logo AnimeClick.it


Tutte 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10


 0
Fuspata

Episodi visti: 0/1 --- Voto 8,5
Dopo aver visto la serie e il primo film, per concludere il tutto, ho guardato il secondo ed ultimo lungometraggio.

Come il precedente, anche questo sembra piu che altro un insieme di 3 episodi, assolutamente legati in modo diretto agli eventi della stagione e del primo film.

La storia è incentrata sulla sorellina di Sakuta, Kaede, e sul suo ritorno a scuola.

A differenza delle opere precedenti, qui la componente "fantasy" è praticamente assente ed è quindi molto più realistico (cosa che amo sempre), con momenti davvero toccanti.

Sempre divertentissimi e anomali per il genere, gli scambi di battute anche un po' osè tra Sakuta e Mai.

Tecnicamente lavoro eccellente come sempre, soprattutto nei dettagli.

Ovviamente consigliato a tutti coloro che hanno visto la serie e il primo film.


 1
esseci

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6,5
“Poniamo più attenzione nel far credere agli altri di essere felici che non cercare di esserlo veramente.” (F. De La Rochefoucauld")

Vedere il film di "Seishun Buta Yarō wa Odekake Sister no Yume o Minai" (a.k.a. "Rascal Does Not Dream of a Sister Venturing Out" - traducibile molto liberamente in "Il mascalzone non sogna una sorella che si avventura fuori") non lo si può capire senza aver letto le light novel da cui è tratto, o meglio senza aver visto le serie anime precedenti, ovvero "Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai" del 2018 e "Rascal Does Not Dream of a Dreaming Girl" del 2019.
Uscito nel 2023 assieme a "Rascal Does Not Dream of a Knapsack Kid", "Rascal Does Not Dream of a Sister Venturing Out" adatta l’ottavo volume della serie light novel (mentre "Rascal Does Not Dream of a Knapsack Kid" il nono).
"Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai" è la serie anime basata sui primi cinque volumi della light novel, mentre "Rascal Does Not Dream of a Dreaming Girl" adatta il sesto e il settimo volume del franchise.
Ovviamente non poteva mancare il manga, disegnato da Tsugumi Nanamiya e disponibile anche in Italia.

Attenzione: la parte seguente contiene lievi spoiler e un riassunto molto parziale delle puntate significative precedenti

Ma torniamo al film "Seishun Buta Yarō wa Odekake Sister no Yume o Minai". Questo film è nuovamente diretto da Sōichi Masui e prodotto dallo studio CloverWorks. A livello di trama si ritorna un po' all'ultimo arco narrativo della prima serie anime e ci si concentra su Kaede, la sorella minore di Sakuta, che, dopo aver affrontato un profondo trauma psicologico legato a violenze, era sostanzialmente fuggita mentalmente dalla "realtà", per sopravvivere e riuscire a metabolizzare le ingiustizie subite, fino a sviluppare una personalità bipolare completamente diversa da ciò che era prima. La conseguenza fu che Kaede si era letteralmente chiusa in casa per il terrore di relazionarsi con chiunque al di fuori dei suoi familiari, e in particolare del suo amato oni-chan Sakuta. Sindrome che poi riuscirà superare al costo di dimenticare la seconda personalità sviluppata per un lungo periodo di tempo, perdendo tutti i ricordi, ma privando anche coloro che l'hanno frequentata di quanto sviluppato durante la fase bipolare.
Nella prima serie gli episodi dedicati a Kaede avevano reso bene l'idea della sofferenza di lei ma anche di Sakuta: essendo molto legati, l'anime aveva reso bene sia il dolore di chi vive ed è affezionato alla vittima della sindrome sia anche la sofferenza di dover rinunciare a quello che è stata la vittima durante la "malattia", e riprendere a voler bene a quello che è tornata ad essere una volta superato il momento della doppia personalità.
Il film in recensione parte proprio dal momento in cui Kaede ha ripreso da un po' a "mettere il naso fuori dalla porta di casa", frequentando l'ultimo anno delle scuole medie con il solito tema della scelta della scuola superiore e i test di ammissione...

Se l'arco della prima serie dedicato a Kaede l'ho apprezzato per la sua carica umana ed emozionale, il film successivo sembra più uno slice of life, in cui tuttavia la protagonista inizia un ulteriore percorso evolutivo significativo che si può riassumere nell'aforisma con cui ho iniziato la recensione e nel seguente concetto: "Voglio essere la persona che ero prima o quello che sono tornata ad essere ora?"

Della componente metaforico-soprannaturale che caratterizza le prime due opere, a parte gli accenni all'inizio e al termine del film, non se ne rileva traccia (forse servono solo per introdurre il film successivo), mentre restano alcuni accenni a quello che poi era ed è il concetto "medico" della patologia che anche in chiave allegorica e fantasy ha contraddistinto la serie e il film precedente: la "sindrome della seconda media" (chūnibyō).

La "sindrome della seconda media" viene anche chiamata "sindrome della terza media", perché i bambini che frequentano la seconda media in Giappone corrispondono per età a quelli che in Italia frequentano la terza media, cioè dodici o tredici anni. Il modo giapponese per denominare la sindrome è "chūnibyō" (in giapponese 中二病), a volte riportato come "chuunibyou", abbreviato "chūni“. Il termine chūnibyō è nato inizialmente come termine slang usato nel linguaggio di manga (fumetti giapponesi), anime (cartoni animati giapponesi), visual novel e prodotti affini della cultura giapponese otaku. La sindrome viene anche chiamata in altri modi, incluso quello di fantasia ("sindrome della pubertà") utilizzato nel film e nella serie: sindrome dell’ottavo grado; crisi dei pubescenti; malattia dei quattordicenni; schizofrenia ebefrenica; schizofrenia disorganizzata; ebefrenia; psicosi della giovinezza, ecc.

Lungi da me intrufolarmi in temi "medici" che non rientrano nelle mie corde e, ritengo, neppure nell'interesse di chi legge la recensione. Di sicuro tutto il franchise di "Aobuta" pesca a vario titolo a piene mani da questa sindrome (in modo molto più evidente nella serie iniziale), per raccontare le storie di soggetti che hanno affrontato un trauma - come un lutto o una grave perdita - che non riescono ad affrontare razionalmente, e quindi lo rimuovono, rifugiandosi in un mondo dove pensano di stare bene protetti dal male.

"Rascal Does Not Dream of a Sister Venturing Out", con l'evoluzione di Kaede, sembra voler comunicare allo spettatore un messaggio di speranza: superare le conseguenze della sindrome. E lo fa in un modo molto lento e tenero in un percorso di "coming of age" realistico in cui Kaede riesce a muoversi dalla gabbia della sua "sé" precedente e finalmente decidere in base a quello che pensa ed è tornata ad essere.

Per coloro che hanno apprezzato la serie e il primo film, "Rascal Does Not Dream of a Sister Venturing Out" probabilmente risulterà meno brillante e accattivante. I personaggi che hanno caratterizzato le precedenti opere (in particolare, Mai, Rio, Tomoe, Nodoka, ecc.) o non compaiono proprio o restano un po' troppo sullo sfondo, lasciando tutta l'attenzione dedicata a Kaede e alla sua evoluzione. Sempre in background restano le vicende di Mai e Sakuta, oramai alle prese con il passaggio alla università di Mai e la promozione all'ultimo anno di Sakuta.

Tutto sommato, resta comunque un buon prodotto, più realistico e intimistico, scevro dai soliti drammoni esasperati e dai voli pindarici soprannaturali di "Rascal Does Not Dream of a Dreaming Girl".

Lato tecnico, mi è sembrato che il chara design si sia mantenuto fedele alle opere precedenti, anche se non mi ha molto convinto il disegno degli occhi di Mai, che nel film mi è sembrato più orientaleggiante (occhi allungati) e che personalmente ho apprezzato meno.

Nel complesso, "Il furfante non sogna una sorella che si avventura fuori" potrebbe non essere il capitolo più emozionante della serie, ma per chi ha apprezzato le opere precedenti è un must watch in attesa dei due film successivi in arrivo.


 0
solista

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7,5
L'ho visto oggi al cinema, bello. Di certo non ha un ritmo intenso, ma comunque prende lo spettatore.
Ottima la canzone di chiusura, ma anche tutto il comparto audio è buono. Buone le animazioni, leggermente scadenti alcune animazioni in CGI (il mare su tutte).
Nel complesso, alla fine del film, si è comunque soddisfatti di averlo visto. La trama non è di certo delle più complesse della storia, ma l'intreccio e lo sviluppo sono interessanti. Non mancano situazioni che fanno sorridere, e mancano del tutto scene drammatiche. Un giusto mix quieto.