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traxer-kun

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8,5
Keita Kurosaka è un autore eclettico, instancabile sperimentatore, che indiscutibilmente figura tra i più importanti animatori giapponesi indipendenti della generazione post-Sogetsu, emersi nel pieno degli anni Novanta. Classe 1956, con una laurea in pittura all'Università d'Arte Musashino - dove peraltro attualmente insegna - e una specializzazione a Parigi, Kurosaka percorre la strada dell'animazione sperimentale fin dai primi anni Ottanta, producendo e realizzando quasi completamente in autonomia un notevole numero di cortometraggi, tutti di grande qualità artistica. Midori-ko (緑子, 2010), la sua opera più recente e significativa, stupisce invece per l'impostazione radicalmente diversa rispetto ai primi lavori dell'artista, specialmente a livello espositivo; c'è infatti una preponderanza della narrazione e del dialogo, cosa alquanto rara nella produzione di questo autore, che era solito assegnare alle proprie pellicole un taglio assai più simbolico e astrattista.

All'inizio del film viene presentata Midori, una bambina che odia mangiare qualsiasi tipo di carne, sentendosi in colpa per la triste condizione degli animali. La piccola, in un moto di insofferenza, chiede a una stella di trasportarla nella terra delle verdure; con un movimento circolare, il limpido cielo stellato trasla lentamente, trasportandoci in un mondo indefinito e ancor più oscuro della notte.
In questa nebbiosa realtà distopica, l'ormai cresciuta Midori gestisce una bancarella di ortaggi. La giovane vive in un fatiscente complesso residenziale, abitato da curiosi esseri mutanti, a metà tra uomini e animali. Tra coloro che popolano l'edificio spicca inoltre un singolare quintetto di scienziati umanoidi, le cui teste tuttavia sono sostituite dai simboli dei cinque sensi (una bocca, un naso, un bulbo oculare, un orecchio e una mano); alla loro prima apparizione in laboratorio, scopriamo che sono coinvolti nella creazione di uno strano ortaggio, a metà tra un vegetale e un animale. Ma quando uno di questi prova a inciderlo con un bisturi, il malcapitato esperimento prende il volo - letteralmente -, rifugiandosi nella stanza di Midori. La giovane, una volta appurato che la creatura è a tutti gli effetti viva, decide di prendersene cura personalmente, mentre tutti gli altri membri della residenza cercano instancabilmente di divorarsela.

Parlando in termini di trama e tematiche, il film può definirsi una metafora dell'esistenza umana in rapporto alle pulsioni collettive della società contemporanea. Infatti un dilemma che ci ha sempre accompagnati fin dagli albori della civiltà è cosa ci dividesse dalle altre specie viventi; nel film la nostra stessa umanità viene messa in discussione, presentando una realtà desolante in cui avviene un ribaltamento del rapporto stesso tra il consumatore e il consumato. Ciò è esemplificato dalla figura di Midori-ko, il misterioso ibrido tra carne e ortaggio, che dotato di autoconsapevolezza ripudia la sua stessa natura di alimento, e fugge dagli uomini per non farsi mangiare. A questo proposito, è innegabile che l'opera abbia trovato una fonte d'ispirazione nella poetica e nello stile del regista ceco Jan Svankmajer (Alice, Otesánek), sia per la profonda esplorazione delle più comuni e radicate paure della società in cui viviamo sia per la presenza costante di immagini surreali, da incubo, ma non prive di una sfumatura grottesca di fondo; il tutto filtrato attraverso un'atmosfera criptica e onirica di lynchiana memoria.

Come anticipato poco prima, il mediometraggio, decisamente più lungo della media, si differenzia dalle precedenti opere per una struttura sintattica assai più narrativa che astrattista, ma non per questo priva delle elaboratissime incursioni artistiche tanto care al regista. Il linguaggio figurativo, per sua stessa natura, è una forma espressiva assai più diretta, e di conseguenza veloce, del dialogo; pertanto non è un caso che il minutaggio sia aumentato così drasticamente rispetto a lavori come Fuyu no Hi o Haruko Adventure. Tuttavia sarebbe un errore approcciarsi alla visione di Midori-ko prestando attenzione unicamente alla trama (peraltro di notevole spessore); Kurosaka infatti si è sempre considerato un pittore piuttosto che un animatore, e il suo immenso bagaglio artistico si nota - e si apprezza - fin dai primi fotogrammi. Dalle sfumate e fuligginose figure che si avvicendano nell'inquadratura - che richiamano lo stile d'animazione di Frederic Back (L'homme qui plantait des arbres) e la pittura olandese di Rembrandt - all'uso delicato dei giochi di luce, passando per i rimandi visivi a grandi opere del passato e le vibranti variazioni cromatiche a metà tra Francisco Goya e lo stile tradizionale nipponico, Midori-ko è prima di tutto arte, come il suo creatore è prima di tutto artista. Emblematica a mio avviso è la scena del bagno, dove i cinque scienziati, avvinghiati alla donna-pesce e al vecchio, compongono una posa orgiastica assai simile al gruppo statuario di Laocoonte e i suoi figli; la raffinatezza estetica di certe immagini è un effetto ottenibile solo attraverso la piena padronanza del linguaggio artistico e pittorico, sul quale l'autore ha speso gran parte delle proprie energie. Come afferma lo stesso Kurosaka: «Per me l'animazione non è altro che un'estensione dei miei dipinti».

Un altro degli elementi ricorrenti nella produzione di Kurosaka è il grottesco. Il termine "grottesco" non implica solamente una tendenza al disgusto e all'inquietudine, ma può nascondere un sottotesto marcatamente socio-politico, come avviene per un certo cinema europeo. L'uso che Kurosaka fa di questo elemento è strettamente rapportato alla situazione che vuole rappresentare, che sia attraente, umoristica o disturbante.

«Quando io rappresento qualcosa di grottesco, mi prendo la briga di verificare che non sia disgustoso. Più rivoltante è l'immagine che intendo rappresentare, più cerco di renderla bella. Deve essere esteticamente raffinata. Penso che quando la gente guarda un mio lavoro abbia difficoltà a vedere al di là delle immagini grottesche in superficie, sotto quella bellezza estetica, perché penso che ci sia un pregiudizio radicato tra il pubblico generico contro qualsiasi rappresentazione delle cose grottesche».


Infatti, man mano che l'inquietante trama avanza, assistiamo alla progressiva degenerazione della vicenda - sempre in bilico sull'orlo di un baratro - in un'orgia caotica di corpi e membra che si intrecciano, denti che stridono e carne viva e pulsante, per sfociare infine nel puro cannibalismo. Ancora una volta, bisogna notare l'influsso surrealista di Svankmajer, per il quale Kurosaka nutre una grandissima ammirazione. Proprio come il regista ceco e l'americano Bill Plympton (Idiots and Angels), l'autore giapponese utilizza il surrealismo come mezzo per parlare dell'interiorità; noi spettatori vediamo la realtà filtrata dagli occhi di Midori, con le conseguenti alterazioni derivanti dalle sue capacità percettive, e le visioni a cui assistiamo non sono che la manifestazione di un mondo dominato dalla fame e dall'impulso - non a caso i cinque scienziati sono rappresentati dai simboli dei sensi. Difatti il surrealismo, nella sua iperbole espressiva, permette di riportare alla luce ciò che è nascosto sotto la superficie: una realtà estremizzata, amplificata smisuratamente nella sua consistenza.

Midori-ko è un'opera stratificata, che necessita di numerose visioni per essere apprezzata e approfondita appieno; un dipinto in movimento che ha richiesto al suo creatore ben tredici anni di lavorazione e un totale di circa 30.000 disegni. L'esempio tangibile di come il cinema sperimentale d'autore sia ancora, più che mai, vivo e forte.