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Nagisa98

Episodi visti: 4/4 --- Voto 8
Quello creato da Masamune Shirow è un universo che ha originato, e continua a generare, una miriade di trasposizioni animate: alla filmografia di Oshii e allo “Stand Alone Complex” di Kenji Kamiyama si aggiunge così una nuova interpretazione del mondo del Maggiore Kusanagi che porta la firma del regista Kazuchika Kise e dello sceneggiatore Tow Ubukata. “Ghost in the Shell: Arise” è una serie di quattro OAV della durata di un’ora ciascuno proiettati per la prima volta al cinema tra il 2013 e il 2014 e come sempre realizzati dallo studio Production I.G.

L’opera si configura come prequel delle vicende narrate nel manga, e si svolge infatti nel 2027: Motoko è ancora alle dipendenze dell’organizzazione 501 e incontra per la prima volta il capo sezione Aramaki, con il quale collaborerà per risolvere il caso dell’assassinio del suo superiore.

Nonostante le opere precedenti gli siano leggermente superiori, questo “Arise” si rivela un prodotto in grado di reinventare un brand già proposto sotto varie forme: in effetti un anime che raccontasse di come la protagonista avesse incontrato i componenti della sua squadra non era ancora stato realizzato, e gli sviluppi qui presentati, che ovviamente sono da considerarsi come ambientati in un “universo parallelo” a quello delle altre trasposizioni, vanno a costruire una buona storia che non stona con le atmosfere e i temi che avevano caratterizzato le precedenti produzioni. L’impostazione è molto simile a quella di “Stand Alone Complex”, ovvero un poliziesco dalla trama e dai risvolti intricati che mette in secondo piano le riflessioni filosofiche predilette invece da Oshii. Gli spunti interessanti però non mancano, e si originano soprattutto dalla figura del Maggiore, qui rivisitata per l’ennesima volta. La Motoko di “Arise” presenta infatti alcuni nuove caratteristiche che la differenziano leggermente da quelle conosciute finora: un po’ ribelle ma sempre autoritaria, la Kusanagi protagonista di questi OAV sorprende soprattutto per il suo lato più umano che è possibile osservare nel dolce affetto che rivolge al suo ragazzo. Quanto agli altri personaggi, si ha l’impressione che svolgano un ruolo molto meno marginale rispetto alle altre volte, ed è sicuramente interessante dare un’occhiata alla loro vita prima dell’ingresso nella sezione 9.

Passando al lato tecnico, in molti hanno criticato il character design curato dallo stesso Kise (che, ricordiamolo, ha svolto tale mansione in molti anime prima di diventare regista): a parte i nasi degli uomini che mi parevano un po’ strani, devo dire invece di averlo apprezzato, soprattutto per il look fresco e un po’ sbarazzino donato al Maggiore (che tra l’altro sfoggia colori molto accesi, tra il blu elettrico dei capelli e il rosso fiammante della divisa in pelle). Ulteriori complimenti sono da rivolgere a disegni e animazioni, che con la loro fluidità forniscono un’ottima resa delle numerose scene d’azione. Lievemente sottotono, invece, sono le musiche composte da Cornelius, che sfigura di fronte a veterani del settore quali Kawai e la Kanno; tuttavia ho gradito le soavi sonorità prodotte dal sintetizzatore nell’opening che porta il titolo della serie e nell’ending “Heart Grenade” cantata da Sean Lennon.

In definitiva, “Ghost in the Shell: Arise” è una serie che risulta estremamente godibile per le trame complicate a cui il franchise ci ha abituato e soprattutto per le nuove vesti ricoperte da personaggi che già conoscevamo. Per comprendere appieno i vari sviluppi, però, è necessario guardare l’episodio inedito “Pyrophoric Cult” (aggiunto nella versione rieditata per la TV denominata “Alternative Architecture”) e il film suo sequel.


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Anarchy Anime Reviews

Episodi visti: 2/4 --- Voto 8
I manga di Masamune Shirow hanno indubbiamente segnato il genere fantascientifico e il semplice fatto che a distanza di decenni, non solo vengano usati come punto di riferimento, ma siano effettivamente oggetto di nuovi adattamenti, dimostra che la dimensione cyber-futuristica creata specialmente con la serie Ghost in The Shell, ancora non accenna a dissolversi. Spesso il genere tende a dare maggiore rilevanza a titoli americani, ma non si può dimenticare come anche l'animazione giapponese abbia gettato le basi del cyber-poliziesco, surclassando a volte le ben più dispendiose produzioni di Hollywood. Del resto la fusione tra uomo e macchina è sempre stato un tema affascinante per scrittori e registi nipponici e l'importanza che la tecnologia ha assunto all'interno della società è diventata col tempo uno degli argomenti centrali. A partire dalla metà degli anni '90 circa, cioè da quando la diffusione di internet ha assunto proporzioni su larga scala, le rappresentazioni di questo fenomeno hanno subito una drastica mutazione. All'impatto della meccanizzazione si è infatti sostituito gradualmente l'effetto della computerizzazione della società, e le metropoli dove tutto appariva automatizzato, come nei film di Tezuka o Otomo, sono state rimpiazzate da luoghi virtuali, server, database o cyber-realtà, in cui l'attività principale è lo scambio di informazioni e dati. In Serial Experiments Lain la protagonista riesce addirittura a riprodurre metaforicamente sé stessa, all'interno della rete, creando un alter-ego con cui successivamente entra in conflitto. Ma anche manga e film cinematografici non sono da meno, basti pensare alle informazioni genetiche di BLAME! o agli stessi film di Mamoru Oshii in cui l'accumulo di informazioni innesca un processo evolutivo che coinvolge un essere umano ed un software senziente. Kazuchika Kise e Tow Ubukata, a cui la Production IG affida la realizzazione di quattro film dedicati a Ghost in The Shell, si muovono a loro volta sugli stessi schemi, anche se lo scambio di informazioni nel loro caso assume una connotazione più psicologica. Oltre ad una trama di spionaggio politico che quasi sempre in questo tipo di film accompagna la parte fantascientifica, aggiungono una sfaccettatura più focalizzata sull'alterazione della memoria e della percezione della realtà, un effetto che appare più vistoso principalmente nelle sequenze in cui Motoko, che in Arise veste i panni di investigatrice indipendente, si immerge nella rete. Mentre nei film precedenti lo spettatore veniva praticamente messo di fronte a sequenze di stringhe informatiche o a rappresentazioni più o meno fantasiose del flusso di dati, in Arise viene trasportato in una vera e propria alterazione virtuale della coscienza, una realtà parallela che si svolge interamente on-line. Dunque affidare alla rete la possibilità di esercitare un simile potere, sposta inevitabilmente l'attenzione dalle potenzialità del progresso tecnologico ai rischi che esso comporta, visto e considerato che si tratta pur sempre di uno strumento facilmente manipolabile. Il regista Kise ha in effetti dichiarato apertamente di essersi posto l'obbiettivo di sviluppare nuovi spunti, e anche per quanto riguarda i personaggi può considerarsi abbastanza soddisfatto. Se il nuovo character di Kusanagi, con frangetta incorporata, la fa somigliare a Kinoko una ragazza alla moda, il lavoro svolto sulla psicologia del personaggio la rende quasi simile a Lisbeth Salander, l'hacker introversa e dalla spigolosa personalità border-line della famosa saga Millennium. Quindi anni luce dall'esistenzialista maggiore di Oshii e dal leader carismatico della sezione 9 creato da Kenji Kamiyama.


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demerzel

Episodi visti: 1/4 --- Voto 8
E' vero bisogna farsi violenza per digerire il nuovo chara della nuova saga di Ghost in the shell, una specie di prequel, quando Motoko Kusanagi era "proprietà" dell'esercito. Bisogna farsi violenza, perché quelle rotondità prive di forma, quell'effetto "lolitesco" dei chara moderni, sa di esageratamente kawai. Anche vedere tirati a lucido i comprimari, come il "veterano" Aramaki, sorprende, che forse sia invecchiato precocemente causa "le avventatezze future" del maggiore? Ma, a parte questo, l'atmosfera è da Ghost in The Shell, e sebbene non possa proprio considerare Tow Ubukata uno sceneggiatore che mi arrida con piacere, in realtà sa miscelare modernità e empatia dei personaggi senza dimenticare che una storia deve raccontare qualcosa. E questo primo episodio racconta qualcosa, mettendo sul campo quello che ha reso famosa la saga di Ghost in the Shell: il confronto tra mente e l'oggettivamente concreto (spesso rappresentato da un corpo), senza inutilmente scimmiottare o rimandare troppo a saghe come quelle del Burattinaio via discorrendo. Anzi il trucco di vedere il maggiore incastrata proprio in uno di quegli inganni rende più interessante l'intera posta, proprio perché non si ha l'effetto straniante di stare ad assistere ad un personaggio superiore al suo se stesso futuro, e che spesso porta a chiedersi se conti l'esperienza.

Animazione gradevole, le scene di combattimento con i burattini, e nella casa con il Giamaicano rasta sono ben fatte.

Ampiamente promosso.