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HakMaxSalv92

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Attenzione: la recensione contiene spoiler

Sinossi

È un piccolo cortometraggio di stampo propagandistico risalente alla Seconda Guerra Mondiale, per educare il popolo e prepararlo alla guerra contro l'Occidente, ricordando il grande giorno (rappresentato dagli Stati Uniti) dell'attacco a Pearl Harbor, avvenuto in data 7 dicembre 1941, quando la marina e l'aviazione militare giapponese bombardarono la flotta navale statunitense dislocata nelle Hawaii, e quindi facendo entrare apertamente, non si sa ancora se volontariamente o meno, il Giappone in guerra contro gli Stati Uniti*. E quale modo migliore di farlo se non utilizzando una delle figure chiave del folklore leggendario nipponico per eccellenza come Momotaro, un esempio di bambino bravo, forte, leale e altruista, vero modello di ispirazione per molte generazioni di Giapponesi sia in ambito civile che in ambito militare, come in questo caso? Qui viene ripresa la favola di Momotaro, un bambino guerriero, nei panni di un ammiraglio che guida la sua flotta composta di cani, fagiani e scimmie contro i maiali, Bruto, Braccio di Ferro e gli oni (demoni infausti della tradizione nipponica), qui usati come allegoria/metafora degli Stati Uniti d'America (un po' il Grande Satana degli ayatoallah iraniani), e viene mandato a combattere la grande guerra insieme al suo esercito. Durante il decollo i nostri amici dell'esercito vengono a contatto con un cucciolo di aquila e sua madre, e lo convincono a unirsi alla causa della guerra (qui i coniglietti e gli aquilotti rappresentano rispettivamente i bambini e i giovani ragazzi, aspiranti cadetti giapponesi, desiderosi di imbarcarsi e/o arruolarsi nella marina e/o nell'esercito e di distinguersi nella guerra patriottica, per farsi un nome, ottenere rispetto, ammirazione, gloria e potere).

*Si rievoca appunto la battaglia di Pearl Harbor, in cui vengono mostrati gli atti eroici dei piloti, marinai e soldati giapponesi mentre bombardano e distruggono la flotta e l'aviazione statunitense, mettendo in fuga i soldati, i marinai e i piloti statunitensi. A questo punto il comandante di questi strappa la bandiera a stelle e strisce e la agita come una bandiera bianca, in segno di resa della flotta e dell'aviazione statunitense. I piloti giapponesi a questo punto finiscono di distruggere tutto e tornano in patria da eroi, e, dopo aver comunicato la vittoria della battaglia al supremo comandante Momotaro, vengono riaccolti come eroi e festeggiano la vittoria. Purtroppo non tutti riescono a tornare, visto che alcuni muoiono, ma questo viene illustrato dalla propaganda come il sacrificio più nobile e altruista per la causa imperialista.

Grafica

La grafica, ovviamente, essendo il film risalente al 1943, è in bianco e nero. Ciononostante essa non rappresenta un ostacolo. I disegni, proprio per l'epoca in cui sono stati realizzati, sono un salto di qualità. Bisogna dire che essi sono un po' fatti a leggera imitazione di quelli dei contemporanei "Looney Tunes", "Tom & Jerry", Walt Disney e via scorrendo. Il tutto per comunicare, anche se implicitamente, che non vi era intenzione di scatenare una guerra vera e propria, poiché i Giapponesi sapevano benissimo che aggredire gli Stati Uniti sarebbe stato controproducente e pericoloso a lungo termine. Purtroppo questo non fu capito e ci furono le conseguenze che tutti noi sappiamo.

Personaggi

I personaggi, come esposto sopra, sono presi dalla favola tradizionale di Momotaro, il quale appunto viene qui presentato come l'ammiraglio carismatico, forte, intelligente, coraggioso, determinato, scaltro e indomito, risoluto e resiliente, che sa sempre ciò che deve essere fatto per la causa e sa gestire ogni situazione che si ritrova di fronte. Le scimmiette rappresentano l'astuzia, la scaltrezza e la furbizia dei soldati, i cani la lealtà e la fiducia, e i fagiani rappresentano l'intelligenza, la fiducia in sé e nelle proprie capacità insieme all'intelligenza. Al contrario, gli Americani sono rappresentati dai maiali e dagli orchi, cioè le metafore di tutti i mali e i vizi del capitalismo occidentale, e quindi nemici da distruggere e abbattere ad ogni costo, così come il loro capo, il Bruto di "Braccio di Ferro", che viene anche rappresentato come un ubriacone, e quindi ancora più degenerato.

Musica

La musica è una colonna sonora di motivetti classici, inni militari che infondono sentimenti come coraggio, determinazione, intraprendenza, senso del dovere, lealtà, fiducia, esaltazione, abnegazione nei confronti del prossimo, in tutti i presenti che decidono di seguire Momotaro.

Messaggi

Il messaggio è inequivocabile, ovvero compiere il proprio dovere, non solo per sé stessi, ma anche per il prossimo e per la patria, affinché il suo onore e il suo prestigio possano perdurare in eterno attraverso il sacrificio di sé stessi come segno di amore e devozione.

È un cortometraggio decisamente simpatico, pieno di gag e sketch comici, dietro i quali però si nasconde sempre l'amara realtà della guerra e l'orrore, il terrore, la paura, la distruzione, la devastazione, la desolazione, la disperazione che essa comporta.

Voto: 8


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Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
La Storia la scrivono i vincitori. Se le vicende degli ultimi decenni (o secoli) si fossero svolte in maniera diversa o addirittura opposta, forse la nostra percezione delle cose, i nostri libri di scuola, e perfino la cultura popolare parlerebbero un linguaggio diverso.

Cosa succede allora se si dà un'occhiata alla versione dei vinti? Si riescono a capire le ragioni della sconfitta? O magari si scopre che la semantica, la retorica, i punti di vista sono inquietantemente simili a quelli dei vincitori?

Se si parte da questa premessa, vedere "Momotaro no Umiwashi" diventa qualcosa di più che una semplice operazione cinefila di recupero.
Prodotto nel 1942 e rilasciato il 25 Marzo 1943 (quando la guerra cominciava a prendere una piega sempre meno favorevole per il Giappone), è un lungometraggio di circa trentasette minuti. Un filmato cinematografico di propaganda realizzato in collaborazione con l'allora Ministero della Marina e l'approvazione della Marina Imperiale per la regia di Mitsuyo Seo, uno dei progenitori degli anime, già all'epoca veterano dell'animazione e autore di cortometraggi patriottici e del primo cartone animato giapponese con il sonoro parlato.

Si tratta di un'opera dal valore notevole, sia dal punto di vista storico che tecnico, considerata l'epoca di realizzazione.

La trama riprende il racconto tradizionale giapponese dell'eroe popolare Momotaro, già protagonista di mediometraggi dagli Anni Trenta. Il celebre guerriero assume qui il ruolo di generale in capo in un attacco militare moderno della marina imperiale contro i tradizionali Oni. Al suo fianco le sue celebri spalle: cane, scimmia e fagiano (a loro volta affiancati da plotoni di loro simili e da truppe di conigli), un po' macchiette, un po' eroici scudieri.
L'attacco, portato con "efficienza" e una rapidità da blitzkrieg, è ovviamente un successo su tutta la linea, e i nostri eroi fanno ritorno per godersi gli allori della vittoria.

Evitando giudizi storici e facili categorizzazioni, si superano facilmente tutte le esaltazioni e le allegorie di stampo militarista e imperialista per godere di una traduzione che, pur essendo totalmente parziale, ci consente di aprire una pagina di Storia sulle macchine di propaganda della Seconda Guerra Mondiale. In questo caso sul loro intervento nel mondo dell'infanzia. Concepito per essere un prodotto per "educare" i bambini sul loro posto nella Storia, il film è un'evidente "versione dei fatti" dell'attacco di Pearl Harbor.
Laddove i Giapponesi sono impersonati dai loro archetipi samurai (presi in prestito dai loro topoi antropologici), gli americani sono trasfigurati negli Oni della tradizione, unendo così l'utile al dilettevole, col risultato di esorcizzare la figura del nemico due volte: secondo la struttura della trama base di Momotaro e, a livello rizomatico, facendo un parallelo con entità soprannaturali che per definizione sono altre, aliene, e quindi "non umane".

Il paragone storico è chiaro e non fraintendibile. Così come già sperimentato in altri cortometraggi di propaganda, come "Omocha-Bako", troppi sono i riferimenti volti a identificare il nemico a stelle e strisce. Se a suo tempo fu niente meno che Mickey Mouse a divenire l'emblema del Male, del "cattivo" spregevole e crudele, qui è facile identificare uno dei marinai nemici con le sembianze di Bluto, la nemesi di Braccio di Ferro (Popeye), volgare e laido esattamente come il suo modello originale.

Tutto ricalca quindi un modello già sperimentato e che non era certo ignoto alla propaganda d'oltreoceano, anch'essa poco lusinghiera nei confronti delle forze dell'Asse e dei Giapponesi in special modo.

La semplificazione tematica e narrativa è compensata da una cura particolare dei dettagli. Tutto è volto alla ricostruzione, per quanto edulcorata, di un vero scenario bellico di quel tempo. Le tattiche, le armi, i veicoli, gli interni, i riti gerarchici, le strutture, le procedure, tutto è realizzato con l'intento di fornire un quadro generale che, seppur semplificato dal medium animato, punta a un realismo nella resa che gioca un ruolo fondamentale nell'economia dell'opera, divenendone il punto cardine su cui si reggono tutte le soluzioni narrative e l'effetto scenico.

Se si va oltre l'iperbole superomistica, la retorica megalomane, il contrasto fra il candore e la semplicità con le risolute istanze belliche, le demonizzazioni e le autoesaltazioni, quello che resta è un prodotto dalle notevoli qualità tecniche per l'epoca. Le soluzioni prospettiche, i primi piani, i campi lunghi, le inquadrature sono a dir poco pionieristici nella resa, assumendo a pieno titolo uno status cinematografico ed entrando di diritto nella storia dell'animazione.
L'intento sembra quello di riprodurre le immagini e le sequenze dei filmati bellici che proprio in quegli anni venivano realizzati direttamente sui campi di battaglia e proiettati nei cinegiornali e nei filmati commissionati dai governi di ambo gli schieramenti. E l'obiettivo è centrato in pieno.
Anzi, forse il risultato, grazie alle possibilità dell'animazione, si avvicina a livello tecnico (con i dovuti distinguo) a quelle sperimentazioni e ai virtuosismi introdotti proprio all'epoca da maestri come Capra o la Riefenstahl, e pertanto può considerarsi un preludio dei kolossal hollywoodiani del Secondo Dopoguerra. La cosa non deve sorprendere, visto che, tra i vari accorgimenti, il regista adotta quello di modellare scene tratte da riprese e inquadrature reali sul modello del rotoscopio, per aumentare il realismo dell'effetto scenico.
Dato il tema trattato e le perizie usate, sembra quindi di trovarsi quasi di fronte a pellicole come "Il giorno più lungo" o "Tora! Tora! Tora!".

La visione semplicistica e volutamente indottrinante proposta dalle immagini e dal tema di base non rovina il gusto della visione. Il carattere infantile e il formato animato rendono meno "incisive" quelle esagerazioni preordinate dalle esigenze mediatiche.

Non sfugge certo che la scelta di riproporre un momento del conflitto in cui il Giappone risultava vittorioso sul campo è viziata dalle mutate condizioni belliche durante le quali il film fu proiettato.
Riproporre Pearl Harbor era un ovvio tentativo di censurare le sempre meno favorevoli condizioni del Paese e la precisa volontà di tenerne all'oscuro l'opinione pubblica, partendo proprio dai bambini, e rassicurare così la popolazione, cullandola in una menzogna che avrebbe presto rivelato le sue crepe e le sue nefaste conseguenze.

La stessa esigenza spingerà due anni dopo la Marina e il regista a produrre un sequel più lungo e se possibile ancor più caricato di istanze nazionaliste e vuote pretese imperialiste, sintomo di un militarismo al collasso e di un mondo intero che si ostina a tenere in piedi un mito di sé stesso quando è ormai al capolinea.

Se si contestualizzano le due opere e le si prende come una preziosa testimonianza delle capacità tecniche dell'animazione così come dei pericoli insiti nelle ideologie e nella volontà di controllo mediatico, il loro valore non è affatto "datato".

Esse assumono anzi un peso iconico insuperabile, essendo allo stesso tempo degli exempla del meglio e del peggio che le potenzialità umane possono raggiungere.