lungo percorso del dolore e della solitudine ci sono ancora possibilità e terre inesplorate. Come Agartha, appunto, mondo sotterraneo non importa quanto immaginifico o improbabile, in cui ritrovare sé stessi nel confronto con l’inconoscibile fattosi nuova conoscenza. Anche gli stessi abitanti di Agartha, pertanto, dovranno aprirsi all’alterità verso chi era percepito solo come straniero e predatore, come impuro.

Nessuna particolare vicinanza col mondo descritto dalle pagine di Ossendowski, l’Agartha di Shinkai è più che altro una terra totalmente immaginifica, costruita sulla fantasia dei suoi creatori e su figure mitologiche della tradizione estremo orientale. Scelta assolutamente condivisibile per l’opera proposta, proprio perché il regno sotterraneo la cui porta verrà varcata da Asuna e Ryuji, è più che altro un altrove immaginario e misterioso non privo di prove e pericoli, in cui rigenerasi e ritrovarsi, sconfiggendo il mal di vivere contratto nel mondo soprastante. "Il viaggio verso Agartha", presentato in Italia al Future Film Festival 2012 di Bologna, è dunque un’avventura tutta da vivere, un percorso iniziatico che donerà a una bambina, Asuna, la consapevolezza che il crescere porta con sé, oltre alle responsabilità incalzanti dell’età adulta, l’infinito fascino della scoperta. Come tematiche proposte, forse la migliore opera di Shinkai.


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PaterMundi

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8,5
Come sempre, cercherò in questa recensione di trattare di argomenti trattati un po' meno nelle altre recensioni e tenendo in considerazione le critiche lette.
"Viaggio verso Agartha" è un film di Shinkai con un minestrone di temi presi dall'evidente influenza di Miyazaki.
Se già non piace Shinkai sconsiglio la visione di questo film, perché le caratteristiche che troviamo sono le stesse dei suoi altri film. Inutile accanirsi contro il suo stile che può o non può piacere ovviamente.

Il film è ispirato in parte al mito di Orfeo ed Euridice. Troviamo una ragazzina che mi ricorda tantissimo la classica protagonista femminile di Miyazaki, un riferimento indiretto a temi ecologisti a inizio film (altra influenza), e una riflessione sul tema della "morte", "l'accettazione della sua ineluttabilità e del dolore della morte", "l'amore in senso classico", "l'amore fraterno" e il "dolore".

L'animazione come sempre è eccellente, il film secondo me non è affatto noioso e scorre perfettamente. A differenza di altri, non mi sono annoiato neanche per un po'.

Nonostante non definirei questo film un prodotto originale, ho gradito molto che Shinkai si sia collocato nella scia del Maestro Miyazaki, prendendone spunto per alcuni temi, ampliandoli con altri.

Se avete già visto Shinkai, potete vedere anche questo senza timore. Se già non avete gradito altri film, non penso che vi piacerà. L'originalità o meno di un film non costituisce un discrimine per la sua valutazione. Ed è per questo che per me è senz'altro promosso con 8.5.


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Iwakura

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Prima di cominciare la recensione vera e propria sento il bisogno di fare una premessa: i miei più sentiti complimenti vanno al distributore italiano di questo film per quell'impeccabile disastro che è il doppiaggio, eseguito per qualche oscuro motivo in Francia, da doppiatori francesi peraltro non professionisti. Il risultato è qualcosa di così inascoltabile che suonerebbe ridicolo anche in "Ratatouille", e quindi non posso che consigliare a chiunque di godersi questo film in lingua originale con sottotitoli, come del resto ho fatto anche io. Ritengo comunque che sia giusto giudicare un'opera così come è uscita dalle mani dell'autore, al netto del doppiaggio, perché se dovessi dar peso anche quello il mio voto non andrebbe al di sopra del 5. Stendiamo un velo pietoso.

"Il viaggio verso Agartha" è un film del 2011 diretto da Makoto Shinkai, noto soprattutto per "5cm al secondo", considerato il suo capolavoro, e per il cortometraggio "La voce delle stelle" che lo ha reso noto al pubblico come uno dei registi più interessanti del panorama dell'animazione giapponese recente. Il film parla di una ragazza di undici anni, Asuna, che vive sola con la madre in un paesino di montagna e che possiede un misterioso cristallo lasciatole dal padre. Un giorno, la sua vita subisce una svolta grazie all'incontro con un misterioso giovane, verso il quale sente subito di provare un certo sentimento, e con il professor Morisaki, convinto dell'esistenza di un mondo sotterraneo chiamato Agartha e determinato a raggiungerlo poiché li risiederebbe il potere per riportare in via la sua defunta moglie. Quando però il ragazzo scompare improvvisamente, una serie di circostanze porteranno Asuna ad intraprendere un avventuroso viaggio proprio nel mondo di Agartha allo scopo di potersi alla fine rincontrare con lui.

Si è parlato molto di Makoto Shinkai come del "nuovo Miyazaki", giudizio che, per quanto condivisibile o meno, poggia su basi più che concrete. Il grande merito di Shinkai è stato quello di aver portato il livello tecnico dell'animazione a uno standard ancor più elevato di quello delle migliori produzioni recenti (studio Ghibli compreso), grazie alla magnificenza dei suoi fondali, che sfiorano sovente il fotorealismo, e a una cura per i particolari e le animazioni eccezionale. "Il viaggio verso Agartha" gode della maestria tecnica di Shinkai e la sua bellezza sta prima di tutto nei disegni: ogni inquadratura, sia che mostri le praterie rischiarate dalle stelle di un mondo leggendario o la cucina della casa di Asuna, è in grado di commuovere lo sguardo per il realismo e la definizione di ogni anche più minimo elemento del quadro. Quella di Shinkai è una poesia (o poetica) del particolare, e ogni particolare risplende per costruire scenari fastosi; il rovescio della medaglia è forse l'eccessiva leziosità che contraddistingue alcuni di essi, ma va detto che in questo film si nota poco e solo in rari casi. Su un livello non minore si pongono le animazioni, sempre fluide e impeccabili con punte d'eccellenza che lasciano sinceramente senza fiato.

A forza di essere accostato a Miyazaki (che d'altra parte è una pietra di paragone inevitabile per qualunque regista di anime che punti all'eccellenza artistica) Shinkai deve quindi aver ceduto alla tentazione di confrontarsi sullo stesso piano del maestro dell'animazione. Il risultato è questo film, che sembra infatti urlare "Studio Ghibli" da tutte le parti. Tematiche come la violenza dell'uomo nei confronti dei più deboli e della natura, l'animalismo, l'esaltazione del ciclo naturale e financo l'inquinamento ambientale sono prese in prestito direttamente dall'autore di "Nausicaa" e trasportate qui dentro. Inoltre, l'aspetto generale di tutti gli elementi del mondo di Agartha deve molto allo stile di Miyazaki (prima e più scoperta citazione è la Clavis, pietra azzurra presa direttamente da "Laputa"). Persino il chara design è stato ammorbidito per ricalcare quello di opere come "Totoro" o "La città incantata", con un effetto in questo caso un po' straniante se si confronta la semplicità del tratto dei personaggi con l'esuberanza quasi barocca dello stile generale che ho descritto sopra. Sia chiaro, il fatto di voler assomigliare a un opera dello Studio Ghibli non va assolutamente a demerito del film, che anzi riesce a mantenere un tono drammatico originale e sostanzialmente estraneo alle opere di Miyazaki, e pur tuttavia non si può non percepire una certa aria di "già visto" che va a rovinare leggermente la visione.

La storia è una rivisitazione del mito di Orfeo ed Euridice, condita di elementi mitologici: primo fra i quali la leggenda del mondo sotterraneo di Agartha, che l'immaginazione dell'autore ha voluto essere la sede del passaggio tra regno dei morti e regno dei vivi, il luogo da cui è possibile richiamare indietro le anime dei defunti. Il tono è quindi, come ho già detto, drammatico a causa delle tematiche messe in gioco, ma questo non vuol dire che il film sia pesante, anzi, le scene d'azione e quelle più dense sono sapientemente bilanciate da quelle che mostrano la vita quotidiana della protagonista (nella prima parte del film) e da quelle in cui sono posti in risalto i sentimenti dei due giovani protagonisti e il rapporto tra Asuna e il professor Morisaki, tant'è che il film non risulta mai troppo lento o noioso. E sono proprio i rapporti che si instaurano tra le persone la parte senza dubbio più riuscita e vero fulcro del film, il cui intreccio espone una serie di relazioni interpersonali realistiche e mai banali e, anzi, spesso al limite dell'ambiguità: basti pensare che nessun personaggio (a parte la protagonista, di cui parlerò più avanti) può essere valutato pienamente positivo o negativo e i conflitti interiori che li animano ricombinano continuamente le carte sul tavolo dei rapporti che li legano (soprattutto quelli dei tre protagonisti) che non sono mai uguali a come erano all'inizio, nell'ottica di un processo di formazione ben visibile nei protagonisti maschili e che dovrebbe essere altresì rilevante per la giovane Asuna.

E dico "dovrebbe" perché purtroppo qui il film mostra il fianco alla sua pecca peggiore: la protagonista Asuna. È un vero peccato che proprio il personaggio su cui dovrebbe reggersi il peso maggiore della trama sia in pratica il più piatto e peggio caratterizzato dell'intero film. Asuna è sostanzialmente priva di carattere e di una propria volontà, dal momento che tutto quello che fa sembra essere dettato dal caso e dalle circostanze, non sceglie e non prende decisioni e si lascia trascinare dagli eventi fino alla fine del film. Non è nemmeno plausibile che una ragazzina di undici anni decida senza colpo ferire e senza mostrare alcuna titubanza di attraversare un mondo ignoto e pericoloso per riportare in vita un ragazzo conosciuto due giorni prima; e se questo serve a comunicare che è dotata di una certa forza d'animo (sulla falsa riga delle migliori protagoniste femminili dei film di Miyazaki), allora l'obiettivo è mancato in pieno, perché l'impressione che ha lo spettatore è che si tratti piuttosto di una forzatura della sceneggiatura, non essendoci indizi nel carattere di Asuna che facciano pensare il contrario. Inoltre, non si può dire nemmeno che vi sia un suo vero e proprio percorso di formazione, dal momento che rimane la stessa dall'inizio alla fine, al contrario invece degli altri personaggi e in particolare di Morisaki, questi forse il più riuscito del film.

"Il viaggio verso Agartha" è in ogni caso un film più che sufficiente in grado di intrattenere con la sua trama avvincente e di meravigliare con il suo apparato tecnico magistrale. Certo, resta l'amarezza del pensare che si sarebbe potuto fare molto di più, considerate le capacità del suo regista, ma l'esperienza non può che essere parzialmente rovinata da una protagonista senza spessore, la cui scarsa presenza scenica finisce per intaccare anche la profonda resa delle relazioni interpersonali che è il cuore del film e della poetica di Shinkai. Complice forse, infine, un finale un po' troppo affrettato e che avrei preferito sviluppasse meglio il rapporto tra il professor Morisaki e la moglie.


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Kida_10

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
"Hoshi wo Ou Kodomo", tradotto in italiano come "Il Viaggio Verso Agartha", è un film prodotto nel 2011, della durata di circa 120 minuti, ideato e diretto dalla geniale mente di Makoto Shinkai.

Asuna è una ragazza che, a causa della prematura morte del padre e degli atipici orari di lavoro della madre, si ritrova sola sin dalla tenera età. Impegnata fra la scuola e le faccende domestiche, Asuna rimane un po' isolata dai suoi compagni di classe e trascorre quindi il tempo libero sulla montagna vicino casa. La sua vita cambia quando un giovane ragazzo la salva da una misteriosa creatura gigante simile ad un orso. Asuna scopre in questo modo l'esistenza di un mondo sotterraneo, chiamato Agartha, reso inaccessibile agli esseri umani. Tuttavia, vi sono una serie di persone interessate a questo luogo misterioso, e una di queste è proprio il nuovo insegnante della protagonista.

Bisogna iniziare col dire che "Il Viaggio Verso Agartha" è un'opera atipica per il regista, sia per la durata che per le tematiche trattate. I lavori più significativi di Makoto Shinaki, come "5 Cm Per Second" e "Il giardino delle parole", quest'ultimo cronologicamente successivo, sono tutti di breve durata e di genere drammatico/slice of life. L'approccio col fantasy non deve essere stato facile, e il rischio di cadere in qualcosa di già visto era stato sicuramente considerato. Come già sottolineato da molti, l'opera presenta degli aspetti che la accomunano al cosiddetto stile "Miyazaki", ma tuttavia conserva a parer mio una sua originalità. Lo zampino di Makoto Shinkai si intravede a partire dalle prime scene, e non solo per quanto riguarda il comparto grafico: gli elementi tipici e presenti in ogni sua opera, quali treni, passaggi a livello, gatti e spettacolari tramonti, non tarderanno ad arrivare, uniti ad un'inconfondibile delicatezza narrativa.
La trama è semplice, dolce e malinconica. Il ritmo sensibilmente più rapido del solito, ma rimane comunque piuttosto lento. I personaggi sono pochi e ottimamente caratterizzati.

Tecnicamente, un indiscutibile capolavoro. Il comparto grafico è eccellente, perfetto, i fondali sono meravigliosi, suggestivi e dettagliati, le animazioni fluide. Altrettanto ottimo è il comparto sonoro, che ci delizia con delle OST meravigliose e delicate, e con un doppiaggio (giapponese) adeguato. Per quanto riguarda il doppiaggio italiano, visti i numerosi rumors ho deciso di evitarlo, e non posso quindi esprimermi.
Il finale è malinconico ed inaspettatamente crudo, la vita scorre e non sempre tutto si risolve per il meglio.

In conclusione "Il viaggio verso Agartha" è un ottimo film, forse un po' troppo lungo e dai ritmi leggermente bassi, ma comunque meritevole di una visione. Consigliato a tutti.


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Sonoko

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6
"Il viaggio verso Agartha" è un film di Makoto Shinkai del 2011. La protagonista, Asuna, è una ragazzina che, dopo vari anni, non riesce ancora a superare il dolore per la morte di suo padre. Un giorno, viene salvata dall'assalto di un mostro da un ragazzo, Shun, proveniente dalla misteriosa città di Agartha. Se ne innamora subito, ma purtroppo lui sparisce poco dopo in un tragico incidente. Successivamente, Asuna sente nominare di nuovo Agartha da un suo professore, Morisaki, che spiega che lì è possibile resuscitare i morti. Morisaki vorrebbe andare ad Agartha per riportare in vita la moglie morta 10 anni prima di malattia, così lui ed Asuna si troveranno a viaggiare insieme...

La visione di questo film mi ha lasciata davvero basita, tanto che non posso non commentarlo a caldo, a visione appena conclusa! Di Shinkai avevo già visto "5 Cm per Second" e mi aveva delusa, ma questo nuovo prodotto, decisamente più fantasy, mi ha subito attratta: ne avevo visto il trailer, potendone apprezzare le belle animazioni, i colori ed il character design che ricorda abbastanza quello tipico dello studio Ghibli, che mi è sempre piaciuto. Così, ho desiderato tanto vederlo e dare un'altra opportunità a questo giovane regista tanto apprezzato dagli appassionati, convinta che, se piace tanto, un motivo deve pur esserci! Ed effettivamente, adesso, a visione conclusa, posso dire di poterli comprendere meglio. L'influenza di Miyazaki è più che palese, non solo perché la sequenza iniziale di Asuna che corre sulla collina ad ascoltare la radio è molto simile alla scena iniziale di "Kiki's Delivery Service", non solo perché il cristallo clavis ricorda la pietra di Sheeta di "Laputa - Il Castello nel Cielo" e perché per un dettaglio (che non preciso per non spoilerare) Morisaki mi ha ricordato Eboshi de "La Principessa Mononoke"! Ma presumo che, agli inizi di una carriera, certi spunti si possano ritenere giustificati e poi, qualcosa di più rispetto a quel film (a mio avviso sopravvalutatissimo) l'ho notato. Ci sono ancora fastidiose discontinuità nella trama, aspetti interessantissimi lasciati troppo oscuri per i miei gusti, ma almeno ho apprezzato il fatto che il regista si sia dedicato ad un tema più impegnativo, non troppo originale ma sempre attuale, della morte e dell'elaborazione del lutto, rifacendosi al mito di Orfeo ed Euridice. E graficamente ho trovato il prodotto spettacolare, sia per le animazioni dei personaggi che per i fondali, una gioia per gli occhi, al di là delle brevi sequenze a cui avrei potuto riferirmi unicamente con il trailer. Promossa anche la colonna sonora, niente di memorabile ma sicuramente gradevole.
Dunque mi sento di incoraggiare Shinkai, che, come Goro Miyazaki, tende man mano a migliorare, com'è giusto che sia. Mi aspetto che "Il Giardino delle Parole", che ancora non ho avuto modo di vedere, possa essere ancora più bello!

Ma c'è un ma, ed è un ma molto, molto grosso. Se ad un migliorato Shinkai potrei dare tranquillamente un 8, sono costretta a giudicare il prodotto che ci è stato proposto, che nel complesso definirei qualcosa di scandaloso: la Kazè, che purtroppo ne ha curato l'unica edizione italiana finora disponibile, ha sfruttato doppiatori non professionisti, francesi che pronunciavano l'italiano senza alcun sentimento, praticamente ai livelli di bambini delle elementari alla recita scolastica, con un risultato a dir poco osceno. Sul serio, ascoltandoli non sapevo proprio se ridere o piangere! Fra l'altro ho letto che anche la traduzione è stata ottenuta da una trasposizione molto maccheronica del francese, perciò, a quanto pare, nemmeno la visione in giapponese con i sottotitoli aiuta più di tanto... Ed a questo punto mi viene anche da chiedermi se non sia stato anche questo adattamento a contribuire alla permanenza dei così tanti punti oscuri a cui accennavo prima!
Dunque, facendo una media e volendo essere molto generosa, purtroppo mi sento di dare appena la sufficienza ad un prodotto che trattato degnamente avrebbe meritato sicuramente molto di più. Il doppiaggio è soltanto uno dei tanti aspetti di un film, perciò di solito può solo intaccarne minimamente il valore per alcuni particolari come una parola o una frase che può suonare goffa e/o grammaticalmente sgradevole, ma mai prima d'ora mi era capitato un simile disastro!
Spero tanto che qualcun altro decida di ridoppiarlo (sì, qualcun altro, non certo una casa editrice che ha dimostrato in tal modo di non avere un briciolo di rispetto per chi compra onestamente i DVD invece di scaricarli illegalmente!), cosicché noi tutti possiamo vedere finalmente il vero film.


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IrisvielVE

Episodi visti: 1/1 --- Voto 5
Ammirevole l'intenzione di trattare tematiche interessanti quali quelle della solitudine e dell'accettazione della morte, ma il tentativo di Shinkai fallisce col desiderio di infittire e rendere più misteriosa la trama.
Dispersiva e direi quasi senza un filo logico, la storia comincia col desiderio della giovane protagonista Asuna di rivedere il misterioso ragazzo che l'ha salvata dall'aggressione di una strana bestia. Incipit semplice e chiaro, peccato però che da questo punto in poi si susseguano una serie di eventi dalla dubbia consequenzialità e spesso contraddittori tra loro. Non è mia intenzione spoilerare nulla, perciò sconsiglio di leggere le prossime righe a chi non abbia ancora visto il film. Sono tante, infatti, le cose che mi hanno lasciata perplessa e che credo non siano in assoluto molto chiare, come ad esempio il motivo per cui Shun sarebbe andato incontro alla morte solo per poter conoscere la protagonista, o perchè quest'ultima si sia spinta fino alla "finis terrae" per riportare in vita il suo amico solo per poi cambiare idea mossa dalla paura e tornare deludentemente indietro, o ancora perchè i mostri "scacciatori di persone impure" abbiano rapito solo Asuna e non il professore, eccetera. Altrettanto poco chiare credo siano le ambientazioni delle scene, probabilmente a causa dell'eccessiva varietà di paesaggi rappresentati uno dietro l'altro nel mondo di Agartha.
Tanti, dunque, sono gli accadimenti che fanno perdere di concretezza alla storia e che la portano a sembrare inconcludente, come conferma persino il protagonista stesso (Shin) quando ad un certo punto sostiene di non sapere il perché gli sia stato dato l'ordine che è obbligato ad eseguire.
Pur apprezzando il fatto che il film sia movimentato quel tanto che basta a non far soccombere lo spettatore alla noia, il verdetto è uno solo: molti eventi e poco senso.
Di sicuro, infine, è giusto spendere due parole sul pessimo doppiaggio in italiano, che non solo non aiuta minimamente lo spettatore ad entrare nel film, ma, al contrario, gli fa perdere fin troppi punti rendendo sterili i dialoghi tra i personaggi.


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Rygar

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Quando si parla di Makoto Shinkai, non si può fare a meno menzionare 2 sue qualità imprescindibili: il suo talento e la sua genialità. Entrambe queste qualità sono profuse in tutte le sue opere donando loro un aspetto tra l'incantevole e l'onirico, che si tratti di tristi storie d'amore, racconti felini o storie fantastiche intrise di tecnologie futuristiche. Inconfondibili sono poi i suoi marchi di fabbrica: treni, passaggi a livello e gatti, presenze immancabili nelle sue produzioni. Nemmeno quest'opera, conosciuta in Italia col nome di "Viaggio verso Agartha" (in madrepatria conosciuto come: Hoshi o ou kodomo traducibile come: "Bambini che inseguono le stelle) si discosta dalle tematiche a lui care, ossia la sofferenza dovuta alla separazione da ciò che si ama, l'inevitabilità della morte e la rescissione dei legami. Si ha a che fare con un'opera intrisa di poesia e misticismo.

Il viaggio verso Agartha è un film della stagione autunnale 2011 della durata di 116 minuti. Per la suddetta recensione ho utilizzato la versione sottotitolata in quanto ho sentito di un adattamento italiano scandaloso.

Trama: Asuna è una ragazza orfana di padre che trascorre le giornate tra la scuola e ascoltando i suoni captati da una radio rudimentale (auto costruita) che sfrutta un particolare cristallo. Di tanto in tanto capta qualche suono misterioso proveniente da altri mondi. Quella musica pare irripetibile e per quanto tenda a sforzarsi, non sembra possibile riuscire a ritrovarla. All'improvviso fa la sua comparsa un misterioso ragazzo di nome Shun, il quale salva Asuna da una creatura mai vista prima. Alla richiesta di spiegazioni della ragazza Shun le risponde che proviene da un mondo intraterrestre chiamato Agartha (ossia un mondo all'interno della terra dove i potenti del passato saccheggiato dai potenti della terra per ottenere carisma, conoscenze ancestrali, ricchezze e potere) e che è giunto in superficie per poter ammirare le stelle e per poter incontrare una persona. Il destino di Shun è però segnato dalla sua prematura scomparsa, gettando Asuna nello sconforto.
Dopo la scomparsa di Shun, nella scuola di Asuna giunge il professore Morisaki, il quale affascina Asuna narrando dei miti relativi ad Hinanami ed Hizanagi (è possibile interpretarli come la versione occidentale di Orfeo ed Euridice), parlando poi di un luogo misterioso quanto antico e mistico conosciuto con i nomi più disparati: Agartha, Shambhala, ecc. Nell'udire il nome Agartha Asuna ha un sussulto, è proprio il luogo di provenienza di Shun, e quel luogo cela il Portale della Vita e della Morte, ossia una dimensione capace di riportare in vita le persone amate. Asuna e il professore intraprenderanno la spedizione al centro della terra affinché possano riportare in vita i loro cari.

Grafica: come ogni opera del buon Shinkai il comparto grafico rasenta l'eccellenza e questo Viaggio verso Agartha rappresenta un ottimo esempio. Splendide le ambientazioni, le quali descrivono più di mille parole la bellezza e la suggestività dei luoghi (sebbene si siano utilizzate un po' troppe tinte acquerellate che erodono un po' i dettagli), le animazioni sono semplicemente perfette per fluidità. Il character design non è bellissimo, decisamente troppo semplicistico e minimalista, peccato. Il monster design è ottimo.

Sonoro: ottimo come in ogni produzione di Shinkai. L'opening non esiste, in compenso l'ending è memorabile per bellezza. OST splendidi e delicati, ottimi effetti sonori. Doppiaggio (giapponese) validissimo.

Personaggi: con ogni probabilità è il fiore all'occhiello della serie. Nonostante la forte presenza di misticismo sovrannaturale e di un mondo surreale i personaggi appaiono nel loro grande realismo, risaltando per una caratterizzazione eccellente, con notevoli fattori introspettivi ed evolutivi. Inutile sottolineare l'enorme coinvolgimento emotivo causato da un'interazione portata ai massimi livelli.

Sceneggiatura: la resa dell'opera è massimizzata da una gestione temporale sempre focalizzata sul presente, come se fosse una cinepresa incollata ai protagonisti. Il ritmo sa prendersi le sue pause, focalizzandosi sull'immensità degli eventi narrati. Non mancano le scene d'azione, su cui imperano splendidi combattimenti. Non manca nemmeno la morte, vero filo conduttore di tutta l'opera. Il fanservice è inesistente. I dialoghi sono sublimi.

Finale: non si poteva chiedere di meglio all'opera. Gli ultimi istanti mostrano la maturazione dei protagonisti dell'accettazione dell'inevitabile. L'opera raggiunge il suo climax, mostrandosi in tutta la sua onirica maestosità, in tutto il suo misticismo multiculturale.

In sintesi: il viaggio verso Agartha è l'ennesima opera memorabile di un regista prodigioso per talento, capace di affrontare delle tematiche solitamente sconfortanti con grande maturità e superba capacità analitica dell'animo umano. Consigliato a chiunque ricerchi un'opera profonda, commovente, epica e riflessiva.


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shulk7

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Makoto Shinkai, con questo ennesimo capolavoro, ha dimostrato di seguire uno stile proprio, con momenti lenti, poetici e profondi, e momenti di tensione molto rapidi e allo stesso tempo intensi; insomma, chi dice sia l'erede di Miyazaki si sbaglia di grosso, non essendoci quella spensieratezza infantile. Anzi, i film di Shinkai hanno molta drammaticità. Come si è visto in "5 cm per Second", i ragazzi ancora nella fanciullezza vengono fatti sembrare più maturi, quasi adulti, insomma vengono caricati di responsabilità e pensieri, e questo accade anche ne "Il Viaggio verso Agharta". Su questo film c'è poco da dire, è un capolavoro, è una poesia, e il poeta è Shinkai: colonne sonore da dieci e lode, paesaggi che parlano da soli, un livello d' animazione mozzafiato e temi toccanti come la solitudine, la morte e l'amore.
Consiglio a tutti di vederlo in sub ita, è molto più godibile: anche se il film dura due ore, scorre senza intoppi, lasciando molto spazio ai paesaggi suggestivi che, accompagnati dalle varie OST, danno un risultato magnifico. Il voto è dieci, perché finalmente Shinkai fa un film completo che non si limita a trattare solo di temi sentimentali; per il resto il comparto tecnico è favoloso, i personaggi ben fatti e la trama interessante, attingendo alcuni elementi dalla mitologia precolombiana e greca.

"Il Viaggio verso Agharta" è un film consigliatissimo, che, a parer mio, se la gioca alla pari con i pilastri Ghibli, quindi non perdetelo.


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npepataecozz

Episodi visti: 1/1 --- Voto 4
Non sono mai stato un grande ammiratore di Makoto Shinkai: ho ancora le orecchie che fischiano per le critiche ricevute con la mia recensione su "5 cm per Second". Quello che contestavo all'astro nascente dell'animazione nipponica era quella sua impostazione pessimista che, a mio modo di vedere, era tale solo grazie all'uso di forzature e di un evidente irrealismo. Discorso diverso merita, invece, "Il viaggio di Agartha", film della durata di quasi due ore a cui, una volta tanto, non è possibile muovere gli stessi appunti fatti in passato: la rilevazione della noia mortale a cui questo film espone lo spettatore è già motivo, infatti, più che sufficiente per criticarlo.

Asuna, una ragazzina di campagna piuttosto annoiata dalla sua monotona vita, passa i suoi pomeriggi sulle montagne ad ascoltare una rudimentale radio. Qui incontra Shun, un misterioso ragazzo che la salva dall'aggressione di un'altro misterioso animale simile a un orso. I due fanno amicizia e, ben presto, Asuna s'innamora di lui. Ma, senza un motivo preciso, Shun muore lasciando la ragazza nella disperazione. Intanto a scuola arriva un nuovo insegnante che in una sua lezione fa cenno al mito di Agartha, una specie di mondo sotterraneo abitato da uomini e divinità in cui è possibile, tra le altre cose, riportare in vita i morti. Il professore, a cui anni prima è scomparsa la moglie, in realtà è già a conoscenza della reale esistenza di questo mondo straordinario, e Asuna rappresenterà l'anello mancante per accedervi. Insieme, si incammineranno all'interno di Agartha nella speranza di riuscire a resuscitare i rispettivi morti.

Questo film, che dovrebbe rappresentare da un lato il mito di Orfeo ed Euridice in versione moderna e dall'altro l'innata difficoltà dell'uomo nell'elaborare un lutto, in realtà né rinverdisce i fasti del mito greco né riesce a innescare riflessioni sulla natura dell'uomo. Non so come mai Shinkai abbia deciso di cambiare così drasticamente genere ma, pur non essendo io un suo grandissimo estimatore, forse è meglio che continui a dedicarsi a quelle tematiche che finora ne hanno sancito il successo: ragazzi comuni, amori lontani, psicologie complesse. Come già detto, infatti, questo film è un inno allo sbadiglio, con personaggi piatti e una sceneggiatura senza capo né coda.

Un'ultima annotazione va fatta in relazione al doppiaggio italiano: non avevo mai udito nulla di così osceno prima: nel cast di doppiatori potevo esserci anch'io e non si sarebbe avvertita nessuna differenza. Chiedere ai doppiatori di recitare invece che di limitarsi a leggere costava forse troppo?
In definitiva, la mia bocciatura di questo titolo è netta: se siete fan del maestro guardatelo pure, ma temo che ciò servirà solo a poter affermare "di Shinkai ho visto tutto, ma proprio tutto!". Se poi pretendete anche di trovarci qualcosa d'interessante resterete terribilmente delusi.


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SteveRobert

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6
Il viaggio verso Agartha è un film d'animazione interessante, ma che certo non è paragonabile ai grandi film come Il castello errante di Howl, nemmeno lontanamente.
Analizzandolo bene a fondo, possiamo dire che l'idea di un viaggio verso il regno dei morti non è una novità, ma la storia si sviluppa bene ed è grazie anche a molti dettagli che l'intera vicenda riesce a meravigliare il pubblico. Tuttavia, il tutto procede molto lentamente, forse con un andamento quasi noioso.
I pregi per i quali questo film può vantarsi sono la grafica, le ambientazioni molto curate e la fantasia con la quale sono stati creati Agartha ed i vari personaggi. Questo viaggio non solo stuzzica il nostro spirito di avventura, ma anche la nostra curiosità parlandoci di tradizioni e storie antiche giapponesi, fili conduttori della storia. Il film, seppur con esito felice, regala alcuni colpi di scena che non ci si aspetterebbe.
Passiamo adesso alle pecche, prima fra tutte spicca il doppiaggio mal realizzato. Tutti sanno che i doppiatori italiani scelti nei manga, negli anime e nei film d'animazione americani e giapponesi spesso e volentieri non svolgono eccellentemente il proprio lavoro, ma hanno superato loro stessi in questa pellicola, tanto da sembrare voci registrate sopra la storia e completamente estranee ai vari personaggi. Inoltre, pur essendo curato nelle ambientazioni e tutto, i personaggi stessi non hanno ricevuto la medesima cura. Davvero un gran peccato. Ultimo difetto è proprio la lunghezza di questo film contenente varie scene non importanti che rischiano solo di annoiare le persone.
Nonostante questo è facile affezionarsi subito ai vari personaggi ed ai loro scopi, ognuno di questi pieni di insegnamento e di determinazione per la loro riuscita, seppure non tutti riescono a portare a compimento la propria missione. E' un ottimo film per la famiglia.


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Red_Squirrel

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Prima di cominciare a giudicare "Il viaggio verso Agartha" devo assolutamente fare una premessa importantissima: dal voto e dal giudizio deve essere tolto assolutamente il doppiaggio italiano. Infatti non ci sono parole che non siano volgari per poter giudicare il livello del doppiaggio italiano di questo film, davvero un orrore e un disgusto da inizio a fine. Quindi, se mai vorrete godervi il film, fatelo in lingua originale con i sottotitoli, perché altrimenti rimarrete talmente esterrefatti da non potervi godere quello che invece è un gran bel lavoro.
Detto questo, passo appunto a giudicare il "lavoro" dietro questo film: la storia, l'ambientazione, la grafica e le musiche sono davvero tutte belle. Non ci sono particolari pecche da tenere presenti, se non forse nella storia, dove alcune cose vengono lasciate un po' a se stesse, senza spiegazioni approfondite, mentre altre invece passano talmente velocemente che risultano un po' contorte da comprendere appieno. Ma a parte questi particolari che allontanano il 10 pieno, la storia resta comunque all'altezza della tematica trattata.
La grafica è davvero ben fatta, curata anche nelle espressioni e negli elementi di contorno. Grazie alla sua bellezza è possibile godersi appieno le ambientazioni, che sono davvero spettacolari, degne dei più grandi successi dell'animazione giapponese.
Infine anche il reparto sonoro del film è all'altezza, personalmente non ho mai sentito un sottofondo che fosse "stonato", ossia che spezzasse con il particolare momento della storia che si sta narrando o la particolare situazione che si sta vivendo. Una nota di merito poi alla sigla finale sui titoli di coda che riesce a completare l'opera lasciandoti quel velo di tristezza in sintonia con quello che si è appena visto.
Nel complesso quindi, secondo me, "Il viaggio verso Agartha" è un film per cui vale la pena "perdere" un po' di tempo della propria vita, certo evitando come la peste il doppiaggio italiano.


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daich

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Makoto Shinkai è un autore nel senso stretto della parola, fa tutto lui: scrive, monta, produce e dirige; proprio come il suo idolo e punto di riferimento Hayao Miyazaki.
Ne "Il viaggio verso Agartha" Shinkai reinterpreta in chiave esistenziale il mito dell'Agartha, secondo il quale, nel sottosuolo vivrebbe un'avanzatissima civiltà in grado, addirittura, di resuscitare i defunti. Il tema è quello dell'elaborazione del lutto e della sua accettazione.
Come in tutte le opere di quest'autore, anche qui non c'è un vero e proprio stacco tra forma e contenuto e si rimane abbagliati dalla bellezza dei fondali e dalla perfezione delle architetture.
Nonostante una prima metà particolarmente lenta, il film diventa molto piacevole nella seconda, riuscendo a coinvolgere grazie anche a personaggi ottimamente caratterizzati. Il risultato finale è un buonissimo prodotto, pieno di senso, da vedere almeno un paio di volte per apprezzarlo completamente.


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Lyla

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
"Il Viaggio Verso Agartha" è un film molto bello, tecnicamente perfetto, con fondali che tolgono il fiato, musica azzeccata, e una storia che ricorda un po' alcune opere di Miyazaki, ma tutto sommato "originale", sebbene lasci alcuni punti in sospeso. Tratta il tema della morte come pochi anime fanno, consola ma è anche struggente, e in alcuni punti mi ha anche commosso (e non mi succedeva da tempo, guardando un anime). Due ore che scorrono velocemente, con un doppiaggio originale ottimo, in quanto ho visionato il film con i sottotitoli. Merita sicuramente una visione, soprattutto se si è fan di Shinkai e di Miyazaki.


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GeassOfLelouch

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
"Hoshi o Ou Kodomo", traducibile in "Children who Chase the Stars" o meglio "Bambini che inseguono le stelle", è un film di genere avventura-fantastico del 2011 diretto dal regista Makoto Shinkai.
In "Hoshi o Ou Kodomo" conosciamo la studentessa Asuna che dopo la scuola ama starsene in mezzo alla natura a rimirare il paesaggio con il suo gattino Mimi e ad ascoltare una radio fatta da lei, piuttosto che giocare con i suoi amici.
Quest'abitudine dell'orfanella però non è altro che un gesto di ribellione alle mancate attenzioni della madre per motivi di lavoro, più che una sfrenata ricerca di libertà e di contatto con la natura. E proprio durante queste sue escursioni nel suo posto preferito, dove contempla il panorama e ascolta i suoni ricevuti dalla sua rudimentale radio, che fa la conoscenza del misterioso Shun.
Shun, il ragazzo che l'ha salvata dall'attacco di una strana bestia famelica mai vista che lui chiama Quetzal Coatl, si rivela appartenere al leggendario mondo di Agharta sul quale esistono molti miti e si dice che là si possano esaudire desideri impensabili come resuscitare i morti. Asuna si invaghisce del ragazzo che però scompare il giorno successivo ma, grazie al fratello Shin, arrivato sulla terra per recuperare un antico monile, che segue, riesce ad arrivare ad Agharta.
Suo compagno di viaggio sarà proprio lo stesso professore che a lezione narrava agli alunni gli antichi miti di Shamballa, Shangri-la e Agharta e che in seguito la tratterà come se fosse una figlia. Il professore, reduce dalla morte della moglie dalla quale non riesce a liberarsi, dopo disperate ricerche raggiunge Agharta con la speranza di potere riportare in vita la defunta coniuge.

Partirà quindi un avventuroso viaggio in un sconosciuto mondo in rovina e in una civiltà a loro avversa che darà loro la caccia considerandoli intrusi pericolosi e malvisti dagli abitanti del mondo. Ma il mondo di Agharta è popolato non solo da abitanti locali, dai guardiani Quetzal Coatl e da Dio, ma anche da esseri selvatici e malvagi che nel buio ambiscono solo a nutrirsi delle anime delle persone.
L'intreccio si presta quindi a essere deliberatamente lineare e viene dipanato con naturalezza e senza forzatura alcuna, per poi giungere all'inevitabile conclusione 'buonista' di quest'avventura fantastica che non è nient'altro che una fiaba, un viaggio-favola.
Le tematiche apparenti quindi sono il viaggio e l'avventura fantastica, ma scavando in profondità predominano l'incapacità di superare un lutto, la vita dopo la morte, la testardaggine d'inseguire il sogno di riabbracciare i propri cari a costo di sacrifici umani a un Dio cannibale, la fiducia e il rispetto del prossimo e la voglia di evasione dalla routine quotidiana spesso troppo dolorosa.
Piccoli sprazzi del primo amore e una profonda amicizia fra uomini e animali di Agharta non mancano amalgamati con sentimenti contrastanti quali la paura dello straniero fonte della rovina del proprio mondo, l'enigmaticità e incomprensibilità di un Dio che non sembra salvatore ma giocatore di scacchi imperscrutabile, la morte toccata in tre o quattro riprese in toni completamente diversi che vanno dal drammatico al toccante, dalla vecchiaia all'inevitabile.

Sul fronte della trama devo ammettere che, nonostante il lungometraggio sia di quasi due ore, scorre veloce al punto da volere che ad essa fossero stati dedicati altri minuti preziosi. Proprio così,, perché "Hoshi o Ou Kodomo" scorre con un ritmo abbastanza veloce, ponendo però ottimamente enfasi nei momenti in cui sono pregne le tematiche.
Per quanto riguarda il profilo psicologico e relativo spessore dei personaggi, questo è un po' scarna e viene calcata la mano in modo particolare sui temi in sé piuttosto che badare in modo approfondito ai risvolti psicologici dei singoli individui.

Dal punto di vista grafico è un'opera ineccepibile, un orgasmo multiplo visuale: fondali curati maniacalmente siano essi paesaggi di campagna e boschi o location fantasiose, architetture e design delle strutture minuziosamente disegnati, giochi di luci ed ombre che rendono perfettamente il ritmo e le scene ad esso abbinati. Ma il colpo grosso viene fatto indubbiamente dalla fluidità delle animazioni e dalla scelta dei colori che stupiscono amabilmente lo spettatore a più riprese lasciandolo incantato a contemplare le bellezze dell'animazione che non sembra più tale. Perfino un tramonto, la discesa del sole dietro l'orizzonte e il suo sfarfallio sono resi in modo eccelso e verosimilmente.
Sul comparto sonoro, le BGM si accompagnano bene alle scene e degna di nota è la trasognante ending "Hello, Goodbye & Hello" che pian piano con la sua dolcezza sembra riportarci da Agharta sulla terra alla quale appartiene l'utente.

Fra le note dolenti vi è indubbiamente l'indecisione della protagonista che si lascia trasportare dagli eventi e dalle decisioni prese dai compagni di viaggio, la "punizione" troppo leggera inferta al professore, l'inspiegabile arrivo di Dio che esaudisce il desiderio senza lasciare troppo spazio a interpretazioni che non siano ambigue e alcune forzature sia sulla trama sia su Shin, fratello di Shun.
Certo va anche detto che se l'opera è vista in sé come una fiaba, un racconto immaginario orientato a un pubblico di fascia d'età bassa, allora queste "pecche" possono essere tranquillamente spazzate via.
In sostanza il voto non può essere che un 8,5 approssimato per difetto causa poco spessore dei personaggi in sé. Consigliato a tutti i target d'età e ai fan dello studio Ghibli e di Miyazaki per passare un paio d'ore d'intrattenimento.


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Pan Daemonium

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Mi aspettavo di trovarmi di fronte a un'opera molto più simile a "Byōsoku go Senchimētoru", praticamente sulla falsa riga di "Hoshi no Koe", cioè molto incentrato sul tema dell'amore e della dipartita, ma sono rimasto felicemente stupito da quest'opera, che non solo spazia molto più rispetto ai precedenti titoli, ma diminuisce anche il suo carico sentimentale facendosi più profonda e più miyazakiana.
"Hoshi wo Ou Kodomo" sarà assolutamente apprezzato da chi, come me, è appassionato di mitologia antica, delle civiltà e delle religioni pre-abramitiche, spazzate, purtroppo via, da queste ultime pestifere concezioni esistenziali.
Difatti Shinkai riesce, tramite un'animazione fluidissima, particolareggiatissima e graficamente celestiale, a mettere su un coacervo di nozioni di archeologia, filologia, induismo, buddismo et cetera. Citazioni dagli ariani Veda, dalla civiltà Azteca, da opere storiografico-mitologiche nipponiche del primo medioevo (secondo la concezione temporale europea), allusioni alla mitologia greca (vedi Orfeo ed Euridice), alle divinità sumeriche e credo anche a quelle egizie.
Tutto ciò, c'è da dirlo, a volte anche un po' 'impapocchiato', viene mescolato a una storia d'amore, in cui l'amore si sente molto meno, probabilmente anche grazie al fatto che viene diluito.

Asuna viene, per una serie di coincidenze, a conoscenza dei vari miti umani dell'Oltretomba, generalmente molto simili fra loro, fino a entrare in contatto con questo mondo, assieme al suo professore.
Fin qui la storia, che si rifà molto, come detto, ai miti e anche ad alcune storie immaginarie (vd. Agartha), mantiene una buona base "realistica". Nel momento in cui i due "trapassano" nel secondo mondo il tutto viene scandagliato secondo un'ottica più fantasiosa e ghibliana. I vecchi Dei di tutte le varie religioni e mitologie, un tempo utili agli uomini degli albori, un po' come le stelle, sono divenuti inutili con il passare del tempo e si sono rifugiati nell'Ade, fungendo da Cerberi. Questa visione è accompagnata dalla descrizione dell'Ade stesso come un mondo antico, che preserva le caratteristiche della Terra di millenni fa, ma che sta andando in rovina probabilmente in gran parte per colpa di molti umani avidi. A questo punto vengono mostrati una serie di condottieri come Napoleone, Hitler, Mao, Stalin, tutti, secondo la storia, colpevoli di avere contribuito alla rovina di Agartha. Questi sono riusciti a infiltrarsi per carpire i tesori che gli "agartiani", popoli che hanno deciso di abbandonare la Terra e vivere nel sottosuolo al tempo della ritirata degli Dei, celano e conservano.

La storia prosegue in modo abbastanza lento, ma la fantasia dell'autore crea degli scenari fantastici che fanno scorrere il tempo piuttosto fluidamente. Anche il finale, che ritorna al mito, è degno di nota. Da notare l'ultimo Quetzalcoatl che rassomiglia molto a quegli esseri presenti nel finale di Laputa.
Sono, quindi, rimasto affabilmente affascinato e impressionato da "Hoshi wo Ou Kodomo", anche perché dubito che avrei sopportato un'altra opera sulla falsa riga delle due opere di Shinkai precedentemente nominate. Molto belle, in particolare la seconda, ma il troppo stroppia.
Si può anche obiettare che il tema dell'amore è ben presente. L'affermazione è veritiera, ma non si può negare che viene ad essere avvolto da un fantasy mitologico ben più aggradante.


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Catulla

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
<i>Makoto Shinkai</i> è un giovane talento: lo si comprende dopo avere visto il suo ultimo prodotto. <b>Hoshi o ou Kodomo</b> racconta per l’ennesima volta il tema caro al regista, quello del distacco, ma in tale circostanza lo incastona su un registro di grande respiro. Non si tratta più del distacco tra due persone innamorate, portate dalle vicende della vita a seguire strade diverse e incompatibili.
Nella fase iniziale<b> Hoshi o ou Kodomo</b> illude lo spettatore: con i suoi colori tersi e gli scenari, su cui si innesta una trama apparentemente elementare, lo proietta in un’ambientazione fiabesca. Ma un tono ben dissonante subentra al di là del passaggio a livello, tanto caro al regista, cosicché proseguendo la visione comincia a primeggiare un’atmosfera immersa in un’alterità oltremondana con profondi accenti mistici.

<i>Shinkai</i> non narra con le parole. Lui si serve delle immagini, essendo dotato di un talento fuori dal comune nel renderle talmente vivide da farle sembrare delle istantanee scattate da un sognatore. Le quali, in <b>Hoshi o ou Kodomo</b>, mostrano un autore più maturo, più riflessivo e profondo, capace di impegnare il linguaggio dell’animazione su un excursus di vita e morte. Agartha è quel mondo dalle arcane radici mitiche che ci separa dai nostri cari, legati all’aldiquà con lontani echi simili a una canzone proveniente dalle stelle. Ecco, dunque, il salto da <i>Byousoku 5 Centimeter</i>.
Ciò che si percepisce dallo svolgimento del lungometraggio è una dimensione di lunga durata; sembra che si stia raccontando una storia d’età pari a quella dell’esistenza del cosmo. E Agartha non è la semplice proiezione di un mondo fiabesco così immaginato da <i>Shinkai</i>. Vero è che molti scenari riportano alla mente accenti miyazakiani alla <i>Laputa</i>, ma in <b>Hoshi o ou Kodomo</b> viene indagato in tutte le sue recondite pieghe ciò che in <i>Laputa</i> è solo accennato. Rovine appartenenti a civiltà superbe del passato sono esplorate in ogni anfratto. Tra ruderi di fortezze ormai dismesse dal tempo si svolgono le sequenze d’inseguimento più dinamiche degli ultimi tempi, immerse in una fotografia cangiante come la varietà diurna della luce del sole.

<b>Hoshi o ou Kodomo</b> sembra più lungo di quanto non sia in realtà: ogni fase della vita quotidiana di una ragazzina, studentessa modello, è raccontata con un compiacimento quasi lezioso per i più piccoli dettagli. La minuzia è sempre stata caratteristica dei prodotti realizzati da <i>Shinkai</i>, ma qui è talmente ostentata da sembrare quasi superflua. Tuttavia, a ben vedere in <b>Hoshi o ou Kodomo</b> tutto ha senso in funzione del passaggio tra due dimensioni: il lungometraggio imposta in modo fluido e ricorsivo un raccordo simbolico tra la vita, così piana e lineare, piena di piccoli gesti quotidiani, e la morte, o ciò che potrebbe essere, certo un mondo dove si respira eternità, quasi la stasi del tempo.
L’aura cosmica traspira dalle figure solitarie ed ermetiche dei guardiani, chiamati, con ispirazione agli Aztechi, Quetzal Coatl, figure zoomorfe di chiaro stampo sumero-babilonese, che racchiudono millenni di storia nel proprio enigmatico silenzio. Agartha somiglierebbe a un eden di vaga derivazione mesopotamica con accenti tibetani e richiami alla funeraria megalitica, e lo Shakuna Vimana, a dispetto di un nome pregno di antico vedismo, potrebbe ricordare un’elusiva barca solare che traghetta le anime nel punto più riposto e inaccessibile dell’universo, secondo l’affascinante soteriologia egizia. <b>Hoshi o ou Kodomo</b> racconta il trapasso, e lo fa con una figurazione colma di filosofia e di grande consapevolezza storico-religiosa: è la summa di un viaggio cosmopolita trasposto in una dimensione in cui i confini tra le barriere culturali sfumano.

L’afflato d’eternità non investe di certo lo spettatore per il tramite della storia o dei dialoghi, ma con immagini più silenziose, in cui scenari immensi imbastiscono un grande ordito simbolico che fa da contrappunto al dettaglio imperante nella fase iniziale del lungometraggio. I personaggi protagonisti, a dire il vero, non sono poi tanto carismatici, non sanno dare molto d’inedito a uno spettatore abituato alle vicende che li vedono al centro. Di contro non è facile dimenticare il trasporto emotivo suscitato dalla figura di una divinità dai mille occhi che osserva un Orfeo del ventunesimo secolo giunto al capolinea della vita alla ricerca disperata della sua amata. La comunicazione avviene a livello empatico, nel passaggio dalla densa socialità dei dialoghi quotidiani alla muta solitudine di luoghi eremitici troppo lontani dal trantran umano, in un movimento ascetico diretto al trascendente. Il ricordo, componente ineliminabile della vita, si esprime in flashback accennati e staccati – con una resa grafica discorde – dalla linea della narrazione. A ciò si accompagna il continuo e ricorrente motivo del trapasso tra due piani temporali: la ferrovia è il diaframma simbolico tra il quotidiano e l’eterno, tra il tempo sacro e quello profano. Una dicotomia, quella tra sacro e profano, che si respira nello stesso ritmo della narrazione, a tratti convulsa e impetuosa, come lo scorrere insignificante del tempo profano, a tratti distesa, molle, pervasa da una lentezza grande come il respiro di un millennio. L’asse comunicativo di <b>Hoshi o ou Kodomo</b> è disposto su una prospettiva verticale: il movimento di ascesa presuppone una discesa nei più intimi recessi dell’esistenza umana.

Il grande quadro mistico dipinto da <i>Shinkai</i> si avvale di sfondi a dir poco sensazionali, in cui emerge un pittoricismo più impreciso e sfumato rispetto al dettaglio fotografico del precedente <i>Biousoku 5 Centimeter</i>. La profondità degli orizzonti è inedita, così come la resa dell’infinità del cielo. Il suo abisso simboleggia l’eternità di un mito onnipresente nelle culture umane, quello dell’aldilà.
Nonostante il virtuoso apparato grafico non si può trascurare la goffaggine del chara design, volutamente ghibliano e un po’ troppo forzato e artefatto nella scelta di ossequiarne i canoni. Scelta che ricade sull’originalità delle espressioni e delle movenze, costringendo in ranghi forse un po’ troppo severi la vena creativa del designer <i>Nishimura</i>. D’altronde i richiami al mondo <b>Ghibli</b>, e a <i>Miyazaki</i> in particolare, sono evidenti, non soltanto sul versante grafico, ma anche e soprattutto su quello narrativo.
Il legame tra i due protagonisti rievoca alla mente dello spettatore allenato a <i>Miyazaki</i> la classica storia di formazione delle opere del grande maestro, in cui ricorrente è quella complicità tra adolescenti appena sfiorata e mai palesata attraverso un esplicito contatto carnale. Ma si tratta di stilemi esteriori rielaborati in modo autonomo da <i>Shinkai</i>: in <b>Hoshi o ou Kodomo</b> la somiglianza alle opere <b>Ghibli</b> è superficiale, non vi saranno mai le contrapposizioni ideologiche tipiche di <i>Miyazaki</i>, né la simbolizzazione di conflitti generazionali, a lui tanto cara. Il giovane fan di <i>Miyazaki</i> farà tesoro dei preziosismi visivi del maestro per intraprendere una propria strada, sia sotto il profilo stilistico sia sotto quello contenutistico.

Il comparto sonoro, opera dell’ormai fedele <i>Tenmon</i>, non è purtroppo in grado di dare respiro al film, incapace di emergere dalla sua potenza figurativa e risultando in alcuni casi persino sovrabbondante e retorico. I grandi accenti enfatici appesantiscono spesso le azioni concitate, quasi stonando nell’intenzione di volervisi accompagnare. Non avrebbe guastato, visto il misticismo dilagante di <b>Hoshi o ou Kodomo</b>, un comparto sonoro meno pompato e diretto a dare tono a quelle scene intime – così ricorrenti nel film – che sarebbero diventate veramente poetiche con un’appropriata rifinitura melodica.

<b>Hoshi o ou Kodomo</b> potrebbe per molti esporsi alle stesse critiche di <i>Biousoku 5 Centimeter</i>, soprattutto se si considerano l’impianto della trama, i rapporti tra i due protagonisti e lo spessore dei dialoghi. Ma quando ci si approccia alla visione di <i>Shinkai</i> è bene tenere a mente che siamo di fronte a un giovane talento che ha una grande strada davanti a sé, e che come tutti i talenti ha scelto un percorso personale. Ci si chieda, dunque, prima di guardare un film di <i>Shinkai</i>, perché sia costante, seppure resa diversa da opera a opera, la volontà di perfezione grafica. <i>Shinkai</i> racconta con la vastità delle immagini la profonda solitudine dell’uomo e il suo incessante inseguimento di un desiderio, spesso illusorio e irraggiungibile, come molla quotidiana della vita. <b>Hoshi o ou Kodomo</b> è una variante del tema spinta all’infinito.


 9
Ironic74

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6
Sono sempre stato dell'idea che i paragoni tra due persone, in qualsiasi campo vengano fatti, sono solamente deleteri oltre che inutili; la lunga e noiosa visione di un film come "Hoshi wo ou kodomo" ( letteralmente tradotto come "La bambina che insegue le stelle") purtroppo non ha fatto altro che rafforzare questa mia convinzione. Dico purtroppo perché si tratta dell'ultima fatica di uno dei registi "giovani" da me più apprezzati: Makoto Shinkai.
Giudicato sin dai suoi primi corti "universitari" come l'"enfant prodige" dell'animazione nipponica, il trentenne factotum - regista, animatore, doppiatore - di Nagano ha purtroppo dovuto convivere da subito con l'ingombrante paragone con Hayao Miyazaki, a cui lui stesso non ha mai nascosto di ispirarsi. Essere accostati a uno dei mostri sacri dell'animazione non solo giapponese ma mondiale è un peso da non sottovalutare per una giovane leva, ma Shinkai aveva, a mio modesto avviso, dimostrato di potersi affrancare da facili schematismi intraprendendo una strada tutta sua, un percorso di crescita artistico che dal corto "La voce delle stelle", completamente realizzato da lui, lo aveva condotto fino al successo internazionale di "5 cm al secondo" del 2007. La grande perizia tecnico-grafica unita a una trama semplice ma dal tema centrale ben definito e sempre uguale in tutti i suoi lavori, l'ossessione per il tema dell'amore e della lontananza, questo era stato il marchio di fabbrica del regista… appunto "era".

Nel 2011 viene presentato al pubblico "Hoshi wo ou kodomo", il suo quarto lavoro in qualità di regista, dove Shinkai è affiancato dal piccolo ma efficace staff di "5 cm al secondo"; in questo caso non si tratta di OAV ma bensì di un impegnativo lungometraggio di quasi due ore. Non si limitano purtroppo solo a ciò le differenze con i titoli che erano stati presentati allo spettatore precedentemente, infatti fin dalle prime scene si ha la netta sensazione di trovarsi di fronte a un'opera di qualcun altro, del celeberrimo Studio Ghibli di Miyazaki e Takahata. La trama narra la storia di una ragazzina, tale Asuna, che, avendo perso il padre da piccola ed essendo la madre sempre fuori per lavoro, cresce da sola con grande senso di responsabilità, aggrappandosi a un unico ricordo paterno, un cristallo con cui riesce a far funzionare una radio rudimentale. Inizio superato in banalità solo dal suo proseguo, con il classico incontro con un ragazzo bello e misterioso e l'inizio di un'avventura in una terra a metà tra il mistico e il misterioso.

Shinkai scomoda in questo caso l'esoterismo e il mito di Agartha, la città che, secondo lo scrittore ottocentesco W.G. Emerson, si troverebbe sotto la superficie terrestre nascondendo con sé segreti capaci di superare l'immaginazione umana, come quello di riportare in vita coloro che sono morti. Tutti argomenti capaci di stimolare la fantasia sempre fervida di un appassionato, peccato che si riducano a meri orpelli di contorno di una storiella, a mio avviso, francamente piatta e noiosa. Niente viene spiegato adeguatamente di Agartha e solo brevemente viene accennato al suo passato di glorie e guerre, tutto è invece incentrato sul viaggio della protagonista, senza che però non si crei alcuna empatia tra di essa e lo spettatore. Asuna, data la pochezza con cui viene tratteggiata la sua psicologia, non riesce proprio a ergersi a quello che vorrebbe essere, cioè una classica eroina di stampo ghibliano (alla Clara o alla Nausicaa per intenderci); le sue azioni risultano molto forzate e alcune volte prive di logica e piuttosto schiacciate su quelle del suo compagno di viaggio, il professor Morisaki,lui sì con un'adeguata motivazione per intraprendere tale viaggio.

Alla fine quello che veramente ci si trova a cercare nel mitico mondo di Agartha è un tessuto narrativo che renda questo film meno noioso o più interessante, ma la lentezza che lo contraddistingue e la latitanza di qualsivoglia colpo di scena rendono la visione delle due ore piuttosto travagliata. A salvare in parte la " baracca" di Shinkai è, mai come in questo caso, un aspetto tecnico-grafico da reverente e doveroso inchino, anche se forse un po' troppo barocco nel suo eccessivo fasto. Il miglioramento da questo punto di vista rispetto ai titoli precedenti è davvero stupefacente, con un sapiente uso degli sfondi e dei colori, nonché delle luci; CG e disegno a mano non si pestano mai i piedi e raggiungono uno splendore artistico come pochi se ne vedono al giorno d'oggi, sfruttando la modernità dell'alta definizione. Ogni piccolo particolare è disegnato con minuzia e precisione, riuscendo a trasportare lo spettatore, se non al centro della storia per gli ovvi limiti già descritti, almeno al centro della scena, offrendogli in certi casi una fotografia da spettacolo onirico affascinante e coinvolgente.

Un film di queste ambizioni però non può fondare le sue basi solo su un ottimo lato tecnico, soprattutto se in questa bellezza di contorno si decide di fare muovere dei personaggi dal chara design smaccatamente di stampo ghibliano, utilizzare una colonna sonora piuttosto monocorde e degli espedienti registici francamente inutili come gran parte della trama.
Shinkai a mio parere ha voluto compiere il gesto di affrancamento da un suo certo modo di fare storie per confrontarsi con il tema fantastico, a tratti epico, a metà tra "La principessa Mononoke" e "Narnia", costruendo un mondo immaginario tutto suo, con il risultato di generare da una montagna un ben più misero topolino, frutto di una desolante imitazione; ma la strada verso il successo è lastricata anche da marchiani errori, si vedrà ben presto se il regista avrà imparato da questo che ritengo un fallimento e se magari in futuro riuscirà a donarci oltre un ottima confezione anche uno splendido contenuto, affrancandosi definitivamente dall'ombra di Miyazaki. Non sarà facile ma se dovesse riuscirci allora le cose cominceranno a farsi davvero interessanti per tutti noi appassionati.

yukino76

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Trama: Asuna, la piccola protagonista, ha l'abitudine di salire su una roccia e da lì, grazie a una strana radio che sfrutta una sorta di diodo/cristallo, captare vari suoni; un giorno capta una musica bellissima, che non si sa da dove provenga e che, nonostante i suoi successivi tentativi nel succedersi delle stagioni, non capterà più. A questo punto fa la comparsa un misterioso personaggio, un ragazzo di nome Shun che salva Asuna da un altrettanto misterioso mostro, e che dice di provenire da Agartha e di essere venuto sulla Terra per vedere le stelle e per incontrare una persona (presumibilmente Asuna); basta poco e Asuna si innamora di questo ragazzo. Purtroppo il ragazzo scomparirà, lasciando Asuna nello sconcerto. Nel frattempo, nella scuola della ragazza arriva un nuovo professore, Mr Morisaki, che, in una delle sue prime lezioni, narra il mito di Hizanami e Hizanagi - simile al nostro di Orfeo ed Euridice -, e in particolare narra di questo luogo mitologico conosciuto in tutto il mondo con diversi nomi: Ade, Agartha, Shambhala. Ovviamente Asuna rimane stupita nel sentire il nome di Agharta, e si avvicinerà al professore, che si dimostrerà essere un appartenente a una organizzazione militare il cui scopo è proprio quello di penetrare in Agartha, luogo che si dice sia pieno di ricchezze e in cui risiedono conoscenze sconosciute all'umanità, tra cui quella di riportare in vita i morti. Lo scopo personale di Mr Morisaki è infatti quello di riportare in vita l'amata moglie. Asuna e Mr Morisaki riusciranno a entrare in Agartha, intraprendendo un lungo viaggio fino a Finis Terra, luogo in cui si possono incontrare gli Dei per esprimere un desiderio: ovviamente il desiderio di Mr Morisaki è quello di riportare in vita la moglie... e quello di Asuna? Ritrovare Shun? La ragazza stessa non sa perché si sia addentrata in Agartha, e per lei questo sarà un viaggio di formazione. Lungo il cammino i due affronteranno varie peripezie, a volte aiutati e a volte osteggiati dal fratello di Shun, Shin.

Questa in breve la trama.
Il film di Shinkai è, per certi versi, una rivisitazione del mito di Orfeo e Euridice, e il tema ultimo è il rapporto dell'uomo con la morte, l'affrontare una perdita, l'elaborazione del lutto. E' questo che farà Asuna lungo il viaggio. Tema decisamente forte e per certi versi molto triste: infatti il film, anche nel finale, è intriso di questa tristezza. Memorabile la canzone finale: "Hello Goodbye & Hello", tristezza mista a speranza.

Lato tecnico
Shinkai non si smentisce. La cura dei fondali è maniacale, i colori sono vividi, la luce è intensa, e ogni cosa è dunque perfetta. Il limite forse di Shinkai è che a volte c'è una sorta di sfasamento tra la perfezione dei fondali e la semplicità dei personaggi (è un po' lo stesso effetto che mi fanno i film in CG: personaggi in due dimensioni, semplici, e tutto il resto troppo tecnico): i personaggi sono troppo "approssimativi", "semplici", stilisticamente parlando, rispetto a tutto ciò che gli sta attorno. Il character design infatti ricorda un po' la morbidezza dello studio Ghibli. E non solo il character design. E qui arriva il punto dolente: purtroppo lungo la visione del film ho avuto una serie di déjà-vu riguardanti lo studio Ghibli, su tutti "Mononoke Hime" e "Laputa".

Shinkai è considerato l'erede di Miyazaki - un grande onore, dunque - e non ho capito francamente se in questo film certe "visioni" Ghibli siano volute o meno: Shinkai, sentendosi definire l'erede di Miyazaki, ha voluto per certi versi onorare questo paragone facendo volutamente un film simile alle opere di Miyazaki, o è rimasto schiacciato da tale paragone tanto da sentirsi in obbligo di somigliare al maestro? Quanto la somiglianza con lo studio Ghibli è voluta (una sorta di omaggio, dunque) o quanto è inconscia/forzata? Nel primo caso, qualora si tratti di un omaggio a Miyazaki, è una cosa positiva, ma se invece Shinaki sente il paragone come un peso che lo spinge a fare opere stile Ghibli, allora è un male: non perché ci sia qualcosa di male a sfornare prodotti stile-Ghibli, che personalmente adoro, quanto perché spero che Shinkai non perda la sua peculiare identità, che ha dimostrato con il capolavoro che è "Byousoku 5 centimeters".

Un altro aspetto negativo è la sensazione che la trama si sia lasciata dietro qualcosa: non vengono approfonditi certi misteri, in particolare il personaggio di Shun e il suo legame con la ragazza rimane solo sullo sfondo, o così ha scelto il regista in quanto Shun è solo propedeutico al viaggio che Asuna deve compiere. Fatto sta che si sente un qualcosa che manca: certi aspetti fondamentali della storia, certe rilevazioni, vengono solo sfiorati.
Complessivamente il mio voto è 9 perché si tratta di un film notevole, sia dal punto di vista della tematica affrontata sia dal lato tecnico. Non mi sento di dare un 10 perché in alcuni punti la trama è un po' debole, e ho avuto troppi déjà-vu delle opere dello studio Ghibli. Ma magari è solo una mia sensazione, per cui sarò curiosa di leggere altre recensioni in merito.